Copertina
Autore Klaas Huizing
Titolo Il Mangialibri
SottotitoloIl romanzo di chi ama leggere. Due romanzi e nove tappeti
EdizioneNeri Pozza, Vicenza, 1997 [1996]
OriginaleDer Bucktrinker [1994]
TraduttoreGiovanni Gurisatti
LettoreRenato di Stefano, 1997
Classe narrativa tedesca , libri , collezionismo
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al sito dell'editore








 

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Indice

Cortese invito a leggere con più attenzione                9
Il mondo rarefatto dei libri per l'infanzia               11
Disfa il baule dei libri e sparisce nella parete bianca   16

Primo tappeto: La scrittura è un orfanello                21

La metafisica del nome proprio                            24
Va a zonzo per Schwabing e scala la montagna dei libri    29

Secondo tappeto: Dio è uno scrittore                      34

La memoria è una carta assorbente                         38
Incide testi sulla corteccia cerebrale e scopre
    lo "charme" della regola del tre                      43

Terzo tappeto: Come bisogna imparare                      47

Mense gratuite e piccoli cantori                          50
Prende un biglietto del metrò e apprende il destino
    di due libri                                          55

Quarto tappeto: I libri hanno un volto                    59

Retorica della miseria                                    61
Passeggia per il testo e scivola su una frase secondaria  65

Quinto tappeto: Leggere trasforma                         69

Lo sposo pignolo                                          73
Lascia la sua donna e va a letto col suo libro preferito  78

Sesto tappeto: I libri sono amanti                        85

Un assassino ineccepibile                                 88
Reinterpreta scene già note e si fa soffiare un libro
    all'asta                                              93

Settimo tappeto: Teoria del teatro in forma di storie     98

Il pastor nudo                                           101
Si assimila e gioca con il "mouse"                       105

Ottavo tappeto: Il pubblico è un pavone                  110

Genealogia della morale in gattabuia                     113
Fa le valige e vola via sul decimo tappeto               118

Nono tappeto: L'arte di leggere                          122

"Noli me tangere"                                        124
I tappeti volanti non lasciano tracce                    129
Postscriptum: Una cartolina al signor Derrida            133

Bibliografia                                             135

 

 

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Pagina 9

CORTESE INVITO A LEGGERE
CON PIU' ATTENZIONE


(Ci prende in giro questo volto? Mente il ritratto?) La mia prima impressione: un buon diavolo. (Lei lo dice alla leggera, ma La prego, legga il volto con più attenzione!) Molto onesto e paterno. Noioso e insignificante. Di idee ristrette, data la fronte. Senza calore la zona degli occhi. Energica e diritta la linea del naso. Poco vivace la bocca. Mento volitivo. Capelli lunghi e pettinati con grandissima cura. Insomma, un tipico rappresentante dell'epoca. Un gusto che ormai non è più il nostro. Un volto a rendere. (Provi altrimenti. Osservi il ritratto da varie distanze, oppure copra con la mano prima una metà poi l'altra del volto.) Lo sguardo ha comunque un pizzico di crudeltà. Attorno alla bocca balena un tratto di ostinazione. Mi sorge un dubbio. Anzi, sono quasi certo: la prima impressione mi ha ingannato. E' solo la maschera del galantuomo. Un volto preso a prestito. (Vada avanti! Deve immergersi nel volto!) Ma certo! Avevo sottovalutato lo sguardo ardente. Un abisso. Gelido e appassionato al tempo stesso. Ne conviene? (Avanti. Vada avanti!) Non è forse assai rivelatrice quella rughetta appena visibile sopra l'occhio sinistro? Non è un tratto di cupidigia sommamente patologico? (Ecco, ci siamo! Non si fermi!) Un uomo così non ha rispetto per nessuno! (Finalmente! Adesso ha imparato a leggere. Quest'uomo non la imbroglierà più. Lei è il lettore ideale della sua strana vicenda.)

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Pagina 16

DISFA IL BAULE DEI LIBRI
E SPARISCE NELLA PARETE BIANCA


Falk Reinhold disfece la sua biblioteca. Aveva stipato i libri in un consunto baule da marina marrone scovato l'estate precedente in un mercatino delle pulci a Kiel. Troppo caro, aveva commentato un amico. Ma con Reinhold era meglio non parlare di soldi. Metteva subito il broncio. Il suo umore appassiva di colpo. Con cura, forse addirittura in modo esageratamente guardingo, prese ciascun libro con la mano sinistra, lo spolverò cautamente col fazzoletto di stoffa - detestava i fazzolettini di carta - e lo collocò solennemente sullo scaffale, senza che il bordo inferiore scivolasse sulla mensola. Prima di prendere un nuovo libro dal baule si lavava scrupolosamente le mani e controllava le unghie per non lasciare macchie e graffiature sulla copertina. Da anni si azzardava ad aprire i libri con le pagine di carta India soltanto dopo avere infilato un paio di guanti bianchi di cotone - prescrittigli una volta da un medico come protezione per un eczema pruriginoso - poiché la sottilissima pellicola assorbiva avidamente il freddo sudore delle dita e marcava inesorabilmente gli angoli. Falk Reinhold estrasse dal baule:
l.  Rainer Maria Rdke, Opere.
    (In cofanetto di lusso);
2.  Christian Morgenstem, Canti
    patibolari.
    (Dorso leggermente ingiallito);
3.  Franz Kafka, Preparativi di nozze in
    campagna.
    (Prima edizione);
4.  Martin Heidegger, Essere e tempo.
    (Regalo di un docente);
5.  Johann Wolfgang (von) Goethe, Opere.
    Edizione amburghese.
    (Nel quinto volume una pagina lasca
    incollata);
6.  Hermann Hesse, Il lupo della steppa.
    (Tema dell'esame di maturità);
7.  Robert Musil, L'uomo senza qualità.
    (Rilegato in pelle!);
8.  Walter Benjamin, Strada a senso unico.
    (Con la dedica di un amico);
9.  Antico e Nuovo Testamento.
    (Infilato clandestinamente nel baule
    da sua madre);
10. Martiri Buber, L'Io e il Tu.
    (Letto due anni prima in un seminario
    di filosofia);
11. Uwe Johnson, Anniversari.
    (Tutti i volumi, come nuovi);
12. Wolfgang Hildesheimer, Marbot.
    (Cellophanato);
13. Thomas Bernhard, Estinzione.
    (In custodia);
14. Botho Strauß, La sorella di Marlene.
    (Con la copertina purtroppo un po'
    rovinata);
15. Günter Grass, Il rombo.
    (Con appunti di sua sorella);
16. Peter Handke, La breve lettera del
    lungo addio.
    (In due edizioni);
17. Jean Paul Sartre, L'essere e il nulla.
    (Nel baule la sopracoperta si era
    strappata, davvero seccante!);
18. Pierino Porcospino.
    (Leggermente macchiato);
19. Patrick Süskind, Il profumo.
    (Il suo preferito);
20. Cees Nooteboom, Rituali.
    (Edizione olandese originale);
21. Ovidio, Le metamorfosi.
    (Con foglietti inseriti).

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Pagina 22

Socrate: Chi dunque pensa di avere affidato ai suoi scritti la propria arte, e chi attinge a essi credendo di trarne qualcosa di certo e sicuro, è davvero un gran sempliciotto ... poiché ritiene che i discorsi scritti siano qualcosa di più che un semplice supporto mnemonico utile a chi già conosce bene il contenuto dei libri.

Fedro: Giustissimo.

Socrate: Questo difetto, caro Fedro, la scrittura ce l'ha in sé, e in ciò somiglia davvero alla pittura, i cui prodotti ci stanno di fronte come esseri viventi, ma se li interroghi serbano un dignitoso silenzio, il che vale anche per i discorsi. Puoi sostenere che essi comprendono ciò che dicono; ma se vuoi sapere qualcosa di più su ciò che è stato detto e poni loro una domanda, essi rispondono una sola cosa, e sempre la stessa. Non solo: una volta scritto, un discorso corre dappertutto allo stesso modo, a disposizione sia di quelli che lo comprendono, sia di quelli a cui non si addice affatto, e non sa a chi deve parlare e a chi no. Così, bistrattato e ingiustamente oltraggiato, ha sempre bisogno di un padre che corra in suo aiuto, poiché non è in grado né di difendersi né di aiutarsi da sé».

Di nuovo: «E' meglio che proprio nessuno lasci opere scritte, oppure debbono farlo solo certe persone? Nel primo caso, a che serve la scrittura? Nel secondo, debbono venire tramandati gli scritti buoni o quelli cattivi?». Così si chiedeva secoli dopo un tessitore di testi alessandrino, rispondendo in questo modo: «Sarebbe ridicolo gettare via gli scritti dei migliori, sopportando invece quelli dei peggiori». L'altra risposta è quasi ovvia: «E' bello lasciare ai posteri buoni figli. Ma come i figli sono i discendenti del corpo, i libri lo sono dell'anima. I "Tappeti" contengono la verità intrecciata con i principi della filosofia, o piuttosto intessuta e nascosta in essi, come il gheriglio della noce nel suo guscio. Ma i "Tappeti" non offrono una scrittura artisticamente elaborata, destinata a venire esibita in pubblico. Mi limito a collezionare "memorabilia" per la mia vecchiaia, un mezzo contro l'oblio, un mero simulacro e una "silbouette" delle parole tangibili e viventi».

Il seguito alla prossima puntata.

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Pagina 65

PASSEGGIA PER IL TESTO
E SCIVOLA SU UNA FRASE SECONDARIA


Un metro è un metro è un metro. (Esatto.) Ciò vale per tartarughe, i tendini di Achille della logica, controllori, che in treno arrancano in senso inverso alla direzione di marcia, e lettori, che debbono strisciare sillabando le righe. Falk Reinhold era un lettore allenato e coscienzioso, e percio odiava il salto della riga, tipica performance intellettuale. Leggere di traverso? Al solo pensiero una smorfia di disgusto gli storceva la bocca. Leggere a volo d'uccello qua e là? Impossibile. Ogni lettera lo attirava come un magnete. Il testo era la sua stella polare. Falk lo stava sempre ad ascoltare con le orecchie tese per percepirne un semitono, una piccola dissonanza, un briciolo di significato; rovistava fra le nubi sonore, seguiva passo passo i contorni della lingua, fiutava le sfumature di un'atmosfera, distingueva con sicurezza l'addensamento caliginoso dalla corrente d'aria fresca; suddivideva i testi in articolazione di senso e ne verificava tutte le molle metaforiche.

Reinhold scelse una grigia giornata autunnale per addentrarsi nella singolare biografia del dottor Tinius come un cacciatore alla ricerca di una traccia. C'era forse qualcos'altro che il testo diceva fra le righe? Da sotto, il libro illuminava il suo volto. Dato che lo conosceva già quasi a memoria e rischiava di perdere la vista a forza di guardarlo, scandiva sempre le prime parole di una riga. Leggeva e sillabava, sillabava e leggeva. Una passeggiata difficoltosa. Finché, all'ottava pagina, scivolò. Su una frase secondaria.

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Pagina 67

Falk Reinhold depose bruscamente la tazza. La pellicola del ricordo si ruppe. Di nuovo sedeva davanti al suo libro. Era ora di mettersi al lavoro. (Ce n'è quindi anche per Lei.) Ecco il suo metodo. Per scoprire le crepe e le rughe di un testo cosi piano e pulito bisognava ferirlo, sfilacciarne la tessitura, manipolarne il flusso narrativo. Per tre volte riscrisse quel passo per lui così importante, eliminando anzitutto una, poi due, poi tre (poi quattro ...) lettere. Dapprima toccò alla N, così noiosa, nervosa, neghittosa, negatrice, nullificante. Un testo senza possibilità di negazione, positivo tout court, per quanto terribile e strambo potesse risultare. Il no, il rifiuto, veniva bandito dal mondo. Donde prendere la forza necessaria, se le Norne celesti avevano riservato la N per sé? Dunque: il crepuscolo della N.

"Ero assai preoccupato, e, svegliatimi all'alba, mi recai per la prima volta al parco di Brasul, alle porte della Città, dove vidi passeggiare due figure. Si trattava del locatario del sig. Grubal, il mastro calzolalio Bautl, col figlio. Così, frase dopo frase, parlai loro della mia sorte e rivelai come fossi disperato. Poche ore più tardi ricevetti da costui la breve lettera che mi offriva, da parte del sig. Grubal, di alloggiare gratis presso di lui. Cbe ottimo uomo! Lodai Iddio di avermi portato quel dì al parco, proprio la sola volta che quell'uomo vi si trovava."

Adesso toccava alla O così oscura, come in orrore, olocausto, opportunista, oppressione. Eppure presente anche in Dio.

"Mi svegliai all'alba, la testa assillata da cupe idee, e mi recai al Brasul, ai limiti della città. Qui vidi passeggiare due figure. Si trattava del sig. Bauti, cbe faceva scarpe e abitava dal sig. Grubal, assieme al filius. Per chiacchierare, parlai della mia grama vita e rivelai la mia amarezza spirituale. Più tardi ricevetti dal Bautl la breve lettera che Richiedeva, da parte del sig. Grubal, di risiedere da lui gratis. Che rara virtù! Resi grazie alla fatalità che quel dì al Brasul fece sì che vi vedessi Bautl, il quale quasi mai l'attraversava."

Adesso era il turno della I. Quasi insostituibile. Ma quanto più ritmo acquista la storia! Come se la Provvidenza avesse il fiato corto. Una cadenza in staccato. Niente è incompiuto, né il presente né il passato.

"All'alba, la testa cupa, al Brasul. Altre due facce. Era Bautl, che fa scarpe e sta dal Grubal, e c'era pure la sua creatura. Dal parlare emerse tutta l'amarezza del fatum. Cbe fare? Alle tre la breve lettera da parte del Grubal: starà da me. Beata la fatale causa cbe, al Brasul, fece vedere e parlare me e Bautl!"

Adesso il testo era abbastanza ruvido. Senza la N negatrice. Senza la O oscura. Senza le I così incerte e instabili. Il risultato era doppio: la reale presenza del destino e di Tinius (posso dire: il nostro Tinius?) in quanto autonominatosi protocollista della Provvidenza. Reinhold doveva seguire ulteriormente questa traccia. Nella seconda parte della sua vita, quand'era in carcere, Tinius non aveva forse auscultato numerosi testi alla ricerca di messaggi cifrati? Non aveva forse illuminato di suo pugno le fonti occulte dell'Apocalisse di Giovanni? Bibbia alla mano, non aveva forse chiarito dal punto di vista fisico, politico e teologico come e quando sarebbe giunto il giorno del giudizio? Falk Reinhold era forse stato prescelto dalla Provvidenza per cogliere l'ultimo segreto di Tinius? (Lei forse non si spingerebbe così in là. In fondo, con tutte le riserve nei confronti di N, O e I, Lei è e rimane un cittadino d'Europa illuminato. Ci consenta solo una nota di scusa personale: per pura comodità, qui di seguito torneremo a servirci delle tre lettere bandite da Falk.)

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Pagina 69

QUINTO TAPPETO:
LEGGERE TRASFORMA


E' poi vero che in molti scritti ciascuno legge sempre solo la storia della sua propria vita, come qualcuno disse una volta leggendo l'Antico Testamento? «Nella storia del popolo d'Israele riconobbi i miei stessi delitti, lessi il corso della mia stessa vita, e ringrazio Iddio per la sua pazienza verso questo popolo, poiché nessun altro esempio avrebbe potuto autorizzarmi a coltivare una speranza simile».

Sbocconcellando la sua "madeleine", un Francese concorda con queste parole quando sostiene che l'opera di uno scrittore «è solo una specie di strumento ottico che l'autore porge al lettore perché questi possa riconoscere in se stesso ciò che altrimenti forse non avrebbe potuto vedere».

E' dunque necessario leggere un libro per scoprire la propria vita? In seguito alla cantilena di un fanciullo che gioca: «Prendi e leggi, prendi e leggi!», la vita del libertino Agostino subì una svolta: «Così tornai concitato al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: "Non nelle crapule e nell'ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo né assecondate la carne nelle sue concupiscenza". Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono».

Un florilegio di esperienze di lettura testimonia da fonte autorevole che leggere trasforma.

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Pagina 78

LASCIA LA SUA DONNA
E VA A LETTO COL SUO LIBRO PREFERITO


Il 14 maggio Falk Reinhold lasciò la sua donna. Già da tempo il loro amore era ricoperto da uno spesso strato di muffa. Nondimeno, entrambi, lei, la libraia di cinque anni più vecchia, e lui, il bibliomane precocemente maturato, avevano apparentemente ben conservato i loro sentimenti. Ma ancor prima che egli abbandonasse la sua città natale (conosce Herrmann Löns? Allora sa tutto della sdolcinatezza melliflua di questa regione e dei suoi abitanti) già si era imboccato il viale del declino. Alla stazione, il giorno della sua partenza, la storia trascorsa si incurvava come un coperchio di alluminio su uno yogurt andato a male. Lei era bella. Quel che si dice una bella donna. E pure intelligente. Quel che si dice una donna intelligente. Erotica, anche. Quel che si dice una donna erotica. Ma proprio questo era il problema. Era sempre alla rincorsa delle ultime mode. Si impregnava dei bestseller più attuali, che fiutava ovunque e divorava in modo maniacale. Appena chiuso un libro o un numero di rivista si trasformava in un personaggio di Ingeborg Bachmann, o diveniva malvagia come la Jelinek. Ma non appena ne assorbiva un altro cancellava semplicemente il precedente, di cui trapelava ancora solo una pallida ombra.

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Pagina 80

Quando lei, una settimana prima, mentre erano a letto (crede forse che Falk Reinhold fosse troppo intellettuale per abbassarsi al livello della lettura erotica? Si sbaglia. All'inizio egli amava immensamente spogliare quel corpo pagina per pagina, sprofondandosi in lei. Spesso non riusciva a saziarsi di tale lettura. Sillabava la scura scrittura delle sue cavità ascellari - che d'improvviso lei rasò - trascriveva meticolosamente le morbide linee dei seni - che ora sporgevano in modo barocco - decifrava la confusa grafia della curva delle ginocchia - che ora sembrava stampata al laser.) - dunque, quando lei, una settimana prima, mentre erano a letto, lo legò con un fazzoletto di seta alla ringhiera del letto, lui non era del tutto sicuro di potersi fidare dei suoi istinti elementari, tanto che sudava più per paura che per passione. Sarebbe stata davvero capace di spingere quel gioco a un finale cruento? (La nostra storia testimonia peraltro che tutto si concluse senza spargimento di sangue.)

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Pagina 86

Un altro accampa questa scusa: «La bibliomania è l'amante dei bibliofili sposati»!

Ma in che cosa consiste l'arte della seduzione del libro, se non nei begli occhi languidi di un testo? E chi è che fa gli occhi languidi, se non il titolo? Ho letto da qualche parte che «un bel titolo è il vero magnaccia di un libro». E un Italiano che pendola da un congresso all'altro nel nome della scienza aggiunge: «Un titolo deve confondere le idee, non ordinarle».

Esiste dunque un libertino del testo? «Sì, questo antieroe esiste per davvero: è il lettore di un testo quando prova piacere. L'antico mito biblico si capovolge, la confusione delle lingue non è più una condanna, il soggetto raggiunge la voluttà grazie alla coabitazione delle lingue, che lavorano l'una di fianco all'altra: il testo del piacere, ecco la Babele felice. Chiunque può testimoniare che il piacere del testo non è sicuro: non è detto che il medesimo testo ci piacerà una seconda volta, poiché si tratta di un piacere frammentario, disgregato dallo stato d'animo, dall'abitudine e dalle circostanze, un piacere precario (raggiunto grazie a una preghiera silenziosa, rivolta al "Desiderio", di sentirsi bene, e che il "Desiderio" può anche non esaudire). La voluttà per il testo non è precaria, molto peggio: è "praecox"; non giunge al momento giusto, non richiede alcuna maturazione. Tutto avviene d'un tratto. Tutto accade, tutto piace a prima vista.

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Pagina 118

FA LE VALIGE E VOLA VIA
SUL DECIMO TAPPETO


Falk Reinhold era seduto nell'atmosfera ovattata del suo studio imbottito di libri. Soltanto attraverso due lamelle difettose o danneggiate il suono stridente di un ricordo del mondo esterno riusciva a penetrare nel suo eremitaggio interiore. Per quel mondo egli non possedeva più alcuna capacità ricettiva. Tutti gli influssi esterni venivano deviati. Perfino il suo stomaco si era da tempo ritirato nel cervello, dato che l'unico nutrimento che Reinhold ancora somministrava al suo corpo era spirituale, e spesso appesantiva la mente come pesce indigesto. Si disinteressava completamente di ciò che entusiasmava il pubblico dei pavoni. Si era messo rigorosamente a dieta. In tal senso assorbiva i testi di Tinius e di altri, mentre con un fascio di fogli cercava di schiacciare il mondo di fuori come una mosca noiosa. Falk voleva trovare ciò a cui il testo alludeva, il non detto del detto, e a tale scopo stipò tutto nel suo computer, per seguire così passo passo il movimento di ogni testo cosciente del pericolo di disseminare anche se stesso nei suoi meandri.

Da tempo il piacere per i testi come tali era divenuto più importante non solo di lui stesso, ma anche dell'autore. Aggirandosi con circospezione nella scrittura, Falk non si lasciava censurare né da Tinius né dal senso. Tastava delicatamente ogni tortuosità, sfiorava cautamente le articolazioni spesso gottose dei testi. Fu la scoperta della lentezza, che avvenne in questo delicato tastare le cicatrici, i nèi, i monumenti della scrittura. Ma dopo i preliminari giunse talvolta bruscamente all'amplesso voluttuoso. Nella carnalità delle effusioni sia il testo sia il lettore persero il portamento eretto, sprofondarono nel gioco carezzevole e si comportarono scioccamente come stupide oche. Delizia gioconda e ridicola della lascivia, finché Falk si abbandonò totalmente e si riversò nel testo. Reinhold, l'apparentemente sterile, generò testo dopo testo. Il suo piacere del testo, la sua brama insaziabile di metamorfosi, trovò soddisfazione di volta in volta in una nuova forma testuale. Anche oggi. Falk era il nuovo testo, ma nel contempo non lo era. Era se stesso e un altro. Di per sé inspiegabile, nella voluttà della lettura aveva generato figli. Nove, per la precisione. Non già monotone ripetizioni, poiché ogni nuova ebbrezza, ogni estasi, dava alla luce nuove forme al tempo stesso estranee e famigliari. Sempre Falk, sempre qualcos'altro, eppure egli si riconosceva in ogni gesto di quei testi. Tutte le membra di quelle figure testuali erano costituite quasi esclusivamente di citazioni e testimoniavano così della disseminazione, della dissoluzione voluttuosa (forse molti testi oggi valgono poco proprio perché i signori autori non vogliono mai lasciarsi andare e temono di perdere la testa, ma questa posizione contrasta con l'esperienza cieca della voluttà del testo. Se posso esprimermi per una volta senza tanti giri di parole: giù la testa e via! tuffiamoci nel piacere dei testi!), e ciononostante non erano affatto prive di significato. Le creature di Falk Reinhold erano le più femminili che si possa pensare. Erano il suo testamento letterario, anche se rimaneva del tutto incerto se vi sarebbero mai stati esecutori testamentari. (Comprenderà senz'altro questa allusione un po' retorica al suo compito di lettore!)

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Pagina 122

NONO TAPPETO:
L'ARTE DI LEGGERE


Insomma, come si deve leggere?

«Ogni forte tendenza è unilaterale; essa somiglia alla tendenza della linea retta ed è come questa esclusiva; cioè non tocca molte altre tendenze, come fanno i partiti e le nature deboli nel loro ondeggiare in qua e in là: anche dei filologi bisogna dunque tollerare che siano unilaterali. Restituzione ed emendazione dei testi, accanto alla loro interpretazione, praticate in una corporazione per secoli, hanno finito col far trovare oggi i metodi giusti; tutto il Medioevo fu profondamente incapace di un'interpretazione strettamente filologica, vale a dire del semplice voler capire ciò che l'autore dice: non fu poco, il trovare questi metodi; non sottovalutiamo questa conquista! Ogni scienza ha guadagnato continuità e saldezza solo perché l'arte di leggere giusto, ossia la filologia, è giunta al suo culmine.

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Pagina 133

POSTSCRIPTUM:
UNA CARTOLINA AL SIGNOR DERRIDA


Caro Signor Derrida,

come vede, qui c'è pur sempre un libro. Naturalmente so bene che Lei ne ha fin troppo dell'idea del libro. Ma io sono sulla traccia dell'enigma della lettura. Con uno pseudonimo borghese, per un editore rispettabile e senza toni apocalittici, pubblicherò l'arte di leggere. Ovviamente, per non danneggiare la Sua reputazione, prima di dare il libro alle stampe aspetterò il Suo pensionamento.

Suo

Falk Reinhold P.S. Al momento sono fuori Monaco. Le farò avere mie notizie.

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