Copertina
Autore Fleur Jaeggy
Titolo I beati anni del castigo
EdizioneAdelphi, Milano, 1993 [1989], gli Adelphi 54 , Isbn 978-88-459-1008-1
LettoreRenato di Stefano, 1993
Classe narrativa italiana
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Pagina 9

A quattordici anni ero educandain un collegio dell' Appenzell. Luoghi dove Robert Walser aveva fatto molte passeggiate quando stava in manicomio, a Herisau, non lontano dal nostro istituto. È morto nella neve.

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Pagina 53

Nelle ore di libertà stavo spesso nella sua stanza, quasi sempre in piedi. Lei non si sdraiava sul letto come la mia compagna di stanza, non si toglieva il pullover come la tedesca, che aveva caldo. Era in ordine, Frédérique, ossessivamente ordinata come i suoi quaserni, come la sua calligrafia. come i suoi armadi. Ero convinta che fosse una tattica per passare inosservata, per nascondersi, per evitare di mescolarsi alle altre, o semplicemente per mantenere le distanze. «Tu es possédée par l'ordre». Mi rispose sorridendo: «J'aime l'ordre». Capivo quei bambini che si buttavano dall'ultimo piano di un collegio tanto per fare qualcosa di disordinato, e glielo dissi. L'ordine era come le idee, un possesso, una possessione. Avrei voluto conoscere suo padre, ma morì.

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Pagina 89

... Non abbiamo rimpianti per i nostri educatori. Forse talvolta li abbiamo rispettati troppo, ma questo faceva parte dell'educazione che abbiamo avuto e, se ho baciato ogni sera la mano a "Mère préfète", senza ribellarmi mai, è che qualche volta, oltre alle regole, vi è anche la voluttà. La voluttà dell' obbedienza. Ordine e sottomissione, non si può sapere quali risultati daranno nell'età adulta. Si può diventare dei criminali o, per usura, dei benpensanti. Ma un marchio l'abbiamo ricevuto, soprattutto quelle ragazze che hanno passato dai sette ai dieci anni di internato. Non so che fine abbiano fatto, non so più nulla di loro. È come se fossero morte. Soltanto una, lei Frédérique, l'ho cercata dappertutto, perché lei mi precede. E ho sempre aspettato una sua lettera. Lei non fa parte dei morti.

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Pagina 106

Sono davanti all'edificio del collegio. Due donne siedono su una panchina. Le salutai con un cenno del capo. Non risposero. Aprii la porta. Una donna seduta a un tavolo. Un'altra in piedi. Mi domanda cosa voglio. Chiesi del collegio. Scandii il nome. Non l'ha mai sentito. Qui a Teufen, sind Sie sicher? Mi guarda con occhi indagatori e malevoli. Certo, ero sicura. Vi avevo vissuto. Per un momento la mia risposta mi parve futile. Mi consiglia di andare a St. Gallen. Là ci sono molte scuole. Ripetei ancora il nome del collegio. Mi sbagliavo, disse. Mi scusai. Questa, disse, è una clinica per ciechi. Adesso è così. Una clinica per ciechi.

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