Autore Alfred Jarry
CoautorePierre Bonnard [disegni]
Titolo Ubu coloniale
EdizioneDo-Soul, Solferino, 1983 , pag. 60, cop.fle., dim. 13,3x21x0,6 cm
OriginaleUbu colonial [1901]
CuratoreVincenzo Accame
Classe teatro francese









 

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Pagina 17

PADRE UBU, MADRE UBU, LE FOURNEAU

PADRE UBU: Ah, è lei, dottor Le Fourneau. Siamo lusingati che ci sia venuto incontro, mentre null'altro facciamo se non sbarcare da questo piroscafo che ci riporta indietro dalla nostra rovinosa esplorazione coloniale, a spese del governo francese. Nel tragitto che ci separa dalla nostra dimora, se lei insiste nel voler dividere il nostro pasto, ancorché ce ne sia d'avanzo per noi e Madre Ubu, pur non essendo noi neppur sicuri che sia divisibile per due, noi, dicevamo, noi la istruiremo su quanto abbiamo imparato nel corso della nostra missione.

La nostra prima difficoltà, laggiù, ci venne dal fatto che era inutile pensare a procurarsi schiavi, perché la schiavitù è stata disgraziatamente abolita; fummo costretti a entrare in relazioni diplomatiche con certi negri armati che non erano ben intenzionati verso altri negri sprovvisti di mezzi di difesa; e quando i primi ebbero catturati i secondi, noi ce li prendemmo tutti come liberi lavoratori; per pura filantropia, per evitare che i vincitori mangiassero i vinti; e come viene praticato normalmente nelle fabbriche di Parigi. Desiderosi di farli felici ad ogni costo e di mantenerli in buona salute, noi abbiam loro promesso, se si fossero ben comportati, di concedere immediatamente dopo dieci anni di lavoro al nostro servizio, e previo rapporto favorevole del nostro guardaciurma, il diritto di diventare elettori e di fare loro stessi i loro bambini.

Per garantire la loro sicurezza, noi, riorganizzammo la polizia; sopprimemmo cioè i commissari di polizia che non erano ancora stati inventati, e li sostituimmo con una sonnambula, la quale ci denunciava i delinquenti, a condizione, tuttavia, che noi avessimo cura di consultarla soltanto nei momenti di lucidità.

LE FOURNEAU: Ecco un'invenzione meravigliosa, Padre Ubu, soprattutto se la sonnambula era lucida con frequenza.

PADRE UBU: Assai frequentemente, meno tutte le volte che era ubriaca.

LE FOURNEAU: E quando si ubriacava, Padre Ubu?

PADRE UBU: Sempre... Ah, dottor Le Fourneau, lei si burla di me e mi induce alle risa! Ebbene, mi ascolti come grazie alla nostra sapienza in medicina e alla nostra presenza di spirito siamo venuti a capo di una terribile epidemia, che imperversava a bordo del nostro convoglio di liberi lavoratori, e mi dica se lei sarebbe stato capace di applicare una simile cura! Noi abbiamo scoperto che i negri sono soggetti a una malattia straordinaria: senza motivo apparente, ma più specificamente quando li si spinge a lavorare, si lamentano di avere "tatana", si stendono per terra ed è altrettanto impossibile farli alzare che se fossero già morti. Ricordando che il bagno freddo era molto raccomandato nei casi di delirium tremens, ho pensato di gettare in acqua il malato più grave, il quale fu subito azzannato da un grande merluzzo; questo sacrificio espiatorio dovette piacere agli dei marini, perché tutti i negri si sono messi a ballare in segno di avvenuta guarigione e per glorificare il nostro rimedio; e uno dei più malati è diventato un magnifico esemplare libero.

LE FOURNEAU: L'ha portato con sé, Padre Ubu? Lo presenterò a mia moglie, che sostiene che se ne sia perduta la razza.

PADRE UBU: Via! Poiché ci doveva la vita e noi non amiamo affatto i debiti verso la cassa delle nostre phynanze, non riuscimmo a prender sonno finché non trovammo un'occasione per recuperare questo credito. E non tardò. Un giorno infatti ha spinto la sua malvagità fino a gettare nella nostra turbina a zucchero, che fa duemila giri al minuto e in un batter d'occhio riduce in polvere impalpabile di zucchero una cosa qualsiasi come granito o vecchia ferraglia, un piccolo malabarese che, in verità, non cresceva abbastanza in fretta per diventare un vero libero lavoratore. Non abbiamo esitato un secondo a giustiziare il criminale, dal momento che avevamo un testimone insospettabile del suo misfatto, il piccolo malabarese in persona, che era venuto a lamentarsi con noi!

LE FOURNEAU: Ma, se ho ben capito, il piccolo malabarese non era stato gettato nella turbina? E non era stato ridotto in polvere di zucchero?

PADRE UBU: Sicuramente no, ma era del tutto sufficiente, per giustificare la nostra giustizia, che l'altro avesse avuto l'intenzione di precipitarvelo; d'altronde se il piccolo malabarese non è morto, ha contratto, dopo questa avventura, una malattia di languore!

LE FOURNEAU: Padre, Ubu, lei non sa quel che dice.

PADRE UBU: Come, signore! Allora, giacché è così furbo, mi spieghi che cosa vuol dire cos!

LE FOURNEAU: Ma che cos'è, Padre Ubu, greco o negroide?

PADRE UBU: Traduca, traduca, lo capirà in seguito.

LE FOURNEAU: Cos? C'è una parola greca che gli assomiglia assai, e che vuoi dire uovo; e poi c'è la parola "os" in francese: i libri che ne parlano si dice che trattino di "osteologia"!

PADRE UBU: Lo sapevo che lei è una bestia, mio caro dottore; l'acqua sale, questo vuol dire, in lingua negra, se non in francese: l'acqua cresce! Ma non raggiungerà mai la magra della sua stupidità!

LE FOURNEAU: La sua da sola, Padre Ubu, può contemplare tutto dall'alto.

PADRE UBU: Oh!!! Lasciamo perdere, signore, sennò farà la miserevole fine che hanno fatto quei tre squali che noi, grazie al nostro valore, mettemmo in fuga.

LE FOURNEAU: Lei, Padre Ubu, ha dato la caccia a tre squali?

PADRE UBU: Perfettamente, signore, non uno di meno, davanti a tutti e in mezzo alla strada! Ma dal momento che lei non sa un bel niente, mi pare ovvio che le sue conoscenze in fatto di mineralogia non si estendano al punto di concepire che cosa sia uno squalo! Ebbene sì, signore, la mia giduglia è sortita intatta dalle grinfie di tre squali che io ho inseguito camminando davanti a loro e voltandomi di tanto in tanto, seguendo, se non questa selvaggina da pelo, almeno l'usanza del paese: dal momento che laggiù viene chiamato squalo una vacchissima puttana negra!

LE FOURNEAU, scandalizzato: Oh, Padre Ubu!

PADRE UBU: Proprio così! È un nome d'uccello. Ma loro mi chiamavano mia piccola balena, quantunque questo diminutivo amoroso fosse incontestabilmente irriverente, essendo la balena di dimensioni inferiori alle nostre; senza la qual cosa non diremmo noi che era un diminutivo, a tal punto che noi abbiamo dovuto inventare, per il discernimento di tale animale, il microscopio per balena, o microbalenoscopio. A parte ciò, quelle signore non sono del tutto male, sono molto decorose e assai ben educate. Facemmo conversazione assieme più o meno in questi termini:

"Dove come la si va così. diciamo noi.

LA NEGRA: Me stare così lo stesso, perché oggi me stato un po' lì lì: non potere andare bene lontano.

- Che dove che vi va di fare?

- Me fare quello che mi pare.

- Voi fare donna senatore o deputato? azzardiamo noi, sedotti dalle sue buone maniere.

LA NEGRA: No, me una mercante de manioca, caffè, rum.

- Vi pare che io possa vedervi un po'?

- Se vi pare comperare prodotti coloniali, venite, ma stare attenti molto bene non prendere me per cocotte!"

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