Copertina
Autore Aki Kaurismäki
Titolo L'uomo senza passato
EdizioneIperborea, Milano, 2009 , pag. 138, cop.fle., dim. 10x20x1,1 cm , Isbn 978-88-7091-174-9
OriginaleMies vailla menneisyyttä
EdizioneWSOY, Helsinki, 2003
PrefazioneGoffredo Fofi, Peter von Bagh
TraduttoreMarcello Ganassini
LettoreGiorgia Pezzali, 2009
Classe narrativa finlandese , cinema
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PREMESSA



La sceneggiatura di un film non è prosa, poesia o sapere enciclopedico, e nemmeno arte drammatica. Parlerei piuttosto di letteratura gastronomica. I dialoghi – quando presenti – vengono conditi con una manciata di generici consigli destinati agli attori ("attraversò la strada in diagonale come un cane azzoppato..."), agli operatori e ai direttori della fotografia ("il busto dell'uomo venne investito dall'ombra di un lampione mezzo rotto che oscillava mosso dal vento.. ."), ai costumisti ("gli stracci raffazzonati che aveva addosso avevano l'aria di essere stati gialli... "), agli scenografi ("la porta di lamiera ondulata pendeva in bilico su un solo cardine... "), ai fonici ("una cornacchia gracchiava in lontananza, come fanno sempre quegli uccelli... ") e agli altri tecnici ("tutta la scena deve svolgersi in un silenzio imperscrutabile...").

Il testo ha il compito di offrire indicazioni quantitative, codificabili attraverso elementari principi di matematica, riguardo a giorni di riprese, collaboratori, lampadine, cavi, panini, caffè, ruote di scorta, nonché durata e resistenza dei nervi.

Il bravo sceneggiatore è tenuto ad aggiungere due o tre scene superflue che, in caso si verifichi un ritardo sul calendario (come del resto accade sempre), il produttore o il regista potranno platealmente tagliare al fine di ribadire la padronanza del soggetto e la propria collocazione gerarchica all'interno dell'organico.

Di tanto in tanto è comunque bene inserire una riga di qualche valore letterario con lo scopo di concentrare l'attenzione dei potenziali finanziatori sul contenuto poetico del progetto, evitando allo stesso tempo che l'effetto soporifero della sfilza di dettagli tecnici comprometta la piacevolezza della lettura.

Nella sceneggiatura vigono le seguenti norme drammaturgiche: il film deve avere tre tempi (di durata imprecisata e non suddivisi nel testo) e tutti i personaggi principali vanno fatti entrare in scena entro ventisette minuti dall'inizio del film. È sconsigliato scrivere più di due pagine di dialoghi poiché la riduzione o completa eliminazione degli stessi durante le riprese determina un inutile aumento dei costi. Inoltre deve essere chiaro a tutti che per sua natura un film non è la rappresentazione dei pensieri che dominano il protagonista, ma è preferibile che sia l'azione stessa a suggerire le eventuali emozioni. Ad esempio la collocazione della sigaretta tra le dita di un personaggio è sufficiente a distinguerlo dal cane di Pavlov. Sta allo spettatore cogliere l'intima tempesta che pervade lo spirito umano.

Concludo segnalando che i produttori cinematografici apprezzano gli sceneggiatori che esprimono l'intensità drammatica con mezzi più discreti dei cataclismi naturali, degli aerei che precipitano e dell'occupazione del Palazzo d'Inverno.

Aki Kaurismäki

Viana do Castelo, 26 gennaio 2003

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SCENA 1
INTERCTTY
Notte



Il treno solca un paesaggio notturno. Un uomo sulla quarantina è appoggiato alla porta dell'ultimo vagone. Dal finestrino appannato guarda scorrere gli alberi tra le ultime chiazze di neve in un panorama macchiato di nero. Le stelle sono coperte, la luna fa capolino tra le nuvole.

L'uomo è talmente magro da sembrare più alto della sua statura. Ha stivali con la punta di gomma infilati sopra un paio di pantaloni con la riga, un maglione di lana e un impermeabile grigio. Gli manca solo un berretto in testa. Il volto è irregolare e scavato, inespressivo.

L'uomo spegne la sigaretta col piede e va a sedersi di fianco alla sua valigia striminzita. Il controllore entra nel vagone semivuoto, sveglia con uno scossone i pochi viaggiatori, che esibiscono i loro biglietti sgualciti.

Il convoglio rallenta nelle vicinanze di Helsinki, la capitale del nostro paese. L'uomo guarda le luci disseminate per la città. Non si vede il Palazzo del Parlamento, ci hanno costruito davanti una sala bingo.

Il treno si ferma un attimo prima che finiscano le rotaie. I viaggiatori si riversano sulla banchina e proseguono per la loro strada. L'uomo guarda l'orologio della stazione, sono le due di notte. Oltrepassa i binari e raggiunge un parco, si siede su una panchina sotto agli alberi coprendosi con la giacca. Lascia cadere la testa su una mano, posa l'altra sulla valigia e cerca di dormire qualche ora. Un alito di vento scuote i rami spogli.

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SCENA 2
PIAZZA DELLA STAZIONE
Notte



Un uomo grosso e brutto si appoggia al muro del Teatro Nazionale e fa un bisognino. È alto quasi due metri, ha capelli da porcospino e due orecchie che sembrano cavolfiori. Poco lontano barcollano altri due individui, gli occhi appannati, non altrettanto corpulenti ma anche loro ceffi dall'aspetto poco rassicurante. Uno ha in mano una mazza da baseball.

Un taxi svolta nel piazzale semideserto, i due più smilzi si avvicinano e costringono l'auto a fermarsi. Uno dei due senza pensarci troppo solleva la mazza e colpisce il parabrezza mandandolo in frantumi: Il tassista esce dall'auto e se la dà a gambe. L'altro teppista parte all'inseguimento ma inciampa e cade imprecando. Tiratosi in piedi, scarica tutta la sua rabbia su fanali e carrozzeria.

Il grosso ha portato a termine l'operazione e fa un cenno agli altri. Ormai al sicuro, il tassista parla al cellulare con voce concitata. Il terzo malvivente rovista nell'auto ma non trova i soldi, preso dalla collera strappa il tassametro e lo getta contro il muro. Poi raggiunge gli altri e sparisce in una via laterale.

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SCENA 3
PARCO DI KAISANIEMI
Notte



Rannicchiato come un riccio il nostro uomo dorme beato, ignaro che i tre delinquenti della scena precedente (tutti di età compresa tra i venti e i trent'anni) si stanno avvicinando di soppiatto. Da qualche parte risuona la sirena di un'auto della polizia per spegnersi in lontananza. Il grosso guarda l'uomo addormentato, il suo volto è pervaso da un sorriso insano. Afferra la mazza da baseball. Il primo colpo arriva dritto in testa. La vittima finisce con la faccia a terra mentre gli altri ridono compiaciuti. Qualcuno trova le parole per esprimere la propria soddisfazione.

PRIMO UOMO: Bingo!

Mentre il teppista con la mazza fruga nella valigia, l'altro capovolge l'uomo ormai privo di sensi, strappa il portafogli dal taschino, prende i soldi e getta tutto il resto, documenti compresi, in un cestino della spazzatura.

SECONDO UOMO: Solo merda.. .

Il secondo uomo butta all'aria il contenuto della valigia, qualche vestito, un paio di libri, uno spazzolino da denti, una maschera da saldatore. Sul fondo trova una radiolina a transistor, se la infila in tasca. Seguita la scena appoggiato alla mazza come Tiger Woods dopo un colpo vincente, il grosso torna in azione e si mette a dare botte sistematiche. Gli altri seguono l'esempio.

Quando hanno finito, il secondo uomo prende una tanica di plastica, versa il contenuto sul corpo della vittima e accende un fiammifero. Occorrono tre tentativi prima che le fiamme si spandano sulla giacca. Irritato dal piccolo contrattempo somministra alla vittima qualche altro calcio in faccia. La testa coperta di sangue è riversa su un lato. Il malfattore si volta verso il capo della banda con gli occhi che brillano di gioia.

SECONDO UOMO: Dammi la mazza...

CAPO: Basta così... leviamoci di mezzo.

SECONDO UOMO: Dio come li odio questi... questi...

Non riuscendo a concludere la frase si congeda con uno sputo, estrae dalla tasca un flacone e si infila in bocca una manciata di pillole mentre corre dietro ai suoi compagni.

Quando i tre sono lontani il nostro uomo tenta di alzarsi per spegnere il fuoco, già quasi del tutto estinto, prima di riperdere i sensi.

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SCENA 4
STAZIONE FERROVIARIA - ESTERNO/INTERNO
Notte



L'uomo steso a terra accenna un movimento, il silenzio e l'oscurità sembrano più densi di prima. Solleva lentamente il busto e si tira in piedi appoggiandosi alla panchina. Non vediamo la sua faccia, la nuca è coperta da una macchia di sangue rappreso. Privo di forze, si avvia verso le luci della stazione.

Da questo momento seguiremo la scena dalla soggettiva dell'uomo. Cammina lungo la banchina verso l'ingresso della stazione. Il suo aspetto desta lo stupore della folla che scorre in senso contrario: qualcuno si fa da parte, altri rimangono impietriti. Varca la soglia dell'atrio e si dirige verso il bagno degli uomini. Apre la porta ed entra, l'inserviente segue la scena con la coda dell'occhio. Si alza e fa per avvicinarsi, ma l'uomo cade e finisce lungo e disteso in una latrina con le gambe in mezzo al corridoio. Si avvicina alla toilette per dare un'occhiata, indietreggia e afferra la radiotrasmittente attaccata alla cintura.

UOMO: Qui Lajunen dal bagno degli uomini... abbiamo un morto.

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SCENA 5
OSPEDALE - ESTERNO/INTERNO
Notte



L'ospedale è un imponente edificio vicino al centro. Le finestre illuminate brillano di una luce foca, le ambulanze consegnano nuovi pazienti, mentre i parenti, pieni di speranza o afflitti dal dolore, formano un corteo silenzioso davanti all'ingresso principale.

M (lo chiamiamo con la prima lettera del pronome interrogativo nella lingua finlandese perché non sappiamo il suo nome) è disteso nel reparto di rianimazione. Con la testa e il busto fasciati e il corpo immobile sull'unico letto della sala, sembra la moglie di Lot. Fasci di cavi lo collegano ai dispositivi elettronici. Sul cranio rasato sono applicati dei sensori, altri fili elettrici raggiungono il petto all'altezza del cuore. Tra le bende, in corrispondenza degli occhi, c'è una sottile apertura dalla quale si intravede solo un'ombra nera.

Un medico e un'infermiera di mezza età fissano il monitor. Il dottore è di corporatura minuta, attorno ai novanta anni.

INFERMIERA: Il polso cala... Lo stiamo perdendo.. .

MEDICO: Forse è meglio così... piuttosto che una vita da vegetale.

Il dottore osserva l'elettroencefalogramma, il ticchettio si affievolisce e tutte le lancette cominciano a disegnare linee piatte. Di lì a poco rallenta anche il battito cardiaco e non rimane che un suono costante. Sconsolata l'infermiera tira un sospiro e stacca il dispositivo. Il dottore guarda l'orologio.

MEDICO: Le due e quaranta. Qual è il nome del defunto?

INFERMIERA: Non lo sappiamo.

MEDICO: Comunichi a quelli del piano di sotto. Io devo andare al reparto maternità.

Il dottore guarda per l'ultima volta il paziente e si allontana con passo stanco. L'infermiera si avvicina al letto e copre il viso di M con il lenzuolo. Un cercapersone squilla e anche lei esce.

Improvvisamente il corpo di M ha un sussulto e il battito cardiaco ricomincia a farsi sentire. Dopo qualche secondo il suono dell'elettroencefalogramma si unisce al coro. M si mette seduto, il lenzuolo gli cade sulle gambe. La somiglianza con la mummia di un film del cinema muto è innegabile. Con gesti meccanici e convulsi M si strappa di dosso cavi e sensori e si alza in piedi. Esita per un attimo, cammina in direzione del lavandino e si guarda allo specchio sbirciando dalla fessura. L'aspetto non è dei migliori: i capelli spuntano a ciuffi tra le garze e ci sono chiazze di sangue un po' ovunque. Porta lentamente la mano sulla faccia e si raddrizza il naso. Il rumore è a dir poco agghiacciante, ma sotto le bende il viso, sempre che di viso si possa parlare, sembra aver ritrovato la sua simmetria.

M si guarda intorno, l'impermeabile macchiato di sangue è appoggiato a una sedia accanto ai suoi stivali. Grazie alla grande quantità di farmaci riesce a vestirsi con una disinvoltura sorprendente. Esce dalla stanza senza voltarsi e si allontana dall'ospedale.

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