Copertina
Autore Joseph Rudyard Kipling
Titolo Oltre La Porta d'Oro
SottotitoloUn viaggio negli Stati Uniti da costa a costa [1887-1889]
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 2002 , pag. 208, dim. 140x210x16 mm , Isbn 978-88-359-5220-6
OriginaleAmerican Notes [1981]
TraduttoreValeria Bellazzi
LettoreRenato di Stefano, 2002
Classe viaggi , storia sociale , storia: America , paesi: USA
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Indice

INTRODUZIONE IX

PREFAZIONE XI

I   Il mio arrivo a San Francisco e il tè al club dei
    Bohemiens 1

II  Come follemente e con terrore assistetti ad un
    assassinio
    - La legge della democrazia e il dispotismo dello
      straniero 17

III Come mi ritrovai in politica e caddi in sentimenti più
    teneri
    - Un trattato morale sulle ragazze americane e uno
      etnologico sui neri
    - Un banchetto e una dattilografa 27

IV  Attraverso il paese di Bret Harte fino a Portland col
    vecchio "California"
    - Come due vagabondi furono presi da nostalgia guardando
      le case dell'altro popolo 41

V   La pesca del salmone nel Clackamas 55

VI  Da Vancouver al parco nazionale dello YellOwstone 71

VII Jankee Jim mi presenta a Diana dei Crossways sui banchi
    deloo Yellowstone e un ebreo tedesco nega che io sia un
    vero cittadino
    - La celebrazione del quattro luglio con poche
      riflessioni in proposito 81

[...]

 

 

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Pagina 8

La notte scese sul Pacifico e la pallida nebbia del mare salì attraverso le vie, affievolendo lo splendore delle lampade elettriche. È costume di questa città, dei suoi uomini e delle sue donne, di sfilare tra le otto e le dieci in una certa via chiamata Kearney Street, dove si trovano i negozi più raffinati. Qui il suono schioccante dei loro tacchi alti sul lastricato è più forte, qui le luci sono più brillanti e qui il rombo del traffico è più opprimente. Osservai la Giovane California e vidi che era, per lo meno, costosamente vestita, vivace di modi e piena di sé nella conversazione. Le donne erano anche molto belle. *Forse diciotto giorni a bordo di una nave avevano qualcosa a che fare con la mia incondizionata ammirazione*. Le fanciulle erano di corpo esuberante, pieno, di aspetto raffinato e attillate in toilettes che anche ai miei occhi inesperti dovevano essere costate parecchio. La Kearney Street verso le nove di sera livella tutte le distinzioni di classe, imparziale come la tomba. A più riprese vagai sulle orme di una coppia di esseri risplendenti, soltanto per cogliere, quando mi attendevo la voce uniforme della persona colta, lo staccato "Sez he", "Sez I", che in tutto il mondo è il marchio della servetta di razza bianca.

Era sconfortante, perché a dispetto di tutto ciò che ne prova il contrario, le belle penne fanno il bell'uccello. Vi era opulenza, sconfinata opulenza nelle strade, ma non un accento che non sarebbe stato caro al prezzo di cinquanta cents. Perciò, riflettendo dentro di me che quella gente era barbara, fui d'un tratto illuminato e dovetti riconoscere che essi erano anche gli eredi di tutte le età, e in fin dei conti civili.

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Pagina 20

E questo mi conduce per associazione spontanea alla grande questione delle bevande. Come è noto, l'americano non beve mangiando come fanno tutti gli uomini sensati. Infatti non ha pasti. Si rimpinza in dieci minuti tre volte al giorno. Non ha un'idea decente della posizione del sole sopra o sotto l'orizzonte. Egli spande su di sé la propria vanità ad ore indebite, e certo non saprebbe fare diversamente. Non avete un'idea di ciò che significa "trattare" sul versante dell'Ovest. È più che un'istituzione, è una religione, per quanto la gente mi assicuri che oggi è nulla in confronto al passato. Prendiamo un esempio comune. Alle dieci e mezzo antimeridiane un uomo è torturato dal bisogno di stimolanti. È in compagnia di due amici. Tutti e tre si recano ai bar più vicino, assai di rado distante più di venti metri e prendono subito tre whisky. Conversano per due minuti. Quindi il secondo e il terzo offrono successivamente a loro volta; poi ciascuno riprende la via, due di loro più poveri di tre whisky nel loro borsellino e uno con due bicchieri di più di quello che desiderava. L'etichetta non permette di rifiutarsi di pagare. Il risultato è notevole. Non ho ancora visto, lo confesso, un ubriaco nelle strade, ma ho sentito più che mai parlare dell'ubriachezza tra i bianchi, ed ho visto parecchie persone perbene sovreccitate o depresse per l'abuso di bevande, più di quanto m'importi di ricordare. E il vizio domina in ogni sorta di riunioni e società. Non mi stupii mai più udendo ad un pranzo cordiale un paio di dolci labbra dire a caso di un antico in discussione: "Era ubriaco". Il fatto fu enunciato freddamente senza turbamento. Quello fu ciò che mi sgomentò. Ma il clima della California è clemente con gli eccessi e nasconde insidiosamente le loro tracce. In quell'aria asciutta l'uomo non si gonfia né avvizzisce. Egli mantiene il fiore fallace della salute sulle guance, l'occhio tranquillo, la bocca immobile, la mano ferma fino al giorno della resa dei conti, quando, sfasciandosi colpito al cervello, improvvisamente muore, e i suoi amici di conseguenza pronunciano il suo discorso funebre. Perché mai della gente incapace nel più dei casi di tollerare le bevande dovrebbe giocare con esse con tal leggerezza lo lascio decidere ad altri. Questo sciagurato stato di cose ha comunque prodotto un buon risultato, che vi voglio confidare. Nel cuore del quartiere degli affari, dove più numerosi sono le banche e i banchieri, e più fitti i fili telegrafici, vi è un bar semisotterraneo gestito da un tedesco dalle lunghe ciocche bionde e dall'occhio cristallino. Entrate là sotto pianissimo in punta di piedi e chiedete un Button Punch. A bollire impiegherà dieci minuti, ma il risultato è il più sublime e il più nobile prodotto dell'epoca. Nessuno, se non uno solo, sa cosa ci sia dentro. La mia teoria è che sia composto di pulviscoli di ali d'angelo, della magnificenza di una aurora tropicale, di nuvole rosse vespertine e di frammenti di epopee di poeti ignoti. Ma assaggiatelo voi stessi e sostate un momento per benedire me, sempre sollecito dei più veri interessi dei miei fratelli.

Ma basta ora con le sale sudicie, sputacchiate dei bar. Volgiamoci a contemplare lo spettacolo angusto di un Governo del popolo, creato dal popolo e per il popolo, com'è inteso nella città di San Francisco.

Il libro del professor Bryce vi dirà che ogni cittadino americano superiore ai ventun anni ha diritto di voto. Non occorre che sappia amministrare i suoi affari, vigilare la moglie, instillare il rispetto ai suoi figli, può essere indigente, mezzo scimunito per l'alcool, fallito, dissoluto o semplicemente idiota di nascita; ma ha diritto di voto. Se ne ha voglia, può passare la maggior parte del suo tempo a votare; nelle elezioni politiche, nelle amministrative, nelle opzioni locali, nei contratti di fognatura e in qualsiasi altra questione, della quale non ha alcuna competenza speciale.

Ogni quattro anni vota per un nuovo Presidente. A tempo perduto elegge i suoi giudici, quelli che gli renderanno giustizia. Questi dipendono dal favore popolare, per la rielezione, perché stanno in carica per un termine fisso di anni, due o tre, credo. Un tal sistema è evidentemente indicatissimo per creare amministratori indipendenti e imparziali. Ora, questa massa di persone che votano è divisa in due partiti: Repubblicani e Democratici. Tutti e due sono d'accordo che il partito avverso sta trascinando il creato (cioè l'America) in un fuoco rosso. Inoltre il partito democratico, come partito, beve parecchio più del repubblicano e quando ha bevuto lo si sente discutere di cose chiamate "tariffe doganali", che esso non concepisce, ma che concepisce come il baluardo dello stato, o anche l'ordigno più indicato per distruggerlo. Talvolta dice una cosa e talvolta un'altra, semplicemente per contraddire il repubblicano, che non sa far altro che contraddirsi. E questa è una vera e lucida esposizione del principio base della politica americana. Vista dall'altro lato la politica americana è ben diversa.

Siccome ogni cittadino ha un voto e può votare su tutte le cose immaginabili, ne segue che esistono degli uomini sapienti che conoscono il mestiere di comprare i voti al minuto e venderli poi all'ingrosso a chiunque ne faccia urgente richiesta. Pertanto un americano affaccendato a costruirsi una casa non ha il tempo di votare per un tornitore di rubinetti, per un avvocato di distretto o simili bestie, ma gli scioperati hanno molto tempo a loro disposizione perché sono sempre alla mano sulle strade. Sono chiamati boys e formano una categoria speciale. Sono giovani; non sanno un'acca di guerra, non sanno un mestiere; non hanno mai ucciso un uomo, rubato del bestiame o scavato un pozzo. In buon inglese, sono gli uomini che si trovano sulle strade e sui quali si può sempre fare affidamento in cause che hanno per meta visibile una bevanda qualsiasi. Essi attendono, sono alla mano; e nell'essere alla mano è il coronamento e il trionfo della politica americana. L'uomo sapiente è colui che, con un bar a sua disposizione e dispensando giudiziosamente le bevande, sa tenere a portata di mano una massa di uomini, pronta a votare pro o contro qualsiasi cosa sotto la volta del Cielo. Non tutti i gestori di bar possono fare questo. Richiede uno studio accurato della politica della città, tatto, il dono della conciliazione, risorse infinite di aneddoti per tener unita la compagnia sera dopo sera, per trasformare il Saloon in salon. Soprattutto il lato liquoristico del piano non va sfruttato ad immediato profitto.

[...]

I soli a soffrire per questa felice organizzazione sono infatti quelli che hanno escogitato l'amabile sistema. E soffrono, perché sono americani. Spieghiamoci. Come è noto, ogni città popolosa di qui contiene almeno una parte considerevole di elettori stranieri, generalmente irlandesi, frequentemente tedeschi. A San Francisco, l'emporio di razze, c'è un distinto voto italiano del quale bisogna tenere conto, ma il voto irlandese è il più importante. Perciò l'irlandese non s'ammazza per sovraccarico di lavoro. Egli è fatto per mescere briosamente liquori, per la piaggeria continuata, e possiede un fiuto mirabilmente fine per le debolezze della natura umana di ceto inferiore. Per di più non ha coscienza di sorta, ma solo una forte convinzione, l'odio profondamente radicato per l'Inghilterra. Vive sulle strade, è sempre alla mano, vota con giocondità, sciupa le giornate a prodigare da gran signore, e in America il tempo è la mercanzia più cara. Ecco il magnifico risultato. Al giomo d'oggi la città di San Francisco è governata dal voto irlandese e dall'influenza irlandese, agli ordini di un signore che ha la vista indebolita e ha bisogno di un uomo che lo accompagni per le strade. Ufficialmente si chiama "Boss Buckley" e in confidenza "il Bianco Demonio Cieco". Ho sotto gli occhi nero su bianco la registrazione della sua brillante carriera. Occupa quattro colonne di stampa minuta, e forse la trovereste poco simpatica. Riassumendo: Boss Buckley col suo tatto e la sua profonda conoscenza del rovescio della città si accaparrò un seguito di elettori. Egli non agognò ad uffici per sé, o assai di rado; ma man mano che i suoi partigiani crescevano, vendette i loro servigi al maggior offerente, prelevando la sua quota sulle entrate di ciascuna carica. Controllava il partito democratico nella città di San Francisco. Il popolo elegge i suoi giudici. Il popolo di Boss Buckley eleggeva i giudici. Naturalmente questi giudici erano proprietà di Boss Buckley. Sono stato a certi pranzi ed ho sentito della gente perbene che non si occupava di politica, raccontare storie sulla giustizia, civile e penale, comprata in contanti dalle mani di quei giudici. Tali racconti erano fatti spassionatamente, da gente che rammentava dei fatti. Contratti di riparazioni stradali, costruzioni pubbliche e cose simili sono sotto il controllo di Boss Buckley, perché gli uomini che i partigiani di Buckley mandano in Consiglio Comunale approvano incondizionatamente questi contratti, e su ciascuno di questi contratti Boss Buckley ha la sua percentuale per sé e per i suoi alleati.

Anche il partito repubblicano a San Francisco ha il suo Boss. Non è un genio della statura di Boss Buckley, ma mi rifiuto di credere che sia, anche solo un poco, più virtuoso. Ha solo un minor numero di voti a sua disposizione.

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Pagina 33

[...] Il racconto delle risorse della California, vegetali e minerali, è una leggenda. Lo potete leggere nei libri. Non mi credereste mai. Ogni sorta di alimento, dal pesce marino alla carne di bue, si compra a prezzo irrisorio, e la gente di conseguenza è ben nutrita ed ha il ventre prominente. Chiedono dieci scellini per riparare la serratura bloccata di un baule, ricevono sedici scellini al giorno come carpentieri; spendono parecchi pezzi da sei pence per acquistare pessimi sigari *che anche i più poveri tra loro fumano* e vanno matti per gli incontri di boxe in cui si scommette. Quando litigano, lo fanno fatalmente con le armi alla mano e sulla via pubblica. Stavo giusto uscendo da Mission Street, quando cominciò una rissa tra due signori, l'uno dei quali infilzò quell'altro. Quando un poliziotto, di cui non ricordo il nome, "uccise disgraziatamente Ed Hearney" perché tentava di sottrarsi all'arresto, io ero nella via adiacente. Sono cose che danno soddisfazione. Basta viaggiare con un poliziotto in un tram e, mentre si sistema le falde della giubba quando si siede, avere la fugace vista di una rivoltella carica. Basta sapere che il cinquanta per cento degli uomini nei caffè portano addosso delle pistole. Il cinese sorprende il suo avversario e metodicamente lo fa a pezzi con la sua accetta. E allora la stampa strepita sulla ferocia brutale dei pagani. L'italiano rimette a posto il suo amico con un lungo coltello. E la stampa stigmatizza l'umore bisbetico degli stranieri. Gli irlandesi e gli indigeni californiani nelle loro ore di scontentezza usano la rivoltella, non una volta, ma sei. La stampa riporta il fatto, e nella colonna seguente si chiede se il progresso del mondo si può paragonare a quello di San Francisco. L'americano che ama il suo paese vi dirà che questo genere di cose sono limitate alle classi inferiori. In questo stesso momento un ex-giudice che fu messo in prigione da un altro giudice (sulla mia parola, non so dire se questi titoli abbiano qualche significato), sta vomitando fuoco e fiamme contro il suo nemico. I giornali hanno intervistato le due parti ed aspettano con fiducia una tragica soluzione.

Ora permettetemi di tirare il fiato e di lanciare una maledizione al cameriere nero e nella sua persona a tutti i domestici di colore. Hanno fatto di lui un cittadino con diritto di voto, perciò tutti e due i partiti si approfittano di lui. Ma egli non sta né con gli uni, né con gli altri. In un solo pasto un negro commetterà ogni bestialità di cui è capace un bifolco che viene fresco fresco dall'aratro, e continuerà a commettere le stesse fesserie. Egli è un perfetto zotico, scimunito, stupido pasticcione quale nessuna memsahib in Oriente prese mai al suo servizio. Ma secondo la legge è un cittadino libero e indipendente, e perciò al di sopra del biasimo e della critica. Lui, e lui solo, in questa folle città vi servirà a tavola (il cinese non conta). È goffo, impacciato, ma tiene l'impiego e tira la paga. Ora, Dio e il fato di suo padre l'hanno reso intellettualmente inferiore all'Orientale. Insiste a fingere di servire a tavola solo per accidente, come una sorta di passatempo. Desidera che voi teniate conto di questo piccolo fatto. Voi desiderate mangiare i vostri pasti, e, se è possibile, che vi siano serviti a modo. Egli è un grosso, nero e fatuo bambinone e insieme un uomo messi insieme nella stessa persona.

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Pagina 41

IV
ATTRAVERSO IL PAESE Di BRET HARTE
FINO A PORTLAND COL VECCHIO
"CALIFORNIA" - COME DUE VAGABONDI
FURONO PRESI DA NOSTALGIA
GUARDANDO LE CASE DELL'ALTRO
POPOLO



       Ho camminato nella sera solitaria,
       E chi è triste quanto me
       Che ho visto il giovane e la fanciulla
       passeggiare allegramente?
SAN FRANCISCO NON HA che un guaio. È duro abbandonarla. Quando, come il pio Hans Breitman, "piantai quella città presso il mare", fu con vivo rimpianto per i luoghi deliziosi lasciati dietro di me, per gli uomini così intelligenti e le donne così spiritose, per i locali da gioco, le birrerie, i macelli, gli inferni del poker, dove l'umanità va al diavolo vociando e ridendo e tra canzoni e il crocchiare del bossolo dei dadi. Avrei volentieri indugiato, ma temevo di fare una brutta fine, quando il mio denaro fosse finito ed io fossi stato costretto a scendere agli angoli delle strade. Una voce interiore mi disse: "Parti di qui. Va' verso il nord. Mettiti in viaggio per Victoria e Vancouver. Riposati un giorno all'ombra della vecchia bandiera". Così partii da San Francisco per Portland nell'Oregon: e quello fu un viaggio di trentasei ore in ferrovia.

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Pagina 47

La discesa ci portò lontano nell'Oregon ed in un paese di foreste e di frumento. Passammo alternativamente attraverso grano e pini, specialmente pini, finché arrivammo a Portland, che è una città di cinquantamila abitanti, fornita naturalmente di luce elettrica ed ugualmente priva - naturalmente - di selciato, ed un porto doganale a circa cento miglia dal mare, dove i grossi bastimenti possono prendere il loro carico. È una città ben povera quella che non può proclamare di non aver rivali sulla costa del Pacifico. Portland lo grida ai pini che scendono da una cresta di un migliaio di piedi fin dentro la città. Ci si può sedere in un bar decorato in un modo sgargiante, fornito di telefono e di campanelli elettrici, e in una mezz'ora trovarsi tra i boschi.

Portland produce legno da costruzione, mobili domestici lavorati, birra e carrozzini, mattoni e biscotti, e nel caso in cui ve lo dimentichiate, ci sono panorami idealizzati della città appesi nei luoghi pubblici, col valore dei prodotti espresso in dollari. Questo è ottimo e perfettamente consigliabile per lo sviluppo di un paese nuovo; ma quando vi vengono a dire che questo è civiltà, voi fate obiezioni. La prima cosa che l'uomo civile impara a fare è a mettere il denaro in secondo piano, perché non è l'olio della macchina che fa procedere la vita facilmente.

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Pagina 75

Lo spettacolo lontano di tre navi da guerra britanniche e di una torpediniera mi consolò nel mio ritorno da Victoria a Tacoma e mi accorsi en route che ero stufo del paesaggio. C'è una grande verità nell'osservazione di un viaggiatore scontento: "Quando si è vista una foresta di pini, un precipizio, un fiume e un lago, s'è visto tutto il paesaggio dell'America occidentale. Talvolta il pino è alto trecento piedi, e talvolta anche la roccia e talvolta il lago è lungo cento miglia. Ma tutto è eguale, crediate. Io comincio ad aveme abbastanza". Io non dico di esserne stufo. Sono soltanto un po' stanco. Se la Provvidenza avesse distribuito tutte questa bellezza a pezzetti, dove più occorrevano, tra noi in India, per esempio, sarebbe molto meglio. Ma qui è en masse, eccessiva, opprimente e non ha nessuno che la ammiri al di fuori di qualche capitano di battello fluviale che la guarda masticando il suo tabacco. Mi fu detto che se fossi andato in Alaska, avrei visto isole ancora più boscose, picchi innevati più alti e fiumi più incantevoli di quelli intorno a me. Ciò mi indusse a non andare in Alaska. E mi diressi ad Est fin nel Montana dopo un'altra notte orribile a Tacoma tra la gente che scaracchiava. Perché mai l'uomo dell'Ovest sputa? Non dev'essere uno spasso per lui e non fa piacere al suo vicino.

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Pagina 79

Ascoltavo delle storie nello scompartimento dei fumatori del treno per tutto il tragitto fino ad Helena, e salvo poche eccezioni, tutte avevano come punto culminante un assassinio violento, brutale, scellerato, l'assassinio con l'astuzia e la destrezza del selvaggio, l'assassinio invendicato dalla legge o tutt'al più punito all'esplosione di una nuova scelleratezza. Alla fine di ciascun racconto mi si assicurava che i tempi antichi erano passati e che questi erano aneddoti di cinque anni prima. Un uomo si distingueva particolarmente, suscitando l'ammirazione con le imprese di alcuni cowboys di sua conoscenza e con la loro abilità nell'uso della rivoltella. Ciascun racconto d'orrore finiva così: "Erano uomini di quello stampo", come per dire: "Fate anche voi altrettanto". Si noti che i colpi di fucile, di coltello e di pugnale non erano le conseguenze di una guerra legittima; gli eroi non erano costretti a combattere per la loro vita. Tutt'altro. Le zuffe erano prodotte dall'abuso di bevande, al quale essi avevano partecipato, nei saloons, nelle tane da gioco erano abituati a "puntare il fucile" contro un uomo, e nella gran maggioranza dei casi, senza provocazione. I racconti mi fecero soffrire, ma mi insegnarono una cosa. Un uomo che porta una pistola può essere considerato un vigliacco, una persona da escludere da ogni mensa, da ogni club che si rispettino e da ogni raccolta di esseri civili. Non c'è né cavalleria né romanticismo nell'uso dell'arma, malgrado tutto ciò che gli autori americani hanno creduto bene di scrivere. Vorrei farvi comprendere la pienezza del disprezzo che certi aspetti della vita dell'Ovest mi hanno ispirato.

[...] Ebbene la stessa sensazione provavo io, quando un uomo anziano che avrebbe dovuto comportarsi meglio, si appellava di tanto in tanto a me, perché ammirassi i suoi sentimenti degni di compassione. Nel suo cervello sentiva di aver diritto di insultare, di storpiare, di ammazzare; sentiva di aver diritto di eludere la legge, quando era dura, e di calpestarla quando era debole; sentiva di aver diritto di truffare in politica, di mentire negli affari di stato, di spergiurare nell'ammistrazione comunale. La carrozza era piena di ragazzi, interamente emancipati dai loro genitori, capricciosi, bisbetici, viziati ad un punto che non avevo mai visto nell'India inglese. Col tempo essi sarebbero divenuti degli uomini come quelli seduti nel fumatoio, privi di qualsiasi rispetto per la legge; uomini che avrebbero redatto dei giornali partigiani "di coloro che sfidano tutte le leggi". Ma ciò non ha importanza, come dice il signor Toots.

[...]

A notte inoltrata passammo sopra una moffetta, ci passammo sopra nell'oscurità. Tutto ciò che fu detto intorno alla moffetta è vero. È un puzzo che impone rispetto.

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Pagina 116

- Questa sera faremo il gran cañon dello Yellowtone? - chiese la ragazza.

- Insieme? - domandai, ed ella assenti.

Il sole aveva cominciato a calare, quando udimmo il rombo di acque cadenti, e giungemmo ad un ampio fiume, lungo le cui rive procedemmo rapidi. Ed allora... oh, allora! Io potrei in caso di bisogno descrivere le regioni infernali, ma non il resto. Sappiate dunque che il fiume Yellowstone ha l'occasione di scorrere lungo una gola lunga circa otto miglia. Per scendere sul fondo della gola occorrono due salti, uno di circa centoventi piedi e l'altro di trecento. Esplorai la cascata superiore più piccola che è prossima all'hotel. Fino a questo punto nulla di speciale accade allo Yellowstone, le sue rive sono soltanto rocciose, piuttosto dirupate e completamente coperte di pini. Presso le cascate il fiume gira un angolo, verde, massiccio, spruzzato di schiuma e largo non più di trenta metri. Di là scivola sopra una roccia ancora più verde e parecchio più massiccia della prima. Dopo un minuto o due sedendo sopra un poggio a strapiombo sul burrone ci si comincia ad accorgere che qualche cosa è successo; che il fiume ha fatto un salto tra pareti ininterrotte, e che il delicato increspamento dell'acqua che lambisce le pareti della gola al di sotto, è in realtà lo sprazzo di ondate gigantesche. E il fiume strepita forte; ma le pareti impediscono allo strepito di udirsi.

Questa esplorazione incominciò con curiosità e finì in terrore, perché pareva che tutto il mondo stesse scivolando trasformato in crisolito sotto i miei piedi. Seguii gli altri turisti lungo il gomito del fiume per giungere sull'orlo del cañon. Sulle prime dovemmo arrampicarci su un pendìo quasi verticale, perché il terreno si eleva più di quanto il fiume precipiti. Dei pini maestosi orlano con una frangia entrambi gli orli della gola, che è la gola dello Yellowstone.

Tutto ciò ch'io posso dire è che senza essere avvertito e preparato, affondai gli occhi in un burrone di millesettencento piedi di profondità, con aquile e falconi pescatori che volavano in circolo giù in basso. Le pareti del cañon erano un mosaico assurdo di colori, cremisi, smeraldo, cobalto, ocra, ambra, miele, mescolato a vino di Porto, bianco di neve, vermiglio, limone, e grigio argento in larghe chiazze. Le pareti non scendevano a picco, ma erano scolpite dal tempo, dall'acqua e dall'aria in teste mostruose di re, di gran capi morti, uomini e donne del tempo antico. Così in basso scorreva il fiume, che nessun suono della sua lotta poteva giungere ai nostri orecchi, il fiume Yellowstone scorreva come un nastro di giada verde, largo un dito. La luce del sole percuoteva quelle muraglie portentose e donava nuove sfumature a quelle che la natura aveva già creato là.

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Pagina 135

XI
INCONTRO PERSONE IMPORTANTI TRA
IL LAGO SALATO ED OMAHA



       Molto io ho visto,
       Città ed uomini.
SU QUESTO ARGOMENTO È bene non cadere in equivoco. Io amo questo popolo, e se una critica aspra ha da essere fatta, la farò io stesso. Il mio cuore si è rivolto a lui più che ad altri popoli; e, sulla mia vita, non saprei dirne il perché. Gli Americani sono brutali e sanguinari, quasi più presuntuosi degli inglesi, volgari della volgarità massiccia paragonabile alle Piramidi intonacate di canditi come torte natalizie. Sono sfrontati, sprezzanti della legge, improvvisatori quanto lo possono essere; ma io li amo, e me ne accorsi quando incontrai un'inglese che li prendeva in giro. Egli mi provò con sentenza inappellabile che essi avevano torto su tutto, dalle loro tariffe fino al Servizio Civile, che va come Dio vuole, e sulla base della considerazione di un britannico autentico.

- Ammetto tutto, - risposi. - Il loro Governo è provvisorio; la loro legge è l'ispirazione del momento; le ferrovie sono fatte di spilloni da cappello e fiammiferi, e la maggior parte della loro fortuna risiede nei loro boschi, nelle miniere e nei fiumi e non nei loro cervelli; ma quanto al resto, sono il popolo più grande, più bello e più buono sulla superficie della terra. Aspettate un centinaio di anni e vedrete come si comporteranno, quando saranno messi alle strette ed avranno dimenticato gli insegnamenti patriarcali del Signor George Washington. Abbiate pazienza finché l'anglo-americano-tedesco-ebreo, l'uomo dell'avvenire, sia equipaggiato adeguatamente. Avrà ancora un minimo di riccioli nei capelli di tanto in tanto; un polmone inglese sopra un piede tedesco che può camminare in eterno; stenderà le mani, lunghe, sottili, ossute dello Yankee con le grosse vene azzurre sul polso, da un capo all'altro della terra. Sarà lo scrittore, il poeta, il drammaturgo più fine, specialmente il drammaturgo, che il mondo, per quanto si ricorda, avrà mai conosciuto. In virtù del suo sangue ebreo, una goccia, appena una goccia, sarà musicista ed anche pittore. Per il momento c'è troppo balcone e troppo poco Romeo nei drammi di vita dei suoi concittadini. Più tardi, quando la proporzione sarà ristabilita ed egli vedrà le possibilità del suo paese, produrrà cose da far strabiliare l'Est esausto. Sarà anche un amministratore complesso e composito. Non c'è nulla che l'uomo conosca, che egli non voglia anche essere, e il suo paese dominerà il mondo con un piede, come si domina l'asse di un'altalena!

- Ma è peggiore dell'Aquila nei suoi momenti peggiori. Ci credete sul serio? - domandò l'inglese.

- Se c'è qualche cosa in cui creda sul serio, tutto questo io credo più che fermamente. Aspettate e vedrete. Sessanta milioni di uomini, in gran parte di istinto inglese, che sono stati educati fin dalla giovinezza a credere che nulla è impossibile, non passeranno ignoti attraverso i secoli come dei contadini russi. Essi sono destinati a imprimere il loro marchio da qualche parte, non lo dimenticate.

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Pagina 153

XIII
COME GIUNSI A CHICAGO E CHICAGO
GIUNSE A ME - UN PO' DI RELIGIONE E
DI POLITICA - LA MACELLAZIONE DEI
PORCI E L'INCARNAZIONE DELLA CITTA
TRA I MATTATOI



      Conosco l'astuzia e la cupidigia,
      La bieca, violenta lussuria e
                       il gesto ostinato,
      E amo cantare tutta la magnificenza
      Degli speciosi doni materiali
SONO CAPITATO IN UNA città, una vera città, che chiamano Chicago. Gli altri luoghi non contano. San Francisco era un luogo di piacere piuttosto che una città e Salt Lake era un fenomeno. Questa è la prima città americana che ho incontrato. Contiene più di un milione di anime e di corpi e si stende sullo stesso tipo di terreno di Calcutta. Avendola vista una volta, non desidero sinceramente di vederla più. È abitata da selvaggi. La sua acqua è l'acqua dello Hooghly e l'aria è mefitica. Inoltre si dice sia la città boss dell'America.

Non credo che Chicago abbia nulla in comune con questo paese. Mi avevano raccomandato di andare alla Palmer House, che è oltremodo piena di dorature e di specchi, e là trovai un'enorme sala di marmo ad intarsi, gremita di gente che parlava di denaro e sputava dappertutto. Altri barbari galoppavano a passo di carica entro e fuori da quell'inferno, con lettere e telegrammi tra le mani ed altri si urlavano reciprocamente. Un uomo che aveva bevuto più del necessario, mi dichiarò che quello era "l'hótel più bello della più bella città che esista sulla terra dell'Onnipotente". Comunque, quando un americano vuole indicare la contea o lo stato vicino, dice "la terra dell'Onnipotente". Ciò previene la discussione e carezza la sua vanità.

Quindi uscii sulle strade che sono lunghe, piatte e interminabili. E in verità non è consigliabile vivere nell'Est per molto tempo. Le vostre idee vengono a cozzare con quelle professate da ogni bianco intelligente. Osservai prospettive senza fine, fiancheggiate da case di nove, dieci e quindici piani, stipate di uomini e donne e lo spettacolo mi fece inorridire. Fuorché a Londra, ed ho scordato com'è Londra, non ho mai visto tanta gente bianca accalcata e mai una tal collezione di miserabili. Non c'è alcun colore nelle strade e nessuna bellezza, c'è solo un labirinto di fili metallici sopra la testa e un lastricato di pietre sudicie sotto i piedi. Un vetturale si offrì di mostrarmi le glorie della città ad un tanto all'ora, e vagabondai a lungo con lui in carrozza. Aveva opinione che tutto quel frastuono e quello sconquasso fosse cosa che meritava di essere ammirata con riverenza, che fosse bene impacchettare uomini in quindici strati l'uno sopra l'altro e scavare caverne nel terreno per ricavarne uffici. Mi disse che Chicago era una città animata e che tutte le creature che vorticavano accanto a me erano occupate negli affari.

[...]

Passai dieci ore in quel deserto immenso, vagando per miglia e miglia in quelle strade terribili e urtando in alcune centinaia di migliaia di quelle terribili persone che parlavano di denaro con accento nasale. Il vetturale mi abbandonò, ma dopo qualche momento pescai un altro uomo, che era imbottito di cifre e me le snocciolava nelle orecchie ogni qual volta ne aveva l'occasione o glielo suggerivano gli immensi e squallidi opifici. Qui si producevano tante centinaia di migliaia di dollari di questo o di quest'altro articolo, là tanti milioni di altre cose; questa casa valeva tanti milioni di dollari; quest'altra tanti milioni più o meno. Era come ascoltare un bambino che conta balbettando i suoi mucchi di conchiglie. Era come badare ad un pazzo che gioca con dei bottoni. Ma io pretendevo di fare ben più che ascoltare o guardare. Egli pretendeva che io ammirassi; ed il più che potevo dire era: "Davvero? Allora me ne dispiace molto per voi". Questo lo faceva arrabbiare. Egli disse che l'invidia insulare mi rendeva insensibile. Così, vedete, non riuscii a farmi comprendere.

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