Copertina
Autore Hans Kruuk
Titolo Uomini, prede e predatori
SottotitoloIl rapporto tra noi e i carnivori
EdizioneMuzzio, Roma, 2004, Nature 12 , pag. 286, cop.fle., dim. 140x210x19 mm , Isbn 978-88-7413-099-3
OriginaleHunter and Hunted
EdizioneCambridge University Press, Cambridge UK, 2002
PrefazioneEnrico Alleva
TraduttoreEmanuela Luisari
LettoreRiccardo Terzi, 2005
Classe zoologia , etologia , ecologia , natura , animali domestici
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Indice

Introduzione 13
Prefazione 17

1 Porgere l'altra guancia 19

Enigma 19
Cos'è un carnivoro? 23
I gruppi di Carnivori nel mondo odierno 28
Vulnerabilità 35

2 La società dei carnivori: gli eremiti e le comunità
  Sistemi sociali, gruppi e territori 39

Collaboratori nella caccia 43
Società 48
Risorse e territori 53

3 La preda del cacciatore
  La dieta dei carnivori e il comportamento di caccia 61

La dieta 61
Comportamento di caccia 67
Surplus di uccisioni e nascondere il cibo 71

4 L'uomo, la preda
  I mangiatori d'uomini 75

Tigre 76
Leopardo 80
Leone 81
Coguaro 84
Iena macchiata 85
Orso 87
Lupo 91
Animali domestici e in cattività 97
La predazione sull'uomo: una sintesi 97

5 Competitori e portatori di malattie
  Predazione sulla selvaggina e sul bestiame 101

In cerca di selvaggina 103
Uccisione del bestiame 107
Trasmissione di malattie all'uomo e al bestiame 117
Altri danni derivanti dai carnivori 123

6 Storia di un conflitto
  I carnivori e i primi ominidi 127

La predazione sui primi uomini 127
I carnivori primitivi 131
Caccia e saprofagia durante l'evoluzione dei primi ominidi 137
Le estinzioni dei carnivori e Homo 139

7 Che uso se ne può fare?
  Carnivori come cibo, medicinali, profumi, sport,
  turismo e commercio di pellicce 143

I carnivori come cibo 143
Usi medicinali e fragranze 148
A uso sportivo 152
Carnivori ed ecoturismo 156
Il commercio di pellicce 157

8 Lupi con l'anima umana: gli animali d'affezione
  Cani e gatti come animali da lavoro e come compagni 165

Gli animali da compagnia nel passato e oggi 165
Addestrati per lavorare 168
Cani e gatti come compagni 170
Perché i carnivori? Perché cani e gatti? 172
Animali d'affezione e conservazione 175

9 Carnivori e coabitanti: gli effetti sulla preda
  Le conseguenze sulle altre specie,
  e gli animali esotici introdotti 179

"Equilibrio" tra predatori e preda 179
La predazione in collettività 182
Scarsità numerica dei carnivori 187
Immigrazione artificiale: l'introduzione di predatori 190

10 Gridare al lupo: il comportamento antipredatorio
   Il comportamento anticarnivoro negli animali e nell'uomo 197

Comportamento antipredatorio negli uccelli 198
Comportamento antipredatorio nei mammiferi ungulati 204
Reazioni verso i competitori dei predatori 207
Comportamento antipredatorio nel genere umano 208

11 I carnivori nella cultura
   Nelle fiabe, nella religione, nell'arte e nell'araldica 215

I carnivori nella letteratura classica 215
Stregoneria 220
Religione 223
Araldica 226
I carnivori in pittura 228

12 Il futuro
   Effetti del genere umano sui carnivori:
   urbanizzazione e sopravvivenza 235

Abitanti urbani 235
I carnivori minacciati 238

Epilogo
Cambiare l'opinione sui carnivori,
individualità e conservazione 255


Bibliografia 261
Indice analitico 279

 

 

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Pagina 19

1 Porgere l'altra guancia


Enigma

Questa è una storia sulla competizione, sulla predazione e sulla paura, sull'attrazione e sulla bellezza. È il racconto della nostra relazione con i carnivori, sia selvatici sia domestici, come cacciatori e animali da compagnia, killer e saprofagi. Nel libro esaminerò il nostro comportamento e quello degli altri animali. Tratterò delle ramificazioni di un semplice quesito: perché ci piacciono così tanto i carnivori, e perché rimaniamo completamente affascinati da animali che sono fatti per essere nostri nemici?

Nell'immensa, aperta prateria del Serengeti, nell'Africa orientale, la mattinata scoppia impetuosa. Sto guidando molto distante dai percorsi turistici; il mio mondo è un'ampia distesa che si perde ben oltre l'orizzonte. La terra sta cominciando a respirare nella luce del sole, e piccoli uccelli iniziano a scuotersi. Davanti a me, in lontananza, compaiono dei puntini neri, alcuni dei quali poi si trasformeranno in struzzi, altri in gnu. Mi fermo ad ascoltare i soavi e distanti grugniti dei branchi. È una scena di pace assoluta e di attesa.

Oltre gli gnu qualcosa si agita. Alcune gazzelle si mettono a correre e gli gnu smettono di grugnire. Forme agili e sinuose appaiono in lontananza: un branco composto da sedici licaoni, silenziosi e veloci. Intorno a loro scoppia il caos, gli gnu si girano e fuggono in gruppo, le code che si agitano. I licaoni zigzagano fra gli gnu nel tumulto.

Uno gnu femmina si separa del branco, con lei un cucciolo, talmente attaccato alla madre da sembrare un piccolo sidecar; entrambi corrono veloci quanto le zampe glielo permettono. Dietro a loro un licaone, poi molti altri. Io sono vicino, a circa 20 metri di distanza, ma nessun animale fa attenzione a me e alla mia Land Rover. Il primo licaone cerca di mordere il fianco del piccolo, poi la madre. La femmina si gira, è circondata dal pericolo. I licaoni mordono il piccolo, la madre attacca e viene morsicata, ma lei è in grado di difendersi. Il piccolo, invece, non ha speranze. Pochi minuti più tardi, lo gnu femmina è fermo, distante, a guardare il mucchio fumante di licaoni famelici lacerare il piccolo corpo che fino a un momento prima correva insieme a lei.

Questo era solo un singolo episodio. C'erano migliaia di gnu, gazzelle e altri animali che pascolavano, socializzavano, difendevano il proprio territorio, si accoppiavano. Ma fra tutti erano stati il predatore e la preda ad attirare la mia totale attenzione. Si trattava di un imperativo più forte di me; devo confessare che anche mentre trascrivevo nei miei appunti questo avvenimento ho sentito un brivido di eccitazione.

Ho passato la maggior parte della mia vita a studiare gli animali, soprattutto i carnivori. In Inghilterra ho analizzato la predazione dei gabbiani da parte di volpi ed ermellini. Ho vissuto per parecchi anni in Africa, dove ho trascorso quasi tutto il tempo a osservare iene, leoni, licaoni e molti altri predatori. Per anni ho osservato i tassi di notte e le lontre di giorno, e non esagero quando mi definisco un carnivoro-dipendente.

Può darsi che il mio coinvolgimento con questi animali sia maggiore di quello che può avere una persona comune, ma nelle vene di molti di noi pulsa parte di questa dipendenza. Coloro che visitano i parchi nazionali africani vogliono vedere i leoni, i leopardi e i ghepardi, e quando nel parco del Serengeti si scorge un assembramento di auto, di sicuro vicino c'è un grande felino. Portate i bambini allo zoo e loro andranno diretti verso le tigri, i leoni, i lupi. Molti dei programmi televisivi sulla natura hanno come momento clou un predatore. Fiabe e stemmi sono zeppi di violenza carnivora, e i panda e le tigri sono gli emblemi trainanti per la conservazione.

Molti di questi animali sono letali. Nei Paesi in via di sviluppo uccidono la gente e, se ne avessero la possibilità, la ammazzerebbero anche nei Paesi sviluppati. Uccidono il nostro bestiame, prendono la nostra selvaggina e ci trasmettono malattie. Eppure, noi che viviamo nei Paesi occidentali, consideriamo i carnivori bestie meravigliose, spettacolari, e spendiamo molto denaro per la loro tutela. Anche nei Paesi meno sviluppati molta gente rimane affascinata da loro, talvolta addirittura ne è orgogliosa.

In tutto ciò è insita una contraddizione su cui voglio indagare. Interrogarsi sui motivi e sui modi della nostra relazione con i carnivori è lecito perché ci consentono di capire le nostre paure istintive, le nostre ossessioni e la nostra preoccupazione relativa alla violenza. Nello stesso tempo le risposte sono importanti per quelle specie che si trovano di fronte all'imminente estinzione.

Questa è la raison d'étre del libro, diverso dagli altri che hanno descritto i carnivori, il loro comportamento e la loro ecologia, o il danno che subiamo dai predatori. Qui voglio prendere in esame le relazioni fra loro e noi, come se studiassi i rapporti fra predatore e preda negli animali selvatici. Voglio esaminare gli aspetti ecologici, l'influenza reale e potenziale dei carnivori sul genere umano e del genere umano sui carnivori, compresa la predazione, la competizione e gli effetti benefici. Su queste basi è necessario valutare il comportamento – le nostre stesse reazioni antipredatorie verso questi animali – per poter studiare quanto sia efficace e cosa fa agli animali.

Nelle pagine che seguono voglio analizzare tutto questo da diverse angolature. Inizierò esaminando la moltitudine delle specie di carnivori, e darò un certo ordine e uniformità nella diversità. Quest'ordine non è confinato alle apparenze: è anche nel loro comportamento, nella vita sociale e nella caccia. Questo punto è importante per la percezione dei carnivori da parte della nostra specie, perché noi tendiamo a fare un unico mucchio di ciò che è simile. Le analogie, che siano reali o solo percepite, sono le basi dei nostri pregiudizi.

Poi passerò a ciò che ci riguarda direttamente, al meccanismo della nostra relazione con loro e agli aspetti del comportamento dei carnivori che causano danni alla razza umana. Molti carnivori sono mangiatori d'uomini, ed esibirò i fatti contro di loro in dettaglio. Inoltre molti di loro causano anche seri danni al nostro bestiame e alla selvaggina che desideriamo per noi, e siamo costretti a investire considerevoli somme di denaro contro di loro, che devono essere aggiunte a una lunga lista di altri costi. Non è difficile dimostrare che il rapporto nocivo tra gli animali e la nostra specie è cominciato già all'inizio della nostra esistenza su questo pianeta.

Tuttavia, c'è anche un altro aspetto nei carnivori. La loro storia è una sequela di contrasti, perché nella società del giorno d'oggi noi abbiamo bisogno di loro. Ci derivano molti benefici dagli animali da compagnia e da lavoro, ci riferiamo a loro come "al miglior amico dell'uomo". C'è un commercio su scala mondiale di pellicce, i carnivori ci forniscono medicine, cibo e "sport". E la loro semplice presenza può essere benefica: li consideriamo belli, emozionanti, l'incarnazione di tutto ciò che è selvaggio.

Sulla base di questi debiti e crediti, nei prossimi capitoli descriverò abbastanza dettagliatamente in che modo noi, come specie, reagiamo a questi animali. A livello base, il comportamento dell'uomo verso i carnivori contiene spesso evidenti elementi di paura, di aggressività e di forte curiosità. In questo l'essere umano non è solo, questi stessi elementi si trovano negli uccelli, nei gabbiani che assalgono le volpi, e in molti altri mammiferi che dividono il loro spazio vitale con i predatori che mirano alle loro vite, o a quelle della loro prole. A volte è più semplice rendersi conto oggettivamente del comportamento degli animali selvatici che razionalizzare le nostre reazioni, per cui descriverò il comportamento antipredatorio degli uccelli e di altri animali al fine di arrivare a una comprensione utile a dare un piccolo contributo alla consapevolezza di noi stessi. Il nostro comportamento antipredatorio ha molto in comune con quelli di altri animali, uccelli selvatici e mammiferi.

Tuttavia, nelle nostre reazioni verso i carnivori c'è qualcosa in più del semplice comportamento elementare, istintivo, antipredatorio. Noi apprezziamo la caccia di un carnivoro, che spesso è seguito da un'uccisione perché, nel profondo, noi stessi siamo cacciatori. Non credo che tutti riescano a resistere alla tentazione di osservare la caccia d'appostamento straordinariamente scaltra di un gatto, le immagini del fulmineo inseguimento di un ghepardo, o l'infaticabile galoppo di un cane dietro a una lepre. Ci identifichiamo con il cacciatore e con il cacciato, e solamente osservando una tale predazione – in natura o anche solo sullo schermo – soddisfiamo per procura stimoli profondi.

Voglio poi descrivere il grande impatto che questi oggetti di ammirazione hanno sulla nostra cultura e sulle nostre azioni antipredatorie. Celebriamo questi animali nella letteratura, nell'arte, nell'araldica, nella mitologia e nelle arti magiche. Da sempre le madri raccontano ai loro bambini la favola del lupo cattivo e di altri predatori. Storie incredibili dei pericoli legati alla predazione ci giungono da ogni parte del globo, dai villaggi africani alle brulicanti metropoli del mondo moderno.

Il timore istintivo e le emozioni conflittuali associate ai carnivori hanno invaso anche il nostro senso dell'estetica, e le immagini di questi animali sono divenute pietre di paragone. Per molti di noi la vista di un leopardo selvatico è, malgrado il pericolo, un'esperienza bellissima, mozzafiato; la sagoma di un lupo e la melodia di un ululato rimarranno per sempre impresse nella mente di coloro che hanno assistito a un tale spettacolo. Sono le fotografie degli orsi polari su una distesa di ghiaccio a vincere i premi nei concorsi fotografici, e la vista di una volpe solitaria sulla cima di una collina rimarrà per sempre a colorare il ricordo di una passeggiata in campagna. Ci serviamo di questi animali selvatici per caratterizzare le persone, diciamo un orso d'uomo, il sinuoso movimento felino di una ragazza, definiamo un politico furbo come una volpe.

In questo apprezzamento è implicita una relazione biologica fra noi e loro che è necessario esplorare, capire, e ammirare; infine, vorrei che la nostra relazione con i carnivori fosse sfruttata. Quanto dico può sembrare contraddittorio, ma sto cercando di raccogliere anche il minimo contributo per la conservazione e la sopravvivenza a lungo termine di animali che molti di noi considerano fra le più belle creature della Terra.

Noi abbiamo bisogno di loro, non ha importanza se alcune di loro sono mangiatrici d'uomini e se dobbiamo competere con loro per assicurarci un'esistenza sul nostro sovraffollato pianeta. Se sfruttarli è la maniera per mantenere le loro popolazioni, allora che così sia.

[...]

Devo ammettere, e con una certa sorpresa, che la posizione dei Carnivori non è peggiore di quella di altri mammiferi. Dopo tutto, sono perseguitati con maggior frequenza, e dipendono da popolazioni di altri animali, per cui sono anche esposti al declino delle prede. Devono essere un gruppo vulnerabile di per sé, e di recente è stato dimostrato che le specie all'apice della catena alimentare, e/o a bassa densità di popolazione, e/o con una lunga fase di sviluppo individuale, hanno un rischio di estinzione particolarmente elevato (Purvis et al. 2000a, 2000b).

È possibile che i carnivori riescano meglio ad affrontare i rischi ulteriori grazie alla loro maggiore flessibilità comportamentale, ma questa è pura ipotesi.

Fra i Carnivori, sono in particolare le specie grandi a essere maggiormente minacciate, sebbene naturalmente anche diverse altre abbiano dei problemi. Magari non c'è alcuna relazione fra la dimensione del corpo e i rischi di estinzione (Purvis et al. 2000a, 20006), pur tuttavia, di tutte le 17 specie di carnivori che pesano 50 o più chili, dieci (o quasi il 60%) sono nell'elenco delle specie vulnerabili o in condizioni peggiori. Fra queste è inclusa metà delle specie di orsi. Molte specie di alcune famiglie hanno una distribuzione geografica estremamente localizzata, nella famiglia del procione, per esempio, numerose specie si trovano solamente in una o due piccole isole, per cui il 44% delle specie, nella lista è inserito come vulnerabile o in condizioni peggiori. Inoltre, come vedremo nel Capitolo 3, alcune tra le famiglie più colpite, come i felidi (28% vulnerabili o in condizioni peggiori), sono proprio quelle che hanno abitudini alimentari più specializzate. Sembra che questi animali non siano in grado di sopportare la persecuzione, la competizione con l'uomo e i mutamenti nei loro habitat.

Tuttavia il lato positivo è che ci sono molti carnivori che hanno adottato l'uomo come stile di vita. Traggono vantaggio dall'agricoltura (i coyote, le volpi, i tassi eurasiatici, il caracal) oppure prosperano negli insediamenti urbani (i procioni, le volpi, le faine, si veda il Capitolo 12); oppure, ancora, sono riusciti in maniera straordinaria a catturare la nostra fiducia come animali da compagnia (Capitolo 8).

Queste semplici asserzioni sulla situazione critica e sulla prosperità dei carnivori indicano quanto l'uomo e l'ambiente da lui modellato siano divenuti il fattore più importante nel determinare la vita di molti carnivori. Diversamente, come vedremo più avanti, gli stessi carnivori hanno una forte influenza sulla nostra esistenza.

L'ordine dei Carnivori può anche essere piuttosto piccolo, ma la sua gamma di permutazioni comportamentali ed ecologiche è ampia e affascinante. Nei prossimi due capitoli vedremo la varietà dei sistemi sociali dei Carnivori, dagli animali solitari alle comunità grandi e altamente strutturate, e come ciò dipenda dalle risorse che influenzano questi predatori altamente efficienti. Il retroterra comportamentale ed ecologico dei carnivori è un valido sfondo per l'interazione fra loro e noi, che sarà l'argomento dei successivi capitoli.

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Pagina 75

4 L'uomo, la preda


I mangiatori d'uomini

I carnivori mostrano una forza nella diversità, con il loro affascinante sistema sociale e i molteplici comportamenti di caccia. Tuttavia, numericamente sono deboli, se paragonati ad altri animali. In ogni caso, nonostante i loro numeri piccoli, hanno un effetto sulle persone che è sproporzionato alla loro quantità. Per analizzare questo fatto in dettaglio, vorrei iniziare dal lato più oscuro, raccapricciante e negativo della nostra relazione con questi animali: la predazione su di noi. Essi possono essere dei nemici veramente pericolosi.

Per ragioni ovvie spesso i conservazionisti negano che i grossi predatori uccidano gli uomini, invece esistono numerose prove a dimostrazione che la loro indignata negazione è un'assurdità. In questo capitolo vedremo che i carnivori che ci predano sono veramente tanti. I dettagli di queste predazioni spesso sono ricchi di aneddoti, e li riporterò così come sono, ma sono comunque avvenimenti reali e, come il mio maestro Niko Tinbergen era solito dire, molti aneddoti fanno una statistica.

Sono storie sanguinarie, e può darsi che alcuni lettori restino disgustati leggendo particolari zeppi di sangue. È una reazione che fa parte del nostro comportamento antipredatorio. Credo che il pattern della predazione sia importante, quanto lo è la frequenza con cui avvengono questi incidenti, perché sono stati questi fatti a determinare la minaccia che nell'evoluzione ha plasmato la nostra risposta verso i predatori. Fra le altre cose, vogliamo sapere se un gruppo di carnivori può essere più minaccioso di altri per noi e se è così, come operano questi animali.

La nostra reazione antipredatoria può essere "istintiva", ovvero più o meno precostituita saldamente nel cervello, come capita in molte specie animali. In più, o in alternativa, nella nostra cultura ci puo essere trasmessa da altre persone, forse perfino dai genitori attraverso la lettura di fiabe. Comunque sia, per natura o per acquisizione, per determinare una base ecologica alla reazione dell'essere umano verso i carnivori abbiamo bisogno, prima di tutto, di un'analisi oggettiva della predazione sulla nostra specie. Abbiamo bisogno di dati per descrivere la predazione sull'uomo, da prove dirette.

Sono molte le informazioni in nostro possesso, che arrivano da ogni parte del mondo, riguardo alla predazione su di noi, con descrizioni particolareggiate di attacchi a persone. Da questo vasto gruppo di resoconti ho estrapolato alcuni casi dividendoli per singole specie.

Uno dei problemi da tenere in considerazione è l'attendibilità dei resoconti, perché spesso queste informazioni non provengono da documentazione scientifica scrupolosa e corretta. Per essere certo dell'attendibilità ho usato due criteri: la fonte doveva essere stata controllata da altri scienziati, qualificati e stimati (per esempio autori di libri rinomati) oppure i racconti dovevano provenire da fonti locali e autorevoli (per esempio dai registri della comunità in cui era accaduto il fatto). Rendo nota anche la fonte.

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Pagina 127

6 Storia di un conflitto


I carnivori e i primi ominidi

Per quanto mi possano piacere i carnivori, nei capitoli precedenti ho enfatizzato il fatto che ancora oggi gli uomini possono essere personalmente minacciati dai predatori, e anche che nell'allevamento del bestiame o nella caccia alla selvaggina, con loro perdiamo. Per fortuna, al momento, in generale la gente (almeno quelli che di noi vivono nella società urbana, occidentale) è piuttosto tollerante verso minacce, perdite e danni, nonostante i problemi che creano a una parte della nostra popolazione.

Gli occidentali, e anche altre popolazioni del mondo, di solito restano affascinati dai carnivori selvatici, tanto che diverse nazioni hanno emanato leggi di tutto rilievo per preservare molti di questi animali. Ma è fuori dubbio che sia noi sia il nostro bestiame siamo spesso presi a bersaglio da questi predatori.

Una domanda ovvia è se la prerogativa di essere una specie da preda sia una conseguenza della nostra preistoria, o se lo siamo diventati in tempi più recenti. Come si è evoluto il conflitto con i carnivori, sono arrivati dopo di noi dei nuovi predatori, ci siamo evoluti contemporaneamente, oppure la nostra specie è sorta in un mondo già pieno di nemici? Di fronte alle pressioni dei carnivori sarebbe utile fare un excursus nella preistoria e nell'evoluzione della nostra specie. Ma, com'è facilmente immaginabile, le tracce delle primitive interazioni fra noi e loro sono scarse e difficili da procurare.

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Pagina 139

Le estinzioni dei carnivori e Homo

Dopo la lunga lotta tra la nostra specie e quelle dei Carnivori, combattuta su diversi fronti, con molte battaglie, è lampante che gli esseri umani ne sono usciti vincitori. Siamo noi dunque la causa delle numerose estinzioni occorse tra quelli che da sempre sono i nostri nemici?

Questa è una domanda ricorrente (per esempio Walker 1984; Vrba 1985, 1988; Turner 1990), alla quale non è affatto facile rispondere. Sappiamo che molte specie di carnivori si sono estinte all'incirca 4 milioni di anni fa, proprio nel periodo in cui i primi ominidi entravano in scena, e molte altre specie le seguirono nell'oblio nei successivi 2 milioni di anni. Ma è altrettanto noto che altre estinzioni avvennero molto prima che arrivasse l'uomo. Inoltre dobbiamo anche ricordarci che la comparsa degli esseri umani non è stato l'unico evento a cambiare la faccia dalle terra, in quel momento e successivamente. Ci furono anche drastici cambiamenti climatici, per esempio intorno ai 3,2, 2,4 e 0,8 milioni di anni fa. Il periodo del Pleistocene ebbe inizio 0,8 milioni di anni fa con un gigantesco mutamento climatico, che comportò un notevole rialzo delle temperature. Questo preannunciò l'espansione verso l'Eurasia di diverse specie africane come il leone, il leopardo, la iena macchiata e forse il maggiore (sebbene non il primo) spostamento fuori dall'Africa del genere Homo (Turner 1990).

Se episodi di migrazioni di tale importanza si verificarono in concomitanza con i mutamenti climatici, è anche possibile che fossero iniziate le estinzioni. Per esempio, il paleontologo Alan Turner osservò che gli episodi climatici avvenuti intorno a 2,4 milioni di anni fa, coincisero con "il principale turnover faunistico che permette la comparsa di forme (di ungulati) moderne, che corrono, e sono adattate alle praterie. Gli effetti di questo cambiamento... probabilmente hanno avuto un grosso impatto sui felini arcaici, macoirodonti (dai denti a sciabola), che potrebbero aver trovato sempre maggior difficoltà a catturare le prede" (Turner 1990). Il punto è che riguardo a molte estinzioni dei primi carnivori, avvenute appena prima o appena dopo la comparsa degli ominidi, non potremo mai fare il mea culpa con convinzione, perché l'unica prova che possediamo è quella della coincidenza nel tempo, di una specie in crescita e di altre nell'atto di scomparire. Forse l'uomo non ha nulla a che fare con queste scomparse. Forse la colpa è tutta nostra; forse fu dovuta anche ad altri fattori: il cambiamento ambientale potrebbe aver reso le specie più vulnerabili ai nostri assalti e alla competizione.

Comunque, per quanto riguarda le estinzioni più recenti, il meccanismo vero è documentato, e qui il genere umano è colpevole, senza alcun dubbio. Per esempio, il più grande marsupiale carnivoro recente, il lupo della Tasmania o tilacino, quando io sono nato, esisteva ancora in Tasmania. L'estinzione è avvenuta perché negli anni '20 e '30 gli allevatori di pecore avvelenavano gli esemplari (Paddle 2000). Il visone di mare nordamericano fu annientato nel diciannovesimo secolo per la sua pelliccia, ed è mancato poco che la lontra di mare condividesse lo stesso destino, salvata per un soffio, ma solo a mala pena. Il "lupo" delle Isole Falkland, imparentato con i canidi sudamericani dall'aspetto di volpi, viveva ancora quando Charles Darwin, nella prima metà del diciannovesimo secolo, visitò quelle isole, ma predava le pecore, e siccome aveva anche una buona pelliccia, dalla fine dell'800 lo si può vedere solo nei musei.

La situazione del panda gigante e della tigre è fin troppo nota; parlerò di loro più dettagliatamente nei capitoli successivi. In Gran Bretagna sono stati eliminati numerosi carnivori, come l'orso bruno e il lupo, mentre il gatto selvatico, la puzzola europea e la martora comune sono riuscite a stento a sopravvivere. Si può continuare con lunghe liste provenienti da ogni parte del mondo dove sappiamo che l'agente causale è l'uomo, sebbene forse in qualche zona alcune specie sono state condannate per altri motivi. Senza dubbio la vasta maggioranza delle estinzioni avvenute in questi ultimi secoli è stata provocata dagli esseri umani.

Ci siamo vendicati in modo orrendo dei magnifici animali che ci avevano infastidito, l'uomo li ha sfruttati, ha portato via loro le pellicce, fino all'eliminazione di queste fonti di guadagno sicuro. Posso solo sperare che, adesso che abbiamo fatto del nostro peggio, daremo garanzia di non far seguire alcuna altra estinzione. Ma devo ammettere di non essere ottimista.

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Pagina 143

7 Che uso se ne può fare?

Carnivori come cibo, medicinali, profumi, sport, turismo e commercio di pellicce


Nei capitoli precedenti i carnivori sono stati presentati come una scocciatura pericolosa e costosa, ma sarebbe intollerabile dire solo questo. Essi sono animali molto affascinanti, e se questo non bastasse, dico anche che i carnivori selvatici possono anche esserci immensamente utili. In questo capitolo voglio parlare dei benefici diretti e materiali che derivano da loro — spesso più d'importanza storica che non attuale, ma che sono comunque aspetti di vasta portata della nostra relazione ecologica con loro.

[...]

I carnivori come cibo

Nella moderna società occidentale non mangiamo più i carnivori; la sola idea ci ripugna. Ma meno di un secolo fa in molti paesi occidentali numerose specie carnivore erano considerate delle prelibatezze, e giusto per curiosità personale, anch'io ne ho assaggiate alcune.

Nel Serengeti, una mattina presto sono stato testimone di una lotta tra due leoni maschi. L'intruso più giovane ebbe la peggio e morì circa mezz'ora dopo che il vittorioso padrone del territorio ebbe lasciato la scena. Questo mi offrì l'opportunità di portar via le zampe posteriori della vittima, e quella sera feci uno splendido barbecue con i miei colleghi e con le loro famiglie. La carne era tenerissima, aveva il sapore di una scaloppina di vitello leggermente selvatico, era eccellente. È piaciuta a tutti, e nessuno ha indovinato di che animale fosse la carne. Ma più tardi, quando ammisi cos'era, molti rimasero inorriditi e a uno degli scienziati venne la nausea. Ho fatto questo esempio per sottolineare due punti: primo, la carne di certi carnivori ha un sapore squisito; secondo il solo pensiero di mangiare un animale carnivoro può risultare veramente sgradevole.

L'anno scorso, in un remoto villaggio della Bielorussia, un bracconiere locale offrì al nostro piccolo gruppo di ricerca una lince appena uccisa, lui voleva tenersi solo la pelle. La carne era eccezionale, dal sapore delicato. Mi ricordo che quando ero giovane, durante e dopo la Seconda guerra mondiale, in Olanda i gatti erano chiamati "lepri dei tetti". Venivano regolarmente venduti come lepri dalle persone del luogo e perfino dai macellai (ovviamente scuoiati, senza testa e senza zampe). In famiglia stavamo molto attenti a tenere il nostro gatto chiuso in casa, soprattutto durante il periodo natalizio, perché la lepre era il piatto tradizionale di Natale.

Nell'America del nord e in Europa si usava mangiare gli orsi, e perfino negli anni '60 e '70 in Germania la specialità di alcuni ristoranti erano le zampe di orso. Anche uno dei classici libri di gastronomia anglo-americana (The Joy of Cooking, Rombauer & Becker 1963) riportava ricette per cucinare l'orso, e diceva chiaro e tondo che tutti gli orsi, tranne quello nero, erano commestibili. Ma mai nella storia dei Paesi occidentali gli orsi sono stati popolari come pietanza quanto lo sono stati e ancora lo sono nell'Asia orientale. Si mangiano in Tailandia, Vietnam, Cambogia, Cina, Corea e Giappone, nonostante in alcuni di questi Paesi siano animali protetti. Folle di ricchi turisti provenienti da Taiwan, dalla Corea e dal Giappone, trovandosi in Vietnam, in Cambogia e in Tailandia vanno nei ristoranti soprattutto per mangiare l'orso, la cui parte prelibata sono le zampe. Si dice che quelle anteriori siano migliori di quelle posteriori, perché gli animali le leccano molto. Spesso queste bestie vengono picchiate e torturate prima di essere uccise, così aumenta la produzione di adrenalina perché si dice che "il succo della paura" faccia diventare la carne particolarmente tenera e saporita (http://www.earthtrust.org/bear.html). Mi riesce impossibile commentare tutto ciò.

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Pagina 170

Cani e gatti come compagni

A parte l'abbondanza di usi pratici, il compito in assoluto piu importante che gatti e cani oggi hanno (perlomeno nelle società urbane dell'occidente) è di offrire la loro compagnia alle persone. Senza alcun dubbio in origine era solamente un ruolo secondario, ma adesso in molti Paesi sviluppati la raison d'étre della larga maggioranza degli animali d'affezione è come compagni. Intorno a questo è nata un'industria enorme, della quale non sono neanche in grado di dare il valore approssimativo, ma si tratta di tantissime migliaia di dollari all'anno su scala mondiale. E comprende il commercio in animali da compagnia, cibo e attrezzatura, cure veterinarie, mostre, toelettatura, libri, film, documentari, articoli, canili, cimiteri, assicurazioni e molto, molto altro.

Quando chiedo a qualcuno perché tiene un animale d'affezione, di solito mi sento rispondere con una scusa pratica. Per difesa, per dissuadere i ladri, per impedire una possibile aggressione. Invece non c'è dubbio che la ragione principale sia l'amore per un animale. Se, come etologo, faccio un'analisi, devo dire che i motivi per tenere un animale d'affezione sono basati sul fatto che noi stessi siamo animali di gruppo, e creiamo intorno a noi gruppi, di persone o, se necessario, di animali da compagnia. I proprietari affermano di aver bisogno di qualcuno da amare, di sentirsi più rilassati quando accarezzano il loro animale (in mancanza di una persona che lo sostituisca). Con i cani si può giocare, accettano e dispensano amore, danno una sicurezza emotiva e, in mancanza di figli, ne possono diventare i sostituti. Le persone parlano ai loro cani o gatti, pongono loro domande e magari interpretano uno scodinzolio o una serie di fusa come un'affermazione o un segno di intesa. I cani hanno anche l'importante ruolo di facilitare i contatti tra persone: chi ne possiede uno ha più occasioni di uscire di casa, ed è più facile che si intrattenga a parlare con altri proprietari di cani.

Uno studio dettagliato sugli animali da compagnia ha evidenziato che generalmente i proprietari di questi animali hanno il morale più alto, vivono una vita più felice dei loro pari senza animali (Hart 1995). È stato dimostrato che coccolare un cane abbassa significativamente la pressione arteriosa (Jenkins 1986), e si è visto che nelle case di cura i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer che vengono in contatto con animali da compagnia mostrano meno ansia e aggressività degli altri (Fritz et al. 1995). È provato che i bambini si integrano meglio nella societa se sono abituati ad avere contatti con animali d'affezione.

Per tutte queste ragioni, gli animali da compagnia sono stati spesso associati allo status, e non è affatto raro che la gente si scusi per non avere un animale d'affezione.

In generale ci piace essere visti come persone di successo, felici e ben equilibrate, nel pieno controllo dell'ambiente circostante, quindi ci piace essere conosciuti come persone che possiedono un cane o un gatto. In qualche modo, questo rende più completa la vita di una persona.

Sebbene sia più comune avere un gatto di un cane, i proprietari di questi ultimi sono più premurosi ed emotivamente più coinvolti di chi possiede un gatto. I ricercatori hanno scoperto, per esempio, che le persone spendono più tempo a interagire con i cani che con i gatti, gli danno continuamente ordini, e i contatti fisici sono maggiori. Difatti in una famiglia in cui c'è un cane, almeno la metà dei componenti ha più contatti con l'animale che con altre persone. Di solito chi possiede un cane si sente dominante su di esso, cosa che non accade con i gatti. (Hart 1995).

Noi tendiamo ad antropomorfizzare i gatti e in particolare i cani: accreditiamo loro attribuiti umani. Non è sorprendente, visto come possono essere educati, amati, dominati da noi e inseriti nella nostra società. La gente li tiene a dormire a letto con sé e in certe società l'integrazione va persino oltre, prendiamo il caso della Polinesia, dove a volte i cuccioli vengono allattati da una madre umana che sta allattando il suo bambino. (Hart 1995).

Cosa c'è di così speciale nei cani e nei gatti da essere diventati surrogati di persone? Forse il fatto più importante è che spesso come compagni sono più accomodanti di quanto non lo sia una persona. Sono facilmente addestrabili, non vogliono dominare, accettano la personalità del proprio padrone senza commentare o criticare, si possono impartire loro degli ordini, si possono coccolare, e cercano attivamente di sincronizzare il loro comportamento con il nostro (Bryant 1990; Hart 1995). Per quanta attenzione prestiamo loro, sono sempre i cani più premurosi verso il proprio padrone che non viceversa (Hart 1995).

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Epilogo

Cambiare l'opinione sui carnivori, individualità e conservazione


Ora, al cambio del millennio, vediamo gli animali, soprattutto i carnivori, da una prospettiva molto diversa. Le nostre opinioni stanno cambiando, e questo processo sta andando avanti velocemente. Vi faccio un esempio.

Nei tardi anni '60 la rivista Life pubblicò una serie di fotografie spettacolari di un leopardo, in Africa, mentre cacciava e uccideva un babbuino. Le foto mostravano ogni particolare dell'atletico predatore nel selvaggio territorio africano, l'azione indistinta, fulminea, l'espressione di profondo terrore sulla faccia del babbuino nel momento finale. Le fotografie erano sbalorditive, letteralmente, perché erano talmente eccezionali da permettere di identificare con la vittima. Più tardi si venne a sapere che l'intera scena era opera di un montaggio. Il leopardo era un animale addomesticato, le foto erano state fatte in un ranch in Kenya, i sei babbuini erano stati comperati da un'azienda che forniva primati per esperimenti scientifici, le foto erano state scattate da un veicolo in movimento di fianco al leopardo, e da lì venivano gettati i babbuini davanti al leopardo.

È difficile che ai giorni nostri, solo 30 anni dopo, si ricorra a una crudeltà così orribile e deliberata solo per delle fotografie, perché il mondo occidentale non lo permette. Adesso la gente si oppone in maniera decisa a trattamenti così spietati, in molti Paesi esistono leggi che lo impediscono. Ovviamente è una reazione piuttosto irrazionale, perché gli animali da proteggere (in questo caso i babbuini) probabilmente soffrono poco più di quanto patirebbero se venissero veramente catturati da un leopardo selvatico in natura, senza l'intervento dell'uomo. Ma nella società di oggi pochi si opporrebbero al concetto che non bisogna permettere alle persone di causare sofferenze agli animali. Questa sensibilità per gli animali selvatici è relativamente giovane, e sta ancora crescendo. La preoccupazione per la crudeltà verso gli animali e il loro sfruttamento, nella società occidentale influenza il nostro modo d'agire verso tutti i mammiferi e tutti gli uccelli, ma forse soprattutto verso i carnivori. Le azioni dimostrative e la pubblicità che viene fatta contro la vivisezione e la crudeltà, spesso si concentrano sui cani (i beagle per gli esperimenti sugli effetti della nicotina), sui gatti (per gli esperimenti sulle funzioni cerebrali) o sugli orsi (da ammaestramento, o ingabbiati per l'estrazione della bile). L'opinione pubblica è fortemente contraria all'uso delle pellicce; in Gran Bretagna nei prossimi anni verranno proibiti gli allevamenti di animali da pelliccia. Si prevede che l'Unione Europea vieti il commercio con i Paesi che usano ancora le trappole che immobilizzano le zampe per la cattura di animali selvatici da pelliccia. C'è la possibilità che in Gran Bretagna presto venga messa fuorilegge la caccia alla volpe. Tutto questo perché le richieste in favore dei diritti degli animali sono pressanti.

Grazie a questi cambiamenti, gli animali verranno sempre più trattati con lo stesso rispetto che abbiamo per le persone. Questo andamento sta guadagnando terreno in molti Paesi occidentali, ed è difficile al momento calcolare quanto andrà lontano. Alla fine potrebbe influenzare ciò che permettiamo che gli animali si facciano l'uno all'altro, cosa non tanto inverosimile come potrebbe sembrare. In diversi Paesi i combattimenti fra cani e quelli fra galli sono proibiti; fortunatamente cacciare tassi e orsi aizzando i cani contro di loro, adesso è illegale. Il pubblico televisivo non vuole vedere scene di violenza tra animali selvatici in natura, tanto che i documentari che mostrano uccisioni da parte dei predatori devono essere curati attentamente per renderli accettabili. I pedagoghi sono preoccupati per le bestie sanguinarie che compaiono nelle fiabe per bambini. Visti questi precedenti, non è stato sorprendente il suggerimento di alcuni lettori di un vivace resoconto divulgativo di Geroge Schaller sull'uccisione di uno gnu da parte di licaoni. Le lettere scritte al curatore di Schaller esprimevano la convinzione che quella carneficina sanguinaria dovrebbe essere fermata, che i responsabili dei parchi nazionali dovrebbero nutrire quei ripugnanti licaoni con prede uccise da un secco colpo di pistola, invece di permettere ai predatori di fare a pezzi una zebra o uno gnu, lentamente e con crudeltà (dr. G. B. Schaller, com. pers.).

Oggi quasi tutti noi rimaniamo indifferenti a un consiglio del genere, perché è assurdo, anche per un lontano futuro. Ma con gli animali confinati sempre più in piccoli parchi circondati da recinzioni, l'idea diventa quasi attuabile. È un'idea che attrae quanti pensano che gli animali debbano avere diritti ed esigenze, come succede per gli uomini, e che vorrebbero trasferire i principi morali umani agli animali (e qui io non sono d'accordo). Il fatto che tali idee oggi vengano anche solo prese in considerazione, dimostra quanto negli anni il nostro rapporto con i carnivori selvatici si sia evoluto. Faccio un breve riassunto di ciò che abbiamo scoperto nei capitoli precedenti, iniziando dalla nostra comune evoluzione.

Le specie dei carnivori contemporanei sono all'incirca 230, di solito divise in otto famiglie. Ma prima che l'uomo facesse la sua comparsa sulla scena, le specie di carnivori erano assai più numerose; questi animali avevano rimpiazzato ordini di mammiferi più primitivi o animali simili. I carnivori dominavano la scena terrestre, erano in cima alla catena alimentare prima e durante la prima fase dell'evoluzione umana, e noi ci siamo evoluti subendo la loro presenza. Vivevamo con loro, eravamo in competizione con loro, ci difendevamo da loro; poi abbiamo iniziato a usarli e, infine, ad amarli e ammirarli.

La maggior parte dei carnivori sono piccoli, ma non mancano quelli grossi e pericolosi per noi, per i nostri bambini e per il nostro bestiame. Siccome in tutti i carnivori molti tratti sono simili, siamo propensi a trattarli tutti allo stesso modo: nel profondo, molte persone credono che i carnivori comportino almeno qualche pericolo per noi. Le nostre reazioni verso i carnivori selvatici contengono elementi di paura, ma anche di aggressività e curiosità, e l'equilibrio tra questi ingredienti base del nostro comportamento è regolato finemente sull'importanza ecologica che questi predatori hanno per noi. Temiamo i carnivori che ci minacciano personalmente, attacchiamo il predatore che minaccia i nostri figli o altre persone a noi vicine o il nostro bestiame, e i carnivori veramente pericolosi ci incuriosiscono.

Questo è ancora la parte basilare istintiva del nostro comportamento ed è bene ricordare che non tutte le reazioni che abbiamo verso questi animali sono governate dalla paura o dall'aggressività. Parte di quella curiosità, della profonda attrazione che sentiamo per loro, e la bellezza che gli attribuiamo, sono dovute alla loro abilità di cacciatori, è questo che ci fa rimanere incantati a guardarli combattere con la preda, in televisione o dal vivo, in natura. Noi stessi siamo cacciatori, nella realtà (perlomeno lo eravamo fino a non molto tempo fa), o nei nostri sogni e nei nostri desideri, per cui ci sentiamo quasi costretti a osservare il processo della cattura della preda.

Come processo separato e molto importante della nostra relazione con i carnivori, il genere umano ha domesticato e sottomesso cani e gatti. All'inizio lo scopo era solamente quello di utilizzarli, i gatti venivano allevati per tenere sotto controllo gli animali nocivi che si aggiravano intorno alle case, i cani erano addestrati per una gran quantità di compiti. Poi, attraverso le epoche e soprattutto durante l'ultimo secolo, questa relazione si è trasformata in un'altra. Si è verificato un processo straordinariamente importante, nel quale i carnivori, i servi, cominciarono a essere apprezzati in un ruolo diverso, come compagni più che come lavoratori.

Adesso le caratteristiche comportamentali che questi animali domesticati condividono con l'uomo si stanno enfatizzando, in particolare nel mondo occidentale. Noi interagiamo con loro, spesso nello stesso modo in cui interagiamo con le altre persone. Gli animali d'affezione vengono apprezzati in una maniera assai diversa da prima, quando i nostri cani e i nostri gatti dovevano lavorare per guadagnarsi la vita. Ora li vediamo con occhi differenti, e l'immagine che percepiamo si trasmette necessariamente anche al modo in cui trattiamo gli animali che usiamo, e al modo in cui vediamo gli animali selvatici, in particolare i fratelli selvatici di cani e gatti, gli altri carnivori.

Da un lato, intorno a noi assistiamo al declino della natura selvatica e delle popolazioni selvatiche. Dopo tutto, adesso i carnivori selvatici non sono più una grave minaccia per noi e per il nostro bestiame, e siamo meno esposti a loro. Sono poche le occasioni di interazione con gli animali selvatici in cui abbiamo il ruolo di prede potenziali, ed è raro che i carnivori selvatici riescano a catturare il nostro bestiame. Il pericolo si sta allontanando.

Dall'altro lato abbiamo migliori opportunità di vedere direttamente (con un binocolo da un veicolo) o indirettamente (grazie ai documentari) cosa succede esattamente durante la caccia animale, quando ci troviamo così vicini all'evento che quasi ci sentiamo coinvolti personalmente. Alcuni di noi possono sentire un forte desiderio di proteggere la preda, altri, come me, si identificano tantissimo con il cacciatore. Inoltre molti di noi cominciano a vedere gli animali selvatici come individui, li stiamo umanizzando, come estensione della nostra relazione con gli animali da compagnia, e diventiamo sempre più contrari alla violenza su di essi.

Guardando nel futuro più prossimo, inevitabilmente i miei nipoti vedranno i carnivori in maniera molto diversa da come li vedo io oggi. Forse saranno attratti quanto me, ma per ragioni differenti. Ci saranno meno animali selvatici, meno natura incontaminata, e molti degli animali che sono presenti oggi saranno apprezzati come "monumenti della natura", tenuti ben protetti dietro ai recinti e salvaguardati. Spero che alcuni fra gli ecosistemi più emozionanti che comprendono i grossi predatori vengano preservati, come oggi salvaguardiamo le opere d'arte. La magia dei carnivori selvatici non scomparirà, ne prenderà il posto un'immagine più "coltivata".

Gli effetti dei carnivori sulla nostra società sono stati di vasta portata, di fatto molto di più di quanto sembri a prima vista. Sul piatto negativo della bilancia ci sono alcuni effetti orribili, i predatori che causano morte e danni con attacchi diretti e attraverso malattie, defraudatori del bestiame e della selvaggina; e poi ci sono gli effetti indiretti, il tempo e le energie che spendiamo per prevenire i danni, le precauzioni che prendiamo quasi senza neanche accorgerci. Ci sono i costi psicologici, la paura e gli incubi causati anche dalla sola presenza di questi animali. Ma sul piatto positivo c'è l'ammirazione che nutriamo per loro perché eravamo cacciatori, e l'eccitazione che nasce alla sola vista di questi animali. C'è la grande influenza dei carnivori sulla nostra cultura, sulla letteratura, le fiabe e le leggende, l'araldica, perfino la stregoneria.

Molti di questi aspetti del nostro legame con i carnivori probabilmente sono influenzati dal processo di cambiamento in corso. Siamo più consapevoli della wilderness grazie ai documentari televisivi, più consapevoli degli animali individuali che formano le popolazioni. Almeno parte di questo cambiamento è nato dal nostro rapportocon i cani e i gatti di casa. È quindi più che probabile che questo crescente rapporto con gli animali d'affezione avrà un'influenza profonda sulla conservazione, in futuro ancor più di quanto non sia stato in passato.

Nei conservazionisti intransigenti spesso c'è disistima per il sentimentalismo che le persone hanno verso gli animali da compagnia. Io però credo che questa disistima sia mal riposta, e potrebbe essere controproducente. Il rispetto e l'amore per il gatto o cane di casa è destinato ad alimentare l'amore e il rispetto per il lupo, l'orso, la volpe e il leopardo, e riconoscere le necessità degli animali d'affezione non può che influire sulla conservazione degli animali selvatici. Sono assolutamente convinto che bisognerebbe incoraggiare un numero maggiore di persone a tenere animali da compagnia perché, se correttamente guidato, l'interesse per questi animali può portare vantaggi ai progetti per la conservazione. Naturalmente c'è il pericolo che il coinvolgimento con gli animali domestici visti come individui porti a riversare su di loro i valori e i principi morali umani, arrivando a degli eccessi, come quelli già citati, il suggerimento di dare da mangiare ai carnivori selvatici prede precedentemente uccise in modo "pulito", o l'eliminazione dei "killer immorali", e altre tendenze bizzarre.

Tuttavia, sono sicuro che questo pericolo si possa tenere sotto controllo, se la gente acquisisce familiarità con le informazioni che l'etologia e l'ecologia possono fornire, e se uno ha la possibilità di vedere da sé, anche se solo in televisione, come gli animali si comportano tra di loro. La percezione pubblica degli animali selvatici ha bisogno di essere guidata, e credo che gli ecologi e i conservazionisti ne sarebbero in grado. Il modo in cui osserviamo gli animali individuali, e tolleriamo il loro comportamento, è fondamentale per i nostri rapporti con l'intera fauna. L'interazione del genere umano con i carnivori merita di fare da modello. I carnivori, nella loro posizione prominente in cima alla catena alimentare, possono a volte essere una minaccia alla nostra esistenza, ma come aiutanti dell'uomo e come magnifici idoli cacciatori, sono il simbolo della vita selvatica che ci circonda.

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