Copertina
Autore Joe R. Lansdale
Titolo Capitani oltraggiosi
EdizioneEinaudi, Torino, 2005, Stile liberi Big , pag. 274, cop.fle., dim. 135x208x16 mm , Isbn 978-88-06-17233-6
OriginaleCaptains Outrageous [2001]
TraduttoreAlfredo Colitto
LettoreElisabetta Cavalli, 2006
Classe narrativa statunitense , gialli
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Pagina 5

Feci un ultimo giro e andai in sala pausa. Leonard contava spiccioli davanti al distributore automatico di bibite, con il berretto da guardia giurata voltato di lato sulla testa.

- Hai un quarto di dollaro? - mi chiese appena entrai, senza alzare lo sguardo.

Glielo diedi.

- Qualche pollo ha cercato di fuggire? - dissi.

- No. E nessun pollo ha cercato neppure di entrare. Dalla tua parte ci sono stati problemi? - Leonard spinse un bottone e nel cassetto in basso cadde una lattina di Dr Pepper.

- Niente problemi di polli. Ho visto uno scoiattolo sospetto fuori, tra gli alberi, ma non ha voluto avere niente a che fare con me.

- Lo capisco.

Andai al tavolino e mi preparai un decaffeinato gratuito, perché avevo dato a Leonard il mio ultimo quarto di dollaro. Ci misi dentro un bel po' di panna in polvere (anche quella era gratis). Era l'unico modo per far sí che il caffè, in quello stabilimento per la lavorazione dei polli, non sapesse di cadavere.

Girai lo zucchero con un bastoncino di plastica e bevvi un sorso. Sapeva di cadavere con panna. Gettai il bicchiere nella spazzatura e uscimmo nel parcheggio, diretti verso il pick-up di Leonard.

Lavoravamo alla Deerstone's Chicken Processing da circa sei mesi, e non era male. Ci toccava il turno dalle tre del pomeriggio a mezzanotte. Dovevamo solo andarcene in giro a controllare che non ci fossero buchi nella recinzione, che niente fosse fuori posto e che gli operai non riempissero il bagagliaio delle loro auto di polli congelati.

Era molto meglio di un altro stabilimento del genere dove avevo fatto domanda. Non volevano assumermi come guardiano, ma come masturbatore. Avrei dovuto masturbare i galli e prendere loro lo sperma con il quale ingravidare le galline. Non era uno scherzo, mi dissero, ma un lavoro serio. Avevo anche cercato di immaginare se avrei dovuto svolgere il mio compito con guanti di gomma e pinzette, oppure a mani nude, con l'indice e il pollice. Forse ai galli il contatto diretto piaceva di piú.

Quando passi un sacco di tempo a ispezionare l'esterno e l'interno di un posto dove ha luogo un continuo massacro di polli, pensi a un sacco di cose. E in piena notte, mentre cammini verso un grosso pick-up, un sacco di idee stupide ti sembrano ragionevoli.

Quel lavoro ce l'aveva passato un conoscente che si era licenziato, spiegandoci che la direzione preferiva avere due persone. Leonard aveva già il porto d'armi, io avevo dovuto prenderlo, e ci avevano assunti. Noi due eravamo l'ultimo baluardo tra i polli dentro lo stabilimento (quasi tutti già morti, spennati, decapitati e appesi a ganci di metallo) e il mondo esterno che li voleva mangiare.

Devo dirvi una cosa: con i polli non si scherza. Ogni azienda ha i suoi metodi per prepararli, e vuole tenerli segreti.

Nell'altro stabilimento, quello dove volevamo assumermi per fare le seghe ai galli, vivevano nel terrore che la Deerstone inviasse delle spie. Leonard e io pensavamo che forse di notte mandavano i loro polli in missione allo stabilimento rivale, in costume nero da ninja e con lame di metallo fissate alle zampe. Immaginavamo i polli introdursi all'interno dell'impianto attraverso le griglie di ventilazione, per carpire segreti a prezzo di formidabili battaglie a colpi di nunchaku con polli della Deerstone.

Sissignore, e ti sentivi quasi orgoglioso quando tornavi a casa dopo mezzanotte, posavi sulla sedia l'uniforme verde e il cappello, la pistola, e ti mettevi a letto tutto profumato di pollo, sapendo di aver salvato il mondo dalle spie industriali. Poi c'era che lo stipendio era decente e avevi anche una divisa sexy con cui impressionare la popolazione femminile.

Naturalmente, il concetto di stipendio decente dipende molto da quello che facevi prima. Fare il buttafuori rendeva di piú, ma ti toccava passare le serate in compagnia di un mucchio di ubriachi in locali fumosi pieni di donne nude, e dopo un po' le donne nude diventavano una seccatura. Avresti voluto solo che si vestissero. Non so spiegarlo bene, è una delle cose strane della vita. Cominci a pensare che non dovresti buttare fuori a calci la gente, se li non servissero alcol e non mandassero donne nude a scuotere le tette tra i tavoli, sbattendo il cespuglietto in faccia ai clienti.

Poi capisci che in quel caso tu non avresti lavoro. È un po' come fare il predicatore. Combatti il peccato, ma se non ci fossero peccatori ti toccherebbe fare il pieno alle auto in un distributore di benzina. Professione che, a pensarci bene, è piú onorevole di quella del buttafuori o del predicatore.

Ormai mi ero convinto che le donne nude fossero uno dei misteri della vita. Non vedevo nuda Brett, la mia donna, da un bel po' di tempo. Non ero neppure piú tanto sicuro che fosse la mia donna. E quello che avevo fatto per lei mi aveva cambiato la vita, rendendomi davvero triste riguardo ai piaceri della carne. L'attrazione psichica e fisica che provavo per lei mi aveva trascinato in una storia che era finita con diversi cadaveri. Io me li sognavo di notte, con accompagnamento di raffiche di mitra, fumo e grida. Avevano facce enormi, e bocche cosí aperte che riuscivo a vedere il lavoro dei loro dentisti, oltre all'abisso in cui tutti andiamo a finire.

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Pagina 49

Restammo a chiacchierare e a guardare scendere la notte. L'acqua diventò prima color porpora, poi nera. Lo sciabordio contro la fiancata della nave era ipnotico, e dopo la sensazione iniziale di essere due topi in trappola, cominciammo a rilassarci.

Finalmente tornammo in cabina per raderci e farci una doccia. Tanto per avere qualcosa da fare. Avevamo quasi finito quando dall'altoparlante si diffuse un suono di fischietto, seguito da una voce che ordinava a tutti i passeggeri di salire sul ponte, per scoprire qual era la nostra scialuppa di salvataggio e cosa fare nel caso la nave fosse affondata, a parte annegare.

Salimmo a ricevere le parole di saggezza, che furono molto stringate. In pratica, in caso di affondamento dovevamo dirigerci ordinatamente verso barche piú piccole che sarebbero state calate in mare dalla fiancata della nave. Questo era tutto.

Tornammo in cabina, e poco dopo un altro trillo di fischietto seguito da una voce allegra avvisò che la cena era pronta. - Bon appetit! - concluse l'annunciatore.

Uscimmo e vedemmo la mandria degli ospiti dirigersi verso il cibo. Secondo le nostre informazioni, c'erano due ristoranti. Uno piú formale, e presumibilmente migliore, l'altro piú come una specie di buffet.

Il menu che avevamo trovato in cabina diceva che nella sala da pranzo principale servivano aragosta. Scegliemmo quello.

Appena arrivammo all'ingresso della sala, un tizio in giacca e pantaloni bianchi con cravattino nero ci informò che non potevamo entrare senza giacca.

- Perché? - chiese Leonard.

L'usciere, il portiere, o come diavolo si chiamava, era un nero alto sui trent'anni, con una pelatina in cima alla testa. Portava la divisa con la grazia di James Bond. Disse solo: - È necessario.

- Necessario? - insisté Leonard. - Perché? Dobbiamo stendere la giacca sul pavimento e mangiarci sopra?

- Leonard, - dissi. - La cosa piú facile è tornare in cabina e prendere due giacche.

- È necessaria anche la cravatta, - aggiunse Giacca Bianca. Poi, dopo un momento di riflessione: - È inutile che torniate, senza la cravatta.

- Che ne dici se prendo la tua in prestito? - disse Leonard.

- Abbiamo un servizio di sicurezza, a bordo, - disse l'uomo, finalmente mostrando un po' di nervosismo.

- Non c'è problema, - dissi. - Andiamo a metterci giacca e cravatta.

Presi Leonard per un braccio e ci avviammo lungo il corridoio, verso la nostra cabina.

- Meglio mangiare al buffet, - dissi. - Lí non è necessario nulla, chiedono solo di non entrare nudi.

- Stai dicendo che non siamo abbastanza raffinati per poter mangiare lí?

- No. Leonard, non è una cosa personale. Sono le regole. Tu sei quello che sta sempre a parlare di regole, no? Ora, qui ci sono queste regole.

- Sí, ma sono regole stupide. Poi da quando in qua io parlo di regole?

- Tutte quelle chiacchiere sui repubblicani...

- È solo che non trovo giusto essere obbligato a mettere la giacca per mangiare un pasto che ho già pagato, - disse Leonard.

- Che ho già pagato io.

- Lo so, ma non è questo il punto. Il dépliant non diceva niente a proposito di giacche e cravatte.

- Diceva: «Si consiglia un abbigliamento formale».

- Ah! «Si consiglia».

Eravamo davanti alla porta della cabina. Entrammo e ci sedemmo sui letti.

- Ho fame, - dissi. - Voglio mangiare. Dove andiamo?

- Io voglio la mia aragosta.

- Allora mettiamoci giacca e cravatta e facciamola finita.

- Io non ho portato la cravatta.

- Ora che ci penso, neppure io.

Infilammo due giacche sportive e tornammo indietro. Leonard prese anche il dépliant. Giacca Bianca ci fermò alla porta.

- Vi manca la cravatta, - disse.

- Non è necessaria, - disse Leonard.

- Queste sono le regole, signori. Non le ho inventate io.

Leonard gli mostrò il dépliant. Dietro di noi si stava formando una coda. L'uomo guardò il foglio e disse: - Sí.

- Dice che giacca e cravatta sono «consigliate», - disse Leonard. - Voi le consigliate, io posso scegliere di non seguire il consiglio.

- E può scegliere di andare al buffet.

- Io ho pagato, cioè il mio amico ha pagato per questa crociera. Lasciaci entrare.

Si avvicinò un filippino in camicia bianca pantaloni neri e farfallino nero. Chiese qual era il problema, e Giacca Bianca glielo disse.

- È consigliata, Philip, non necessaria. Giacca Bianca divenne rosso in viso.

- Grazie, - disse Leonard, ed entrò nel ristorante, seguito da me. Passando accanto a Giacca Bianca, gli disse: - Testa di cazzo al formaggio.

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Pagina 124

Mentre salivamo a bordo, dietro Billy e Beatrice, Leonard mi disse a bassa voce: - La mia idea è: finiamo la partita di pesca, poi gli spacco il culo. Se quando mi stanco ne vuole ancora, puoi pensarci tu.

- Niente affatto. Si fa testa e croce per chi deve essere il primo, - dissi.

Beatrice ci prese da parte, e disse: - Mio padre vi mostrerà come infilare le esche sugli ami. All'inizio sembra difficile, ma dopo un po' diventa piú semplice.

Slegammo la barca dal molo e ci dirigemmo verso il largo. Il giorno era caldo, il cielo era blu, punteggiato di nuvole bianche come le basette di Babbo Natale. L'odore del diesel, combinato con il calore e con il movimento della barca, mi diede la nausea. Un quarto d'ora dopo stavo già vomitando in mare, e Leonard mi segui a ruota.

Billy era seduto sul sedile da pesca e beveva una birra che aveva preso dalla ghiacciaia. - Che bella coppia di lupi di mare, - commentò.

Tra un conato e l'altro, Leonard mi disse: - Muoio di vergogna.

- Hai portato le pillole contro il mal di mare?

- Temo proprio di no.

Fu una lunga giornata. Se all'inizio avevo pensato che facesse caldo, mi ero sbagliato. Il caldo vero arrivò dopo. Le sardine da esca nei secchi di plastica cominciarono ad appestare l'aria.

Ferdinand ci mostrò come infilarle sugli ami. Era più difficile di quanto sembrasse. Leonard recitò una sfilza di tutte le imprecazioni in inglese note all'umanità. Io mi feci cinque o sei buchi sulle dita e lasciai scivolare via alcuni pesci dall'amo, ma dopo un po' prendemmo la mano.

I tre pescarono durante il viaggio, ma senza prendere nulla. Arrivammo in acque molto profonde, e il movimento della barca si fece piú violento. Il fumo del motore era ancora piú nauseabondo, e le onde erano enormi. Leonard e io tornammo a vomitare anche l'anima fuori dal parapetto, per il divertimento di Billy. Lui aveva lo stomaco forte, perciò era convinto di essere un uomo forte. Passò la canna al nero, che si chiamava Landis, e venne accanto a noi, con un'altra birra in mano. - Quello che vi serve, ragazzi, è un bel piatto fumante di chili con carne.

- Testa di cazzo, - disse Leonard. - Se non mi sentissi cosí male ti ficcherei quella bottiglia nel culo, per vedere se ti aiuta a restare a galla.

Billy si allontanò, e la barca continuò ad avanzare.


Ora le onde salivano intorno a noi come montagne color verde-azzurro, poi si allontanavano come inghiottite da un terremoto. La barca andava su, poi, giú, poi apparivano altre montagne.

E pensare che la nave da crociera mi era sembrata piccola e in balia delle onde. L'idea che una di quelle montagne d'acqua si schiantasse sopra di noi, trascinandoci a fondo, era l'unica cosa che mi riempiva la mente.

Con il passare del tempo ci abituammo anche a quello, e tornammo al lavoro con le esche. Landis pescò per un'ora senza fortuna. I pesci mordevano le esche e noi le cambiavamo, ma non tirò su nulla.

Venne ii turno del tizio con la voglia, che si chiamava Jason. Si sedette e si accomodò le imbracature intorno alla vita e alle spalle. Gli innescai l'amo. Dopo circa un'ora ci fu uno strappo, e la lenza cominciò a cantare come un filo elettrico ad alta tensione.

- Ho preso qualcosa! - gridò

- Sul serio? - disse Billy. - Non mollare.

- Guardai in acqua. La lenza era tesissima. Jason diede uno strappo, poi cominciò a riavvolgere. La canna si piegò.

- Ce l'ho, - disse Jason.

- Ce l'avrai quando sarà sulla barca, non prima, - disse Billy.

Il pesce tagliò a destra e la lenza lo segui. Jason diede un altro strappo, agganciando l'amo piú a fondo. - Non è troppo grande, - disse. - Ce la faccio senza problemi.

Lo tirò su rapidamente e lo sbatté sul ponte. Era un barracuda.

Ferdinand usci dalla cabina con le stampelle. In una mano teneva una mazza da baseball segata. Posò a terra una stampella e si appoggiò all'altra mentre dava con la mano libera una mazzata in testa al barracuda che si dibatteva.

Lasciò cadere la mazza, prese un paio di grosse forbici dalla tasca posteriore dei pantaloni, riuscí in qualche modo a sedersi sui talloni e mise la testa del barracuda tra le lame delle forbici. Strinse forte due volte, e la testa del pesce si staccò. Ferdinand tagliò il pezzo di lenza con l'amo e gettò la testa in mare.

Tornò in cabina con le stampelle, e riemerse con in mano una scatola di metallo. L'apri e con mani esperte legò alla lenza un altro grosso amo.

- Mettici l'esca, - mi disse.

Allungai una mano nel secchio pieno di pesci puzzolenti ed eseguii.

Ferdinand prese dalla scatola un lungo coltello, apri la pancia del barracuda e gettò le interiora in acqua.

Jason disse: - Sono contento di aver preso un bel pesce, perché la mia ora è finita.

- Ora tocca a te, Billy, - disse Landis.

- Un barracuda, - disse Billy, - non è affatto un bel pesce.

- A volte il barracuda è l'unica cosa che si riesce a prendere, - disse Ferdinand. - È buono da mangiare e lo vendo ai ristoranti. Alla gente piace l'idea di mangiare un pesce pericoloso. Ma il barracuda non è molto pericoloso.

- Be', comunque se Jason avesse voluto farne un trofeo da appendere in casa sua ora dovrà rinunciarci, visto che gli hai tagliato la testa. A noi non interessa vendere pesce ai ristoranti.

- Va bene cosí, Billy, - disse Jason. - Avanti, prendi la canna.

- Quando prenderò il mio pesce, voglio trasformarlo in un trofeo, - disse Billy. - Perciò non rovinarmelo. Hai capito, vecchio?

- Ho capito, - rispose Ferdinand.

- Facciamo pescare la signorina, - disse Billy.

- No, grazie, - disse Beatrice. - Vedo abbastanza pesci tutti i giorni.

- Insisto, - disse Billy.

Beatrice lo fissò negli occhi, poi disse: - Come vuoi.

- Se non vuoi pescare, non pescare, - intervenni.

- No, va bene cosí, - disse lei.

Si tolse l'accappatoio, rimanendo in qualcosa che se fosse stato un po' piú grande si sarebbe potuto definire un costume da bagno. C'era abbastanza tessuto da coprire una moneta da mezzo dollaro, magari limandola un po' ai bordi. La parte di sotto era un tanga, con una strisciolina tra le chiappe che non nascondeva niente, e il top riusciva appena a coprirle i capezzoli. La pelle sulle natiche e intorno ai seni era piú chiara del resto, segno che Beatrice non portava normalmente costumi del genere. Il pelo pubico non rasato usciva dai lati dello slip come piccoli tentacoli. Lo slip era cosí stretto che mostrava generosamente quella che i romanzi rosa avrebbero definito «la sua natura».

Beatrice si comportava come se avere addosso quella roba non la disturbasse affatto, ma mi sembrò di vederle negli occhi uno sguardo che conoscevo.

Una volta, mentre guidavo di notte, un gatto si era lanciato davanti alla macchina e l'avevo investito. Quando ero sceso per vedere se c'era speranza di salvarlo, mi aveva fissato con occhi selvaggi e terrorizzati, prima di morire. Gli occhi di Beatrice avevano quell'espressione.

Immaginai che quel costume glielo avesse comprato Billy, ordinandole di indossarlo. Guardai Ferdinand con la coda dell'occhio, e mi parve che non fosse felice della piega che aveva preso la situazione. Un costume del genere non era il tipo di cosa che una figlia indossa in presenza del padre.

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Pagina 192

Jim Bob arrivò per primo. Bussò piano, poi apri la porta. - In realtà non ero sicuro della tua taglia, - disse. - Cosí ti ho portato un'altra cosa.

- Che cosa?

Jim Bob si fece da parte, e dietro di lui apparve Ferdinand, in camicia bianca e blue-jeans. Aveva un cicatrice sulla guancia destra e si appoggiava a un bastone.

- Che io sia... Be', entrate.

Ferdinand si fece avanti, e all'improvviso mi abbracciò, scoppiando in lacrime. - Devi pensare cose orribili di me, - disse.

Mi sciolsi dall'abbraccio e lo accompagnai verso il divano. - Non penso nulla, - dissi. Il che era una mezza verità. Avevo le mie idee su di lui. Alcune buone, altre meno buone.

- Come hai fatto a trovarlo? - chiesi a Jim Bob.

- Aspettiamo che arrivino gli altri, cosí non dovrò ripetere ogni cosa due volte.

Meno di un quarto d'ora dopo arrivò Hanson. Aveva in testa il cappello di Charlie, e camminava con un girello.

- Hai lasciato la sedia a rotelle? - chiesi, facendomi da parte per lasciarlo entrare.

- Il tuo spirito di osservazione è acuto come sempre, - disse lui, con un gran sorriso che gli illuminava il viso nero. - Da qualche tempo sento di nuovo le gambe, e il medico pensa che se continuo con la terapia fisica e le arti marziali, potrò camminare di nuovo.

Lo aiutai a sedersi sul divano, gli presentai Ferdinand.

Un po' più tardi arrivarono anche Leonard e John. Appena Ferdinand vide Leonard, si alzò e gli strinse la mano piangendo.

- Siediti, - disse Leonard.

- Preparo un tè, - disse John.

- Non ne dubitavo, - ribatté Leonard.

Scivolai per un attimo in camera da letto. Brett si stava svegliando proprio in quel momento. - Tesoro, - le dissi, - se non vuoi ripetere la scena dell'altra volta, ti consiglio di vestirti prima di venire in soggiorno.

- Cosa succede?

Glielo dissi.

- Arrivo tra un minuto.

Quando Brett usci, in maglietta e shorts bianchi, John stava versando il tè nelle tazze. Le presentai Ferdinand, e lei si sedette su un bracciolo del divano.

Jim Bob, su una sedia accanto al tavolino, bevve un sorso di tè e posò la tazza. - Ho una storia interessante per voi. Vi racconterò la versione breve. Tanto per cominciare, Hap, tu hai pestato un nido di vipere.

- Questo lo sapevo già.

- Non credo proprio -. Jim Bob voltò la sedia e si sedette con le braccia poggiate sullo schienale. - Adesso vi spiego. Ferdinand mi ha raccontato una parte della storia, e insieme abbiamo ricostruito il resto. Credo che sia la versione esatta. Allora, il padre di Beatrice ha chiesto soldi in prestito a uno strozzino. Per lui era l'unico modo di mandare la figlia all'università. L'accordo era che lei si sarebbe laureata in quattro anni, avrebbe trovato un buon lavoro e con lo stipendio avrebbe saldato il debito. Nel frattempo, Ferdinand doveva dare all'usuraio una cifra ogni settimana. Tale cifra non contava come restituzione del prestito, e neppure come pagamento degli interessi. Juan Miguel la considerava una specie di pagamento collaterale, diciamo cosí.

- Diciamo pure che accettare un accordo del genere è da pazzi, - disse Leonard.

- È vero, - rispose Ferdinand. - Ma volevo che Beatrice avesse quello che io non avevo avuto.

- Lasciatemi finire, - riprese Jim Bob. - Beatrice va all'università in Texas, poi lascia gli studi. Questo è il punto cruciale. Molla tutto e torna in Messico senza aver pagato il debito. Questo significa che Ferdinand deve continuare a pagare la sua cifra ogni settimana, e lei deve aiutarlo. Se poi un giorno riusciranno a saldare il debito, benissimo. Juan Miguel si tiene l'intera somma, con gli interessi, piú tutti i soldi che loro gli hanno dato ogni settimana per anni. Altrimenti dovranno continuare a pagare per tutta la vita. Ma a un tratto interviene un fatto nuovo. Attraverso vecchi contatti all'università, Beatrice viene a sapere che dei fregi maya...

- Dei che? - chiese John.

- Fregi. Sono le decorazioni in stucco sulle facciate dei templi. Dei tombaroli hanno trovato dei fregi maya nella giungla, e hanno contattato alcune persone all'interno dell'università per informarle che erano disposti a vendere i reperti.

- Ma è una cosa legale? - chiese Brett.

- Niente affatto. Ma gran parte delle cose che si vedono nei musei provengono da transazioni di questo tipo. E questo ci porta al resto della storia, come direbbe il vecchio Paul Harvey. L'università offre un sacco di soldi, e i tombaroli si sfregano le mani. Spiegano che porteranno i fregi a Playa del Carmen, dove le persone inviate dall'università dovranno ritirarli. In segreto, ovviamente. Ed eccoci al punto. I camion con dentro i fregi arrivano al luogo convenuto, ma i compratori non si fanno vedere. Sono impauriti. Le leggi sono cambiate, e quella che una volta si chiamava archeologia d'assalto ora si chiama saccheggio. L'università ha deciso che il rischio di rovinarsi la reputazione è troppo alto, e ha fatto marcia indietro. Cosí i saccheggiatori nascondono il bottino e decidono di trovare un altro acquirente. Noleggiano una barca, precisamente quella di Ferdinand, per portare i fregi su un'isoletta. Pagano bene, e Ferdinand pensa di mettere via quei soldi e di usarli in seguito per pagare il suo debito con Juan Miguel. Dico bene, Ferdinand?

Il vecchio annui.

- Bene. Ferdinand, con l'aiuto della tiglia, trasferisce fregi sull'isola e li nasconde. Poi, durante il viaggio di ritorno, i tombaroli decidono di far fuori Ferdinand e Beatrice a colpi di machete, tanto per evitare fughe di notizie.

- Visto che Ferdinand è qui, - dissi io, - e avendolo visto in azione, posso immaginare com'è andata.

- Esatto. Erano in due. Ferdinand ne ha disarmato uno, poi li ha uccisi entrambi e li ha buttati a mare.

Ferdinand annui di nuovo.

- Sei un tipo tosto, Ferdinand, - disse Leonard.

- Non si aspettavano resistenza da un uomo anziano, - rispose lui. - E non sapevano che io sono cresciuto allenandomi al combattimento con il machete.

- Combattimento con il machete? - disse Brett. - Credevo che quell'affare si usasse solo per tagliare erba e rami.

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