Copertina
Autore Luca Lardieri
Titolo Tim Burton
SottotitoloL'evoluzione del diverso e dell'emarginato
EdizioneSovera, Roma, 2008, Ciak si scrive , pag. 160, ill., cop.fle., dim. 15x21x1 cm , Isbn 978-88-8124-759-2
LettoreGiorgia Pezzali, 2008
Classe cinema , biografie
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Indice

Introduzione                                           7

Capitolo primo                                         9

I Malinconici Bambini Ostrica di Tim Burton.
I personaggi nati dalla sua infanzia

1.1 Filastrocche, disegni e film                       9
1.2 Il mondo di Burton bambino attraverso gli occhi
    di Burton regista                                 10
1.3 Lo strano cane di Victor                          14
1.4 Mani taglienti e cuore di biscotto                17
1.5 Lo scheletro di Natale                            25

Capitolo secondo                                      33

Grottesco e burtoniano. I personaggi più bizzarri

2.1 Il clown e il colore                              33
2.2 L'adulto bambino                                  34
2.3 Il bio-esorcista                                  40
2.4 Marziani, politici e musica country               46

Capitolo terzo                                        54

Dark comics e re-immaginazioni.
I personaggi dei "blockbuster" burtoniani

3.1 La nuova via cinematografica della nona arte
    e dei remake                                      54
3.2 Un costume come terapia                           56
3.3 Metà umani, metà animali                          60
3.4 Il Mondo capovolto                                67

Capitolo quarto                                       75

Classici, biografie e fiabe contemporanee.
I personaggi tratti dai libri e dalla "sottocultura"
underground

4.1 Transcodificazioni burtoniane                     75
4.2 L'arte del peggior regista di tutti i tempi       76
4.3 Sapori gotici                                     83
4.4 Sogni e realtà                                    92

Capitolo quinto                                      101

Dal respiro esanime di un volo di farfalle allo
scintillio di rasoi d'argento.
Il compimento di un percorso artistico

5.1 Macchine da presa al sapor di cioccolato         101
5.2 Provaci ancora Jack: Tim Burton's Corpse Bride   104
5.3 2005 Odissea Burton                              107
5.4 Dalle forbici ai rasoi:
    «Il mio braccio è nuovamente completo!»          110
5.4 Un giovane Leone d'Oro                           116

Riferimenti
Filmografia                                          119
Bibliografia                                         141

 

 

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Pagina 7

Introduzione


«C'era una volta un barbiere e sua moglie e lei era bellissima... uno sciocco barbiere e sua moglie e lei era la ragione della sua vita... era così bella e virtuosa e lui era così ingenuo. Ma c'era anche un altro uomo che si accorse della sua bellezza...» Con le parole di questa bellissima canzone ha inizio la triste avventura dell'emarginato più oscuro e cattivo della storia cinematografica di Burton, Sweeney Todd. Un condannato a vivere, tormentato dai ricordi che non riesce a cancellare dalla sua mente e dalla continua ed implacabile sete di vendetta che in breve tempo lo trasformerà in un killer sanguinario.

Con Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street (Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street), si apre una nuova era nel cinema di Tim Burton, quella dell'outsider spietato e vendicativo, che non potendo più tornare ad una vita "normale", decide di rendere "anormale" l'esistenza di chiunque lo circonda, provando, così, a lenire il dolore che lo affligge.

Pensare che nell'ormai lontano 1990 un giovane ragazzo, Edward, dalle mani di forbice cercava in tutti i modi di integrarsi con una piccola e anonima comunità della provincia americana, la quale, spietata e smielatamente nauseabonda come la Londra di Sweeney, percepiva in quel bizzarro essere una minaccia alla propria sopravvivenza.

Nel corso degli anni, film dopo film, i diversi burtoniani hanno subito una lenta ma costante metamorfosi, che pur lasciandoli quasi del tutto invariati nel nucleo principale, li ha cambiati nei loro rapporti con il mondo esterno e con i cosiddetti "normali". Se infatti inizialmente personaggi come lo stesso Edward mani di forbice o (anche se con modalità diverse) il Pinguino erano mossi da una costante ricerca di integrazione, i nuovi freaks burtoniani (Edward Bloom, Willy Wonka, la sposa cadavere e in un certo qual senso lo stesso Sweeney Todd), sono disgustati dalla normalità e felici della loro diversità, rifiutando qualsiasi tipo di contatto con un mondo che reputano meschino e privo di sentimenti. Personaggi come Jack Skellington, Edward D. Wood, Ichabod Crane hanno rappresentato lo scalino evolutivo dell'outsider che a partire dal 2003 con Big Fish si è avvicinato ad una compiutezza e ad una complessità così multisfaccettata da rendere tutti quelli successivi, dei veri e propri balzi in avanti nella capacità di rappresentare le diverse tipologie di emarginazione e di scombussolamento emotivo. Se infatti già con Ed Bloom ci troviamo di fronte ad un outsider felice della sua diversità e desideroso di portare il mondo esterno all'interno del proprio universo interiore, fatto di favole ed immaginazioni meravigliose, personalità come Willy Wonka o la sposa cadavere, che trovano noiosa ed insulsa la normalità, si rifugiano nel proprio mondo (la fabbrica per Willy e l'oltretomba per la sposa) scacciando con forza qualsiasi pensiero di contatto o integrazione che non sia fugace. Ad esempio la sposa cadavere accetta di entrare in contatto con Victor ed il mondo dei vivi solo per qualche istante, poiché in realtà vuole coronare il suo sogno d'amore nel mondo dei morti, dove tutto è più vero e divertente. Lo stesso Wonka accetta di entrare in contatto col mondo esterno solo per un periodo limitato, un lasso di tempo abbastanza breve da poter consentire una visita guidata all'interno della sua fabbrica senza comprometterne il particolare e delicatissimo ecosistema che la abita.

Questo, che sembra essere a tutti gli effetti il compimento ultimo (?) di un percorso artistico, è quello che colpisce del cinema attuale di Tim Burton ed è quanto andremo ad indagare nelle pagine che seguono attraverso l'analisi di tutti i personaggi della sua opera e del mondo nel quale interagiscono, mettendo in evidenza i tratti comuni e tutte le evoluzioni intime e profonde del suo cinema.

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Capitolo primo

I Malinconici Bambini Ostrica di Tim Burton. I personaggi nati dalla sua infanzia


1.1. Filastrocche, disegni e film

Percorrendo l'intera filmografia di Tim Burton, partendo dal 1982 e arrivando fino ad oggi, notiamo come tutti gli abitanti del suo universo filmico siano profondamente permeati da poesia e da un velo di malinconia, soprattutto quelli nati da soggetti originali del regista stesso (Vincent, Frankenweenie (id.), Edward mani di forbice e Nightmare Before Christmas).

Prima di imbarcarci nell'analisi di questi personaggi e del loro mondo, bisogna fare un balzo in avanti ed arrivare fino al 1997, data in cui è stato pubblicato il libro The Melancholy Death of Oyster Boy and Other Stories (Morte malinconica del bambino Ostrica e altre storie), scritto dallo stesso regista californiano ed edito in Italia da Einaudi. Perché quest'opera ci offre la chiave di lettura per la comprensione dei suoi film e soprattutto dei suoi "diversi".

Con filastrocche piene di nonsense e disegni inquietanti, Burton ci presenta piccoli mostriciattoli che non cresceranno mai, considerando la brevità delle loro tormentate esistenze. A loro non si addice la banale definizione di "affetti da sindrome di Peter Pan", come lo stesso regista ha più volte ribadito in quanto lo ritiene termine discriminante da non usarsi per i suoi personaggi.

I cosiddetti "normali", rappresentati in questo caso dagli adulti, cercheranno in tutti i modi di rendere difficile la loro vita già complessa a causa degli handicap.

Infatti nel libro Burton ci presenta dei bambini speciali, o come scrive il traduttore Nico Orengo nella sua nota alla traduzione: «Dei piccoli E.T. spaesati o fiabeschi che emanano ad ogni parola, ad ogni gesto un alone di meraviglioso, di incantesimo, subito frustrato dagli adulti, genitori, medici o "normali" che siano».

Ci sono bambini Fiammifero, bambini Bidone, bambini dallo sguardo sempre fisso, bambini con più di cento occhi, nonché quello che dà il titolo a questa raccolta di fiabe, il bambino Ostrica.

Tutti questi personaggi vivono la loro condizione particolare, in maniera innocente, con le stesse voglie e gli stessi desideri dei "normali" ragazzi della loro età, pieni di Joie de vivre, di emozioni, di sogni e che dimostrano un affetto smisurato nei confronti di amici e genitori. Inevitabilmente, però, ciò si scontra puntualmente con la crudeltà e la cecità di chi li considera diversi e perciò inferiori, disgustosi o addirittura nocivi.

Chi legge il libro entra a tal punto in sintonia con i suoi strambi protagonisti che alla fine riesce a guardare oltre queste stranezze e si rende conto che i veri mostri sono quelli che ci assomigliano, sono gli esseri umani, pronti a cibarsi del proprio figlio, nato a metà tra un'ostrica e un uomo a causa di un'intossicazione alimentare dovuta proprio ai suddetti molluschi, per riacquistare potenza sessuale.

Oppure capaci di mettere al mondo un bambino, solamente per riuscire così ad ancorare a sé il proprio partner. Non a caso il pargolo che nasce assomiglia ad un'ancora, che pian piano viene lasciata inabissarsi nel fondo dell'oceano, sola e dimenticata. Fondamentale è poi vedere come Burton conclude il libro, mostrandoci uno dei bambini "mostro" mascherarsi da umano per la notte di Halloween. Insomma in poco più di cento pagine di filastrocche e illustrazioni, ci vengono mostrati tantissimi Edward mani di forbice (id.), Ed Wood (id.), Jack Skellington (Nightmare before Christmas), Sparky (Frankenweenie) ecc.

Avendo sempre presente questo libro, ci avvieremo allora ad una attenta analisi dei personaggi della filmografia di Burton e della poetica dei diversi e degli emarginati di cui sono intrisi.

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5.5. Un giovane Leone d'Oro

Trovarsi di fronte alle opere di Tim Burton, è come guardarsi allo specchio e compiere un viaggio dentro la propria anima, per riscoprire fantasie ed emozioni d'infanzia in maniera adulta. Le sue favole fanno bene al cuore e non solo, ritagliano ruoli da eroi a personaggi che nella realtà risultano quasi sempre essere degli emarginati. In un cinema come quello attuale, dove si tende troppo spesso a fare affidamento ad effetti digitali fini a sé stessi, Burton cerca sempre di portare, ove possibile, i suoi artifici fisicamente davanti alla macchina da presa, preferendo scenografie surreali e personaggi animati in stop-motion (che magari risultano meno reali, ma sicuramente più realistici) a pupazzi animati al computer che copiano perfettamente la realtà. Il cineasta ha sempre sostenuto di odiare la quotidianità riprodotta fedelmente su pellicola, preferendo scenari e ambientazioni palesemente finti perchè più suggestivi e pieni di sentimenti. Dietro le sue opere traspaiono limpidi la passione e l'amore per la sua professione, poichè Burton è un regista/cinefilo capace di dialogare con l'intimo dello spettatore utilizzando linguaggi bizzarri e principalmente visivi. È difficile scegliere quale sia il film manifesto del cinema burtoniano, perché tutte le sue opere presentano delle costanti precise e ben individuabili che rendono questo folletto dark un autore a pieno titolo. In ogni suo film si nota uno sviluppo costante della sua poetica e del modo di raccontarla, dandoci così la visione di un uomo che cresce di pari passo con le sue opere. Il suo cinema è infatti sempre autoreferenziale e pieno di elementi autobiografici, ricamati fantasiosamente in puro stile Edward Bloom. Big Fish, ad esempio, pur non essendo stato scritto da lui, presenta una storia tipicamente burtoniana, che non poteva essere raccontata se non da Tim Burton, proprio come Sweeney Todd, musical di fine anni Settanta che sembra esser stato composto da Stephen Sondheim appositamente per lui. Burton rivendica il potere delle immagini e chiede un ritorno alla fantasia, la sola cosa che può dare sfogo alla mente umana e donare forma ai sogni. Gli piace vedere un mondo dipinto da tinte contrastanti: colori vivacissimi e luminosi, contrapposti ad ombre nere e scurissime, perché secondo il suo modo di vedere, è dal contrasto tra luci ed ombre che prendono forma le immagini e quindi è giusto raccontare di personaggi che nascono dai colori accesi (come Pee-Wee Herman o i protagonisti delle fantasie di Ed Bloom) ma anche di coloro che sono una sintesi del bianco pallido e del nero carbone (come Sweeney Todd, Edward mani di forbice o il Pinguino). Non a caso nel 2005, anno fondamentale per la sua maturazione artistica, Tim Burton è riuscito a lavorare contemporaneamente a due film, che sono uno l'opposto dell'altro: Charlie and the Chocolate Factory (La fabbrica di cioccolato) e Corpse Bride (La sposa cadavere). Guardando i due film, si notano colori sgargianti dominare in Willy Wonka e cupissimi viola, blu e nero predominare in Corpse Bride, dando una perfetta continuità a quelle che sono le costanti degli scenari burtoniani a metà tra il gotico ed il grottesco. Le scelte fatte dal regista di Burbank sono sempre state molto singolari, ma di fatto hanno dato vita ad un cinema molto raro che non può assolutamente essere catalogato sotto alcun genere cinematografico specifico. Non a caso il 5 settembre del 2007 Tim Burton, a soli 49 anni è stato insignito del Leone D'oro alla carriera in un memorabile Tim Burton Day, svoltosi all'interno della 64 Mostra del Cinema di Venezia e che di fatto lo ha consegnato alla storia, come regista più giovane di tutti i tempi a ricevere un riconoscimento alla carriera. Il direttore della Mostra, Marco Muller, ha motivato la scelta di premiare Burton con le seguenti parole: «Tim Burton è un genio del cinema, il figlio più fantasioso della nuova età dell'arte. Possiede un talento unico nell'impregnare di profondità emotiva le storie che racconta. Sa costruire paesaggi onirici di altissima visionarietà (che fanno appello all'eterno fanciullo che è in noi) senza mai perdere né integrità estetica, né — tanto meno — la sua naturale vicinanza a personaggi fuori norma. Più insolentemente pop della maggior parte dei nuovi registi di oggi, e meno desideroso di approvazione della maggior parte dei vecchi maestri, non c'è regista americano di successo che possegga un senso del cinema più spietato ed estremo del suo» Ogniqualvolta i sentimenti, i freaks e i personaggi dell'immaginario infantile prenderanno vita sullo schermo con un forte impatto visivo ed emozionale, dietro la macchina da presa vi sarà inevitabilmente Tim Burton. Non importa se questo eccentrico regista parlerà di bambini ostrica, piuttosto che di ragazzi macchianti (come lo Stainboy dei cartoni animati che nel 2000 ha realizzato per internet), il suo cinema fatto di poesia, ci porterà a vedere con occhi nuovi i Diversi, facendoli diventare i veri eroi delle moderne fiabe underground di questo Esopo del cinema Mondiale.

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