Copertina
Autore William Least Heat-Moon
Titolo Strade blu
SottotitoloUn viaggio dentro l'America
EdizioneEinaudi, Torino, 1989, Tascabili 3 , Isbn 978-88-06-11606-4
OriginaleBlue Highways. A Journey into America [1983]
TraduttoreIgor Legati
LettoreRenato di Stefano, 1990
Classe narrativa statunitense , viaggi
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Indice


p.  5   1.   Verso Est
   51   2.   Verso Sud-Est
  109   3.   Verso Sud
  157   4.   Verso Sud-Ovest
  205   5.   Verso Ovest
  259   6.   Verso Nord-Ovest
  299   7.   Verso Nord da Nord-Ovest
  363   8.   Verso Nord-Est
  409   9.   Verso Est da Nord-Est
  481   10.  Verso Ovest

  497   Indice dei luoghi

 

 

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Pagina 3

Sulle vecchie cartine stradali d'America, le strade principag erano segnate in rosso e quelle secondarie in blu. Adesso i colori sono cambiati, ma subito prima dell'alba e subito dopo il tramonto - brevi istanti né giorno né notte - le vecchie strade restituiscono al cielo un poco del suo colore, assumendo a loro volta un'arcana tonalità blu. È l'ora in cui le strade blu hanno un fascino intenso, e sono aperte, invitanti, enigmatiche: uno spazio dove l'uomo può perdersi.

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Pagina 7

1.

    Bisogna stare attenti ai pensieri che
vengono di notte: non hanno la giusta
direzione, arrivano a tradimento da luoghi
remoti e son privi di senso e di limiti.
Prendiamo ad esempio l'idea che mi è
venuta il 17 febbraio, un giorno di
speranze distrutte, il giorno in cui ho
saputo di aver perso il posto da
insegnante d'inglese per il calo degli
iscritti al college e in cui mia moglie,
dalla quale ero separato da nove mesi, nel
corso della telefonata in cui le davo la
triste notizia si è lasciata sfuggire che
aveva un «amico», Rick o Dick o Chick,
qualcosa del genere.
Quella mattina, prima che cominciasse la girandola delle notizie, Eddie Short Leaf, un tipo che lavorava un pezzo di terra giú all'argine del fiume Missouri e spalava la neve dai marciapiedi del campus, mi disse che se tutto quel freddo non finiva presto gli alberi sarebbero esplosi dal gelo. Aveva proprio ragione.

Quella notte, mentre mi rigiravo nel letto chiedendomi se avrei fatto prima a prender sonno o ad esplodere, ebbi appunto l'idea. Un uomo che non riesce a far quadrare le cose può sempre levare le tende. Può mollare tutto cercando di tirarsi fuori dalla solita vita. Può mandare al diavolo il tran tran quotidiano e correre il rischio di vivere il momento secondo le circostanze. È una questione di dignità.

Risultato: il 19 marzo, ultimo giorno d'inverno, ero di nuovo insonne in un letto disfatto, questa volta pieno di dubbi sulla follia di andarmene bellamente fuori dai piedi e sull'avventura che doveva iniziare all'alba - quella cioè di partire per un lungo viaggio circolare (equivalente alla metà della circonferenza terrestre) sulle strade secondarie degli Stati Uniti, vivendo nel vano di un furgoncino. Girare in tondo mi dava una meta - il ritorno - ch'era assente se tagliavo diritto. Ma come iniziare?

Uno strano rumore interruppe la mia agitazione. Andai alla finestra e l'aria fredda mi entrò sin negli occhi. Lí per lí vidi solo le stelle. Ma poi, nel buio di una notte di marzo, intravvidi due stormi intrecciati di anatre bianche e blu che lanciavano il loro grido dirette a nord, formando una W ondeggiante nelle profondità del cielo, con i candidi ventri spettralmente illuminati dal riverbero della città e il collo proteso a settentrione. Poi spuntò un altro stormo da chissà quale parte del sud, guidato anch'esso dal medesimo istinto di accoppiamento. Una nuova stagione. Risposta: si comincia seguendo la primavera, come le anatre - nell'oscurità, col collo dritto in avanti.

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Pagina 9

3.

    Una promessa: in questo capitolo
parlerò di me; poi, chiuso l'argomento.
Chiamatemi Heat Moon il Minore. Mio padre si fa chiamare Heat Moon, ossia Luna del Caldo, e mio fratello maggiore Piccolo Heat Moon. Io, venendo per ultimo, sono quindi il Minore. Ci ho messo un sacco di tempo a imparare il mio nome.

Per i Sioux, la Luna del Caldo corrisponde al settimo mese, un periodo conosciuto anche come Luna di Sangue - credo a causa del cupo colore rossastro che la luna ha in piena estate.

Ho anche altri nomi: malgrado in me predomini l'aspetto anglo-sassone mi chiamano Buck, anticamente un termine spregiativo per indicare gli indiani. E anche Bill Trogdon. I nomi cristiani mi vengono da un nonno vissuto otto generazioni fa, un certo William Trogdon, emigrato dal Lancashire e vissuto in North Carolina, che fu ucciso dai Tories per aver rifornito di cibo i patrioti ribelli e il cui nome fu quindi immortalato nel IV volume dei Makers of America, i fondatori dell'America. Ma secondo la concezione dei pellerossa, chi si allea col nuovo distruggendo il vecchio non è degno di onori. Cosí ho sentito dire.

Un'estate, Heat Moon ed io, camminando sulle terre ancestrali degli Osage lungo l'omonimo fiume che scorre nel Missouri occidentale, parlavamo dei nostri antenati. Mio padre affermò: «Se sei in grado di guardare abbastanza a fondo, in chiunque, da qualunque parte provenga, troverai sempre un cuore e un po' di sangue indiani. Non tutto è perduto».

Eppure un sangue misto - da qualunque parte propenda il suo cuore - è un reietto di cui non si fidano né i bianchi né i rossi: un trattamento dovuto a una lunga storia di «perfidi» incroci, di uomini che per natura erano costretti a rinnegare una stirpe. Quanto a me, io preferisco scegliere sulla base del cuore o dello spirito, e mai sulla base dei sangue.

Ancora una cosa riguardo alle discendenze ancestrali. Mia moglie, una donna d'aspetto palesemente misto, aveva una parte di sangue Cherokee; ed entrambi, la mia Cherokee ed io, chiamavamo «guerre indiane» le nostre baruffe.

Per tutti questi motivi ho chiamato il mio furgoncino Ghost Dancing, la Danza degli Spiriti: una chiara allusione ai riti durante i quali, negli anni intorno al 1890, gli indiani delle pianure, vestendo ornamenti che dovevano renderli invulnerabili, danzavano per evocare il ritorno dei guerrieri, dei bisonti e dell'antico fervore di vita destinati a spazzar via il nuovo incubo. Le danze degli spiriti erano disperati tentativi di resurrezione, erano i rantoli moribondi di un popolo che aveva fatto dell'illusione la sua ultima difesa: nella loro futilità, erano tutto ciò che restava agli indiani.

Un ultimo particolare: il giorno della partenza avevo già visto trentotto Lune di Sangue, un'età che comporta una propria follia e fatuità. Con una sensazione quasi disperata d'isolamento e la crescente certezza di vivere in terra straniera, partivo alla ricerca di mondi dove il mutamento non fosse rovina, e dove tempo, uomini e fatti fossero ancora in rapporto tra loro.

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Pagina 10

4.

    La prima strada: Interstate 70 in
direzione est da Columbia, Missouri.  In
questo tratto la strada segue piú o meno
il Booneslick Trail, che è il tratto
iniziale dell'Oregon Trail, costeggiando
al contempo il lato sud dell'ultimo grande
ghiacciaio del Missouri centrale e il
confine settentrionale della Nazione
Osage.  La Cherokee ed io avevamo
sostenuto dieci anni di lunghe schermaglie
in Missouri e Illinois, e in quel primo
giorno di primavera i ricordi mi resero il
viaggio gravoso.  Ma verso est era quella
la via piú veloce per andarmene lontano da
casa.  Quando i ricordi son troppi, tenere
gli occhi aperti è il rimedio migliore.
Perciò mi guardavo intorno, attento ai
particolari.
Particolare: ghiaccio verde, granuloso e sporco sugli stagni.

Particolare: i merli, come foglie spazzate dal vento, volavano rasenti alle cime degli alberi, quasi mossi da un'uníca mano invisibile.

Particolare: tetti di granai con la scritta VISITA ROCK CITY - VEDRAI SETTE STATI. Sette in un colpo solo: per molti una vera cuccagna.

Particolare: filari sradicati di aranci Osage (detti anche meli da siepe pur appartenendo alla famiglia dei gelsi). Gli Osage ne usavano i rami per fare archi e scuri da guerra; i tronchi, dotati di un funghicida naturale, avevano sostenuto le prime linee telegrafiche, e le radici avevano fornito la tintura per le divise grigioverde della fanteria americana. Ora gli aranci Osage venivano estirpati affinché trattori sempre piú grandi potessero lavorare solchi sempre piú lunghi.

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