Copertina
Autore Paolo Legrenzi
CoautoreCarlo Umiltà
Titolo Neuro-mania
SottotitoloIl cervello non spiega chi siamo
Edizioneil Mulino, Bologna, 2009, Voci , pag. 126, cop.fle., dim. 11x17,5x1,2 cm , Isbn 978-88-15-13071-6
LettoreCorrado Leonardo, 2009
Classe scienze cognitive , psicologia , mente-corpo , natura-cultura
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Indice


Premessa                                             9

I.  Alle origini della relazione mente-cervello     17

II. Mente, corpo e spiegazioni del comportamento    53

Conclusioni                                        103

Note                                               117



 

 

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Pagina 9

Premessa



Questo libro racconta una storia recente. Una storia che ha radici antiche, alle origini della psicologia, nella seconda metà dell'Ottocento. Fu da allora che la psicologia subentrò, un po' alla volta, a saperi più tradizionali, in primis la filosofia. Concetti come «anima» e «ragione», su cui i filosofi e teologi avevano dibattuto a lungo, vennero da un lato fatti propri (ragione e razionalità) o, al contrario, espunti dal campo dell'indagine scientifica per diventare oggetto di credo personale (cfr. anima). In questa epoca potrebbe sembrare che stia succedendo qualcosa del genere per la mente, il campo di studio tradizionale della psicologia.

Oggi le varie discipline nate grazie al prefisso «neuro», di cui parleremo più avanti, stanno cercando, per così dire, di scavalcare la mente, l'oggetto di studio della psicologia. È una manovra che avviene, sostanzialmente, cercando di contrabbandare sotto queste nuove etichette le conoscenze che abbiamo cumulato in decenni di studi di psicologia e di neuropsicologia.

La neuropsicologia, come vedremo meglio nel primo capitolo, avrebbe potuto benissimo coprire tutto l'ambito di studi dei rapporti tra mente e cervello. Perché si preferisce oggi frammentarla in discipline particolari? Questo sta forse avvenendo per dare l'impressione che siano sorti nuovi saperi, a fianco della psicologia e della neuropsicologia? Le novità spesso seducono proprio per il fatto di apparire come novità, almeno agli occhi dei non esperti. Si affacciano oggi sulla scena nuovi ambiti di ricerca, caratterizzati dal cortocircuito tra saperi antichi – come l'economia, l'etica, la politica e persino la teologia – e le scoperte sul funzionamento del cervello. Questi nuovi scenari, e le loro conseguenze, saranno l'oggetto di questa «voce».

Si potrebbe supporre che la frammentazione di saperi antichi in nuove discipline non sia altro che l'effetto di una moda indotta dalla divulgazione scientifica, qualcosa insomma che viene propagandato per sedurre i non addetti ai lavori. Cercheremo invece qui di mostrare che assistiamo ad un processo di portata più vasta. Oppure potrebbe darsi che il tutto sia riconducibile ad una competizione tra territori accademici, quali sono la neuropsicologia e la psicologia a fronte delle nuove discipline. In tal caso la questione non andrebbe molto al di là di un consueto dibattito tra specialisti. A noi la posta in gioco appare più alta.

Quando un lettore ingenuo scopre su un giornale che è stato identificato il luogo del cervello deputato all'innamoramento, è incline ad interpretare l'innamoramento stesso come qualcosa di «biologicamente determinato». A questo alludono gli articoli divulgativi corredati di foto a colori che ci «mostrano», ad esempio, il centro dell'innamoramento o del disgusto localizzati in una precisa area del cervello.

Non va poi dimenticato che la definizione dei rapporti tra mente e corpo, tra psiche e cervello, può oggi coinvolgere scelte di politica sociale e di benessere. Se il corpo, o meglio quella parte del corpo che è il cervello, diviene il sistema di riferimento, e se poi, all'interno di tale sistema di riferimento, si propagandano nuove discipline, di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli, allora i processi mentali passano sullo sfondo. E, insieme ad essi, passano sullo sfondo anche il benessere o il malessere mentale. Può succedere che, consapevolmente o meno, finiamo per orientarci verso scelte influenzate dall'intreccio, grazie alle nuove tecnologie, tra «naturale» (quando inizia e finisce la vita del cervello?), «culturale» (quando decidiamo che è iniziata o finita la sua vita?), e persino «politico» (posso decidere preventivamente di far terminare la vita del mio cervello se perde funzioni vitali?).

La vicenda che cercheremo di ricostruire presenta un interesse generale anche perché le nuove discipline «neuro» collocano sullo sfondo un punto di vista imperante circa quarant'anni fa, ai tempi del mitico '68. Allora prevaleva un'impostazione ideologica che vedeva nei fatti del mondo l'esito di un processo di costruzione non tanto di una mente singola ma di più menti, l'esito cioè dell'azione di fattori sociali e culturali nel plasmare il nostro agire quotidiano. Oggi il pendolo è passato radicalmente dall'altra parte grazie all'influenza di queste presunte nuove discipline, create premettendo il prefisso «neuro» a saperi nobili e antichi.

In questa storia, che sarà l'oggetto di questa «voce» a due voci, si mescolano molti elementi che cercheremo insieme di dipanare e chiarire, risalendo anche alla storia di recenti scoperte, presentate spesso senza rintracciarne le origini e le criticità. Inizieremo così, nel prossimo capitolo, con l'esame delle varie concezioni sul funzionamento del cervello, un'avventura della ricerca che inizia nella seconda metà dell'Ottocento, per poi arrivare alla scena attuale, a nostro avviso affascinante.

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Pagina 53

II.
Mente, corpo e spiegazioni del comportamento



Sempre più spesso sui quotidiani troviamo spiegazioni del comportamento umano corredate da disegni, foto e sezioni del cervello. Le illustrazioni mostrano quella parte della nostra materia grigia che si attiva quando si pensa a qualcosa o si pianifica un'azione. Ci viene poi detto che quel nostro modo di agire dipende dal funzionamento di determinati neuroni. Addirittura si parla di nuove discipline come la neuroeconomia, la neuroestetica, la neuroetica, la neuropolitica, il neuromarketing. Persino la neuroteologia (21.800 voci su Google: provate la prima!).

Si cercherà qui di dimostrare che questa non è una moda passeggera. Forse è la punta di un iceberg, ingombrante ma nascosto, di cui è bene valutare l'entità per non andare a sbatterci contro, o meglio, per evitare che sia lui a provocare una falla nella nostra barca.

Il nucleo più antico dell'iceberg si è formato tanto tempo fa, nel Settecento, ma allora era una ventata di aria fresca, come vedremo tra poco.

Poi, negli anni '50 del secolo scorso, ha cominciato ad assumere dimensioni cospicue. A quei tempi la fisica dominava il panorama scientifico o, per lo meno, l'immaginario delle persone colte. Le scoperte dei fisici ci svelavano come la materia fosse costituita di relativamente poche particelle elementari. Queste si combinavano nei modi più diversi liberando energie sconosciute. Fu allora che le altre scienze, affascinate da un paradigma che riconduceva il complesso al semplice, cercarono di individuare il livello più elementare possibile. Nel contempo, sempre ad imitazione dei fisici, si cercava di ingabbiare i saperi all'interno di modelli matematici. Si trattava di introdurre analisi formali a partire da descrizioni necessariamente stilizzate di ogni fenomeno. Vennero inventati modelli matematici non solo per rappresentare lo svolgersi degli eventi naturali, ma anche i comportamenti umani.

Nel caso dell'azione degli individui, in compagnia o da soli – in buona sostanza è questo l'oggetto della psicologia – abbiamo un livello «basso» di descrizione di quello che succede, un livello che in prima approssimazione potremmo definire «materiale». Questo livello non è quello che usiamo abitualmente nella vita quotidiana, quando parliamo di scopi, emozioni, azioni, pensieri. Eppure è proprio questo livello «materiale» che può sembrare il più semplice, dato che corrisponde al funzionamento del nostro organismo, del nostro corpo.

In questa prospettiva, l'uomo, inteso come corpo, fa parte a pieno titolo della natura. Viene così legittimata la speranza che se, in futuro, si riuscisse ad analizzare in dettaglio il funzionamento di tutte le parti del corpo umano, avremmo una corrispondenza biunivoca tra quanto scoperto dagli psicologi sperimentali e quanto emerge dall'esame di meccanismi biologici elementari. Si potrebbe così frantumare la complessità della vita quotidiana dietro le sue molteplici apparenze. Essa sarebbe riconducibile a una realtà sottostante, di natura biologica (sia che si tratti dei meccanismi dell'eredità genetica, sia del funzionamento del cervello).

Ecco compiersi il sogno del passato: la psicologia funzionerebbe come la fisica, anzi si scioglierebbe in quel miscuglio di fisica e biologia che oggi ci spiega il corpo umano e la sua storia naturale. In questa prospettiva la psicologia, e forse anche le discipline sociali, sarebbero, al limite, scienze «provvisorie».

Altra questione è quella del lessico della vita quotidiana, dove probabilmente non ci si sbarazzerà mai di quella psicologia ingenua fatta appunto delle descrizioni di pensieri, desideri, bisogni. D'altronde questo è il lessico anche degli stessi scienziati «psicologi», fuori dai loro laboratori.

Il vecchio sogno di alcuni psicologi di sottrarre la mente al dominio del lessico scientifico è una semplificazione quanto mai affascinante, potente nel suo schematismo. Oggi appare di nuovo possibile grazie a sofisticate tecnologie, e alle conseguenti scoperte sui rapporti mente-cervello. Non stupiamoci quindi della sua capacità di invadere i media e tutto il mondo dello spettacolo, nelle sue varie manifestazioni (anche la nascita dei film sui robot si colloca in questo vortice).

In sintesi: un unico linguaggio, quello della fisica-chimica e della biologia, sarebbe il grimaldello per svelare i meccanismi di tutti i fenomeni conosciuti dell'universo, dal moto dei corpi celesti alle particelle elementari, dal naturale al sociale.

Quest'utopia, affascinante ed elegante nella sua semplicità, in pratica non funziona. Come mai?

Oggi, che tutti hanno familiarità con un telefono cellulare o un computer, o con quegli ibridi che si stanno affermando, il motivo per cui il sogno riduzionista non funziona è facile da spiegare con un paragone.

Provate a immaginare una descrizione dettagliata del funzionamento di tutti gli elementi con cui è stato costruito il vostro telefono portatile – in buona sostanza sabbia, metalli e plastiche (cioè petrolio). Purtroppo non avete a disposizione il libretto d'istruzioni. Pensate di essere capaci di telefonare? Il fatto è che ci sono diversi livelli di descrizione di macchine, artefatti e organismi. Alcuni vanno bene per certi scopi, ma non per altri.

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