Copertina
Autore Charlotte Link
Titolo L'ospite sconosciuto
EdizioneCorbaccio, Milano, 2005 , pag. 378, cop.ril.sov., dim. 145x210x35 mm , Isbn 978-88-7972-754-9
OriginaleDer fremde Gast [2005]
TraduttoreValeria Montagna
LettoreElisabetta Cavalli, 2006
Classe narrativa tedesca , gialli
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Pagina 7

Prologo



LETTERA ANONIMA A SABRINA BALDINI


Maggio è arrivato... Il tuo giardino, Sabrina, è una meraviglia, con tutto quel verde e quei fiori! Ti ho visto ieri sera mentre stavi seduta fuori. Tuo marito dov'era? Sta poco a casa con te, vero? Ma lo sa o no che non sei affatto la moglie fedele che lui si immagina? Gli hai mai confessato tutti i vergognosi abissi della tua esistenza? Oppure preferisci tenere per te le cose essenziali? Mi piacerebbe molto vedere se ti riesce di invecchiare al suo fianco tacendogli il tuo tradimento.

Comunque stiano le cose ti vedo molto sola. Si era fatto buio e tu eri ancora fuori. Poi sei entrata, lasciando però la porta della terrazza aperta. Che imprudenza da parte tua, Sabrina! Non hai mai sentito dire che può essere pericoloso? Il mondo è pieno di gente malvagia... affamata di vendetta. Il desiderio di vendetta è una cosa brutta, ma a volte più che comprensibile, non sei d'accordo anche tu? Ognuno riceve quel che si merita. Il mondo diventa sopportabile solo se si è convinti dell'esistenza di una giustizia universale. A volte la si attende troppo a lungo, così bisogna semplicemente darle una mano.

Lo capisci anche tu, Sabrina, che meriti solo di morire, vero? Ormai dovrebbe esserti chiaro, fin da quei giorni lontani, quando ti sei comportata così male. Quello che hai fatto, o per meglio dire non hai fatto, viene comunemente definito omissione di soccorso. Per quale motivo, Sabrina? Pigrizia? Indifferenza? Volevi evitare un possibile conflitto? Non volevi correre rischi? Non volevi offendere nessuno? Insomma, è sempre la solita storia! Sembravi così presa dal tuo impegno in favore del prossimo. Ma solo a patto che non ti procurasse delle grane. Tante parole, ma dietro il vuoto. È così semplice distogliere lo sguardo! Mentre invece occuparsi delle cose genera solo fastidi!

Tuttavia bisogna pagare. Prima o poi. Sempre. Di sicuro hai sperato di farla franca, vero, Sabrina? Sono passati tanti anni... I ricordi sbiadiscono, quei giorni forse li hai già rimossi da tempo, li hai stemperati nel ricordo, e un po' alla volta ti sei trovata a pensare che ti era andata bene, una volta di più. Che te l'eri cavata senza dover pagare il conto.

L'hai pensato veramente? In realtà mi sembri troppo intelligente per averlo fatto. E troppo navigata.

Adesso ci siamo. Prima o poi doveva accadere, e trovo che non sia il caso di aspettare ancora. Da parte mia non ci sono dubbi. La tua sentenza è stata emessa e in breve verrà eseguita. Su di te e su Rebecca. Anche lei è colpevole, quindi non sarebbe corretto che a pagare fossi solo tu.

Mi occuperò di entrambe con molta calma. Non sarà una cosa veloce, un fulmine a ciel sereno. Dovete soffrire. La vostra sarà una morte faticosa. Sarà lunga abbastanza da lasciarvi il tempo per riflettere su voi stesse e sulla vostra vita.

Sei ansiosa di incontrarmi, Sabrina? Così ansiosa che di sera non avrai più il coraggio di stare seduta a lungo nel tuo bel giardino? Che farai attenzione a tenere ben chiusa la porta della terrazza? Che ti guarderai intorno con attenzione, a destra e a sinistra, ogni volta che uscirai di casa? Che ti spaventerai quando sentirai suonare il campanello? Che di notte resterai sveglia nel letto ogni volta che tuo marito, tanto per cambiare, non ci sarà, e con gli occhi spalancati nell'oscurità ti domanderai se hai chiuso veramente bene tutte le porte? Oppure terrai le luci sempre accese, perché non sopporti più il buio intorno a te? Ma nonostante tutto sarai ben cosciente del fatto che anche tutto questo non ti mette al riparo da nulla. Io arriverò esattamente nel momento in cui ho previsto di arrivare. E tu non potrai difenderti.

In fondo lo sai bene.

Mi farò vivo presto, Sabrina. È bello sapere che fino a quel momento non penserai altro che a me, notte e giorno. E che avrai un aspetto sempre più grigio e sfatto. Mi fa molto piacere vederlo.

A presto!

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Pagina 9

Domenica, 18 luglio



Sognò che un bambino aveva suonato alla sua porta. Lo aveva cacciato via, coma faceva con chiunque le si presentasse all'improvviso pretendendo qualcosa. Quel modo di mendicare così insistente l'aveva sempre infastidita, come se si sentisse messa alle strette ogni volta che qualcuno compariva nel suo giardino a chiedere l'elemosina. Quasi sempre si trattava di iniziative a buon fine, certo, ma non era sempre facile capire se quelle persone fossero oneste, e anche quando sventolavano i tesserini di riconoscimento che le autorizzavano alla raccolta per qualche organizzazione benefica, restava comunque impossibile stabilire sui due piedi se non si trattasse piuttosto di una truffa organizzata più o meno bene. Soprattutto tenendo conto dei suoi sessantasette anni e dei suoi problemi alla vista, in costante peggioramento.

Aveva appena chiuso la porta quando sentì di nuovo suonare.

Si rimise seduta nel letto, rapida, confusa, perché il campanello questa volta l'aveva risvegliata dal suo sogno. Aveva ancora davanti agli occhi l'immagine del ragazzo: un viso appuntito, pallido, diafani, dagli occhi enormi. Non aveva chiesto soldi, ma cibo.

«Ho tanta fame» aveva detto con una voce sottile, ma in tono leggermente accusatorio. Aveva subito richiuso la porta, spaventata di fronte a una realtà che preferiva ignorare. Si era girata cercando di liberarsi di quell'immagine quando un istante dopo avevano suonato di nuovo, e lei aveva pensato: ci risiamo!

Perché adesso si era svegliata? Che avessero suonato veramente? Capita di inserire nei sogni rumori che sembrano veri. In effetti avrebbe anche potuto essere il suono di una sveglia, che tuttavia lei non possedeva. In fondo ormai nessuno dei due lavorava più e di mattina si svegliavano presto comunque.

Era molto buio fuori, ma dalle fessure delle tapparelle penetrava un po' di luce dei lampioni. Nel letto di fianco a sé il marito dormiva. Come al solito era assolutamente immobile e con un respiro così leggero e regolare, che bisognava prestare una certa attenzione per essere sicuri che fosse vivo. Le era già capitato di leggere di anziane coppie che si addormentano la sera, e al mattino uno dei due si sveglia e trova la moglie, o il marito, morto. In quei momenti aveva pensato che in un caso del genere, lei ci avrebbe messo un bel po' prima di rendersi conto della morte di Fred.

Il cuore le batteva forte, veloce. Le bastò uno sguardo all'orologio elettronico, i cui numeri fosforescenti rilucevano di un colore verdino, per capire che erano quasi le due del mattino. Una brutta ora per risvegliarsi, un momento della notte in cui si è del tutto indifesi. Perlomeno questo valeva per lei. Aveva spesso riflettuto che se mai le fosse capitato qualcosa di brutto — per esempio di morire —, sarebbe sicuramente successo di notte, fra l'una e le quattro.

È stato solo un brutto sogno, si disse, nient'altro. Puoi rimetterti a dormire.

Si sdraiò, e in quel momento sentì di nuovo il campanello. Allora si rese conto che non si era trattato di un sogno.

Alle due di notte qualcuno stava suonando alla loro porta.

Si rimise seduta nel letto e rimase in ascolto del suo stesso respiro affannoso e dell'inquietante silenzio che era seguito al suono acuto del campanello.

Non c'è nessun pericolo, pensò, nessuno mi obbliga ad aprire.

D'altra parte non poteva significare nulla di buono. Nemmeno gli ambulanti suonano alla porta a quell'ora. Chi strappa dal sonno la gente nel cuore della notte può avere solo cattive intenzioni, oppure trovarsi in grave difficoltà. E non era forse questa seconda ipotesi la più probabile? Un ladro o un malintenzionato avrebbero mai suonato il campanello per farsi aprire?

Accese la luce e si piegò sopra il marito che dormiva profondamente. E che non poteva comunque aver sentito niente, dal momento che usava i tappi per le orecchie. Fred era così sensibile ai rumori, perfino le chiome degli alberi mosse dal vento lo disturbavano, attraverso i vetri della finestra della camera da letto. O il cigolio di un'asse del pavimento, o una foglia secca che staccandosi da un ramo di una pianta d'appartamento fosse caduta a terra. Il minimo rumore era sufficiente a svegliarlo, e questo era per lui un problema notevole. Se aveva intenzione di dormire, veniva sopraffatto da una rabbia incontenibile. Il suo umore ne restava fortemente alterato per giorni e giorni. Per ovviare a questo inconveniente, a un certo punto aveva deciso di usare i tappi di cera. E sua moglie aveva iniziato a tranquillizzarsi.

Alla luce di queste considerazioni esitava a svegliarlo. Avrebbe potuto seccarsi al punto di non rivolgerle più la parola per una settimana intera. Soprattutto se fosse risultato del tutto inutile disturbarlo. Ma se poi i fatti avessero dimostrato il contrario, la situazione non sarebbe stata molto diversa. Era sposata con quell'uomo da quarantatré anni, e la loro vita insieme era stata segnata soprattutto da momenti come quelli: combattuta fra due possibilità, intenta a soppesare nervosamente quale potesse essere la soluzione migliore, avendo comunque ben presente che l'obiettivo principale restava quello di non suscitare l'ira del marito. Dio solo sapeva che vivere con lui non era affatto semplice.

Suonarono una terza volta, più a lungo che in precedenza, quasi a sottolineare una certa fretta e insofferenza. Arrivò alla conclusione che il riposo notturno di Fred meritava di essere interrotto per un motivo così inconsueto. Gli diede uno scossone.

«Fred» sussurrò benché lui non potesse sentirla, «svegliati! Ti prego, svegliati! C'è qualcuno alla porta!» Fred si girò di lato, protestando seccato, poi si risvegliò all'improvviso e si sedette diritto nel letto. Fissò la moglie con occhi stupiti.

«Cosa diavolo...»

«C'è qualcuno alla porta!»

Poteva solo leggerle le labbra, perciò sfilò in malo modo i tappi dalle orecchie. «Cosa succede? Perché diavolo mi hai svegliato?»

«Hanno suonato alla porta. Già tre volte.»

Continuava a fissarla, come si fissa una persona non del tutto sana di mente. «Come? Suonano alla porta? A quest'ora?»

«Anch'io sono molto preoccupata.» Sperava che suonassero di nuovo, perché si rendeva perfettamente conto che Fred non le credeva affatto, ma non si udì più nulla.

«Hai sognato. E per uno stupidissimo sogno hai pensato di dovermi svegliare?» Il suo sguardo era torvo e i capelli gli sparavano in tutte le direzioni.

Pensò che era un vecchio lunatico e brontolone, senza più il minimo fascino. Pensò che magari lei avrebbe vissuto ancora vent'anni e che se lui non fosse morto prima di lei, alla fine avrebbero vissuto insieme per sessantatré anni. Sessantatré anni!

Questo pensiero la investì con una tale tristezza che quasi sarebbe scoppiata a piangere.

«Greta, se osi di nuovo...» riprese Fred rabbioso, ma proprio in quell'attimo suonarono di nuovo, e con maggiore insistenza.

«Vedi!» Era quasi trionfante. «C'è qualcuno alla porta!»

«Hai ragione» replicò Fred perplesso. «Ma sono... le due di notte!»

«Lo so. Ma un ladro...»

«... non suonerebbe il campanello. Anche se teoricamente sarebbe l'unica possibilità per entrare da noi!»

Questa osservazione era più che giusta. Quattro anni prima, quando avevano acquistato la casa, Fred si era dato un gran daffare per renderla una specie di fortezza. La definiva il loro buen retiro della vecchiaia. In una zona un po' periferica di Monaco, tranquilla, un quartiere piuttosto agiato. Avevano sempre vissuto a Monaco, ma da tutt'altra parte, in una zona comunque altrettanto elegante. Però a quell'epoca erano giovani. Con l'età Fred aveva sviluppato una vera e propria paranoia per i delinquenti, al punto che aveva fatto montare le sbarre a tutte le finestre del seminterrato, le tapparelle erano tutte state dotate di una chiusura di sicurezza, e naturalmente era stato installato un allarme sul tetto.

«Forse è meglio far finta di niente.»

«Ma come facciamo a ignorare qualcuno che intenzionalmente ci sveglia nel cuore della notte?» Fred appoggiò entrambi i piedi a terra. Nonostante l'età era ancora piuttosto agile. Ma negli ultimi tempi era molto dimagrito. Il pigiama di seta a righe nere e blu gli stava decisamente largo. «Chiamo la polizia!»

«Ma no! Magari è un vicino di casa che ha bisogno d'aiuto! Oppure...» Non proseguì.

Fred aveva capito cosa intendesse dire. «E perché dovrebbe venire da noi se è successo qualcosa? È un secolo che non si fa vedere.»

«Non importa. Potrebbe essere lui. Dovremmo...» In realtà non sapeva assolutamente cosa fare, si sentiva travolta dalla situazione.

«E quello che dico io, chiamare la polizia!»

«E se poi invece è solamente... lui?» Perché, pensò fra sé, faccio sempre così fatica anche a pronunciare il suo nome in presenza di Fred?

Fred si era stufato di quel tira e molla.

«Adesso vado a controllare» disse deciso uscendo dalla stanza.

Avvertì i suoi passi sulle scale. Poi sentì la sua voce che proveniva da sotto, dal corridoio. «Chi è? Chi c'è?»

Più tardi – quando già non c'era più alcuna possibilità di discuterne con Fred, e quando aveva ormai capito che non sarebbero certo stati vent'anni quelli che le restavano da vivere, bensì qualche ora, al massimo qualche giorno – si domandò che risposta potesse aver ottenuto suo marito dalla persona oltre la porta, risposta che lo aveva spinto ad aprire immediatamente, senza alcuna esitazione. Lo ascoltò aprire tutte le innumerevoli serrature. Poi percepì un rumore sordo che non riconobbe, ma che le provocò improvvisamente una grande inquietudine. Sì sentì rabbrividire, mentre il cuore continuava a batterle all'impazzata.

«Fred?» chiamò impaurita.

Al piano di sotto qualcosa cadde per terra con gran fragore. «La polizia! Chiama subito la polizia! Fai presto! Muoviti!»

Pessimo consiglio. Al primo piano della casa non c'era neanche un apparecchio telefonico. Forse ce l'avrebbe fatta a raggiungere la sua stanza e a chiudersi dentro, e a quel punto spalancare la finestra e chiamare aiuto. Se solo lui le avesse consigliato di agire in quel modo... Oppure se fosse venuto subito in mente a lei... Invece si gettò fuori dal letto, si infilò, tremando come una foglia, la vestaglia e corse verso le scale. Come una moglie ubbidiente fino all'ultimo. Chiamare la polizia, aveva detto lui. Il telefono era in salotto. In realtà Fred aveva un cellulare, ma non sapeva dove l'avesse lasciato.

Solo quando raggiunse la scala si rese conto di aver commesso un errore imperdonabile.

Ma ormai era troppo tardi.

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