Copertina
Autore Gordiano Lupi
Titolo Almeno il pane, Fidel
SottotitoloCuba quotidiana nel periodo speciale
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2006, Eretica , pag. 192, dim. 120x168x13 mm , Isbn 978-88-7226-950-3
LettorePiergiorgio Siena, 2006
Classe paesi: Cuba , viaggi
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Indice


Fuori dal coro                    3

Appunti di viaggio                6

Cuba quotidiana                  22

Tra mito e realtà               150

BibliografIa essenziale         187


 

 

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Pagina 22

Cuba quotidiana



La disillusione rivoluzionaria



Non sono molti i cubani che sostengono ancora di essere comunisti. Io almeno ne ho incontrati pochi e quei pochi fanno tanti distinguo, tirano in ballo il passato, Che Guevara e Camilo, dicono che adesso Fidel Castro è cambiato troppo. Sono rimasti in pochi a credere nella bontà della Rivoluzione e un interminabile periodo speciale ha fiaccato ogni convinzione politica. Il famoso discorso di Fidel Castro del 1989 dava inizio all'emergenza e invitava il popolo a "stringere la cintura", ma ormai i cubani l'hanno stretta così tanto che nelle loro cinghie manca lo spazio per i buchi. Quella che un tempo era una popolazione tendente all'obesità è arrivata al punto di poter esportare la dieta migliore per tenersi in forma. La "cura Fidel", come la chiamano scherzando i cubani, soprattutto gli avaneri che sono i più spiritosi e irriverenti. Il crollo del muro di Berlino e la fine dei regimi comunisti, che acquistavano canna da zucchero e inviavano in cambio petrolio a prezzi politici, ha prodotto la crisi economica. Il periodo speciale ha avuto momenti durissimi nei primi anni di proclamazione. Gli avaneri sono anche scesi in piazza per manifestare contro Fidel e il Comandante ha dovuto sedare le proteste facendo ricorso a tutto il suo carisma. Non si trovavano generi alimentari, soprattutto carne, la libreta del razionamento garantiva solo pochi quantitativi di riso, fagioli e latte per i bambini, al massimo qualche uovo.

L'embargo statunitense diventava ancora più insopportabile, i medicinali e altri generi di prima necessità erano introvabili. Il periodo speciale segnava l'inizio di un'economia di guerra, con razionamento di combustibili, generi alimentari ed elettricità. Le città diventavano semibuie e l' apagon (il black-out energetico) era ogni giorno compagno non gradito delle famiglie. I mezzi pubblici scarseggiavano, le biciclette sostituivano le auto e non si trovavano pezzi di ricambio per motori e carrozzerie. Il film Lista de espera, che Juan Carlos Tabio realizza nel 2000 con grande bravura e spirito critico, da un esauriente quadro di questa situazione. Nella pellicola un gruppo di cubani di varia estrazione sociale si ritrova in una stazione di servizio ad attendere la partenza di una corriera che non arriverà mai. Il regista mette in evidenza la voglia di non arrendersi dei cubani e la fantasia che li anima alla ricerca di una soluzione. È normale che tante spiegazioni storiche e politiche il cubano medio non le comprenda, perché è lui che vive problemi e mancanze sulla propria pelle e ne sopporta le conseguenze. Chi ha un malato terminale in casa e non possiede un antidolorifico non può contentarsi di sapere che non lo trova perché c'è l'embargo statunitense. Infatti sa benissimo che alla farmacia internazionale del Vedado hanno gli armadi pieni di morfina, Taradoll e ogni tipo di calmante, come sa che occorrono dollari per acquistarle. E allora la tanto osannata assistenza sanitaria del regime va a farsi benedire, perché se è vero che i medici sono gratuiti è anche vero che serve a poco avere la prescrizione di un medicinale che nessuno può permettersi di acquistare. Solo chi ha un parente oltre confine riesce a cavarsela e i cubani di oggi vivono quasi tutti di modeste rimesse dall'estero. Chi ha una figlia sposata in Europa, chi un figlio scappato a Miami su di una zattera ai tempi dell'apertura del Mariel, chi un parente che ha trovato un lavoro fuori per un caso del destino. Le medicine le mandano loro e spesso vanno a finire in una sorta di mercato nero della sofferenza. La stessa considerazione vale per vestiti, giocattoli, quaderni, penne e tutte le cose che vengono dall'estero in occasione delle frequenti visite da parte dei familiari emigrati. Per un po' i regali vengono utilizzati, poi, una volta finito il denaro, sono venduti al mercato nero per comprare qualcosa da mangiare. Ecco perché il cubano non può più essere comunista. Perché il regime, che un tempo garantiva tutto, adesso non ha la forza economica di garantire niente. Tutto è lasciato all'ingegno e all'inventiva e i cubani sono stanchi di inventare, come dice Gutierrez in quello stupendo libro che è Il re dell'Avana. Significativa è anche la poesia di Carlos Varela La politica no cabe en la azucarera (La politica non ci sta nella zuccheriera), quando afferma che "Todos quieren vivir en el noticierolal / allì no falta nada y no hace falta dinero. / ..." (Tutti vogliono vivere nel telegiornale / lì non manca nulla e non serve il denaro), perché nel mondo reale il denaro serve e non possono bastare cento pesos al mese in una realtà costruita su misura per i turisti. Come emblematico è il ritornello che molti cubani scandiscono nelle adunate obbligatorie in Piazza della Rivoluzione durante i discorsi del Comandante. Una volta tutti a gran voce gridavano: "Pa' lo que sea, Fidel! Pa' lo que sea!" (espressione intraducibile che sta a significare che il popolo è pronto a tutto), adesso invece sono in molti a gridare: "Pan aunque sea, Fidel! Pan aunque sea!" (Almeno il pane, Fidel, almeno il pane!). Nella confusione di folla è difficile accorgetene, il suono delle frasi è più o meno lo stesso, specie se ripetuto in modo rapido e continuo.

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Pagina 60

I rapporti tra sessi


Il sesso riveste un'importanza fondamentale per i cubani. La donna e l'uomo vivono la condizione di appartenenza al rispettivo sesso con orgoglio. La donna cubana si ritiene la più bella e la più caliente del mondo. È abituata a sentirsi così sin da piccola e fa di tutto per esprimere al massimo la sua femminilità. Veste con abiti corti e non porta mai il reggiseno, balla in modo provocante, risponde a sorrisi e attenzioni. Ama essere guardata e ammirata e quando passa per strada attende i piropos che gli uomini lanciano al suo indirizzo. Il piropo è un apprezzamento ironico e divertente che a volte rasenta la volgarità, ma di solito è solo una colorita considerazione sulla bellezza della donna che sta passando. "Si cocinas como caminas me como basta la raspita' ("Se cucini come cammini mi mangio anche gli avanzi"). "Madre vayas con Dios que me voy con su hija" (rivolto alla mamma della ragazza che cammina accanto: "Mamma vada con Dio che io me ne vado con sua figlia"). "Madre le cambio su hija con mi padre y le pago la diferencia de edad (Madre vi cambio sua figlia con mio babbo e le pago la differenza di età). "Quisiera ser una mosca para entrar en tu mosquiteroy decirte bien baquito en el oido cuanto te quiero" (Vorrei essere una mosca per entrare nella tua zanzariera e dirti piano piano nell'orecchio quanto ti desidero). Gli esempi rendono l'idea di questa usanza che le donne sono abituate ad accettare con un sorriso. Quando il piropo è volgare la ragazza tira di lungo e non rivolge parola all'uomo. La cultura machista alleva il maschio all'idea di essere un amante ineguagliabile e alla considerazione che la razza cubana non ha rivali al mondo nel campo dell'amore. La donna è un oggetto da conquistare e dopo averlo fatto si deve tenere in casa lontana dalle tentazioni. A Cuba è stato inventato il primo Viagra della storia, costa poco (attorno ai dieci pesos) e non si esporta all'estero, viene dato gratis alle truppe speciali di Fidel, alla polizia e ad altre autorità civili e membri dell'amministrazione pubblica. Si tratta del pepege (pastillas para gasar, ovvero pasticche per godere), pasticche di colore giallo che regolano la circolazione del sangue ma soprattutto consentono di aumentare la durata dell'erezione e risolvono molti casi di impotenza. Inutile dire che con gli stranieri si fa mercato anche di questo e che quasi tutti i turisti tornano a casa con qualche miracolosa pasticca, che hanno acquistato con la scusa di un parente malato o di un amico con problemi circolatori. Il cubano sorriderà e, pur non credendo una sola parola di quello che direte come giustificazione, vi procurerà tutto il pepege che vorrete. Va da sé che non lo pagherete dieci pesos ma qualche dollaro.

La donna non può partecipare a discussioni tra uomini e c'è una separazione netta tra quelle che sono cosas de mujeres e cosas de hombres. La femmina sta in cucina a conversare con le amiche sulla novela trasmessa in televisione, l'uomo gioca a domino, beve rum e parla di baseball, pugilato, politica e persino di donne con gli amici maschi. Per strada l'uomo guarda le altre ragazze, la moglie non può alzare gli occhi verso altri uomini. Non solo, è considerata un'offesa al compagno e all'orgoglio maschile una semplice occhiata che qualcuno osa lanciare verso la donna. Queste cose di solito finiscono in rissa e non è raro che ci scappi qualche colpo di coltello. I cubani sono gente dal sangue caldo e la gelosia è uno dei loro sentimenti più forti. Le donne cubane non sopportano il tradimento e non lo perdonano, anche se gli uomini non sono per tradizione esempio di fedeltà. Se è la donna responsabile del tradimento l'uomo si limita a ripudiarla e di solito non fa tante scenate. La donna invece può fare di tutto. Di sicuro non lascerà impunita quella che viene ritenuta un'offesa alla sua femminilità. La cosa più probabile è che si ingegni per rendere la pariglia e lo farà con le persone più vicine al compagno perché il tradimento bruci ancora di più. Oltre tutto non c'è uomo che può rifiutare una donna, se non vuole vedersi affibbiato per sempre l'appellativo di maricón (frocio). La filosofia machista dice che l'uomo deve fare sempre la sua parte, che in questo caso consiste nello stare al gioco. La moglie tradita può arrivare a eccessi terribili, come quelli descritti da Pedro Juan Gutierrez nella Trilogia sporca dell'Avana, dove una donna si vendica tagliando il pene del marito durante il sonno. Morirà dissanguato. Gutierrez è considerato il Bukowsky cubano e descrive nei suoi libri la vita vera della capitale. L'episodio prende ispirazione da un fatto reale. Il sesso fa parte della vita quotidiana più di ogni altra cosa, viene vissuto con libertà e senza pregiudizi o restrizioni. La donna cubana è pronta a fare l'amore a ogni ora del giorno e in qualsiasi luogo, non ha inibizioni, non ha blocchi psicologici, spesso è lei a prendere l'iniziativa se l'uomo non lo fa. Una delle offese peggiori che un uomo può rivolgere a una donna è quello di darle della malaoja. La parola significa foglia cattiva, ma in senso figurato descrive una donna incapace di far bene l'amore. I cubani dicono che è come una di quelle foglie che cadono dagli alberi senza evoluzioni, non sa muoversi.

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Pagina 99

Il quotidiano


La giornata di un cubano medio, ossia di uno che non ha ancora trovato il modo di inserirsi nel giro turistico, lecito o illecito che sia, è all'insegna della lotta e del sacrifIcio. Spesso le abitazioni sono prive di acqua corrente e anche dove l'acqua arriva non è mai al mattino. Qualcuno ha trovato il sistema di allacciarsi in modo fraudolento alle condutture di un vicino ospedale o di una scuola, ma la maggior parte della popolazione ricorre al metodo antico della cisterna riempita prima di andare a letto. Infatti l'acqua viene erogata solo a tarda sera, spesso addirittura di notte e mai in modo generoso. Si deve stare pronti a cogliere l'attimo. I denti si lavano con il sale o con il bicarbonato, in alternativa si può utilizzare il sapone che lascia un buon profumo ma non è il massimo della bontà. La pasta dentifricia prevista dalla libreta si trova nei negozi di Stato solo un paio di volte all'anno e la qualità lascia a desiderare. Gli uomini si fanno la barba con vecchi rasoi dalle lame logore o con lamette usa e getta che si comprano al mercato nero (ne danno cinque per dieci pesos) e vengono affilate con sassi levigati perché durino più a lungo. La schiuma da barba non esiste, si spalma solo del sapone sul viso mediante un pennello o con le mani. Un vero uomo non si mette dopobarba, sarebbe un lusso e in ogni caso il cubano non lo userebbe nemmeno se avesse soldi da buttare. Si sciacqua il viso con l'acqua della cisterna o al limite con alcol, se deve disinfettare una piccola ferita. Per lavarsi utilizza un sapone di colore giallo venduto in blocchi, simile al nostro per il bucato a mano.

Lo shampoo per i capelli è una prerogativa femminile e le donne non ci rinunciano, anche se quello che si trova nei negozi di Stato (con venti pesos ne danno quasi cinque litri) non è di qualità superiore al semplice sapone. Però non indurisce i capelli. Nei bagni non c'è carta igienica, come non esistono i fazzoletti di carta e le salviette. C'è poca carta anche per pubblicare libri e giornali, figurarsi per il resto! Alla mancanza di carta igienica supplisce il "Granma", emblematico esempio di stampa di regime a base di pura propaganda nazionalista. Gli avaneri sono soliti dire che "El Granma sirve solo para limpiarse el siete" e lascio alla fantasia del lettore immaginare quale espressione sostituisca la parola siete.

Le donne amano i profumi, che a Cuba non sono costosi, a parte il famoso Comi Negro che viene venduto quasi esclusivamente ai turisti e che comunque per le tasche di un europeo non è caro. Per i cubani ci sono altri prodotti. Passion è il più gettonato, con la sua caratteristica confezione a forma di cuore, ma anche Acqua di violeta e la serie dei profumi con i segni zodiacali. Tutta roba che non costa più di tre dollari, di qualità scadente e dalla fragranza molto dolce. Terminate le operazioni in bagno, che non richiedono molto tempo da parte degli uomini, la giornata ha inizio. Chi deve andare a lavoro si alza presto e fa colazione con il panino assegnato dalla libreta e dello zucchero nero. Come bevanda non si va oltre l'acqua miscelata con un po' di zucchero (uno dei prodotti più a buon mercato) e se va bene del caffè con chicharo o quella che viene chiamata borra o cafunga, ovvero il caffè passato almeno un paio di volte nella moka. Si devono percorrere diversi chilometri a piedi o in bicicletta per recarsi sul posto di lavoro, a volte si preferisce la guagua, anche se con quella è un'impresa ardua rispettare gli orari. I ragazzi vanno a scuola insieme al genitore che esce per il lavoro e molti hanno l'obbligo di fermarsi nell'istituto per il pranzo (cosa che aiuta non poco le famiglie povere). Un componente della famiglia si occupa di fare il mattiniero viaggio alla panetteria per acquistare il panino a testa previsto dalla razione, un piccolissimo boccone che costa un medio (cinque centavos) e che serve per la colazione. Spesso per questa incombenza, lasciata alle donne che non lavorano o ai bambini che al mattino non hanno scuola, si perdono ore. La panetteria di Stato non sempre è vicina e non ce n'è mai più di una per quartiere.

Gli uomini lavorano quasi tutti alle dipendenze dello Stato, è un obbligo di legge che almeno un componente della famiglia deve rispettare. Il lavoro spesso è solo una copertura perché le attività che danno da vivere sono altre. Si lavora per regolarità, per evitare noie con la polizia e soprattutto per poter rubare qualcosa da rivendere sul mercato nero. Chi fa il cuoco o l'aiutante di cucina in un ristorante alla fine della giornata ha trovato il modo di occultare un po' di generi alimentari che in parte venderà e in parte utilizzerà per la cena. Il lavoro vero nella maggior parte dei casi comincia dopo quello ufficiale e consiste nel trovare chi sia interessato a comprare sigari rubati, rum o altri prodotti. I soldi guadagnati legalmente non basterebbero per vivere un giorno, visto che gli stipendi medi si aggirano sui cento pesos mensili (cinque chavitos). Anche le donne spesso hanno un impiego, altre si limitano al ruolo di ama de casa. A Cuba per una donna definirsi casalinga non è un problema, il compito in seno alla famiglia è vissuto con orgoglio e con piacere. Le donne che non lavorano si occupano della spesa, che in ogni caso è quasi sempre un'incombenza femminile, da sbrigare dopo l'ufficio se la donna è impegnata in un'attività professionale. La spesa si fa dove capita, a volte anche nei banchi improvvisati dai contadini ai confini dei campi, però il luogo più caratteristico è il mercato. Nei giorni di lavoro si va al mercato la mattina presto, mentre il sabato e la domenica si preferisce fare la spesa nel primo pomeriggio. Nel fine settimana il mercato resta aperto fino alle tre e specie la domenica non c'è cubano che uscirebbe di casa prima di aver visto il Matiné Infantil in televisione. Le altre attività vengono dopo il programma più amato dai ragazzi, i film animati di Walt Disney.

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Cuba libre? Solo una bevanda


Mi arriva l'ultimo numero di "Latinoamerica" diretto da Gianni Mina, una bella rivista che parla di tutti i sud del mondo, una delle poche realtà editoriali dove puoi leggere qualcosa del Nicaragua, dell'Honduras e degli zapatisti. Una bella rivista. Una di quelle riviste che leggi per intero, che ti appassionano e ti fanno riflettere. Il mio problema è quando leggo gli articoli su Cuba — sarà perché Cuba la conosco molto bene, sarà perché là ho lasciato persone di famiglia, amici, conoscenti, sarà un po' di tutto questo — a firma di Gianni Mina in cui si sostiene che oggi la posizione su Cuba del Papa è più a sinistra dei Democratici di Sinistra, mi scappa da ridere. Sì, perché prima di tutto bisogna chiedersi cosa vuol dire oggi fare un discorso di sinistra su Cuba. L'embargo americano è ingiusto e criminale, nessuno lo nega. Però diciamo anche che l'embargo fa comodo a Fidel Castro, che con quella scusa giustifica anni di fallimenti e una politica reazionaria ai danni del popolo. Secondo me essere di sinistra oggi e parlare di Cuba vuol dire essere dalla parte del popolo cubano che soffre una dittatura e non dalla parte del dittatore. Un altro articolo a firma WuMing4 scritto sotto forma di appunti di ritorno da Cuba non so come definirlo, dice pure cose giuste ma glissa su altre, pare che l'autore del pezzo sia stato a Cuba ospite del governo e che abbia visto solo le cose che il regime voleva mostrare. Parla di polizia che sorveglia amorevolmente i turisti e vigila sulla loro sicurezza. Vero. Fa pure quello. Ma il compito principale della polizia è quello di rendere la vita impossibile al cubano che cerca di inventare per sopravvivere. Sequestra merce da rivendere al mercato nero, arresta chi si ingegna per mettere insieme pranzo e cena per i figli, impedisce di fare qualsiasi cosa. WuMing4 racconta la marcia sul Malecón contro le sanzioni europee come un'adunata di cubani consapevoli e indignati che si riversano spontaneamente a dimostrare. Come al solito è il regime che organizza pullman di raccolta e canalizza volontari obbligati sotto il sole per recitare slogan confezionati dal regime. Un po' come quando si celebra il plebiscito prò Fidel: ti vengono a prendere a casa per votare sì e di solito il dittatore vince con il 98 per cento dei consensi. C'ero pure io all'Avana il giorno della marcia del popolo in lotta e ho visto la sfilata e la manifestazione assieme ad Alejandro Torreguitart, lo scrittore cubano che traduco in Italia. Lui ha scritto un racconto dove dice la verità su quello che è successo, ma è stato quasi impossibile trovare spazi liberi per pubblicarlo. WuMing4 paragona lo stato dell'informazione in Italia con quello di Cuba. E qui è patetico. Io sono un antiberlusconiano convinto, un uomo di sinistra da sempre, non irreggimentato ma di sinistra. In Italia il mio spazio per parlare è limitato all'underground, a poche riviste che mi ospitano, però posso scrivere quello che voglio. A Cuba l'unica informazione possibile sono i fogli di regime che WuMing4 deve aver letto. Il problema è che io vedo Cuba dalla parte dei cubani e mi metto nei panni di chi deve vivere con cinque dollari al mese in una socità costruirà su misura per le tasche dei turisti. Mia suocera vive all'Avana con due dollari di pensione e se non le mandassi cento dollari al mese se ne andrebbe in Piazza della Cattedtale a chiedere l'elemosina ai tutisti, come già fanno in molti. Si chiama Stato sociale questo? Ha qualcosa a che vedere con il comunismo? Il cugino di mia moglie, Alejandto Torreguitart, deve pubblicare di nascosto in Italia perché a Cuba finirebbe in prigione per reati di opinione e propaganda controrivoluzionaria. Regis Iglesias Ramirez, Ricardo Gonzàlez Alfonso, Omat Moisés Ruiz Hernàndez sono alcuni degli autori cubani che provano a criticare il regime e chiedono da anni libere elezioni e democrazia. Sono estensori del progetto Varela che ha solide basi cristiane e non ha niente a che vedete con Bush, con la CIA e con Miami. Il problema di certa sinistra italiana è che vede ogni forma di dissenso a Fidel Castro come sovversiva e orchestrata dagli Stati Uniti. Nel caso del progetto Varela non è così. Si tratta di gente che chiede democrazia e libere elezioni. È una richiesta tanto assurda? I sostenitori del progetto Varela hanno ottenuto come risposta anni di galera e di emarginazione sociale, però alcune loro opere sono state pubblicate in Spagna e in Italia.

Cuba ha tradito i nostri sogni, Cuba non è più una società socialista (se mai lo è stata), Cuba è l'immagine vivente di quel che poteva essere e non è stato. Basta andarci e vivere qualche giorno da cubano per rendersene conto. Basta parlare con la gente e sentire quel che chiede sottovoce, perché anche i muri hanno orecchie e ci sono sempre chivattónes (spie del regime) dietro l'angolo. Il cubano si contenterebbe di poco, in fondo: un lavoro che serva a mantenete la famiglia e un po' di libertà. Chiede troppo? Credo di no. E allora Fidel mi fa ridere quando sbandiera i dati sull'occupazione e dice che a Cuba tutti lavorano. Peccato non aggiunga che un cubano guadagna dallo Stato (quando va bene) cento pesos al mese (l'equivalente di cinque euro) e che tutti quelli che lavorano lo fanno per un secondo fine. Chi lavora nelle manifatture di tabacchi ruba i sigari per rivenderli al mercato nero, e lo stesso fa chi è impiegato all'imbottigliamento del rum. Medici, professori, impiegati svolgono tutti un secondo lavoro (lecito o meno), molti si rifugiano nel turismo che è l'unica attività che consente di sbarcare il lunario. Abbondano gli affittacamere, i tassisti privati (spesso abusivi), gli accompagnatori turistici (di tutti i tipi). A Cuba c'è la corsa a fare il cameriere e il portiere d'albergo, pure se si possiede una laurea in ingegneria. È morale? Ed è colpa dei cubani se adesso per vivere all'Avana servono almeno cento dollari al mese? È colpa dei cubani se il dollaro ha affiancato il peso nell'economia nazionale ed è diventata la vera moneta di Cuba? Come si concilia lo sbandierato e giustificato odio contro gli yankees con un'economia che dipende dal dollaro? Adesso abbiamo il peso convertibile, il popolare chavito, ma il discorso non cambia, il suo valore è parificato al dollaro e gli stipendi dei cubani sono pagati in pesos. A Cuba manca di tutto: medicine, materie prime, carne. La Coca Cola no. Quella si vende a ogni angolo di strada e costa un dollaro per lattina, un quinto dello stipendio di un mese. Cuba è in mano alle multinazionali, che costruiscono orrendi alberghi sul mare e lottizzano stupendi cayos per realizzare posti stile Cayo Coco, che pare una Rimini tropicale, un club Mediterrané per turisti a caccia di emozioni. Se sei cubano e cerchi un libro che critica il governo non lo trovi. Pedro Juan Gutierrez ha scritto cose stupende come Trilogia sporca dell'Avana, Animal Tropical, Il re dell'Avana e Carne di cane, che si possono leggere ovunque ma non a Cuba. Se hai voglia di visitare un altro paese del mondo devi chiedere l'autorizzazione al Ministero degli Interni (la famosa tarjeta bianca), che ti arriverà dopo lunghe investigazioni sulla tua fede politica e sul tuo passato. A parte il fatto che devi avere una carta di invito da qualcuno che risiede all'estero e pure i soldi per il biglietto aereo. Se tutto va bene ci vuole un anno per completare la pratica e non è detto che ti autorizzino a partire. Se ti vuoi muovere da Cienfuegos all'Avana è quasi lo stesso: c'è una legge che vieta le migrazioni verso la capitale e allora se ci vuoi andare al massimo devi starci trenta giorni e prima va informato il Comitato di Difesa della Rivoluzione che deve dare il permesso. A Cuba non esiste libero accesso a internet né ad alcun tipo di informazione che non siano il "Granma" e "Juventud Rebelde", giornali di regime. Si può telefonare all'estero solo tramite operatore e se dici qualcosa che non va la comunicazione, chissà perché, cade. Sono vietate le antenne satellitari. L'unico datore di lavoro è lo Stato e lavorare per lo Stato è obbligatorio, pure se la paga è ridicola. Se non lavori sei definito soggetto socialmente pericoloso e la polizia ti controlla giorno e notte. A Cuba c'è il partito unico, quello comunista, e le votazioni sono ridicoli plebisciti, farse organizzate dal regime durante le quali si depone nell'urna un voto di approvazione solo per non avere problemi. A Cuba esiste la pena di morte, lo abbiamo visto pochi anni fa con il processo rapido e sbrigativo a quei tre disgraziati che cercavano la fuga sulla lancita de Regla. Le carceri sono dure e tutte situate a oriente e nei luoghi più disagiati, quando la polizia cattura le jineteras (ragazzine che fanno la vita per campare) queste vengono rapate a zero e trattate come bestie. WuMing4 nel suo articolo dice che il carcere per le jineteras si chiama Villa Delicia e non è particolarmente duro, che le ragazze vengono impiegate per servizi socialmente utili. Si vede che non ha mai parlato con una jinetera che ha fatto la galera. Gli omosessuali sono discriminati ancora oggi, pure se le cose vanno meglio che negli anni Sessanta, quando si considerava l'omosessualità una deviazione ideologica e "il diverso" veniva spedito nei campi di lavoro e rieducazione. Per la situazione degli omosessuali consiglio la lettura di un libro che ho tradotto: Muchi di carta di Alejandro Torreguitart (Stampa Alternativa, 2003). Ma si legga soprattutto lo stupendo Prima che sia notte di Reinaldo Arenas, uno scrittore omosessuale che ha fatto anni di prigione solo per le sue idee politiche e per il suo orientamento sessuale. Lo Stato ha garantito la soddisfazione minima di alcune necessità essenziali: salute, alfabetizzazione, alimentazione... Per queste cose Cuba non ha niente a che vedere con il resto dell'America Latina. Comunque da quando è caduto il muro di Berlino ed è scomparsa la madre Russia, questi servizi sono ridotti all'osso. Chiaro che su questo panorama negativo grava anche il criminale embargo statunitense, ma sulla mancanza di libertà e sul fatto che Cuba è stata consegnata ai turisti europei non hanno colpa gli Stati Uniti.

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