Autore Marco Malvaldi
Titolo La battaglia navale
EdizioneSellerio, Palermo, 2016, La memoria 1030 , pag. 182, cop.fle., dim. 12x16,8x1,2 cm , Isbn 978-88-389-3486-5
LettoreGiovanna Bacci, 2016
Classe narrativa italiana , gialli , citta': Pisa












 

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Pagina 13

Inizio



Senza dubbio, in questi due anni, il Bocacito è diventato il ristorante più elegante di Pineta.

I tavoli sono rotondi, ampi e ben distanziati, con le tovaglie che cadono in impeccabili panneggi i quali mettono ancor più in risalto la perfetta stiratura; merito di Aldo, e della sua mania di passare il ferro da stiro direttamente sul tavolo.

L'apparecchiatura è di gran pregio: bicchieri di cristallo al piombo, tulipani freschi al centro tavola e piatti di porcellana Wedgwood eleganti ed insieme capienti, perché quando il rappresentante ha proposto a Tavolone dei piatti da risotto con la conca grande quanto un uovo il cuoco gli ha risposto guardi che le terme son dall'altra parte del viale, questo è un ristorante.

Il menù, anche, coniuga con raffinatezza la tradizione e l'innovazione, due parole che, insieme con «prodotti del territorio», non devono mai mancare in un ristorante nell'anno 2016, pena la squalifica; anche qui, merito di Tavolone, che dopo due anni consacrati a guardare Masterchef si è inventato piatti come «il mio riso cantonese» [...]

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Pagina 21

Uno



«... questo quindi il proclama che il presidente ha voluto lanciare ai tifosi. Pensare subito a lavorare per un mercato che permetta al Pisa di rimanere in serie B e magari, chissà, di cullare qualche altra ambizzione, e riportare la nostra squadra dove si merita. Tutto questo, da domani. Oggi, per ir Pisa, è ir giorno delle tre esse: esse come serie B, esse come successo, esse come sciampàgn».

E, con un ultimo sorriso ebete, il giornalista abbassò il microfono, mentre intorno a lui una decina di cassaintegrati saltavano e cantavano, contenti, per una volta, di non essere in grado di distinguere il lunedì dalla domenica.

- S'è scordato di di' «esse come stupido» - commentò Pilade, con molto meno entusiasmo. - Cosa ci sarebbe da esse' contenti, poi...

- Davvero - scosse la testa Aldo. - Pensare che ai tempi di Romeo eravamo una potenza.

- Arriva quell'artro - bofonchiò Ampelio, distogliendo lo sguardo dal televisore. - Siamo colle pezze ar culo, c'è mezzo mondo che 'un cià nemmen quelle e è lì che pigia per veni' da noi, e lui penza a Romeo.

- Io ho solo commentato quello che diceva Pilade - si schermi Aldo, alzando le spalle. - Mi ricordo che ai mondiali del '98 c'era gente come il capitano del Brasile e il capitano dell'Argentina che erano ex giocatori del Pisa.

- Be' tempi, sì - concordò Ampelio. - Ora invece da noi ci viene il capitano della Libia e quello della Siria. Ma no di carcio, di tiro ar piattello. E invece di spara' a' piattelli sparano alle perzone.

Seguì un attimo di silenzio.

Nelle regole del contrappunto da bar, in questo momento in teoria dovrebbe intervenire il Pensionato Di Destra, strumento essenziale in questo genere di composizioni, con una bella modulazione in tono maggiore sul tema «i mussurmani son tutti criminali - dall'iracheni all'arabi sudati - andrebbano buttati tutti fòri - artro che falli entra', dimmi di no?». E anche i vecchietti, a questo punto, tacquero un momento, consapevoli che fino a poco tempo prima sarebbe stato il momento di Gino Rimediotti.

Così come, fino a poco tempo prima, sarebbe stato compito di Gino leggere sul «Tirreno» le notizie salienti ad alta voce, con quella lettura in stampatello maiuscolo che andava avanti inesorabile, a patto di non incontrare qualche parola in una qualche lingua straniera.

Il fatto è che quella voce, purtroppo, non c'è più.

Gentile lettrice, non scuotere la testa. E, caro lettore, levati quella mano di tasca. Ho detto che quella voce non c'è più. Quella voce, e solo quella voce. Il Rimediotti, invece, c'è ancora; solo, non parla più come prima. Colpa di un intervento alla carotide per rimuovere una pericolosissima placca aterosclerotica. La rimozione è andata a buon fine, per cui il caro Gino continua ad avere un normale afflusso di sangue al cervello; disgraziatamente, per rufolare tra le arterie il chirurgo si era dovuto fare strada attraverso muscoli, nervi e altro materiale fisiologico. Risultato, adesso il Rimediotti per parlare doveva premere un tastino; proprio come una radio, però sintonizzata parecchio male.

Il dito adunco si posò sul tastino, e un attimo dopo il Rimediotti articolò:

- Afrgherebbero-bfwttati-tfwtti-fòri.

- Oh, meno male - commentò Pilade, levando anche lui gli occhi dal televisore. - È arrivato il giustiziere della notte. Gino, siamo nel duemilasedici, no nel millenovecentotrentasei.

- Fwa-piacere. Vor-dì chhhe - otthwantanni che-ragiono-così. Io-ho-sfwhempre ragionato così.

- Appunto - interloquì Ampelio. - Io andrei a chiede' i soldi indietro ar chirurgo. Primo, perché ragioni a cazzo di cane come prima. Secondo, perché t'ha messo le varvole. Siamo nel dumilasedici, ormai si fa tutto co' transistor.

— A proposito di transistor, guarda un po' il televisore.

- Perché, fa le righe?

- No, perché quella è casa tua.

Ampelio voltò la testa, in modo coordinato con gli altri tre. Sullo schermo non proprio la casa di Ampelio, ma un posto parecchio vicino, ovvero la spiaggia dei Sassi Amari; una delle calette meno brutte di Pineta. Una spiaggetta di sabbia difesa da un abbraccio di scogli aguzzi che a primavera avanzata sarebbe stata un posto ideale per fare il bagno. Sarebbe stata, se non fosse che a) siccome è fine aprile, fa ancora un po' freddo, b) siccome vicino c'è il porto di Livorno, l'acqua non è mai troppo pulita e c) siccome siamo a Pineta, c'è un cadavere sulla spiaggia.

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Pagina 90

- Il compagno Mastrapasqua?

Tiziana, seduta al bancone con le gambe accavallate, sembrava in tutto e per tutto una cliente normale. Del resto Massimo era stato chiaro: quando ci sono io, tu qui puoi anche non fare nulla. E Tiziana, apparentemente, aveva apprezzato.

- Esattamente. Armando Maria Mastrapasqua. Tesserato del Pci fin dal diciottesimo compleanno, poi confluito in Rifondazione Comunista, poi nei Comunisti Italiani.

- Insomma, un illuso.

Un giudizio così, dalla Tiziana che Massimo aveva conosciuto, non sarebbe mai arrivato. Così netto, così poco ambiguo. E anche, ammettiamolo, parecchio condivisibile.

- Diciamo uno piuttosto convinto - edulcorò Massimo, che pure era pienamente d'accordo. - Lo è ancora ora, figurati negli anni Sessanta-Settanta, quando erano tutti fiduciosi che sarebbe spuntato il sol dell'avvenire. E invece si è arrivati al tramonto senza nemmeno sfiorare mezzogiorno.

Massimo prese una sigaretta direttamente rollata dalle mani della commissaria, che si era conservata apposta per la serata; un classico esempio di gesto d'affetto che, a lungo termine, rischiava di avere ricadute non troppo positive.

- Erano anni in cui l'Italia e la Russia erano vicine da tanti punti di vista; e la politica e gli affari, lo sai, spesso interagiscono. Uno dei capolavori di Enrico Mattei fu mettere le basi per sfruttare i giacimenti sovietici di metano. Cominciò tutto negli anni Cinquanta, quando Chruščëv...

E qui a Massimo sarebbe tanto piaciuto spiegare come l'accordo venne concluso, nonostante la morte di Mattei, proprio perché l'URSS voleva realizzare il gasdotto solo ed esclusivamente con l'ENI: la compagnia che, all'epoca, aveva il miglior sistema integrato di lavorazione dei prodotti petroliferi su scala mondiale. Un po' come se oggi Google si trovasse a Mantova, invece che a Mountain View.

Era una delle storie che gli aveva raccontato sua mamma, nelle rare pause a casa fra un lavoro e l'altro, e che affascinavano così tanto Massimo quando era piccolino che andava in giro a dire orgoglioso che la sua mamma costruiva le dighe e fabbricava l'energia.

Purtroppo, i giovani d'oggi spesso hanno fretta, e della storia del paese glimportaunasega.

- Scusa, Massimo - interruppe Tiziana, con educazione ma anche con fermezza. - Abbi pazienza, ma fra cinque minuti devo andare di là al ristorante. Parli tanto di Aldo, ma anche te quando parti non ti si ferma più.

Massimo non la prese benissimo.

Un po' perché questa storia che tutti gli davano del vecchio cominciava anche ad essere molesta.

Un po' perché la partenza di Tiziana coincideva inderogabilmente con l'arrivo di Marchino il Principe dello Shaker, che in quanto ex marito di Tiziana gli sarebbe stato sui coglioni anche se fosse stato simpatico, figuriamoci così com'era, convinto che il diploma di barman equivalesse a un dottorato in fisica delle alte energie.

Però, la primavera e l'assenza di vecchi fanno miracoli sull'umore. Specialmente su quello di un barrista sociopatico.

- Questa me la lego al bastone. Insomma, quando l'ENI concluse le trattative per il metanodotto con l'URSS dovette scegliere un pool di persone da mandare in Russia per la realizzazione, e tra gli operai specializzati all'epoca di comunisti convinti ce n'erano non pochi.

- Tra questi, immagino, il compagno Mastrapasqua.

- Esatto. Il quale è vissuto proprio nei posti dove passa il gasdotto, tra Kiev e Dnipropetrovs'k. Dieci anni tra Italia e Ucraina, con poca Italia e tanta Ucraina. Risultato per la nazione, la realizzazione del grande gasdotto che garantisce ancora oggi il quaranta per cento del fabbisogno energetico dell'Italia; risultato in piccolo, il compagno Mastrapasqua parla ucraino correntemente.

Massimo schiacciò la sigaretta nel posacenere e fece così ritornare il bar nella sua piena legalità. Adesso, ci vuole un caffè.

- Mi è sembrato naturale suggerire che i giovincelli potevano chiedere al compagno Mastrapasqua di accompagnarli ai giardinetti Mugnaioni, dove si riuniscono tutte le ucraine la sera prima di cena -. Massimo azionò il macinacaffè e, come sempre, stette a guardare il filtro che si riempiva, godendosi il profumo caldo del caffè macinato in diretta. - In questo modo, come apprezzerai, si colgono molteplici risultati. Numero uno, la possibilità di far confluire informazioni utili all'indagine aumenta in modo ragguardevole. Numero due, mi tolgo dai coglioni mio nonno e abbasso l'età media del bar di un buon mezzo secolo proprio all'ora dell'aperitivo.

- Non lo so, Massimo. Non è che questa persona la metti in pericolo? Noi qui si ride e si scherza, ma questa donna qualcuno l'ha ammazzata per davvero. Se uno la prende a gioco...

- Magari fossi in grado di mandare i vecchi dove devono andare. Sono grandi e pensionati, e le loro decisioni le prendono da soli -. Massimo mise la tazzina sotto la macchina e spinse il bottone dell'erogazione. - Poi, il compagno Mastrapasqua lo conosco bene. È un uomo tutto d'un pezzo, di quelli che nel sol dell'avvenire ci credevano davvero. Uno così certe cose le fa per puro spirito di servizio. È un dovere nei confronti della comunità.


- Ma siete siùri che è pieno di gnocca?

- Dio bòno, Armando, ma ruzzi? - Ampelio sollevò il bastone e lo ostese in tutta la sua lunghezza. - Certi stacchi di cosce che per accavalla' le gambe gli ci vòle il permesso de' vigili urbani. Ò, n'avrai viste te d'ucraine.

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Pagina 106

- Certo che è un'ottima idea. Più informazioni si hanno, e meglio è.

- Sì, informazioni. Dipende che tipo di informazioni.

- Ogni tipo di informazioni può essere d'aiuto.

- Si, stavo parlando della loro credibilità - rimbeccò Massimo, tentando di essere cortese, nella consapevolezza che quando aveva ragione tendeva ad essere vagamente aggressivo. - Prendi 'sto nome che è venuto fuori, Darsoi. Te l'ha detto uno convinto che tu ti chiamassi Daniela. Chissà com'era il cognome originale. Magari si chiamava Cuccurullo.

- Fa parte del mestiere. Guarda Massimo che il lavoro d'indagine non è tutto intuizioni lampanti, come nei gialli. E non è un gioco di carte, come mi raccontavi te quando mi parlavi della prima volta che ti sei trovato dentro un caso.

- Si, non è un gioco, lo so. Ma io parlavo del gioco come modello, come metafora.

- Lo so bene, Massimo. Volevo dirti che è proprio il modello che è sbagliato. Un lavoro d'indagine vero, sul campo, è molto più simile alla battaglia navale. All'inizio spari alla cieca, e non cogli niente, ma è fondamentale che tu ti ricordi dove hai sparato, perché anche il fatto che lì tu non abbia trovato nulla è una informazione -. Alice sottolineò il concetto picchiandosi con l'indice sulla mano aperta. - A un certo punto, quando prendi qualcosa senza affondarlo, capisci che devi continuare a sparare nei quadratini adiacenti, ma con criterio. Se ne becchi due di fila, sai che il terzo colpo lo devi sparare sulla stessa linea. Davanti o dietro, non lo sai, ma sai che è solo questione di tempo. Ecco, il nostro lavoro è così.

Alice aspettò che Massimo dicesse qualcosa. Dopo qualche secondo di silenzio, ricominciò:

- Vero, magari ora non so chi è questo Darsoi, e magari alla fine scoprirò che si chiama Pomponazzi. Però so che hanno visto Olga felice in compagnia di qualcuno. Siccome non mi sembra che facesse una vita che ispirasse allegria, tutto il giorno chiusa in casa a pulire il culo a una vecchia rintronata, e quando esci da lì ci potrebbe essere in agguato il tuo ex marito con un bottiglione di acido. Ci deve essere qualcuno che la rendeva felice. Adesso che so che esisteva, posso fare domande su chi è questo qualcuno. Domani, per esempio, inizierò con il suo avvocato, il buon Alessandro Rossi. Tuo nonno e gli altri invece possono chiederlo alle ucraine. Non posso mica andarci io in incognito, no?

- In teoria sarebbe il tuo lavoro. Non sono sicuro di voler mandare mio nonno, Aldo e gli altri a farlo. Già si sentono dei detective, non vorrei che ora si mettessero a fare gli eroi.

- È la carriera - scherzò Alice. - Prima detective, poi eroi, poi supereroi.

- Sì, i Prostatici Quattro -. Massimo rimase serio. - Qui è già morta una persona, ma non sono sicuro che debba essere per forza l'ultima. Si sta parlando di traffico di permessi di soggiorno, cocaina, criminali dell'Est Europeo. Non sono tranquillo.

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Pagina 140

Undici e qualcosa



- Mi impiatti due tartare e mi tieni fermo il risotto del sei -. Tiziana ancheggiò tra i fornelli attaccando le comande sul piano di sughero. - Il nove la tartare la vuole come secondo e non come antipasto.

- E gliela faremo di secondo... - commentò Tavolone, senza smettere di guarnire il piatto che aveva davanti.

Uno dei contrasti più spettacolari di un ristorante è la differenza tra la sala e la cucina.

Più la sala è calma, elegante, raffinata ed accogliente, più la cucina è incasinata, rumorosa, ansiosa ed isterica; per ottenere la tartare di scampi su crostino di pane guttiau con olio profumato all'aglio di Caraglio, che in un ristorante stellato vi giunge su un piatto di porcellana, veleggiando tra le mani di un cameriere di aspetto apollineo come se vi fosse stata deposta con tutto l'amore del mondo, di media sono necessarie sei bestemmie, due scottature, la sostituzione di un piatto sbreccato e la reiterata insinuazione da parte del maître che lo chef de partie porti un cognome opinabile.

Se volete sapere com'è la cucina, quindi, guardate la sala e pensate al contrario. Con questa premessa, visto che in sala a servire ai tavoli c'è Tiziana, immaginarvi Natasha non dovrebbe esservi difficile.

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Pagina 148

Massimo, istintivamente, si guardò in giro. Niente di male, ma vallo a sapere.

- Ho visto quanto sei cambiato da quando c'è Alice, in meglio per carità, - continuò intanto Aldo - ma ricordati che farti fare quello che non vuoi fare e per di più contento di farlo è una specialità delle donne. Di tutte, non solo della tua fidanzata.

- Non credo che sia così facile farmi fare quello che non voglio.

- Non parlo solo di azioni. Parlo di reazioni, di sensazioni, di emozioni. Quando uno vive in due, pensa in modo differente. E ognuno è pronto ad essere, diciamo così, indirizzato nelle sue scelte. Ognuno.

- Ripeto, non credo che con me sia così facile.

- No? Va bene. Ti va se facciamo un giochino di magia?

- Hai voglia.

Hai voglia sì. Aldo, con un mazzo di carte in mano, era un prestigiatore meraviglioso. Da bambino, Massimo aveva passato ore incantato di fronte a quest'uomo con la voce profonda, che sembrava non prendersi mai sul serio, a farsi dire «pesca una carta» e meravigliarsi per le apparenti violazioni di ogni legge fisica che Aldo riusciva a imporre ai re di cuori e ai loro colleghi.

Poi Massimo era cresciuto, Aldo era invecchiato e gli era venuta l'artrite, e l'unico gioco di prestigio che ancora eseguiva in pubblico era estrarre una sigaretta dal taschino di Massimo, trucco che dopo un po' finisce per annoiare.

- Non c'è bisogno di carte né di altro. È solo un piccolo gioco. Facciamo un test per stabilire il tuo grado di empatia. Pronto?

- Pronto.

- Entri in una ferramenta, vuoi comprare un paio di forbici, ma il commesso è sordo. Che fai?

Ma che domanda è?

Massimo mimò con la destra il gesto delle forbici che tagliano.

- Benissimo. Entri in un negozio di animali, vuoi comprare un cane, ma il commesso è cieco. Che fai?

- Bau, bau...

Aldo guardò Massimo con severità.

- Massimo, il commesso è cieco, non è scemo.

Mentre a Massimo si allargavano le pupille, Aldo spiegò, ridacchiando:

- Il cervello di ognuno di noi si muove in base a un principio semplice, Massimo: riconosco la situazione? Se la riconosco, cerco nel mio armamentario mentale qualche utensile per gestirla. Ma il nostro cervello ha anche, diciamo così, una certa persistenza temporale. Se ho usato dei circuiti poco tempo prima, questi rimangono accesi ancora per un certo tempo. E così anche persone molto intelligenti, come te, possono dare risposte sceme, come hai fatto te ora. È molto più semplice, ed energeticamente conveniente, seguire l'ovvio piuttosto che ragionare. Adagiarsi, invece che reagire. E lo facciamo tutti, chi più chi meno.

Aldo si alzò dalla sedia e iniziò a camminare su e giù. Anche invecchiando, quell'abitudine non gli sarebbe mai passata.

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