Copertina
Autore Simona Mammano
Titolo Assalto alla Diaz
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2009, Senza finzione , pag. 204, cop.fle., dim. 12x19x1,5 cm , Isbn 978-88-6222-080-4
PrefazioneCarlo Bonini
LettoreLuca Vita, 2009
Classe paesi: Italia: 2000 , diritto
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Indice


Prefazione                                       5
Prologo                                          9
Premessa                                        13

Inizia il G8                                    19
Il processo                                     22
L'assalto                                       24
La polizia reagisce                             35
Arrivano!                                       45
L'irruzione alla Pertini                        59
Trascinata per i capelli                        68
Parlano gli imputati per lesioni                75
L'agente aggredito                              87
Chi c'era alla Pertini                          91
Perquisizione alla Pascoli                      95
Il materiale sequestrato                       122
Le molotov                                     132
L'arresto                                      138
Bilancio                                       149
Interessanti questioni giurisprudenziali       151
Conclusioni                                    154
La sentenza                                    171
Riepilogo                                      181
Post scriptum. Dopo il 13 novembre 2008        186

Indice dei nomi                                191


 

 

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Pagina 2

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Questo libro è rilasciato con licenza Creative Commons-Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. Il testo integrale della licenza è disponibile all'indirizzo http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/.

L'autore e l'editore inoltre riconoscono il principio della gratuità del prestito bibliotecario e sono contrari a norme o direttive che, monetizzando tale servizio, limitino l'accesso alla cultura. Dunque l'autore e l'editore rinunciano a riscuotere eventuali introiti derivanti dal prestito bibliotecario di quest'opera. Per maggiori informazioni, si consulti il sito «Non Pago di Leggere», campagna europea contro il prestito a pagamento in biblioteca «http://www.nopago.org/».

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Pagina 4

NOTA

Questo libro è la ricostruzione di quanto è avvenuto all'interno della scuola Diaz attraverso la requisitoria dei pubblici ministeri Francesco Cardona Albini ed Enrico Zucca e le motivazioni della sentenza del giudice Gabrio Barone. L'intenzione è di non lasciarmi trasportare dall'emotività, ma di riportare tre anni di udienze e la conclusione del tribunale. Quella descritta nelle pagine che seguono non è tutta la polizia. Non è quella polizia dentro la quale lavoro da venti anni, quella in cui credo.

Vi saranno riportate numerose deposizioni. Per la loro lettura è bene tenere presente quanto il presidente della Ia sezione del Tribunale di Genova scrive al riguardo:

Per una corretta valutazione delle deposizioni assunte deve in primo luogo tenersi presente che, come è noto, i testi sono di norma, anche inconsciamente ed in perfetta buona fede, portati a ricordare, riferire, sottolineare ed anche ampliare, prevalentemente i fatti e le circostanze favorevoli ai loro amici, conoscenti, colleghi o affini ideologicamente e che con il trascorrere del tempo tale situazione si cristallizza sempre più, determinando spesso la convinzione di aver assistito esclusivamente a tali fatti.

Le trascrizioni delle deposizioni dei testi sono state riportate esattamente nella forma originale.

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Pagina 9

PROLOGO


È buio, quasi mezzanotte, quando dal fondo di via Cesare Battisti si sentono arrivare dei rumori. Rumori insoliti. Un uomo è in strada, dentro la scuola fa troppo caldo, d'altra parte siamo in luglio, in Italia. Forse, pensa l'uomo, è meglio l'estate inglese. Il rumore si avvicina, sembra quello di una marcia, l'uomo guarda verso la fine della strada e vede una colonna di persone. No, non sono semplici persone, sono poliziotti. L'istinto gli fa gridare all'amico accanto di scappare, ma lui non ci riesce, viene travolto.


Una delle cose che mi ricordo è che stavo urlando "Stampa, press, giornalista" e un poliziotto mi ha 'svolazzato' il manganello.

"Tu non sei un giornalista, sei un black-bloc e noi ammazzeremo il black-bloc," ha detto questo in inglese.

Ero scioccato e sapevo che a questo punto avevo un po' di problemi, avrei avuto un po' di problemi. Mi picchiavano da tutte le parti, ma sono riuscito a rimanere in piedi finché non sono stato caricato da circa quattro poliziotti con gli scudi, poi mi hanno respinto indietro verso il muro della scuola Diaz.

Ero in mezzo alla strada. Il primo attacco, prima che fossi spinto verso il muro, è durato circa due o tre minuti. A quel punto stavo cercando di vedere se riuscivo a correre verso il lato sud della strada, ma non c'era nessun modo per fuggire. Quando sono stato spinto verso il muro, [l'agente, N.d.A.] ha cominciato a darmi manganellate sulle ginocchia e poi sono collassato, sono crollato. A quel punto ho notato quanti poliziotti c'erano per la strada, sembrava che ce ne fossero circa duecento, e a quel punto temevo per la mia vita. Mi chiedevo se sarei sopravvissuto a tutto questo. Per circa due o tre minuti sono rimasto sdraiato lì, i poliziotti non mi hanno identificato né mi hanno detto che sarei stato arrestato. Ho visto anche molte persone in divisa che mi correvano davanti (...]. Alcuni sono andati nella Diaz-Pascoli e altri hanno formato come una barriera di controllo sul lato sud della strada. Mi ricordo che un poliziotto si è staccato dalla fila laterale, me lo ricordo particolarmente perché mi ha dato un colpo alla spina dorsale. AI secondo calcio rimasi agganciato al suo piede, buttato per aria e cacciato in strada. Poi tutti gli altri agenti che mi erano intorno hanno cominciato a fare lo stesso e a quel punto otto costole sul lato sinistro si sono rotte così come una mano.

C'era molto rumore, però una delle cose che mi ricordo in particolare è che i poliziotti ridevano e mi sembrava di essere trattato come un pallone da calcio a cui ognuno, a turno, doveva tirare una pedata. Sono andati avanti così per due, tre, quattro minuti. Mi sembrava di lottare per la mia vita. Perdevo molto sangue e non riuscivo a respirare.

Poi sono stato afferrato da dietro, qualcuno mi ha preso per il colletto e mi ha trascinato nel punto in cui era iniziato tutto con le manganellate sulle ginocchia. Sentivo un agente urlare qualcosa ai colleghi. Intanto mi ha preso il polso per sentire il ritmo delle pulsazioni e ho avuto l'impressione volesse evitare che fossi aggredito di nuovo. Non riuscivo a vederlo in faccia questo ufficiale e non so per quanto tempo è rimasto lì, presumo che a un certo punto se ne sia andato.

Poi ho visto una camionetta che veniva lungo la strada e dietro di me cerano molti poliziotti che stavano cercando di buttare giù il cancello della Diaz con un blindato. Il mezzo ha puntato contro il cancello, ma senza risultato la prima volta. Allora ho sentito il motore accelerare e questa volta è riuscito a sfondare dentro il cortile della scuola.

A quel punto una gran massa di poliziotti si è riversata dentro mentre tutto intorno c'era un grosso movimento e la strada si stava svuotando. Con me, lungo il perimetro della Diaz, però, erano rimasti alcuni poliziotti. Erano in borghese. Io stavo male, non mi guardavo attorno.

Ho sentito arrivare qualcuno. Era un altro pubblico ufficiale e quando si è materializzato è iniziato il terzo attacco contro di me. Non mi ricordo quanti colpi ho ricevuto, ma alcuni erano calci in faccia che mi hanno fatto volare via i denti. Poi è arrivato un colpo dietro la testa e sono svenuto.


Così Mark Covell racconta in tribunale il suo incubo.

Il processo è contro ventinove agenti, funzionari e dirigenti della polizia.

C'è un'altra testimonianza, ugualmente sconvolgente, resa da una persona che all'epoca dei fatti aveva sessantadue anni.


A un certo punto sento dei trambusti che non sono una cosa normale; c'erano anche i ragazzi fuori che fanno del casino, che può succedere fra giovani, invece sento un affare che è una cosa tremenda, brutta, si apre la porta, vedo una... e dico "Madonna, che siano qua i cosiddetti black-bloc? questa è una cosa...". Si apre la porta così, mamma mia, era la nostra polizia, la Polizia di Stato, con delle divise un po' scure, hanno cominciato... Hanno fatto così con le mani...

Ero vicino alla porta. No, questo no, non si possono fare queste cose... Ho visto — mi sembra — un poliziotto, un signore che era lì davanti agli altri che ha fatto così con le mani, non so perché, magari perché avevo i capelli bianchi... ho visto che hanno cominciato coi manganelli da me uno e dopo gli altri. Ho visto tutta questa cosa.

Sono stato colpito, ma non da quello che aveva alzato le mani, ma da altri poliziotti in seguito; subito lì è stata una cosa miserevole vedere tutte 'ste cose perché...

[Erano] in divisa, c'era scritto Polizia. Non si vedevano, non posso dire chi erano perché erano tutti quanti con la visiera... Avevano dei manganelli abbastanza lunghi. A me hanno subito dato col manganello e anche bello pesante e io sono arrivato a casa da Genova in questa maniera qua, in carrozzella. Mi hanno rotto un braccio, una gamba, dieci costole. Ad altri hanno aperto la testa come una palla da rugby e pensavo in quel momento lì a mia mamma e a quelle mamme che avevano tutti i ragazzi lì perché... per me... ho una certa età insomma, ma a vedere queste cose fatte a questi ragazzi, a chiamare 'mamma' in francese, in tedesco, in italiano, in tutte le lingue, trovarmi davanti all'impatto con la polizia, con la polizia che doveva essere quella che mi doveva sostenere da certe cose perché la polizia fa parte... La Polizia di Stato è la nostra Polizia e suo compito è vigilare...

[Sono stato colpito] anche con gli scarponi, avevano gli scarponi e urlavano "Silenzio!". Poi sono passati quattro o cinque volte e ho preso anche qualche altro colpo e io chiedevo sempre l'ambulanza... Quando sono ripassati mi hanno dato un altro colpo ancora. Io domandavo solo una cosa: "Portatemi all'ospedale". È una cosa incredibile.

Non so definire quanti poliziotti fossero perché io le ho prese da uno e poi anche da altri due.

È una cosa che non posso più dimenticare fino a che...

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Pagina 68

TRASCINATA PER I CAPELLI


Gli episodi che avvengono al terzo e quarto piano, come riferiti nella ricostruzione analitica delle parti offese, trovano traccia addirittura nelle relazioni dei capisquadra del VII nucleo. Invece i racconti degli imputati – che paiono episodi speculari alle versioni di alcune persone offese – riferiscono immancabilmente le condotte lesive cui hanno assistito. Condotte operate da appartenenti ad altri reparti, che indossavano la divisa atlantica o in borghese, provocando contraddizioni e contrasti rispetto ai particolari riferiti dalle vittime.

Così Ciro Tucci, uno dei capisquadra del VII nucleo, riferisce di aver visto una ragazza trascinata giù dal terzo piano per i capelli e colpita con il manganello da un collega in borghese che portava il cosiddetto 'fratino' (la pettorina scura che si mette sopra i vestiti civili, con la scritta 'polizia'). Questa scena richiama la descrizione di Lena Zhülke, ma le parole di Tucci sono in contrasto con quanto la giovane ha detto sull'abbigliamento dei suoi aggressori. Diverso è anche il racconto della progressione delle lesioni subite, ma le parole della ragazza sono compatili con la gravità e le conseguenze delle ferite.

La Zhülke ha riportato, oltre a un trauma cranico, importanti traumi toraco-addominali che hanno determinato fratture costali e pneumotorace con contusione polmonare. Da cui è derivata una riduzione (certificata dai medici) del 30 per cento delle facoltà respiratorie.

Viene anche riferito un ulteriore episodio indice di grande disprezzo: un poliziotto, davanti a una ragazza stesa a terra in una pozza di sangue, muove il bacino simulando l'atto sessuale. Secondo i pubblici ministeri, è molto probabile che la ragazza sia Melanie Jonasch e il commento dell'accusa è questo: "Una persona che si tocca la patta e muove il bacino davanti a una ragazza a terra sanguinante è uno che in guerra stupra. Il motore è l'odio".

I pubblici ministeri dichiarano inoltre che "i racconti delle vittime inchiodano ancora una volta alla responsabilità gli agenti intervenuti, togliendo ogni margine di ambiguità alle possibili intenzioni. Le modalità dei ferimenti, la determinazione dei colpi inferti con il manganello, i calci sferrati, la reiterazione dei colpi sulle persone già ferite anche a più riprese dagli stessi e poi da diversi poliziotti, le urla, gli insulti, i gesti di scherno osceno (come la simulazione del coito davanti alla ragazza a terra sanguinante) non hanno alcuna legittima giustificazione".

Al quarto piano ci sono altri occupanti arrivati fin lì nel tentativo di scappare. Tra questi Lena Zhülke e Martensen Niels, che si sono chiusi in piccoli vani ripostiglio.

Zhülke racconta così la sua esperienza nell'udienza del 9 novembre 2005:


Zhülke: In questa piccola dispensa [un ripostiglio a fianco dell'ascensore N.d.A.] stavamo una di fronte all'altro. Davanti a me c'era il mio ragazzo che aveva in mano il tesserino da giornalista, siamo stati credo pochissimo tempo lì dentro. Quando abbiamo avvertito e sentito questi passi molto pesanti da stivali, si sentivano dei rumori tipo come se la polizia picchiasse con dei bastoni contro un muro. Ci hanno spalancato questa porta e il mio ragazzo è stato trascinato fuori subito da questi poliziotti: lui aveva le mani alzate e la polizia era intorno a lui in modo semicircolare. [I poliziotti] sono stati da questo lato qua, quarto A, fuori al corridoio, praticamente in direzione [...] delle aule, e hanno iniziato subito a colpire con i bastoni il mio ragazzo [che] è caduto per terra e alcuni di questi poliziotti sono andati nelle toilette. Sono rimasta ancora nella dispensa con le mani alzate. Un poliziotto è venuto lì, mi ha tirato per i capelli fuori dalla dispensa. Io sono rimasta ancora con le mani alzate. Poi, fuori, davanti a tutti questi poliziotti, [gli agenti] hanno iniziato subito a picchiarmi con i bastoni sulle spalle e sulla testa. Credo di essere caduta quasi subito ed ero sdraiata sulla schiena, verso la Polizia, [quando] mi hanno colpito, mi hanno dato dei calci nella schiena, sulle gambe, mi hanno picchiato sul lato con i bastoni. Ho cercato di ripararmi dai colpi mentre mettevo le braccia sopra alla testa, [ma] ho sentito un rumore di ossa fratturate, le mie costole. Poi mi hanno raccolto e mi hanno buttato verso il muro. Sulla parete c'erano dei ganci per appendere le giacche e avevo la sensazione [di essere ferita] da questi ganci mentre vi venivo scaraventata contro. Poi un poliziotto mi ha picchiato con il ginocchio tra le gambe mentre altri mi percuotevano fino a quando sono scivolata a terra. Quando ero già sul pavimento hanno continuato a colpirmi e mi sembrava che li divertisse il rumore prodotto da ogni colpo sullo sterno.

Presidente: Quando parla di colpi, ha menzionato diverse modalità: non usavano sempre il manganello ma utilizzavano anche calci, utilizzavano altri mezzi per colpirla, può specificare [...]?

Zhülke: Mi hanno anche dato dei calci con gli stivali [...]. L'ho visto proprio, ci siamo spostati sempre nel corridoio e loro continuavano a darmi dei calci camminando, poi siamo arrivati alla scala e loro mi hanno buttato giù dalle scale.

PM: Io vorrei che fosse chiaro che la teste ha indicato un lato della cartina in cui si è svolta questa azione, non so se il Tribunale ha preso nota di questo. Posso chiedere che venga indicata di nuovo [...] la zona dove si è svolta questa prima azione, questo pestaggio, se possiamo chiamarlo così?

Zhülke: Ha iniziato qui, la polizia c'era lì, mi ha tirato fuori dalla dispensa e mi hanno buttato contro il muro lì davanti alla stanza 4 B. Noi ci siamo spostati in questo corridoio, io sono stata sdraiata e loro hanno continuato a picchiarmi.

PM: E il luogo dove ci sono quegli attaccapanni, quei ganci, lo può specificare?

Zhülke: Erano dal lato dell'aula, credo che sia stato davanti alla 4 B.

PM: Lei parla di essere stata, se non ho capito male, quindi poi spinta, trascinata dai poliziotti. Può descrivere meglio quest'azione? Abbiamo capito che era a terra, ad un certo punto è caduta a terra, vero?

Zhülke: Credo di essere stata soprattutto colpita con calci.

PM: Quindi spinta a calci, possiamo dire?

Zhülke: Sì, poi mi hanno buttato giù dalle scale. Ho allargato le mani per pararmi un pochino [...] perché sono caduta [...] sulla pancia. A sinistra c'erano dei poliziotti che camminavano vicino a me e mi davano dei colpi nella nuca e che mi hanno picchiato con i bastoni sulle mani, sulle dita.

PM: Cioè la teste veniva fatta scendere dalle scale a pancia in giù e la teste teneva le mani avanti per proteggersi dalla caduta?

Zhülke: Sono caduta sulla pancia per le scale e ho allungato proprio le mani per pararmi.

PM: Se ho ben inteso: su queste mani che lei allungava per frenare la caduta, per evitare di sbattere la faccia, si può immaginare [che] i poliziotti la colpivano [...] con i manganelli?

Zhülke: Sì.

PM: Quindi ha fatto tutta la scala in questa posizione?

Zhülke: La scala davanti alla 3-1 [la prima rampa N.d.A.], c'era una polvere che sulle ferite bruciava moltissimo, subito avevo la sensazione che si trattasse di un gas lacrimogeno, faceva molto male sulle ferite. Poi la polizia continuava a picchiarmi e uno di questi poliziotti mi ha alzato e mi ha tirato per i capelli, trascinato per i capelli. [...] Con la testa ero a un'altezza della sua anca, non potevo più camminare e praticamente le gambe pendevano indietro, la polizia che camminava dietro di me continuava a picchiarmi sulle gambe e sulla schiena.

PM: Quindi ricapitoliamo. Dopo il primo tratto, la prima rampa di scale che lei fa a pancia in giù con le mani avanti e viene picchiata dai poliziotti sulla nuca e sulle nocche delle mani, viene sollevata da un poliziotto che le tiene la testa, più o meno all'altezza del suo fianco e lei semi-sollevata continua, è costretta a camminare così a scendere le scale. È corretto?

Zhülke: Lui mi ha trascinato [...] così. I poliziotti che venivano dietro me continuavano a picchiarmi e quando siamo arrivati al terzo piano mi ha fatto cadere. Ero di nuovo sdraiata sul fianco sinistro con la schiena verso lui. Quando hanno ripreso a picchiarmi, erano di nuovo messi in cerchio, in semicerchio, e continuavano a picchiarmi nella pancia e nella schiena. In quel momento non riuscivo più a vedere niente perché vedevo soltanto delle stelle e delle macchie nere. Poi credo di essere [...] per un attimo svenuta perché la cosa successiva che mi ricordo è che sono stata gettata su altri due che erano nel corridoio. Non si sono mossi e io ho chiesto loro in inglese se sono vivi o morti. Non hanno risposto. Sono stata sdraiata sopra di loro e non riuscivo a muovermi e mi sono accorta che mi colava il sangue sulla faccia. Il braccio destro era inclinato e non si riusciva a muovere invece il braccio sinistro si muoveva, ma non avevo nessun controllo su di esso. Lo guardavo ma non ero in grado di controllarlo. Avevo tantissima paura e pensavo ogni tanto che sicuramente mi avrebbero ammazzata e così poi ho visto anche che le mie gambe si muovevano su e giù. Così sono rimasta sdraiata per un po' di tempo, volevo alzarmi e subito mi sono accorta che non ci riuscivo. Nel corridoio c'erano altre persone sdraiate, forse cinque. Una [...] entrava in quel vano e vedevo che anche questa persona muoveva le gambe su e giù.

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BILANCIO


Si è parlato di "colluttazioni unilaterali", di ferite pregresse, di una folla di facinorosi che ha aggredito le forze dell'ordine nel corso di una perquisizione per "reati di pericolo". Eppure il bilancio sul campo dopo l'assalto fa pensare a tutt'altro. Vediamolo per renderci conto della violenza che si è scatenata la notte del 21 luglio 2001 dentro il complesso scolastico.


I feriti che hanno subìto fratture:

– Nicole Anne Dohety, al secondo piano, frattura distale del radio destro;

– Jeannette Dreyer, al primo piano, frattura del 3° metacarpo mano dx;

– Mesut Duman, nella palestra, terzo medio dell'ulna sinistra;

– Morgan Katherine Hager, in palestra, metacarpo e base del quinto dito;

– Jochen Hermann, in palestra, frattura ossa nasali;

– Jonasch Melanie, al primo piano, frattura temporale sinistra;

– Anna Julia Kutschau, al primo piano, frattura del margine anteriore del mascellare;

– Clavier Lanaspa, in palestra, frattura stiloideo ulnare;

– Ferrer Ana Martinez, in palestra, quarto metacarpo;

– Daniel Mcquillan, al primo piano, stiloideo ulna sinistra;

– David Moret in palestra, condilo del gomito destro e falange terzo distale del dito sinistro;

– Corral Nogueras in palestra, terzo distale del perone sinistro;

– Katerine Ottoway, al primo piano, terzo distale diafisario dell'ulna sinistra;

– Rafael Pollok al secondo piano, terzo distale ulna destra;

– Federico Primosig, al quarto piano, falange prossimale del V dito;

– Manfredi Provenzano, al quarto piano, terzo e quinto dito, quarto metacarpo sinistro, stiloideo ulnare; terzo distale della falange intermedia e della falange ungueale IV dito destro;

– Ulrich Reichel, al primo piano, infrazione distale del radio, del II e IV dito mano dx, delle ossa proprie del naso;

– Heras Luis Sicilia, in palestra, frattura 8 e 9 costa;

– Herero Dolores Villamor, in palestra, terzo distale diafisi ulnaria;

– Dafne Wiegers, al quarto piano, stiloideo ulna sinistra;

– Lena Zülkhe, al quarto piano, fratture costali multiple.


Le figure apicali presenti durante l'operazione Diaz:

– Franco Gratteri, direttore dello Sco (acronimo di Servizio centrale operativo), da considerarsi riferimento per gli appartenenti alle squadre mobili e del reparto prevenzione crimine (Rpc);

– Gilberto Caldarozzi, primo dirigente vice di Gratteri;

– Arnaldo La Barbera, prefetto, dell'Ucigos, funzionario più elevato in grado tra i presenti alla Diaz, da considerarsi il riferimento per gli operatori delle Digos;

– Giovanni Luperi, dirigente superiore e vice direttore dell'Ucigos, vice del prefetto La Barbera;

– Vincenzo Canterini, dirigente del I reparto mobile di Roma;

– Michelangelo Fournier, responsabile del VII nucleo sperimentale del I reparto mobile di Roma, vice di Canterini.

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