Copertina
Autore Thomas Mann
Titolo I Buddenbrook
SottotitoloDecadenza di una famiglia
EdizioneFeltrinelli, Milano, 1964 [1952], UE 479 , pag. 572, dim. 110x180x40 mm
OriginaleBuddenbrooks [1901]
TraduttoreAnita Rho
Classe narrativa tedesca
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Pagina 5

Capitolo primo



"Com'è...? com'è...?"

"Eh, diavolo, c'est la question, ma très chère demoiselle!"

La moglie del console Buddenbrook, seduta accanto alla suocera sul sofà rettilineo laccato di bianco e adorno di una testa di leone dorata, con i cuscini ricoperti di stoffa giallo-chiara, gettò un'occhiata al marito nella poltrona al suo fianco e venne in aiuto alla figlioletta, che il nonno teneva sulle ginocchia, presso la finestra.

"Tony!" disse. "Io credo che Dio..."

E la piccola Antonie, una bimba di otto anni dalle membra delicate, vestita di un abitino di leggerissima seta cangiante, la graziosa testa bionda un po' discosta dal viso del nonno, fissò verso il centro della stanza gli occhi grigio-azzurri sforzandosi di riflettere e, senza veder nulla, ripeté ancora una volta: "Com'è?" poi disse adagio: "Io credo che Dio..." E tutto d'un fiato, rischiarandosi in viso, continuò: "...mi ha creata insieme con tutte le creature." Di colpo si trovò in carreggiata e snocciolò ormai, raggiante e inarrestabile, tutti gli articoli del credo, secondo il catechismo riveduto e corretto, uscito in quell'anno di grazia 1835 con l'approvazione dell'illustre e saggio Senato. Una volta lanciati, pensò la bimba, era come filar giú in slitta dal monte Jerusalem con i fratelli; i pensieri si perdevano, e non si poteva fermarsi, neanche volendo.

"E i vestiti e le scarpe," disse, "il mangiare e il bere, la casa e i terreni, la moglie e i figli, i campi e il bestiame..." A queste parole il vecchio Johann Buddenbrook scoppiò in un'aperta risata, quella risata limpida e maliziosa, che teneva già pronta da un poco. Rideva per la gioia di potersi burlare del catechismo, e solo a tale scopo, probabilmente, aveva intrapreso il piccolo esame. S'informò dei campi e del bestiame di Tony, chiese quanto faceva pagare per un sacco di grano, e le propose di concludere affari con lei. La sua faccia rotonda, bonaria e rosata, alla quale con la migliore volontà non riusciva a dare un'espressione maligna, era incorniciata di capelli incipriati bianchi come la neve, e una specie di codino, appena accennato cadeva sul largo colletto della sua giubba color grigio-topo. A settant'anni, egli restava fedele alla moda della sua gioventú; aveva rinunziato soltanto agli alamari fra i bottoni e alle grandi tasche, mai però in vita sua aveva portato calzoni lunghi. La sua vasta pappagorgia era comodamente adagiata sul jabot di pizzo bianco.

Tutti avevano fatto coro alla sua risata, soprattutto per ossequio al capo della famiglia. Madame Antoinette Buddenbrook nata Duchamps rise esattamente come suo marito. Era una signora corpulenta, con spessi boccoli bianchi sugli orecchi, un vestito a righe nere e grigio-chiare senza guarnizioni, indizio di semplicità e di modestia; le mani ancora bianche e belle posavano sul grembo, stringendo una piccola borsa pompadour di velluto. Con gli anni i suoi lineamenti s'erano fatti stranamente simili a quelli del marito. Solamente il taglio e la vivacità dei suoi occhi scuri tradivano un poco la sua origine mezzo latina: da parte del nonno ella discendeva da una famiglia della Svizzera francese, ma era amburghese di nascita.

Sua nuora, Elisabeth Buddenbrook nata Kröger, rideva alla maniera dei Kröger, incominciando con uno scoppiettio delle labbra e premendo il mento sul petto. Come tutti i Kröger aveva una figura estremamente elegante; e se anche non la si poteva dire una bellezza, la sua voce limpida e pacata, i suoi movimenti tranquilli, dolci e sicuri davano a tutti un senso di chiarezza e di confidenza. Ai capelli rossicci, intrecciati in una piccola corona a sommo del capo e scendenti in larghi boccoli sugli orecchi, s'intonava la pelle bianchissima e delicata cosparsa di piccole efelidi. La caratteristica di quel volto dal naso un po' troppo lungo e dalla bocca minuta era che fra il labbro inferiore e il mento non c'era nessun incavo. Il corpetto corto dalle maniche rigonfie in alto, al quale era attaccata una gonna stretta di vaporosa seta a fiori chiari, lasciava libero un collo di perfetta bellezza, ornato d'un nastro di raso su cui scintillava un gioiello di grossi brillanti.

Il console si piegò in avanti sulla poltrona, con un movimento un po' nervoso. Portava una giacca color cannella con larghi risvolti e maniche a clava, che al disotto del polso si stringevano intorno alla mano. I pantaloni attillati di stoffa bianca lavabile erano guerniti all'esterno di pistagne nere. Intorno al collettone rigido in cui s'annidava il suo mento era ravvolta una cravatta di seta larga e spessa, che riempiva tutta la scollatura del panciotto multicolore. Egli aveva gli stessi occhi un po' incavati, azzurri e intenti, di suo padre, se pur con un'espressione forse un po' piú sognante; ma i suoi lineamenti erano piú severi e piú netti, il naso campeggiava forte e ricurvo, e le guance a metà coperte da basette bionde e ricciute erano assai meno piene che quelle del vecchio.

Madame Buddenbrook si volse verso la nuora, con una mano le strinse il braccio, le guardò in grembo facendo una risatina e disse:

"Incorreggibile, mon vieux, eh Bethsy...?" Pronunziava l'i come u.

La consolessa, senza parlare, accennò minacciosa con la mano delicata, facendo tintinnare il braccialetto d'oro; poi terminò il gesto, secondo un suo vezzo, portando la mano dall'angolo della bocca all'acconciatura, come per tirar su una ciocca che si fosse sciolta.

Il console invece disse in un tono misto di sorridente cortesia e di rimprovero:

"Ma, babbo, lei si burla sempre delle cose piú sacre!..."

Erano nella "sala dei paesaggi", al primo piano della grande vecchia casa della Mengstrasse, acquistata qualche tempo prima dalla ditta Johann Buddenbrook e che la famiglia abitava da poco. Le tappezzerie spesse e morbide, che un'intercapedine divideva dal muro, rappresentavano ampi paesaggi a colori tenui come il tappeto sottile steso sul pavimento: idilli nel gusto del diciottesimo secolo, con allegri vignaiuoli, contadini operosi, pastorelle infiocchettate che tenevano in grembo candidi agnelli sul margine di acque specchianti, o si lasciavan baciare da pastori innamorati... Un tramonto giallastro illuminava quasi tutte quelle scene, in armonia con la stoffa gialla dei mobili laccati di bianco e con le tende di seta gialla alle due finestre.

In proporzione con la vastità della stanza i mobili non erano numerosi. Il tavolo rotondo con le gambe diritte, sottili e sobriamente filettate d'oro, non stava davanti al sofà, ma alla parete opposta, simmetricamente al piccolo harmonium su cui era posato l'astuccio d'un flauto. Oltre le rigide sedie a braccioli regolarmente distribuite lungo le pareti non c'era che un tavolino da lavoro accanto alla finestra, e, di fronte al sofà, una fragile scrivania di lusso coperta di ninnoli.

Attraverso una porta a vetri, che si apriva di faccia alle finestre, si intravvedeva in penombra una galleria a colonne, mentre a sinistra di chi entrava una porta a due battenti, alta e bianca, conduceva in sala da pranzo. All'altra parete, in una nicchia semicircolare, dietro un artistico portello traforato di lucido ferro battuto, scoppiettava la stufa.

Il freddo infatti era venuto presto. Si era a mezzo ottobre, e già, dall'altra parte della strada, le fronde dei piccoli tigli che contornavano il cimitero di Santa Maria erano ingiallite, e il vento sibilava intorno ai profondi anfratti della chiesa gotica, mentre cadeva una pioggia fredda e sottile. Per riguardo alla vecchia Madame Buddenbrook avevano già messo alle finestre le impannate doppie.

Era giovedí, giorno in cui la famiglia si riuniva, regolarmente, ogni due settimane; ma quel giorno, oltre ai membri della famiglia residenti in città, erano invitati per un pranzo alla buona anche due o tre amici di casa, e ora, verso le quattro del pomeriggio, al cader del crepuscolo, si aspettavano gli ospiti...

La piccola Antonie non s'era lasciata interrompere dal nonno nella sua corsa in slitta; aveva soltanto allungato ancor piú, in un piccolo broncio, il labbro superiore già un poco sporgente. Adesso era arrivata in fondo al monte Jerusalem; ma, incapace di arrestarsi bruscamente in quella discesa senza ostacoli, oltrepassò di un poco il traguardo...

"Amen," disse, "so un'altra cosa, nonno!"

"Tiens! Sa un'altra cosa!" esclamò il vecchio signore, e finse di esser torturato dalla curiosità. "Hai sentito, mamma? Sa un'altra cosa! Qualcuno mi potrebbe dire..."

"Quando c'è uno scoppio a caldo," disse Tony, sottolineando con la testa ogni parola, "allora cade il fulmine. Quando invece c'è uno scoppio a freddo, allora cade il tuono!"

Poi incrociò le braccia e guardò i visi ridenti, come chi è sicuro del proprio successo. Il signor Buddenbrook invece si irritò e volle assolutamente sapere chi avesse insegnato alla bimba quelle scempiaggini, e quando scoprí che era stata Ida Jungmann di Marienwerder, la governante assunta recentemente per i bambini, il console dovette intervenire e assumerne la difesa.

"Lei è troppo severo, babbo. Perché a quell'età non si dovrebbe avere un proprio strano concetto di certe cose?..."

"Excusez, mon cher!... Mais c'est une folie! Lo sai che detesto questo modo di confondere il cervello ai bambini! Cosa, il tuono che cade? Vorrei proprio vederlo cadere! Andate là, con la vostra prussiana..."

Fatto sta che il vecchio signore era poco tenero verso Ida Jungmann. Non già ch'egli avesse vedute ristrette. Era stato in tiro a quattro nella Germania meridionale a comprar grano per la Prussia come fornitore dell'esercito. Aveva viaggiato un po' il mondo, nell'anno '13 s'era recato ad Amsterdam e a Parigi, e, da uomo evoluto, non riteneva certo condannabile tutto ciò che stava fuori delle porte di quella sua città dai tetti aguzzi. Ma, prescindendo dai rapporti d'affari, nelle relazioni sociali era piú incline di suo figlio, il console, a tracciare inesorabili confini e a diffidare dei forestieri. Perciò quando un bel giorno i suoi figli, di ritorno da un viaggio nella Prussia occidentale, avevano portato a casa, come una specie di Gesú bambino, quella ragazza (solo adesso aveva compiuto i vent'anni) orfana di un locandiere di Marienwerder morto il giorno prima dell'arrivo dei Buddenbrook, il console per quell'opera buona aveva dovuto affrontare una scenata del padre, durante la quale il vecchio signore aveva parlato quasi soltanto in francese e in dialetto... D'altronde Ida Jungmann s'era dimostrata capace ai lavori di casa e a trattar coi bambini, e la sua lealtà e il suo concetto prussiano delle caste sociali la rendevano in fondo molto adatta al posto che occupava dai Buddenbrook. Era una persona di principi aristocratici che faceva sottilissime distinzioni fra la prima e la seconda classe della società, fra alta e bassa borghesia; era orgogliosa di appartenere alla sfera piú elevata in qualità di serva fedele, e non approvava che Tony stringesse amicizie, per esempio, con una compagna di scuola che, a giudizio di madamigella Jungmann, appartenesse soltanto al buon ceto medio.

In quel momento la prussiana apparve nella galleria ed entrò per la porta a vetri: era una ragazza abbastanza alta, di solida ossatura, vestita di nero, dai capelli lisci e dalla faccia onesta. Conduceva per mano la piccola Klothilde, una bimba straordinariamente magra, vestita di cotonina a fiori, con capelli opachi color cenere e un'espressione quieta da vecchia zitella. Klothilde apparteneva a un ramo della famiglia completamente sprovvisto di beni, era figlia di un nipote dei vecchio signor Buddenbrook, che faceva il fattore nei dintorni di Rostock, ed essendo coetanea di Tony e docile di natura veniva educata li in casa.

"Č tutto pronto," disse la signorina Jungmann, arrotando giú in gola l'r, che in origine non riusciva neanche a pronunziare. "Thilda è stata di grande aiuto in cucina, Trina non ha avuto quasi nulla da fare..."

Il signor Buddenbrook ridacchiò ironico nel suo jabot per la pronuncia forestiera di Ida; ma il console accarezzò la guancia della piccola nipote e disse.

"Cosí va bene, Thilda. Prega e lavora, è il precetto. La nostra Tony dovrebbe seguire il tuo esempio. Troppo spesso si abbandona all'ozio e all'impertinenza."

Tony chinò la testa e guardò il nonno di sotto in su, perché sapeva bene che, come al solito, egli l'avrebbe difesa.

"No, no," disse lui. "Su la testa, Tony, courage! La stessa regola non va bene per tutti. Ciascuno secondo la propria indole. Thilda è una brava bambina, ma anche noi non siamo da disprezzare. Non sono raisonnable, Bethsy?"

Si volse verso la nuora, che era sempre d'accordo con lui, mentre Madame Antoinette, piú per ragionamento forse che per convinzione, prendeva di solito le parti del console. Cosí le due generazioni si tendevano la mano, in una specie di chassé croisé.

"Lei è molto buono, papà," disse Elisabeth. "Tony si sforzerà di diventare una donna intelligente e attiva... I ragazzi son tornati da scuola?" chiese poi a Ida.

Ma Tony, che sulle ginocchia del nonno guardava per lo spioncino della finestra, gridò quasi nello stesso momento:

"Tom e Christian vengono dalla Johannisstrasse... e il signor Hoffstede... e lo zio dottore..."

Le campane di Santa Maria attaccarono un corale: dan! din! din! don! abbastanza fuori tempo, cosí che non si capiva bene quel che dovesse essere, ma tuttavia era pieno di maestà; e mentre poi la piccola e la grossa campana annunziavano allegre e dignitose che erano le quattro, anche di sotto nel grande androne squillò acuto il campanello della porta a bussola, ed erano infatti Tom e Christian che arrivavano insieme con i primi invitati, con Jean-Jacques Hoffstede, il poeta, e col dottor Grabow, il medico di famiglia.

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