Copertina
Autore Aubrey Manning
CoautoreMarian Stamp Dawkins
Titolo Il comportamento animale
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2003 [1972], , pag. 522, cop.fle., dim. 198x220x30 mm , Isbn 978-88-339-5720-3
OriginaleAn Introduction to Animal Behaviour
EdizioneCambridge University Press, Cambridge, 1998 [1967]
TraduttoreIsabella C. Blum
LettoreCorrado Leonardo, 2004
Classe etologia , psicologia , biologia , zoologia , ecologia , natura
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Indice

  7 Prefazione

    Il comportamento animale


 11 1. Introduzione

    Interrogativi sul comportamento animale, 16
    La reazione di fuga dello scarafaggio, 18
    Il corteggiamento del gallo della salvia, 24
    Unità del sistema nervoso, 31
    Riflessi e forme di comportamento più complesse, 35
    Diversità e unità di approccio nello studio del
        comportamento, 46

 48 2. Lo sviluppo del comportamento

    Istinto, 55
    Genetica e comportamento, 66
    Sviluppo e modificazioni che interessano il sistema
        nervoso, 76
    Ormoni e sviluppo precoce, 82
    Esperienze precoci e diversità del comportamento
        parentale, 90
    Il gioco, 99
    L'imprinting, 104
    Lo sviluppo del canto degli uccelli, 120
    La trasmissione culturale come forma di sviluppo
        comportamentale, 130

137 3. Stimoli e comunicazione

    Gli stimoli: che cosa sono e come funzionano, 140
    Capacità sensoriali diverse, 146
    Il problema del riconoscimento di modelli, 153
    Comunicazione, 172
    L'evoliozione dei segnali negli animali, 179
    Mimetismo, inganno e onestà, 195
    La danza delle api, 198
    I richiami dei cercopitechi verdi, 207

213 4. Motivazione e processi decisionali

    Analisi del processo decisionale su diverse scale
        temporali, 217
    Meccanismi del processo decisionale, 226
    Analisi comportamentale delle sequenze, 230
    Spiegazioni fisiologiche delle sequenze, 246
    Misurare la motivazione, 257
    Situazioni di conflitto e stress prolungati, 263
    Stress e benessere degli animali, 270
    Conclusioni, 278

280 5. Apprendimento e memoria

    Sensibilizzazione e assuefazione, 283
    Apprendimento associativo, 287
    Capacità di apprendimento specializzate, 300
    Che cosa imparano davvero gli animali?, 306
    Negli animali esistono forme di apprendimento
        superiore, 307
    Lo studio comparato dell'apprendimento, 313
    Gli animali possono pensare e riflettere sulle
        proprie azioni?, 320
    La natura della memoria, 330

346 6. Evoluzione

    Il valore adattativo del comportamento, 347
    I geni e l'evoluzione del comportamento, 355
    Ottimizzazione e comportamento, 362
    Strategie evolutivamente stabili, 364
    La selezione di parentela e la fitness
        complessiva, 36
    Conflitto e infanticidio, 379
    Cooperazione fra individui non imparentati 38
    Sesso e selezione sessuale, 385
    La filogenesi del comportamento, 397

402 7. Organizzazione sociale

    Vantaggi derivanti dal raggruppamento, 404
    Tipi di gruppi sociali, 412
    Dominanza sociale, 428
    L'organizzazione sociale dei primati, 435

453 Bibliografia
501 Indice dei nomi
505 Indice analitico
 

 

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Pagina 7

Prefazione


Uno dei capitoli di The Study of Istinct (1951) di Tinbergen - il primo manuale di etologia moderna - si intitola «Un tentativo di sintesi». Quel titolo riassume bene ciò che stiamo cercando di realizzare in questa nuova edizione di Animal Behaviour. I diversi campi di studio del comportamento animale continuano a compiere rapidi progressi, e ormai sono numerosi i corsi e i testi di nuova concezione che trattano di essi. Di conseguenza, però, il contatto fra le diverse aree d'indagine tende a volte a rarefarsi. D'altra parte, noi riteniamo che sia sempre importante fornire un testo introduttivo che, senza specializzarsi, conservi un certo equilibrio e guidi gli studenti a familiarizzare con tutta la gamma dei livelli di ricerca. Questo libro copre pertanto aspetti di discipline diverse come la neurobiologia, la fisiologia, la psicologia e l'ecologia comportamentale, così da dare maggiore incisività ai nostri temi unificatori, derivanti dai «quattro interrogativi» di Tinbergen.

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Pagina 11

1.

Introduzione


Dando prova di straordinaria delicatezza, un lorichetto arcobaleno si serve del becco potente per lisciare le penne intorno all'occhio della sua compagna; un gruppo di storni scende su un posatoio descrivendo un'ampia curva; con fulminea destrezza, una mangosta icneumone azzanna a morte la sua preda; alcuni cuccioli di ghepardo se ne stanno tutti insieme tranquilli a riposare, prossimi a scivolare nel sonno (fig.1.1). Lo studio del comportamento animale si occupa di tutto questo, e di molte altre cose ancora. Si interessa dell'inseguimento del cacciatore e della fuga della preda; della tessitura delle reti, dello scavo dei cunicoli e della costruzione dei nidi; della cova delle uova e dell'allattamento dei piccoli; delle migrazioni di centomila animali, ma anche del movimento fugace e improvviso della coda di un solo individuo. Questa scienza si occupa di chi rimane immobile e nascosto, come pure di chi spicca balzi o vola via. Il comportamento è fatto di pasture statiche e movimenti attivi, e comprende anche tutti i suoni, gli odori e le modificazioni di colore e di forma caratteristici della vita animale.

Il comportamento animale è un tema molto amato - non solo dai biologi, ma anche dal pubblico generale, al punto che è arrivato a occupare grandi spazi in televisione: la misura più sicura di un'autentica popolarità! Fin dalle nostre più remote origini, noi esseri umani siamo sempre stati affascinati dalle altre creature che popolano la Terra. A parte il suo interesse intrinseco e il fatto che ci mette di fronte a problemi non meno stimolanti di qualsiasi altra disciplina scientifica - un fatto che peraltro speriamo di dimostrare in queste pagine - lo studio del comportamento animale riveste anche una grandissima importanza pratica. La conservazione delle faune selvatiche nei loro habitat naturali e il benessere delle specie domesticate dall'uomo a scopo utilitaristico sono entrambi argomenti che attirano moltissima attenzione da parte del pubblico.

Oggi, come è giusto che sia, in molti paesi gli studi sperimentali sugli animali sono regolamentati dalla legge. In passato abbiamo acquisito preziose informazioni sul comportamento eseguendo esperimenti che prevedevano, per esempio, di assordare dei giovani uccelli o di separare un piccolo di scimmia dalla madre: tutti trattamenti che oggi sarebbero probabilmente considerati inaccettabili. Ciò nondimeno, in queste pagine descriveremo alcuni dei risultati così ottenuti. Non farlo, infatti, costituirebbe una presa di posizione illogica, giacché essi hanno consentito il progresso delle nostre conoscenze, e proprio grazie a queste ultime oggi siamo in grado di pianificare osservazioni ed esperimenti evitando approcci invasivi o crudeli. A tal proposito, gli studiosi del comportamento animale hanno una profonda consapevolezza delle proprie responsabilità e fanno di tutto per minimizzare qualsiasi tipo di disturbo arrecato alla vita degli animali oggetto di osservazioni ed esperimenti. Recentemente, la Association for the Study of Animal Behaviour nel Regno Unito e la Animal Behavior Society negli Stati Uniti hanno collaborato alla pubblicazione di una raccolta di articoli, Ethics in Research on Animal Behaviour, che prende in considerazione questi problemi non solo per quanto riguarda gli studi condotti in laboratorio, ma anche quelli eseguiti sul campo, in natura. Il nostro modo di pianificare esperimenti e osservazioni sugli animali, come pure le leggi che promulghiamo per regolamentarne la conduzione, hanno importanti implicazioni morali, sociali ed economiche. Le misure e le politiche che dovremo adottare si riveleranno efficaci solo se si avvarranno di informazioni corrette sul modo in cui gli animali vivono e rispondono al proprio ambiente. Questa è l'essenza di una buona ricerca sull'animale, ossia di una ricerca che possa generare risultati di reale importanza pratica.

[...]

Esistono due approcci fondamentali: quello fisiologico e quello sull'animale in toto, nel suo complesso. La fisiologia del comportamento studia il funzionamento dell'organismo - in altre parole, si occupa di chiarire il modo in cui nervi, muscoli e organi di senso sono coordinati per produrre un comportamento complesso come il canto di un grillo o di un uccello. L'approccio sull'animale in toto, d'altra parte, indaga il comportamento dell'animale integro, unitamente ai fattori che lo influenzano per esempio studia quale componente dell'ambiente spinga un grillo o un uccello a cantare in un particolare momento; o anche, in ultima analisi, perché questi animali cantino invece di adottare altri comportamenti. Problemi di quest'ultimo tipo, riguardanti l'animale nel suo complesso, possono essere studiati osservando sia animali selvatici nel loro ambiente naturale, sia animali domestici o in cattività che vivano in condizioni più controllate: l'approccio da preferire dipenderà, di volta in volta, dal problema studiato. Spesso, per effettuare indagini di natura fisiologica, occorre portare gli animali in laboratorio, poiché tali indagini comporteranno, per così dire, che si vada a «sondare sotto la pelle» per esempio al fine di comprendere i meccanismi che danno luogo al canto, o quelli che organizzano le risposte di un animale esposto agli stimoli visivi provenienti dai predatori.

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Pagina 16

Interrogativi sul comportamento animale

[...]

Certamente non dobbiamo perdere la capacità di meravigliarci, ma per usare costruttivamente l'entusiasmo mettendolo a frutto in ulteriori studi, occorre identificare chiaramente quali domande siano ancora in attesa di una risposta. Nel 1963, Niko Tinbergen, uno dei padri fondatori dell'etologia moderna, scrisse un articolo, oggi non meno importante di allora, che intitolò On aims and methods of ethology [Scopi e metodi dell'etologia]. In questo scritto egli postulava l'esistenza di quattro principali tipologie di interrogativi che occorre porsi nell'affrontare lo studio del comportamento di un animale. In effetti, essi sono quattro modi diversi di chiedersi «Perché?» - ma se non si comprende chiaramente la natura delle loro diverse prospettive si corre il rischio di rimanere incagliati in una confusione che non porterà ad alcun risultato utile.

In primo luogo, sosteneva Tinbergen, noi ci chiediamo perché l'animale esibisca un particolare comportamento in termini di funzione; in altre parole, ci chiediamo in che modo quel comportamento contribuisca a migliorare la sopravvivenza o il successo riproduttivo dell'animale che lo adotta. In secondo luogo, ci interroghiamo sull' evoluzione o filogenesi del comportamento, in altre parole ci chiediamo come esso sia andato modificandosi nel tempo, proprio come studieremmo le modalità grazie alle quali la pinna di un cetaceo o l'ala di un pipistrello si sono trasformate, a partire da un arto ancestrale, negli organi che oggi osserviamo. In terzo luogo, dobbiamo affrontare il problema della causazione del comportamento: occorre cioè stabilire quali fattori, interni ed esterni, portino alla sua esecuzione in un particolare momento. Infine, dovremo rispondere all'interrogativo riguardante l'ontogenesi o sviluppo del comportamento, chiedendoci in che modo esso si modifichi durante la maturazione di un giovane animale e quali fattori - anche in questo caso interni ed esterni - influenzino tale processo e il suo risultato.

Funzione ed evoluzione sono ovviamente connesse ed è grazie all'azione esercitata dalla selezione sui processi dello sviluppo che il comportamento si adatta all'ambiente in cui dovrà poi operare. L' adattamento è un argomento che esamineremo con maggior attenzione nel capitolo 6; qui possiamo intanto osservare che esso può insorgere per selezione fra individui, nell'arco di molte generazioni, in seguito a modificazioni su base genetica; oppure anche attraverso modificazioni del comportamento, così da ottenere la risposta ottimale durante la vita di un singolo individuo. Spesso sarà importante tenere presente la distinzione fra queste due vie che conducono all'adattamento.

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Pagina 24

Il corteggiamento del gallo della salvia

Vediamo ora dove sia possibile arrivare applicando l'approccio delle «quattro domande» a un tipo di comportamento molto diverso: le esibizioni straordinarie e altamente complesse eseguite dal maschio del gallo della salvia (Centrocercus urophasianus) durante il corteggiamento. Questi grandi uccelli delle pianure americane (fig.1.4) - ambite prede dei cacciatori - sono stati approfonditamente studiati da Wiley (1973a). Per gran parte della stagione riproduttiva è la femmina a occuparsi della costruzione del nido, della cova e dell'allevamento dei piccoli; all'inizio della primavera, però, sono i maschi a riunirsi in arene, dette lek, destinate all'esibizione collettiva; le femmine visitano questi luoghi e scelgono il maschio col quale accoppiarsi.

Ovviamente, il comportamento del gallo della salvia durante il corteggiamento ci porta in un regno che va ben oltre la reazione di fuga degli scarafaggi. Per cominciare, qui occorre tener conto del fatto che diversi individui stanno interagendo gli uni con gli altri e che quel che chiamiamo «corteggiamento» non è una risposta semplice che si conclude nell'arco di uno e due secondi (come nel caso dello scarafaggio che si volta e scappa): i maschi di gallo della salvia possono prodursi nelle loro esibizioni per ore e ore, continuando perfino di notte, purché la luna faccia abbastanza luce! Può darsi poi che le femmine non scelgano rapidamente i compagni, ma tornino a visitare il lek anche per diversi giorni consecutivi. Pertanto, dovremmo applicare le nostre quattro domande all'intera situazione, giacché riferirle a singoli elementi del comportamento sarebbe alquanto artificiale e inadeguato.

Ciò nonostante, da qualche parte si deve pur cominciare, e occorre necessariamente porsi qualche limite. Dobbiamo isolare ciò che identifichiamo come corteggiamento e distinguerlo, per esempio, dal comportamento parentale e da quello di ricerca del cibo. È utile, a tal fine, scegliere comportamenti che si osservano solo ed esclusivamente durante il corteggiamento. Per quanto riguarda il maschio, la straordinaria esibizione, denominata «parata di corteggiamento», illustrata in figura 1.4, serve bene a questo scopo, giacché non si osserva al di fuori dei lek e della stagione riproduttiva.

Quando ci poniamo i nostri quattro interrogativi sul corteggiamento del gallo della salvia, le possibili risposte sono quantitativamente e qualitativamente molto diverse da quelle che ci siamo dati a proposito della reazione di fuga dello scarafaggio. In effetti, esse ci porteranno ben oltre gli scopi di questo capitolo introduttivo, ma ci daranno un'idea dei problemi affrontati dagli studi sul comportamento, e delle difficoltà intellettuali che essi comportano.

Individuare la funzione presentava pochi problemi nel caso dello scarafaggio, ma qui, alle prese con il gallo della salvia, l'impresa è molto più difficile. Qual è la funzione del corteggiamento? Per cominciare possiamo proporre alcune risposte ingannevolmente semplici; per esempio, possiamo dire che il corteggiamento mette a contatto individui dei due sessi, stimola la femmina e la rende recettiva. Il guaio è che la prestazione del gallo della salvia - e questo vale sia per il maschio che per la femmina sembra comportare un terribile spreco. I maschi continuano a esibirsi per ore e le femmine impiegano secoli a decidersi; alcuni maschi, poi, non vengono scelti mai, e c'è sempre il rischio che i predatori scoprano come, durante il corteggiamento, essi siano meno attenti del solito nei confronti del pericolo. Perché non si limitano ad accoppiarsi appena giunti nel lek? Perché le femmine sono tanto schizzinose? Perché i maschi che non vengono scelti insistono nel corteggiamento? E non è tutto: possiamo chiederci anche perché i maschi facciano le loro parate, e che cosa renda queste ultime funzionali; dopo tutto, in altre specie di uccelli le cose si svolgono diversamente. I pavoni hanno code enormi e vistosissime; i galli domestici e i fagiani gonfiano i loro collari di penne ecc. Perché non sono andati tutti convergendo verso un «modello ottimale»? Ognuno di questi «perché» ha a che fare con la funzione del corteggiamento, ma noi non arriveremo alle risposte senza considerare anche la sua evoluzione.

Proprio come nel caso dello scarafaggio, il confronto con specie affini ci consente di ipotizzare, molto plausibilmente, che la parata del gallo della salvia sia evoluta in seguito all'esagerazione e all'amplificazione dell'erezione delle penne e di posture che, negli uccelli, hanno comunque luogo in presenza di un elevato livello di eccitazione. Forse, il modo particolare in cui ciò avviene nel gallo della salvia, rispetto al pavone, implica che la selezione naturale abbia favorito nel primo l'esagerazione delle sacche d'aria, e nel secondo l'enfatizzazione della coda. Il protrarsi delle esibizioni e il comportamento «schizzinoso» delle femmine possono contribuire a orientare la loro scelta sui maschi più dominanti e tenaci. Di sicuro questo per loro è assolutamente essenziale, giacché non avranno altra assistenza da parte del loro compagno; devono almeno poter essere sicure che esso abbia un buon livello di fitness e che sia in grado, con ogni probabilità, di generare una progenie robusta. Tali spiegazioni non implicano çhe le funzioni solitamente attribuite al corteggiamento siano sbagliate. E verissimo che esso mette a contatto individui dei due sessi, e altrettanto vere sono pure le altre funzioni; sicuramente però le considerazioni evolutive ci consentono di estendere il concetto di funzione e di comprendere anche gli aspetti straordinari e apparentemente privi di valore adattativo, o addirittura controproducenti, del corteggiamento.

Per quanto riguarda la domanda sulla causazione, non siamo assolutamente in grado di accostarci ad essa con tutti i dettagli che riuscivamo a dominare nel caso dello scarafaggio. Sul gallo della salvia non sono state compiute ricerche fisiologiche, tuttavia possiamo confidare nel fatto che, all'inizio della primavera, quando la secrezione degli ormoni sessuali salirà in risposta all'allungamento del giorno, maschi e femmine cominceranno a riunirsi nei lek. Oltre a questo fattore interno, il corteggiamento sarà innescato anche da alcuni fattori esterni. Probabilmente, la vista di altri maschi e i loro richiami costituiscono stimoli potenti. L'osservazione di Wiley, e cioè che i maschi insisteranno nel corteggiamento tutta la notte purchè ci sia la luna piena, indica con sicurezza che i maschi devono potersi vedere l'un l'altro. Un altro fattore che stimola i maschi a una maggiore attività è l'arrivo delle femmine nel lek, come pure i loro richiami schiamazzanti «quack» quando girano in tondo sopra l'arena prima di posarsi.

L'ultima domanda riguarda lo sviluppo - in che modo il corteggiamento emerge nei giovani uccelli? Si modifica nel corso della vita? Non si tratta certo di domande semplici, e in realtà esse sono costituite da diverse componenti. Possiamo chiederci, per esempio, se i maschi giovani siano tenaci come quelli più anziani nel corteggiare le femmine. E ancora: la forma della loro parata è la stessa? Le femmine decidono di accoppiarsi con maschi di tutti i gruppi di età? E le domande possibili non si esauriscono certo qui.

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Pagina 31

Unità del sistema nervoso

L'unità funzionale e strutturale fondamentale del sistema nervoso è la cellula nervosa o neurone. I neuroni sono connessi gli uni agli altri in molti modi complicati (fig.1.6), al punto che alcune singole cellule stabiliscono contatti con centinaia - o addirittura migliaia - di altri neuroni. Tali connessioni sono assolutamente vitali per il funzionamento del sistema nervoso, giacché è attraverso di esse che le cellule nervose si trasmettono informazioni. Ogni cellula nervosa presenta processi ramificati denominati dendriti che ricevono informazioni da altre cellule; ha un corpo cellulare o soma e, connesso a quest'ultimo, un lungo assone cilindrico che può estendersi a considerevole distanza e trasmettere l'informazione ad altre cellule (fig.1.7).

In massima parte, l'informazione viene trasmessa attraverso il sistema nervoso per mezzo di impulsi elettrici. Tuttavia, a livello delle giunzioni fra le diverse cellule - giunzioni denominate sinapsi - ha solitamente luogo una trasmissione chimica. Il terminale della cellula presinaptica secerne piccoli pacchetti di una sostanza chimica - denominata neurotrasmettitore - nella minuscola fessura che lo separa dalla cellula adiacente (postsinaptica). Questo neurotrasmettitore diffonde rapidamente attraverso la fessura e quando arriva sull'altro versante della sinapsi, innesca un segnale elettrico nella cellula ricevente; a questo punto, l'eccitamento viene nuovamente condotto sotto forma di segnale elettrico lungo l'assone successivo, finché non raggiunge le sue terminazioni. (Alcune sinapsi non impiegano questo metodo di trasmissione chimica e sono completamente elettriche: in tal caso le due cellule, pre- e post-sinaptica, sono abbastanza vicine da consentire la propagazione diretta del segnale elettrico.)

Ogni cellula nervosa presenta un'attività elettrica costante e, quando non sta trasmettendo informazione, mantiene una differenza di potenziale transmembrana (nota come potenziale di membrana o potenziale di riposo); ciò implica che l'interno della cellula presenti una leggera carica negativa rispetto all'esterno - in altre parole, la membrana è polarizzata. «Depolarizzazione» è il termine usato per riferirsi a tutte quelle modificazioni del potenziale di membrana che lo allontanano dal normale valore di 60-80 mV; tali modificazioni sono alla base del meccanismo con cui le cellule trasmettono informazioni.

[...]

È interessante osservare che le cellule non si limitano a eccitarsi reciprocamente. Alcuni neuroni, infatti, ne inibiscono altri. I loro trasmettitori iperpolarizzano la membrana postsinaptica, il che rende meno probabile la risposta del neurone ricevente. Come vedremo in tutto il libro, il concetto di inibizione è di grandissima importanza per la comprensione generale del comportamento animale.

Dopo aver considerato alcuni dei fondamentali attributi delle cellule nervose - eccitamento, inibizione, risposte subliminali, sommazione e facilitazione - possiamo ora rivolgerci al comportamento vero e proprio e constatare come questi stessi fenomeni ricorrano riflettendosi nelle unità comportamentali che rappresentano, nel sistema nervoso, un livello di operazione più complesso e implicano necessariamente l'attività coordinata di diversi neuroni.

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Pagina 35

Riflessi e forme di comportamento più complesse

I riflessi sono spesso considerati fra le unità più semplici di comportamento. Il riflesso che ci fa chiudere gli occhi quando sono colpiti da una luce improvvisa, come quello che ci fa ritrarre un piede quando lo posiamo su un oggetto tagliente, sono funzionalmente molto importanti. Ciò nondimeno essi sembrano diversissimi, per scala di complessità, sia dall'azione delle singole cellule nervose, sia dai tipi di comportamento di cui si occuperà la maggior parte di questo libro: parate di corteggiamento, costruzione di un nido, percorso di un labirinto per cercare del cibo ecc. I riflessi si trovano da qualche parte fra questi due estremi: non troppo diversi dalla reazione di fuga dello scarafaggio, sono tuttavia molto più semplici di un'esibizione di corteggiamento. È certamente ragionevole considerarli come moduli comportamentali, per quanto semplici essi siano. Possiamo apprendere qualcosa sugli aspetti fondamentali dei meccanismi del comportamento studiando le proprietà che i riflessi condividono con schemi più complessi e che possono chiaramente essere messi in relazione con le proprietà delle singole cellule nervose dal cui funzionamento dipende, in ultima analisi, tutto il comportamento.

In ogni caso, qui abbiamo a che fare con un continuum, e non è possibile tracciare un netto confine fra i riflessi e il comportamento complesso. È chiaro che quest'ultimo può comprendere numerosi riflessi; il riflesso di deglutizione, per esempio, è il culmine di un comportamento elaborato di ricerca del cibo; quanto ai riflessi che controllano l'equilibrio e la locomozione, essi sono implicati in quasi tutti i comportamenti degli animali. Ciò nondimeno, il confronto fra proprietà delle cellule nervose, riflessi e comportamento complesso, può insegnarci moltissimo e può rivelarsi utile per sottolineare l'unità dello studio del comportamento.

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Pagina 46

Diversità e unità di approccio nello studio del comportamento

Dovremmo ormai aver chiarito che lo studio del comportamento animale ci presenta una grandissima varietà di argomenti, livelli di analisi e interrogativi ai quali dare una risposta. A un estremo, la neuroetologia si fonde con la fisiologia cellulare e la biochimica. All'altro estremo, lo studio di gruppi animali sconfina nella teoria dell'evoluzione e nell'ecologia. Psicologi, etologi, fisiologi e studiosi di ecologia del comportamento contribuiscono tutti a questa varietà, al punto che si ha la tentazione di pensare che non esista affatto, in nessun senso, qualcosa che possa essere descritto come un unico «studio del comportamento animale».

Esistono, d'altra parte, due ragioni ben precise per considerarlo invece come un unico campo caratterizzato da una ricchissima diversità, e non un coacervo di discipline isolate. La prima è che le stesse domande - soprattutto quelle relative al meccanismo, al valore in termini di sopravvivenza e all'ontogenesi - possono insorgere a tutti i livelli. Chiedersi «perché» (ai fini del valore in termini di sopravvivenza) un animale sia dotato di un sistema nervoso con neuroni sensitivi, motori e integrativi connessi in modo particolare non è meno importante del domandarsi perché il maschio del gallo della salvia si impegni nelle sue esibizioni. Quando si osserva il modo in cui un uccello valuta la quantità di cibo presente nel suo territorio, vale la pena di interrogarsi sulla causazione del comportamento (come funziona?) proprio come quando si registra l'attività di una singola cellula nervosa con un microelettrodo. Lo studio dell'adattamento, senza osservare nel contempo i meccanismi, tende a diventare un esercizio sterile, giacché prima di capire il significato evolutivo di ciò che il corpo di un animale fa nella realtà è essenziale comprendere i vincoli imposti da ciò che il corpo dell'animale può fare. D'altra parte, studiare il meccanismo senza interrogarsi sull'adattamento tende a produrre serie di dati privi di un contesto. L'evoluzione per selezione naturale è il tema unificatore di tutta la biologia; lo studio del comportamento animale, a tutti i livelli, si svolge in modo ottimale quando si interroga, parallelamente, sul meccanismo e sul significato evolutivo.

La seconda ragione per non suddividere la materia in rigidi compartimenti e per cercare invece di considerarla come un tutto unitario è che i diversi livelli di analisi, sebbene distinti, non sono mai totalmente separati. Molti degli stessi concetti usati e verificati a un particolare livello si rivelano utili ad altri livelli. In ultima analisi, il comportamento degli animali è riconducibile all'attività di nervi, muscoli, ormoni e organi di senso. Allo stesso modo, per quanto si possa comprendere bene il funzionamento delle diverse parti del corpo a livello fisiologico, la nostra comprensione sarà incompleta a meno che non si estenda alle loro interazioni finalizzate alla produzione di un comportamento complesso. Gli studi più fecondi sono stati quelli che hanno abbattuto i confini fra i diversi livelli e in cui l'approccio «dal di fuori» e quello «dal di dentro» non hanno imposto limiti netti alla ricerca.

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