Autore Pietro C. Marani
CoautorePina Ragionieri
Titolo Leonardo e Michelangelo
SottotitoloCapolavori della grafica e studi romani
EdizioneSilvana, Cinisello Balsamo, 2011 , pag. 216, ill., cop.fle., dim. 23x28x1,7 cm , Isbn 978-88-3662-207-8
LettoreMargherita Cena, 2013
Classe arte , storia dell'arte









 

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Indice


 17 Premessa
    Pietro C. Marani, Pina Ragionieri

 18 Una traccia per l'evoluzione del disegno in Leonardo:
    dalla copia dei disegni dei "boni maestri" alla "scuola del mondo"
    Pietro C. Marani


 32 LEONARDO - CAPOLAVORI DELLA GRAFICA

 54 Leonardo a Roma: l'Antico, San Pietro
    e la favorita di Giuliano de' Medici
    Pietro C. Marani

 66 LEONARDO - APPUNTI SU ROMA E STUDI ROMANI

 67 L'Antico
 87 Architettura
 97 Specchi, ottica e geometria
109 Disegni di figura
117 Al seguito del genio


124 Luciano Berti: la passione di uno studioso
    Pina Ragionieri

125 Disegni di Michelangelo.
    La Collezione di Casa Buonarroti
    Luciano Berti

136 MICHELANGELO - CAPOLAVORI TRA CAPOLAVORI

137 I più celebri disegni di Michelangelo
    della Collezione di Casa Buonarroti
161 Michelangelo: utopia e pratica di cantiere
187 Michelangelo notomista

192 MICHELANGELO - FOGLI ROMANI

193 Michelangelo, Cappella Sistina e Cappella Paolina
203 Al seguito del genio


210 Bibliografia generale



 

 

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Pagina 13

"Era sdegno grandissimo fra Michele Agnolo Buonaroti e lui; per il che partì di Fiorenza Michelagnolo per la concorrenza, essendo chiamato dal papa per la facciata di San Lorenzo. Lionardo intendendo ciò partì, et andò in Francia". L'episodio raccontato da Giorgio Vasari, nelle Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, forse eccede nella rappresentazione dell'antipatia tra i due grandi del Rinascimento. E tuttavia è lo spunto per raccontare la fine del periodo romano di Leonardo da Vinci che coincide con l'inizio della fase più felice dell'opera di Michelangelo nella città Eterna.

[...]

Nelle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia si è visto, in un periodo di crisi generale, germinare un nuovo sentimento di patria. Il fatto che la mostra su Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti cominci nell'ultimo periodo di quest'anno può aiutare soprattutto i ragazzi e le ragazze (così giustamente inquieti per il proprio futuro e alla ricerca di nuove speranze) a trovare nelle nostre radici comuni - al di là delle divisioni politiche e culturali, che talvolta cancellano il necessario rispetto reciproco e la consapevolezza dell'irrinunciabílità dell'altro - quella tensione al Bello che ha fatto del Rinascimento italiano l'epoca più universale dell'italianità.

Pietro Folena, Presidente di MetaMorfosi

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Pagina 17

PREMESSA

Pietro C. Marani, Pina Ragionieri


Anticipata dalla piccola ma preziosa mostra La scuola del mondo. Leonardo e Michelangelo, disegni a confronto, tenutasi dal 20 aprile all'1 agosto 2011 nella Casa Buonarroti di Firenze, con un davvero notevole successo, la mostra che si apre presso i Musei Capitolini di Roma intende offrire ai visitatori, con una ben più ricca selezione di disegni di Leonardo e Michelangelo, ma anche con alcune opere di seguaci e contemporanei, nella sua prima parte una campionatura maggiormente estesa della loro opera grafica, scegliendo fra tematiche affini ai due artisti (il rapporto con l'Antico, l'architettura, il disegno di figura); e, nella sua seconda parte, una scelta di studi e di fogli centrata sul rapporto dei due artisti con la città di Roma. Sono così stati selezionati ventisei fogli autografi di Leonardo, a rappresentare, da un lato, disegni celeberrimi del maestro di Vinci (scelti tra i suoi più famosi studi di meccanica, d'arte, d'ingegneria militare e d'architettura); e, dall'altro, fogli e studi, provenienti tutti dal Codice Atlantico custodito nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, che presentano, in qualche modo, testimonianza del legame e della presenza di Leonardo e di alcuni suoi seguaci con la città di Roma, dove egli si era recato a più riprese forse fin dal 1501 e dove soggiornò lungamente, risiedendo in Vaticano, dalla fine del 1513 al 1516, dedicandosi particolarmente a studi dall'Antico e alle sue ricerche di geometria e di ottica. A questi si aggiungono, nella seconda parte, il Codice delle Rovine di Roma e tre disegni di seguaci di Leonardo (due di Cesare da Sesto e uno di Bernardino Luini) a rappresentare il seguito leonardesco a Roma attraverso alcuni esempi che testimoniano la necessità, presso gli artisti lombardi, di misurarsi anch'essi con le "magne opere romane".

Di Michelangelo si sono invece selezionati trentatré fogli, tutti provenienti dalle collezioni della Casa Buonarroti: ventisei presentano studi celeberrimi che fanno da introduzione ad altre sette opere, di cui quattro autografe di Michelangelo aventi tutte rapporto con Roma o eseguite nella città papale, e tre di suoi seguaci o collaboratori. Dato che una grande esposizione era appena stata dedicata nei Musei Capitolini all'attività di Michelangelo come architetto a Roma, la scelta dei suoi studi romani è questa volta caduta su studi riferibili alla Cappella Sistina e alla Cappella Paolina, che includono, ad esempio, un prestito davvero eccezionale, lo straordinario studio d'insieme per il Giudizio finale.

La mostra ha perciò una struttura speculare, consentendo la possibilità di svolgere confronti fra i modi in cui i due artisti affrontarono, da diversi punti di vista, il rapporto con l'Antico o quello con i loro committenti romani. Non si è trattato, in questa occasione, come altre volte è stato tentato (ad esempio nella mostra Leonardo a Napoli e a Roma tenutasi a Palazzo Venezia nel 1983), di ripercorrere la vicenda relativa al lascito e alle influenze esercitate sull'ambiente e sull'arte romani dalla presenza dei due artisti in questa città; o di verificare l'entità nelle collezioni romane di opere riferibili ad artisti leonardeschi o del seguito michelangiolesco. Se, da un lato, l'esistenza a Roma di sublimi opere di Leonardo (come il San Gerolamo dei Musei Vaticani) e di Michelangelo (dalla Sistina alla Paolina, alla cupola di San Pietro) serve da sola a inquadrare e giustificare il nostro tentativo, l'eccezionalità di questa mostra, e del presente catalogo, sta nello sforzo di addentrarci nelle opere dei due Maestri dall'interno, mettendone in luce il travaglio creativo, la complessità e, anche, la difficoltà. Si vedrà come all'origine delle loro opere famose ci siano disegni e studi diramati e complessi che, ad esempio per Leonardo, risultano anche di difficile e spesso ostica lettura per il loro intrecciarsi con lunghe annotazioni; non altrimenti, un paragone si potrà instaurare con la scrittura di Michelangelo, che risponde a esigenze e impulsi molto diversi.

Ci sembra dunque di poter chiedere al visitatore e al lettore un grado in più di partecipe attenzione e di soffermarsi sui disegni, anche se di piccolo formato e di carattere "personale", e sulle lunghe annotazioni scritte considerando la funzione diversa che il disegno ha in Leonardo rispetto a Michelangelo.

E se il primo, pur con tutte le sue aperture e innovazioni grafiche e concettuali verso il futuro, trattiene molto della sua educazione quattrocentesca, il secondo vive completamente nelle problematiche e nelle contraddizioni artistiche e spirituali di pieno Cinquecento. Ma anche l'osservare in mostra lo svolgersi cronologico di questo conflitto e dei due percorsi – che si dipanano dal 1480 circa fino alla metà del Cinquecento, con tutte le diversità degli esiti a fronte delle stesse problematiche (siano il rapporto con l'Antico o quello con l'architettura o con il cantiere da costruzione o con la rappresentazione della figura umana e del divino) – costituisce forse un valore aggiuntivo, che speriamo possa essere colto e messo a segno. Nella sua spettacolarità, la nostra mostra richiede anche la consapevolezza di essere messi a parte di una preziosa e irripetibile presa diretta, attraverso i disegni e studi "romani", con due tra le personalità più rivoluzionarie dell'età moderna che i saggi d'apertura tentano di inquadrare dal punto di vista storico-artistico.

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Pagina 32

LEONARDO - CAPOLAVORI DELLA GRAFICA


Per Leonardo, come sottolineò Adolfo Venturi, il disegno è "parola". Egli si esprime dunque mediante il disegno, strumento principe con cui osservare la natura e tutti i fenomeni naturali, ma anche mezzo di indagine conoscitiva, o, come diremmo meglio oggi, di indagine "scientifica". L'osservazione diretta delle cose e della natura tutta è dunque sempre al centro dell'attività di Leonardo, come artista e come scienziato. La sequenza di nove fogli che qui si presenta costituisce una campionatura abbastanza esaustiva dei diversi mezzi grafici di cui egli dispose in un arco di tempo che va dal 1480 circa al periodo romano, circa 1515-1516. La penna e l'inchiostro risultano il mezzo preferito da Leonardo lungo tutta la sua carriera, ma non mancano qui esempi di disegni rifiniti con inchiostri colorati e diluiti (impropriamente definibili come "acquerellati"), come nel famosissimo disegno di mortai che lanciano palle esplosive (un disegno già celebre fin dal Settecento, cat. 3), a quelli tratteggiati a matita rossa e a matita nera. Dallo stile netto e preciso dei primi disegni (cat. 4-5), come quelli di teste "caricate" o "grottesche", ancor memori dello stile in voga a Firenze nell'ultimo quarto del Quattrocento eseguiti a punta di stile, con tratteggi di penna diagonali e paralleli che ricordano ancora l'uso delle punte metalliche, egli evolve verso uno stile più complesso e atmosferico, come al suo meglio dimostra il grande studio di fortezza (cat. 8), dapprima tracciato a matita nera e poi ripassato a penna e inchiostro con tratti avvolgenti e curvilinei che seguono la rotondità delle forme, come risultato di osservazioni scientifiche condotte in relazione a fenomeni di percussione e di confregazione dei corpi fra loro. Spesso piccoli o addirittura miniaturistici, secondo una prassi ancora tutta quattrocentesca, i disegni di Leonardo acquistano, dopo il 1500, e forse grazie anche a ripetuti soggiorni a Roma, una nuova grandezza e monumentalità, e non solo nel disegno d'architettura, ma anche negli studi di macchine e di geometria. Un'ulteriore dimostrazione del nesso imprescindibile, nella sua opera, fra arte e scienza.

Pietro C. Marani

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Pagina 34

LEONARDO DA VINCI

(Vinci, 1452 - Cloux, presso Amboise, 1519)


1. Studi per viti idrauliche e ruote mosse dall'acqua, con altri disegni di congegni

    circa 1480-1482
    penna e inchiostro, acquerello,
    su tracce di matita nera, 291 x 400 mm,
    grande filigrana "a cappello" al centro

    Milano, Biblioteca Ambrosiana,
    Codice Atlantico, f. 26v (ex 7v-a)

[...]

È uno dei più antichi disegni di Leonardo contenuto nel Codice Atlantico e uno dei fogli più famosi di tutto il Codice, spesso considerato insieme con i disegni e gli studi del recto, dove si mostra, fra l'altro, un uomo che cammina sull'acqua mediante galleggianti e il sistema per respirare sott'acqua (per i famosi testi presenti sul recto si veda Richter 1883, par. 1119; per il recto Pedretti 1978a, p. 33). Il grande foglio è stato piegato in due, così da potersi congetturare la sua appartenenza a un quaderno o a una raccolta di fogli tenuti sciolti, dove le due facciate corrispondenti al verso costituivano la parte interna, mentre le due esterne corrispondono all'attuale 26r. Fa parte di una serie di studi tecnologici giovanili studiata in particolare, oltre che da Beck, da Calvi fin dal 1925, dove egli notava il dettaglio ancora "mastodontico", poco analitico nella resa delle parti meccaniche. Recto e verso sono qui dedicati quasi esclusivamente allo studio di macchine e congegni relativi al trasporto dell'acqua ma, in particolare, i disegni sul verso qui presentati si riferiscono, sulla parte sinistra del foglio, alla cosiddetta "vite d'Archimede" per sollevare l'acqua, mentre quelli a destra a una ruota a cassette, dal fondo apribile. Marinoni descrive la grande doppia vite a sinistra e le due ruote come "una grande macchina con ruote appoggiate a due 'truogoli', con coclee o 'viti' formate da tubi avvolti attorno a un asse rotante di sezione circolare oppure triangolare, a 'tre facce', oppure rettangolare, a 'due facce', e con un cassone sulla cui parete è scritto lo scopo della macchina" (e cioè: "Modo d'alzare acqua e di votare [= vuotare] ogni gran pelago, e vota presto com'una tromba"), considerando la "macchina" un tutt'uno. Ma non si comprende allora la funzione delle due ruote che, sollevando l'acqua nei "truogoli", sottrarrebbero acqua alle due "viti d'Archimede". Forse il disegno presenta, simultaneamente, due distinte proposte (l'una mediante ruote, l'altra mediante viti) per sollevare l'acqua e "votare ogni gran pelago", accostate per pura economia di spazio. La mancanza d'ordine nell'impaginazione è peraltro evidente: Leonardo ha iniziato a compilare la pagina da destra, disegnando dapprima la piccola ruota in alto a destra e, sotto, alcuni dettagli; poi ha scritto le note sottostanti; ha quindi vergato il maggior disegno con le ruote e le viti, dal centro del grande foglio verso la parte sinistra, arricchendo di altri piccoli schizzi e note sparse. L'andamento sinuoso delle due viti d'Archimede, con i tubi attorcigliati lungo gli assi, servirà forse più tardi a Leonardo come punto di partenza per i suoi studi di corpi visti in prospettiva, come quello disegnato al foglio 520r del Codice Atlantico che reca la nota "corpo nato della prospettiva di Leonardo Vincj, discepolo della sperienzia" (su cui si veda P.C. Marani, in L'Ambrosiana e Leonardo 1998, pp. 37-39), che conferma infatti come dalle esperienze in campo idraulico, o dall'esperienza tout court, egli muovesse per creare un corpo solido di forme inusitate, mai visto prima in natura.

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Pagina 46

LEONARDO DA VINCI

(Vinci, 1452 - Cloux, presso Amboise, 1519)


7. Studio per ali meccaniche

    circa 1493-1494

    penna e inchiostro, matita nera,
    matita rossa, 290 x 218 mm,
    antica numerazione "21" (a matita)

    Milano, Biblioteca Ambrosiana,
    Codice Atlantico, f. 844r (ex f. 308r-a)

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Pagina 97

Specchi, ottica e geometria


Negli anni in cui a Roma vengono svelati i capolavori vaticani di Michelangelo e Raffaello, dal suo arrivo nella città Eterna nel 1513 Leonardo dedica principalmente i suoi studi alla speculazione scientifica, e i fogli di seguito esposti del Codice Atlantico registrano questo tipo di interessi. Vasari ricorda che qui Leonardo "attendeva molto a cose filosofiche e massimamente alla alchimia", in senso lato progetti tecnologici, studi matematici, di ottica e di geometria che fin dalla giovinezza hanno interessato l'artista.

Alle commissioni di Giuliano de' Medici, presso cui Leonardo è ospite a Roma, devono farsi risalire probabilmente gli studi tecnologici sugli specchi concavi, la loro lavorazione, molatura e lucidatura, e quelli sul moto perpetuo a cui si riferisce lo schizzo di un tubo a spirale. Più astratti — e negli ultimi anni sempre più ossessivi — sono gli studi sul cerchio e l'equivalenza tra superfici curvilinee e rettilinee del foglio 268 (cat. 23), che conserva anche il disegno di un gatto, mentre il foglio 1061 (cat. 22) presenta il disegno a matita di una piramide tratta dagli Elementa di Euclide.

Furio Rinaldi

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Pagina 138

MICHELANGELO BUONARROTI

(Caprese, 1475 - Roma, 1564)


31. Nudo di schiena

    1504-1505
    penna, tracce di matita nera,
    408 x 284 mm

    Firenze, Casa Buonarroti, inv. 73 F

In questo scattante studio anatomico, foglio tra i più celebri della Collezione della Casa Buonarroti, è stato identificato un primo schizzo per il gruppo centrale con giovani bagnanti della Battaglia di Cascina, l'affresco commissionato a Michelangelo, nel 1504, dal gonfaloniere Pier Soderini per la Sala del Maggior Consiglio (oggi Salone dei Cinquecento) di Palazzo Vecchio a Firenze, dove Leonardo da Vinci, chiamato poco prima dallo stesso committente, doveva dipingere, a gara, la Battaglia d'Anghiari.

La scelta dei due fatti d'arme fu probabilmente suggerita a Soderini da Niccolò Machiavelli o da Marcello Virgilio Adriani: gli episodi si riferiscono, quello affidato a Michelangelo alla guerra del 1364 tra Firenze e Pisa, l'altro alle lotte tra fiorentini e milanesi del 1440. Michelangelo attinse con ogni probabilità alla Chronica di Filippo Villani (Libro XI, cap. XCVII), cogliendo non l'impeto scomposto dello scontro, ma il momento sospeso che lo precede, quando Manno Donati dà l'allarme e al grido di "Siamo perduti!" riscuote i giovani ignudi, che nella torrida giornata del 28 luglio cercavano ristoro nell'acqua del fiume alla stanchezza per la lunga marcia verso Pisa. Non mancano però discordanze fra gli studiosi a proposito delle fonti cui avrebbe potuto rifarsi l'artista, come dimostra tra gli altri dettagliatamente Alessandro Cecchi.

I due progetti non furono portati a termine, ma gli studi preparatori furono importanti e ammiratissimi, tanto da essere definiti da Benvenuto Cellini con la celeberrima definizione di "Scuola del mondo" (Vita, XII). L'opera di Leonardo fu parzialmente eseguita sulle pareti della sala con una tecnica presto rivelatasi inadeguata, una sorta di encausto. Il frammento leonardesco sarebbe stato ricoperto dalle pitture murali di Giorgio Vasari tra il 1566 e il 1572; le sue tracce sono state più volte ricercate, finora invano.

Il progetto di Michelangelo, invece, non andò oltre il celebre cartone, al quale lavorò dall'autunno del 1504 alla primavera dell'anno successivo, quando lasciò Firenze per recarsi a Roma, in seguito all'incarico ricevuto dal papa Giulio II di progettare per lui una monumentale sepoltura.

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Pagina 146

MICHELANGELO BUONARROTI

(Caprese, 1475 - Roma, 1564)


35. Studi per la testa della Leda

    circa 1530
    matita rossa, 355 x 269 mm

    Firenze, Casa Buonarroti, inv. 7 F

Il disegno è unanimemente riconosciuto come uno dei pezzi più belli e importanti della produzione grafica di Michelangelo. La testa china, ritratta di profilo, riporta alla posizione della Notte della Sagrestia Nuova, e ha una splendida sicurezza di disegno resa vibrante dalla evidente ripresa dal vero: per primo Wilde, seguito dalla maggior parte degli studiosi, suppose che il modello fosse Antonio Mini, allievo dell'artista. Sarà inutile ricordare la frequenza in quei tempi di modelli maschili per immagini di donna; è da sottolineare invece come lo schizzo, in basso a sinistra, del particolare del naso e dell'occhio, con lunghe ciglia femminili, ingentilisca i tratti già assai sfumati e pensosi del profilo.

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Pagina 161

Michelangelo: utopia e pratica di cantiere


Una stratificata e ricca storiografia ha analizzato le valenze dell'architettura di Michelangelo portando, anche in tempi recenti, nuove conoscenze su aspetti significativi di questo versante del suo fare artistico, quali il processo ideativo, la pratica di cantiere, i caratteri distintivi dei suoi progetti in termini di spazialità e scelte estetico-espressive, con precisazioni riguardo a cronologie e periodizzazioni. Storici dell'architettura, dell'arte e conservatori hanno creato una solida rete di conoscenze, che vede svolgersi una positiva attitudine all'approccio interdisciplinare al tema, vasto e complesso, dell'attività architettonica di Michelangelo. Le recenti ricerche sul suo corpus grafico, innervate su una consolidata tradizione, offrono uno strumento interpretativo di particolare efficacia per comprendere la sua concezione dell'architettura, l'articolazione degli apparati progettuali connessi alle realizzazioni, il problema dell'autografia e della datazione, nonché la prassi di impiegare più volte, anche a distanza di molti anni, fogli già utilizzati in precedenza, come rivela il verso del disegno (cat. 54) di seguito presentato.

I disegni di architettura di Michelangelo, la cui più grande raccolta al mondo è conservata nella Collezione di Casa Buonarroti, costituiscono dunque un sostrato prezioso da cui può partire anche l'analisi dei suoi edifici, microcosmi assolutamente singolari. Il medium della rappresentazione dell'architettura, in particolare, è proprio il viatico con cui Michelangelo si rapporta alla prima grande commissione architettonica, ovvero la nuova facciata (non realizzata) della basilica di San Lorenzo a Firenze (1516). Il gruppo di elaborati grafici conservati fra la Casa Buonarroti e il British Museum di Londra, di cui uno qui presente (cat. 43), testimonia come Michelangelo abbia copiato, in modo personale, disegni di particolari architettonici della Roma antica eseguiti da un suo contemporaneo, Bernardo della Volpaia: scopo dell'artista era quello di impadronirsi della grammatica e della sintassi dell'ordine architettonico e, più in generale, del 'periodare' classicista giungendo tuttavia, di lì a poco, a esiti del tutto originali, connotati da un'istanza espressiva fortemente personale, come possono anche dar conto i disegni di capitelli ionici che seguono (cat. 48-50).

La lunga esperienza di scultore porta inoltre Michelangelo a un'organizzazione del processo costruttivo che percorre e sperimenta tutti gli strumenti della comunicazione del progetto: modelli in creta, modelli lignei (anche di singole parti in scala 1:1); disegni di sagome di elementi architettonici ritagliati nella carta (per esempio, cat. 53); distinte di taglio della materia litica per gli scalpellini e inventari grafici di blocchi di marmo pronti per la lavorazione: quest'ultimo aspetto del modus operandi dell'artista è illustrato dai disegni cat. 41 e 42.

In una dialettica dinamica fra ideazione e realizzazione prende dunque forma l'architettura di Michelangelo e in questo poliedrico contesto i suoi disegni contribuiscono a chiarire con immediatezza la tensione intellettuale in cui l'opera cresce e si sviluppa.

Emanuela Ferretti

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Pagina 178

MICHELANGELO BUONARROTI

(Caprese, 1475 - Roma, 1564)


51. Studio di banco, con figura seduta, per la Biblioteca Laurenziana

    1524-1525
    penna, matita rossa,
    158 x 199 mm

    Firenze, Casa Buonarroti, inv. 94 A

La costruzione della Biblioteca Laurenziana era stata commissionata già nel 1519, ma essendo Michelangelo impegnato nella Sagrestia Nuova, prese l'avvio solo a partire dal 1524, anche in seguito all'elezione del papa mediceo Clemente VII. Superati i problemi della scelta del luogo dove collocare, sempre all'interno del complesso laurenziano, la nuova fabbrica, le fondamenta, i contrafforti esterni e l'impianto della sala di lettura furono eseguiti tra il 1524 e il 1525. Benché si fosse ancora lontani dalla decorazione interna, fin da quegli anni Clemente VII se ne preoccupava; e per il tramite del suo amministratore Giovan Francesco Fattucci perseguitava con lettere assai frequenti Michelangelo, lodandolo, informandosi sui costi, impartendo ordini e chiedendogli consigli, e non solo sulla Sagrestia Nuova dove si era in pieno cantiere aperto, ma anche a proposito dei vari aspetti, architettonici e di allestimento, della Biblioteca. Il 2 agosto 1524 gli fece chiedere notizie su come pensava di realizzare i banchi per la sala di lettura (fig. a). Questo disegno è una delle prime idee dell'artista in proposito; schizzi assai più sommari si ritrovano in due fogli dell'Archivio Buonarroti (I, 80, f. 218; XIII, f. 79).

Gli ottantotto banchi, ideati tra il 1524 e il 1533, ma commissionati ufficialmente solo nell'agosto del 1533, furono eseguiti quando Michelangelo era ormai partito per Roma, in un viaggio che non avrebbe conosciuto ritorno. Secondo Vasari, l'esecuzione venne affidata, verso la fine del 1534, alle mani di Battista del Cinque e di un non meglio identificato Ciapino, che cercarono di rifarsi nella ornamentazione ai possenti volumi previsti da Michelangelo.

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Pagina 187

Michelangelo notomista


Michelangelo fu allogato, appena dodicenne, presso i fratelli Ghirlandaio, in una delle più prolifiche e meglio organizzate botteghe fiorentine del tempo; e senza dubbio fu al suo interno che fece le prime prove di pittore.

Pomponio Gaurico, nel dialogo De Sculptura, pubblicato nel 1504, inserisce ovviamente Michelangelo tra gli scultori, definendolo però etiam pictor: e siamo in una data davvero precoce, anteriore anche all'esecuzione del Tondo Doni. Rimane tuttavia un dato biografico innegabile il fatto che l'artista si sia sentito e firmato sempre scultore, anche negli anni in cui, in esaltata solitudine, decorava la Volta Sistina.

La leggendaria passione di Michelangelo per l'anatomia già cresceva nell'animo del ragazzo che il padre aveva messo a bottega dai fratelli Ghirlandaio? Si è tentati di rispondere affermativamente, anche perché l'adolescente geniale trovò la sua strada approdando al Giardino di San Marco, dove si trovò in un ambiente davvero unico nella storia dell'apprendistato artistico in età rinascimentale, tanto unico che autorevolmente, nella seconda metà del Novecento, ne fu negata l'esistenza.

Come racconta Vasari, Lorenzo il Magnifico aveva radunato parte delle proprie collezioni artistiche, soprattutto di antichità, nel Giardino mediceo che si affacciava su piazza San Marco, affidandone la custodia a Bertoldo di Giovanni, il grande scultore strettamente legato ai destini di Casa Medici. Bertoldo non era solo una sorta di conservatore di quelle opere d'arte, ma anche e soprattutto un maestro. Infatti il Giardino — e di qui la sua peculiarità rispetto alle coeve collezioni di antichità, a Firenze e altrove — era una vera e propria palestra per l'esercitazione di giovani artisti. Qui Michelangelo assimilò le caratteristiche che avrebbero costituito una costante della sua arte: l'ammirazione per l'Antico e, appunto, la passione per lo studio del corpo umano. Quando con la Madonna della scala, all'incirca nel 1490, riuscì a esprimersi ad alti livelli di emozione nella figura di una madre presaga di future sventure, l'artista affrontò anche con naturalezza il problema di catturare la plasticità del corpo umano nell'impostazione generale di questa eccezionale tavoletta marmorea: lo dimostra tra l'altro il modo in cui sono scolpiti gli splendidi piedi nudi di Maria. Ancora all'interno dell'esperienza del Giardino di San Marco, la Battaglia dei Centauri (1492) è insieme un omaggio all'arte classica e una spettacolare prova di padronanza dell'anatomia.

Il sezionare cadaveri giunge dunque, cronologicamente, quando un sicuro viaggio aveva già avuto inizio; e costituisce un'altra significativa tappa dello studio anatomico che segna tutta la vita dell'artista, fino a comprendere anche, in anni assai più tardi, l'amicizia con un celebre anatomista che fu anche suo medico, Realdo Colombo (1516-1559). La conoscenza di Realdo con Michelangelo risale all'incirca alla fine degli anni quaranta, quando lo scienziato lasciò l'Università di Padova essendo stato chiamato a Pisa da Cosimo de' Medici. Nel 1548 Colombo passò alla Sapienza di Roma e qui rimase fino alla morte. Unica sua opera a stampa è il celebre De re anatomica, pubblicato alla vigilia della morte, al quale dovette in qualche misura collaborare Michelangelo, come del resto lo stesso Realdo Colombo testimonia in una lettera del 4 aprile 1548 a Cosimo de' Medici.

Nella prova grafica spicca con particolare efficacia lo studio anatomico: lo testimoniano i cinque disegni qui presentati (cat. 55-59), collocabili tra due grandi imprese michelangiolesche, la Sagrestia Nuova e il Giudizio finale.

Si tratta di un arco temporale di circa un decennio, durante il quale l'artista sviluppa una concezione nuova e davvero rivoluzionaria dell'anatomia in movimento.

Pina Ragionieri

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