Autore Karl Marx
CoautoreFriedrich Engels
Titolo Manifesto del Partito Comunista
EdizioneLotta Comunista, Milano, 2017 [1998], Classici , pag. 550, bilingue, ill., cop.rig.sov., dim. 12x17,6x3,3 cm , Isbn 978-88-86176-27-9
OriginaleManifest der Kommunistischen Partei
EdizioneBurghard, London, 1848
LettoreCristina Lupo, 2018
Classe politica , storia contemporanea , movimenti , classici tedeschi , destra-sinistra









 

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Indice


 XV  Una scienza giovane

  2  Manifest der Kommunistischen Partei


  3  Manifesto del Partito Comunista

  5  I.   Borghesi e proletari

 41  II.  Proletari e comunisti

 67  III. Letteratura socialista e comunista

 67       1. Il socialismo reazionario
             a) Il socialismo feudale
             b) Il socialismo piccolo borghese
             c) Il socialismo tedesco o «vero» socialismo
 83       2. Il socialismo conservatore o borghese
 87       3. I1 socialismo e il comunismo critico-utopico

 95  IV   Posizione dei comunisti di fronte ai diversi
          partiti di opposizione


101  Prefazioni di Karl Marx e Friedrich Engels

103  I.   Prefazione all'edizione tedesca del 1872
105  II.  Prefazione all'edizione russa del 1882
109  III. Prefazione all'edizione tedesca del 1883
111  IV.  Prefazione all'edizione inglese del 1888
119  V.   Prefazione all'edizione tedesca del 1890
125  VI.  Prefazione all'edizione polacca del 1892
127  VII. Prefazione all'edizione italiana del 1893


131  Cronologia delle prime pubblicazioni del Manifesto


143  Appendice
     Note sulle prime edizioni del Manifesto e sulla sua
     diffusione dal 1848 al 1918

145  Gran Bretagna
171  Germania
        — La "posta rossa" (192)
203  Austria
213  Ungheria
227  Cechia
233  Slovacchia
235  Olanda
249  Danimarca
261  Svezia
271  Norvegia
277  Finlandia
285  Russia
309  Ucraina
313  Transcaucasia
        Armenia - Azerbaigian - Georgia
        — La socialdemocrazia nella regione di Baku e
        la tipografia "Nina" (317)
327  Paesi Baltici
        Estonia - Lettonia - Lituania
333  Il"Bund"
339  Polonia
349  Serbia
357  Croazia
361  Slovenia
365  Bulgaria
375  Romania
387  Grecia
395  Francia
415  Belgio
421  Italia
443  Portogallo
445  Spagna
455  Stati Uniti d'America
489  Australia
497  Giappone
511  Cina

521  Bert Andréas, storico del Manifesto
525  Ringraziamenti e bibliografia

527  Indici
529  Indice delle illustrazioni
535  Indice delle biografie
539  Indice dei nomi


 

 

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Pagina 2

Manifest der Kommunistischen Partei



Ein Gespenst geht um in Europa — das Gespenst des Kommunismus. Alle Mächte des alten Europa haben sich zu einer heiligen Hetzjagd gegen dies Gespenst verbündet, der Papst und der Zar, Metternich und Guizot, französische Radikale und deutsche Polizisten.

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Pagina 3

Manifesto del Partito Comunista



Uno spettro si aggira per l'Europa — lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa hanno formato una santa alleanza per dare una caccia spietata a questo spettro, il papa e lo zar, Metternich e Guizot, i radicali francesi e i poliziotti tedeschi.

Qual è il partito d'opposizione che i suoi avversari al potere non abbiano denigrato ingiuriosamente come comunista? E qual è il partito d'opposizione che a sua volta non abbia ricambiato l'accusa, ritorcendo l'infamante appellativo di comunista, o su gli elementi più avanzati dell'opposizione stessa, o sui suoi avversari reazionari?

Da questo fatto derivano due conclusioni.

Il comunismo è ormai riconosciuto da tutte le potenze europee come una potenza.

È tempo ormai che i comunisti espongano apertamente davanti a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro scopi, le loro tendenze, e che alla fiaba dello spettro del comunismo contrappongano un manifesto del partito.

A tal fine comunisti di diversa nazionalità si sono riuniti a Londra, e hanno redatto il seguente manifesto che verrà alla luce in inglese, in francese, in tedesco, in italiano, in fiammingo e in danese.

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Pagina 5

I.
BORGHESI E PROLETARI



La storia di ogni società esistita fino ad ora è storia di lotte di classi.

Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola, oppressi ed oppressori, furono continuamente in contrasto tra loro e sostennero una lotta ininterrotta, a volte palese a volte nascosta; una lotta che è sempre finita, o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società, o con la comune rovina delle classi in lotta.

Nei periodi della storia anteriori al nostro, noi incontriamo quasi dappertutto una completa divisione della società in vari ordini e ceti e una minuta e varia gradazione delle posizioni sociali. Nell'antica Roma abbiamo i patrizi, i cavalieri, i plebei, gli schiavi; nel medioevo i signori feudali, i vassalli, i membri delle corporazioni, i garzoni, i servi della gleba, e per di più in quasi ognuna di queste classi altre speciali gradazioni.

La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi di classe. Essa ha soltanto introdotto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta, sostituendole alle antiche.

La nostra epoca, l'epoca della borghesia, possiede tuttavia questo carattere distintivo: ha semplificato gli antagonismi di classe. L'intera società si va sempre di più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte: borghesia e proletariato.

I servi della gleba del medioevo hanno dato vita agli elementi stabilitisi fuori dalle mura delle prime città; da questi si svilupparono i primi elementi della borghesia.

La scoperta dell'America, la circumnavigazione dell'Africa offrirono alla nascente borghesia un nuovo terreno. Il mercato delle Indie Orientali e della Cina, la colonizzazione dell'America, lo scambio con le colonie, l'aumento dei mezzi di scambio e delle merci in generale diedero un impulso fino ad allora sconosciuto al commercio, alla navigazione, all'industria, e nello stesso tempo favorirono il rapido sviluppo dell'elemento rivoluzionario in seno alla società feudale che già veniva disgregandosi.

Da quel momento in poi, il modo di produzione industriale proprio del feudo, o della corporazione, non era più sufficiente per le crescenti necessità dei nuovi mercati. Subentrò la manifattura. I maestri delle corporazioni vennero sostituiti dal ceto medio industriale; la divisione del lavoro tra le diverse corporazioni cedette il posto alla divisione del lavoro anche nella singola officina.

Ma i mercati continuavano a dilatarsi; la domanda continuava a crescere. Anche la manifattura divenne insufficiente. Ed ecco che il vapore e le macchine rivoluzionarono la produzione industriale. Alla manifattura subentrò la grande industria moderna, il posto del ceto medio industriale fu occupato dai milionari dell'industria, dai capi d'interi eserciti industriali, dai moderni borghesi.

La grande industria ha realizzato quel mercato mondiale che la scoperta dell'America aveva preparato. Il mercato mondiale ha impresso uno sviluppo incommensurabile al commercio, alla navigazione e alle comunicazioni terrestri. Questo sviluppo ha reagito a sua volta sull'estensione dell'industria, e in quella stessa misura in cui l'industria, il commercio, la navigazione e le ferrovie si estendevano, la borghesia si sviluppava, aumentava i suoi capitali e respingeva in secondo piano tutte le classi che erano residuo del medioevo.

Noi vediamo, dunque, come la moderna borghesia sia essa stessa il prodotto di un lungo processo di sviluppo, di una serie di rivolgimenti nei modi di produzione e di scambio.

Ciascuna di queste fasi di sviluppo della borghesia fu accompagnata da un corrispondente progresso politico. Ceto oppresso sotto il dominio dei signori feudali, associazione armata e autonoma nel comune, qui repubblica municipale indipendente (come in Italia e in Germania), là terzo stato che paga le imposte alla monarchia (come in Francia), poi ai tempi della manifattura contrappeso alla nobiltà, sia nella monarchia assoluta, sia in quella a poteri limitati, e pietra angolare delle grandi monarchie in generale, la borghesia si è infine, col costituirsi della grande industria e del mercato mondiale, impadronita in modo esclusivo della potestà politica nel moderno Stato rappresentativo. Il potere politico dello Stato moderno è solo un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese.

La borghesia ha avuto nella storia un ruolo sommamente rivoluzionario.

Dovunque è giunta al potere ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliache. Essa ha lacerato senza pietà tutti i variopinti legami che nel regime feudale univano gli uomini ai loro naturali superiori e non ha lasciato fra uomo ed uomo altri vincoli all'infuori del nudo interesse e dello spietato «pagamento in contanti». Essa ha spento i santi timori dell'estasi religiosa, l'entusiasmo cavalleresco e il sentimentalismo del piccolo borghese dalle grette abitudini, immergendo il tutto nell'acqua gelida del calcolo egoistico. Ha risolto la dignità personale in un semplice valore di scambio; e alle molte e varie libertà ben acquisite e consacrate in documenti, essa ha sostituito una sola e unica libertà priva di scrupoli: il Libero Scambio. In una parola, al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, diretto e brutale.

La borghesia ha spogliato della loro aureola le professioni, che fino allora erano considerate onorevoli e degne di rispetto. Essa ha fatto del medico, del giurista, del prete, del poeta, dello scienziato i suoi salariati.

La borghesia ha strappato il velo di tenero sentimentalismo che avvolgeva i rapporti di famiglia e li ha ridotti a un puro rapporto di denaro.

La borghesia ha messo in chiaro come la brutale manifestazione della forza, che i nostri reazionari ammirano nel medioevo, avesse il suo appropriato complemento nella più dozzinale poltroneria. Essa per prima ha dimostrato cosa possa realizzare l'attività umana. Essa ha creato ben altre meraviglie che le piramidi egiziane, gli acquedotti romani e le cattedrali gotiche; essa ha condotto ben altre spedizioni che le migrazioni dei popoli o le Crociate.

La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali. L'immutata conservazione dell'antico modo di produrre era invece la prima condizione di esistenza di tutte le precedenti classi industriali. Questo continuo sovvertimento della produzione, questo ininterrotto scuotimento di tutte le condizioni sociali, questo moto perpetuo e perpetua insicurezza, contraddistinguono l'epoca borghese da tutte le altre che la precedettero. Tutti gli antichi e arrugginiti rapporti sociali, con il loro codazzo di opinioni e credenze antiche e venerate, si dissolvono; tutti i nuovi rapporti che subentrano passano fra le anticaglie, prima che abbiano avuto tempo di consolidarsi. Tutto ciò che aveva carattere di stabilità e corrispondeva a gerarchia di ceto si svapora, tutto ciò che era sacro si profanizza, e gli uomini si trovano infine a dover considerare le loro condizioni di esistenza e i loro rapporti reciproci con occhi liberi da ogni illusione.

Spinta dal bisogno di sempre nuovi sbocchi per le proprie merci, la borghesia corre, per invaderlo, tutto il globo terracqueo. Deve annidarsi e stabilirsi dappertutto, dappertutto deve stabilire relazioni.

Sfruttando il mercato mondiale la borghesia ha reso cosmopolita la produzione e il consumo di tutti i paesi. A gran cordoglio di tutti i reazionari, essa ha tolto all'industria la base nazionale. Le antiche e antichissime industrie nazionali furono, o sono, di giorno in giorno distrutte. Vengono soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diviene questione di vita o di morte per tutte le nazioni civili; da industrie che non impiegano più le materie prime indigene, ma anzi adoperano quelle venute dalle zone più remote, e i cui prodotti si consumano non solo nel paese stesso, ma in tutte le parti del mondo.

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Pagina 421

ITALIA



Nel "Preambolo" del Manifesto si accenna a una edizione coeva per l'Italia: «comunisti di diversa nazionalità si sono riuniti a Londra e hanno redatto il seguente manifesto, che verrà alla luce in inglese, in francese, in tedesco, in italiano, in fiammingo e in danese». La decisione di pubblicare una traduzione in italiano manifesta la volontà di trovare una via di penetrazione per la Lega dei comunisti in Italia, ma non va in porto.

Nella storia delle edizioni italiane del Manifesto, l'aspetto subito rilevabile è il ritardo con cui ne appare una. Oltre quarant'anni dovranno trascorrere prima che, nel 1889, si arrivi a una sua traduzione.

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