Copertina
Autore Ernst Mayr
Titolo Storia del pensiero biologico
SottotitoloDiversità, evoluzione, eredità
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 1990, La cultura scientifica , Isbn 978-88-339-0572-3
OriginaleThe Growth of Biological Thought. Diversity, evolution, and Inheritance [1982]
CuratorePietro Corsi
LettoreRenato di Stefano, 1993
Classe biologia , evoluzione , storia della scienza
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Indice


    Presentazione di Pietro Corsi       IX
    Prefazione                        XIII

    Storia del pensiero biologico

 1. Introduzione. La biologia e
    la sua storia                        3

    PARTE PRIMA  La diversità della vita

 2. Macrotassonimia, la scienza
    della classificazione               97
 3. Raggruppare secondo
    l'ascendenza comune                158
 4. Microtassonomia,
    la scienza delle specie            198

    PARTE SECONDA  L'evoluzione

 5. Origini senza evoluzione           247
 6. L'evoluzione prima di Darwin       288
 7. Charles Darwin                     339
 8. Le prove di Darwin a sostegno
    dell'evoluzione                    371
 9. La causa dell'evoluzione:
    la selezione naturale              423
10. Diversità e sintesi del pensiero
    evoluzionistico                    482
11. Gli sviluppi successivi
    alla sintesi                       518

    PARTE TERZA  La variazione e
                 la sua eredità

12. Le prime teorie e i primi
    esperimenti riproduttivi           581
13. Le cellule germinali, veicoli
    dell'eredità                       600
14. La natura dell'eredità             629
15. L'ascesa della genetica mendeliana 674
16. Le teorie del gene                 724
17. Le basi chimiche dell'eredità      755

18. Epilogo. Verso una scienza
    della scienza                      777

    Note                               807
    Glossario                          837
    Bibliografia                       841
    Indice analitico                   909

 

 

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Pagina 3

CAPITOLO 1
Introduzione. La biologia e la sua storia


1. Come scrivere la storia della biologia

Ogni cosa che cambia nel corso del tempo ha, per definizione, una storia: l'universo, le nazioni, le dinastie, la filosofia e l'arte, le idee. Anche la scienza, fin da quando è emersa dal mito e dalle prime filosofie, ha subito un continuo cambiamento con il tempo e perciò costituisce un argomento legittimo per lo storico. Poiché il nocciolo della scienza è il processo continuo di comprensione del mondo in cui viviamo, una storia della scienza è in primo luogo una storia dei problemi scientifici e della loro soluzione (o dei tentativi di trovarne una); ma è anche la storia dello sviluppo dei princìpi che costituiscono la struttura concettuale della scienza. Spesso le grandi controversie dei passato sopravvivono nella scienza moderna; perciò molti dibattiti attuali non si possono pienamente comprendere se non se ne conosce anche la storia.

Le storie scritte, al pari della scienza stessa, hanno costantemente bisogno di revisioni. Le interpretazioni erronee lasciate da un autore precedente finiscono per diventare mito, accettato senza domande e tramandato di generazione in generazione. Ho dedicato uno sforzo particolare a scoprire e a eliminare quanti più miti possibile (senza averne creati dei nuovi, spero). Tuttavia, il motivo principale che ingiunge di rivedere continuamente le interpretazioni storiche è da cercarsi nel fatto che esse, a qualsiasi epoca appartengano, non fanno che rispecchiare lo stato di conoscenza del loro tempo: sono legate al modo in cui l'autore ha assorbito lo Zeitgeist della biologia a lui contemporanea, alla sua formazione intellettuale e all'ambiente da cui proviene. Perciò, i libri di stori sono necessariamente soggettivi ed effimeri.

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Pagina 83

PARTE PRIMA
La diversità della vita


Il più caratteristico aspetto della vita è forse la sua diversità quasi illimitata. Non vi sono due individui identici nelle popolazioni che si riproducono per via sessuale; non vi sono due popolazioni identiche nella stessa specie; non due specie, due taxa superiori, due associazioni identiche, e così ad infinitum. Dovunque posiamo lo sguardo troviamo unicità, e unicità significa diversità.

Nel mondo vivente, la diversità esiste a ogni livello gerarchico. Vi sono almeno diecimda diversi tipi di macromolecole in un organismo superiore (secondo alcune valutazioni ve ne sono ancor di più); prendendo in considerazione tutti i diversi stati di repressione e derepressione di tutti i geni di un nucleo, si hanno milioni, se non miliardi, di cellule diverse in un organismo superiore; esistono migliaia di diversi organi, ghiandole, muscoli, centri nervosi, tessuti e così via. Due qualsiasi individui di una specie che si riproduce per via sessuale sono diversi non solo perché sono geneticamente unici, ma anche perché possono differire per età e sesso e perché hanno accumulato tipi diversi di informazione nei loro programmi di memoria aperti e nel loro sistema immunitario. Questa diversità costituisce la base degli ecosistemi ed è la causa della simbiosi e della competizione; essa inoltre rende possibile la selezione naturale. Per sopravvivere, ogni organismo dipende dalla conoscenza della diversità del suo ambiente, o almeno dalla sua capacità di affrontarla. Anzi, non v'è alcun processo o fenomeno biologico in cui non si abbia a che fare con la diversità.

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Pagina 94

La prima impressione è che la storia della sistematica sia stata una lotta infinita con gli stessi vecchi problemi, come: Che cos'è una specie? Che cos'è un rapporto di affinità? Qual è il modo migliore di delimitare i taxa superiori? Quali sono le caratteristiche distintive più attendibili? Quali principi si devono applicare nell'ordinare i taxa in categorie superiori? Qual è la funzione della classificazione? ecc.

Evidentemente, la storia della sistematica non segue affatto il concetto di progresso scientifico descritto da Thomas Kuhn nella sua teoria delle rivoluzioni scientifiche. Neppure la rivoluzione darwiniana del 1859 ha dato origine, nella sistematica, al cambiamento decisivo che ci si sarebbe aspettato. I motivi di questo diverranno evidenti nei prossimi capitoli. Tuttavia, si vedrà anche come negli scorsi trecento anni non ci sia stata alcuna stasi concettuale. I concetti sono cambiati e si sono chiariti: lo dimostrano le variazioni di significato - in periodi diversi e negli scritti di autori diversi - di alcuni termini di impiego frequente.

Una sistematica veramente unitaria non poteva svilupparsi finché il termine «affinità» era usato sia per la semplice somiglianza sia per la parentela genetica, «varietà» sia per una popolazione geograficamente circoscritta sia per le varianti individuali all'interno della stessa popolazione, «specie» sia per individui morfologicamente diversi sia per popolazioni riproduttivamente isolate, e «classificazione» sia per gli schemi di identificazione sia per la classificazione vera e propria. L'espressione «sistema naturale» ha avuto significati diversi in periodi diversi, e certi termini, come «categoria», sono spesso usati dallo stesso autore per concetti assai diversi. Molti degli autori che hanno impiegato uno stesso termine (per esempio «categoria» o «varietà») in accezioni assai diverse non si sono mai resi conto della loro ambiguità di linguaggio. Si può affermare che si sono compiuti maggiori progressi nel chiarire i concetti della tassonomia negli ultimi quarant'anni che non nel corso dei due secoli precedenti.

La struttura della sistematica.

La singolarità della forma è la prima travolgente impressione che si ricava quando si osservano l'elefante, la giraffa, il pinguino imperiale, il macaone, la quercia e il fungo prataiolo. Se questa diversità fosse veramente caotica, non la si potrebbe studiare. Ma sussistono talune regolarità e soprattutto, come hanno dimostrato Darwin e molti altri, è possibile spiegarle. Oltre a un elemento accidentale, alla produzione della diversità prendono parte svariate cause che risultano determinabili. Perciò è perfettamente legittimo che esista una scienza chiamata sistematica il cui oggetto di studio è la diversità. Come l'ha definita Simpson (l96la) la sistematica «è lo studio scientifico dei tipi e della diversità degli organismi e di tutte le relazioni tra loro». E, come lo stesso Simpson ha aggiunto, la sistematica «è nello stesso tempo la parte più elementare e la più comprensiva [della biologia]: la più elementare perché [gli organismi] non possono essere discussi o trattati in modo scientifico finché non si sia arrivati a una qualche tassonomia, e la più comprensiva perché [la sistematica] nelle sue varie branche raccoglie insieme, impiega, riassume e mette a frutto tutto quel che si sa [sugli organismi] sotto l'aspetto morfologico, fisiologico, psicologico ed ecologico».

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Pagina 249

Due aspetti in particolare caratterizzano le concezioni dell'origine del mondo dei primi filosofi greci: 1) gli atti di «creazione» non sono divinizzati, cioè il mondo, o la vita, o le singole specie non sono il prodotto dell'azione di un Dio, come era universalmente creduto nel periodo pre-filosofico, ma sono il risultato del potere generativo della natura; 2) le origini sono non teleologiche, cioè prive di un progetto o scopo intrinseco; ciò che ha luogo nella realtà è piuttosto il risultato del caso o di una necessità irrazionale.

Così questi filosofi furono i primi a dare una spiegazione «naturale» del mondo fenomenico, cioè una spiegazione razionale che invocava esclusivamente forze conosciute e materiali come il calore del sole o l'acqua o la terra. Per quanto ingenue e primitive possano sembrare queste speculazioni viste con occhi moderni, esse costituiscono tuttavia, per così dire, la prima rivoluzione scientifica, un rifiuto del soprannaturale a favore di spiegazioni materialistiche.

Vi è un'altra fondamentale differenza tra il concetto del mondo dei filosofi greci e quello degli autori-sacerdoti della Bibbia. Il mondo della Bibbia è nuovo, avendo la creazione avuto luogo soltanto 4000 anni circa prima di Cristo, come James Ussher calcolò più tardi; inoltre esso ben presto sarebbe nuovamente giunto a una fine, il giorno del giudizio. Il tempo era dunque un fattore trascurabile della visione dei mondo. I filosofi greci, d'altra parte, trattarono il tempo in un modo che ai nostri occhi appare incoerente. Nella visione moderna, tempo significa cambiamento, ma la concezione dominante tra i presocratici era quella di un mondo eterno, esente da cambiamenti significativi, o al massimo soggetto a cambiamenti ciclici risultanti presto o tardi in un ritorno alla condizione originaria - un mondo in stato di stabilità. Ciò vale persino per Eraclito, il cui motto pure era panta rei («tutto scorre»). Considerare il tempo illimitato aveva quindi scarse conseguenze per la visione greca del mondo; non era necessaria la sostituzione di un mondo originario con un mondo in evoluzione. E il problema delle origini era in effetti di enorme interesse per i greci: l'origine dell'universo, della terra, della vita, degli animali, dell'uomo, del linguaggio. Ma nessuna o scarsa attenzione veniva dedicata al cambiamento successivo.

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Pagina 281

Molto più importanti per l'evoluzionismo sono i contributi positivi di Buffon:

l. Attraverso la sua meticolosa analisi, introdusse l'idea di evoluzione nel dominio della scienza, cosicché da allora in poi divenne un vero oggetto di indagine.

2. Generalizzò i risultati delle sue dissezioni (compiute in collaborazione con Daubenton), sviluppando il concetto di «unità del tipo». Ciò dette luogo, dapprima, alla scuola della morfologia idealistica e, in seguito, all'anatomia comparata che ha prodotto così tante prove in favore dell'evoluzione.

3. A lui, più che a chiunque altro, si deve una nuova cronologia della terra, cioè l'accettazione di una grande scala temporale.

4. Fu lui il fondatore della biogeografia. Quando, in opposizione a Linneo, collocò ogni specie a seconda del paese di origine, egli le raggruppò in faune.

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Pagina 171

CAPITOLO 8
Le prove di Danwin
a sostegno dell'evoluzione
e della discendenza comune



Pienammte conscio del carattere rivoluzionario del suo lavoro, Darwin sapeva che sarebbe andato incontro a una massiccia resistenza e che, per avere la meglio, avrebbe dovuto schiacciare i suoi avversari. Per questo dedicò vent'anni ad accumulare dati e a perfezionare la logica delle sue prove. La strategia da lui adottata nell' Origine, di discutere in primo luogo il meccanicmo dell'evoluzione e solo nei capitoli successivi le prove a sostegno della tesi del cambiamento evolutivo, probabilmente non sarebbe condivisa da molti autori contemporanei di manuali ma era coerente con la filosofia della scienza prevalente ai suoi tempi (Hodge, 1977).

Non tutti quelli che in passato hanno studiato l' Origine si sono resi conto che in essa non viene presentata una teoria monolitica dell'evoluzione, ma un insieme complesso di teorie più o meno indipendenti, ciascuna delle quali verrà in seguito analizzata nei particolari. (vedi cap. 9). Tra queste figurano le teorie di Darwin sulla speciazione, sulla discendenza comune, sull'evoluzione graduale, sulla selezione naturale, oltre alla teoria fondamentale secondo cui il mondo vivente non è statico ma in evoluzione, così come lo sono le specie che lo compongono. Darwin doveva addurre prove a sostegno di ciascuna di queste teorie e discutere tutte le possibili alternative, ma soprattutto doveva cercare di confutare l'ideologia del creazionismo che, sebbene spesso camuffata sotto etichette diverse, era ancora dominante in Gran Bretagna alla metà dei secolo XIX. Questo è il motivo per cui, a proposito dell' Origine, Darwin disse (p.526): «Tutto questo volume è una lunga argomentazione» (vedi anche Gillespie, 1979).

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Pagina 425

1. La logica della teoria della selezione naturale

La teoria di Darwin si imperniava su tre inferenze basate su cinque fatti che a loro volta derivavano in parte dall'ecologia di popolazione, in parte dai fenomeni dell'eredità.

Fatto 1. Tutte le specie hanno una fertilità potenziale così elevata che le dimensioni delle loro popolazioni dovrebbero crescere esponenzialmente (Malthus diceva geometricamente) se tutti gli individui nati si riproducessero a loro volta con successo.

Fatto 2. Escluse le fluttuazioni annuali di minore entità e le fluttuazioni occasionali più rilevanti, le popolazioni mostrano normalmente stabilità.

Fatto 3. Le risorse naturali sono limitate. In un ambiente stabile esse rimangono relativamente costanti.

Inferenza l. Poiché gli individui prodotti sono più numerosi di quanto le risorse disponibili possano sostentare, ma le dimensioni della popolazione rimangono stabili, se ne deduce che deve esserci una feroce lotta per l'esistenza tra gli individui di una popolazione, che ha come esito la sopravvivenza soltanto di una parte, spesso molto piccola, della progenie di ciascuna generazione.

Questi fatti derivati dall'ecologia di popolazione conducono a importanti conclusioni se coordinati con alcuni fatti genetici.

Fatto 4. Non esistono neanche due individui che siano esattamente uguali; al contrario, ogni popolazione mostra una enorme variabilità.

Fatto 5. Gran parte di questa variazione è ereditabile.

Inferenza 2. La sopravvivenza nella lotta per l'esistenza non è casuale, ma dipende in parte dalla costituzione ereditaria degli individui che sopravvivono. Questa ineguale sopravvivenza costituisce il processo di selezione naturale.

Inferenza 3. Nel corso delle generazioni questo processo di selezione naturale condurrà a un continuo cambiamento graduale delle popolazioni, cioè all'evoluzione e alla produzione di specie nuove.

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Pagina 572

7. Problemi irrisolti della biologia evoluzionistica

Spesso si domanda al biologo evoluzionista quali siano i problemi irrisolti del suo campo; egli dichiara che pochi di essi hanno a che fare con i princìpi di base, poiché un'alternativa al darwinismo è divenuta sempre più improbabile man mano che è aumentata la nostra conoscenza riguardo alla vita. Tra gli aspetti problematici si può forse citare la questione di quanta parte della variabilità osservata sia il prodotto della selezione e quanta invece sia dovuta a processi stocastici. Problemi più specifici sono l'origine della vita (come si associarono acidi nucleici e polipeptidi), l'origine dei virus, gli aspetti particolari della conversione dei procarioti in eucarioti, il funzionamento dei cromosoma eucariota, la classificazione dei vari tidi di DNA (strutturale, regolatore, ripetitivo ecc.), e i loro rispettivi ruoli nell'evoluzione e nella speciazione, le relazioni e la filogenesi dei principali tipi di piante e di invertebrati, i ruoli rispettivi della competizione intra e inter-specifica nell'evoluzione, l'evoluzione di differenti tipi di comportamento e il loro ruolo in quanto stimolatori nell'evoluzione, e le ragioni della frequenza straordinariamente elevata dell'estinzione (perché la selezione naturale è così impotente di fronte ad essa?) Qualsiasi specialista può estendere questo elenco. Un campo particolarmente ricco d'indagine è il pluralismo (percorsi multipli) che si ritrova nell'evoluzione. Per quasi ogni sfida posta dall'ambiente, differenti linee evolutivi hanno trovato risposte diverse. Quali sono le limitazioni che impongono le differenti risposte (come lo scheletro esterno degli artropodi rispetto a quello interno dei vertebrati) alla futura evoluzione di queste linee di discendenza? Il campo di studi che riguarda le limitazioni evolutive è ancora tutto da esplorare. La fusione della biologia evoluzionistica con l'ecologia, con la biologia del comportamento e con la biologia molecolare ha sollevato un numero quasi infinito di nuovi interrogativi. Ma tuttavia, lo ripetiamo, ci sono pochissime probabilità che una qualsiasi nuova scoperta possa costringere a modificare in modo radicale la struttura teorica fondamentale raggiunta durante la sintesi evoluzionistica.

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Pagina 573

8. L'evoluzione nel pensiero moderno

La frequenza e spesso la violenza delle controversie tra gli evoluzionisti hanno sconcertato alcuni non-biologi, che di conseguenza sono diventati scettici di fronte al concetto complessivo di evoluzione, o per lo meno, al principio darwiniano di selezione naturale. È quindi legittimo porsi la domanda di quale ruolo svolgano l'evoluzione e il darwinismo nel pensiero moderno. È forse superfluo affermare per prima cosa che nessun biologo bene informato dubita più dell'evoluzione. In effetti, molti biologi considerano l'evoluzione non una teoria, ma un puro e semplice fatto, documentato dai cambiamenti dei pools genici di generazione in generazione e da quelli delle sequenze fossili in strati geologici successivi accuratamente datati. È probabilmente altrettanto superfluo dire che la grande maggioranza dei profani colti sono altrettanto disposti ad accettare l'evoluzione quanto il fatto che è la terra a girare intorno al sole e non il contrario. I soli che ancora oggi continuano a opporsi all'evoluzione sono persone impegnate da un punto di vista religioso. Alcune sette fondamentaliste insistono ancora sull'accettazione incondizionata e l'interpretazione letterale del racconto della Genesi, nonostante questo sia stato dimostrato falso da schiaccianti prove scientifiche. Una discussione razionale tra scienziati e fondamentalisti è impossibile, poiché i primi rifiutano la rivelazione soprannaturale, e i secondi il fatto scientifico.

Più interessante è il ripresentarsi occasionale dell'antiselezionismo. Gli autori più importanti della letteratura antiselezionista sono di solito giornalisti, giuristi, scrittori e filosofi, e i loro argomenti si basano su una tale ignoranza della genetica, sistematica, biogeografia, ecologia e altre branche della biologia, che è impossibile impostare un dibattito razionale. Ciò che disturba, tuttavia, è che alcuni scienziati seri e qualificati hanno accettato le argomentazioni degli antiselezionisti profani e hanno inoltre proclamato che la formula «variazione e selezione» non basta per spiegare l'evoluzione. Tali antiselezionisti scientificamente qualificati sono una piccolissima minoranza; i loro argomenti si basano di solito sull'incapacità di discernere la natura probabilistica della selezione, di comprendere che l'individuo nel suo insieme è bersaglio della selezione e di valutare le numerose limitazioni che la selezione incontra. Gli evoluzionisti non si sono particolarmente impegnati a confutare questi autori poiché tutti gli argomenti per replicare alle loro argomentazioni erano già comparsi più volte nella letteratura in modo assai particolareggiato.

Queste controversie di minor peso non sono riuscite a rallentare, e tanto meno ad arrestare, l'influenza dell'evoluzionismo su ogni sfera del pensiero umano. Il pensiero evoluzionistico non si limita più alla sola biologia e non esiste nessun campo della conoscenza umana in cui sia presente una componente storica che non abbia adottato una mentalità e una metodologia evoluzionistiche. La parola «evoluzione» ha ora un uso molto generalizzato, a cominciare dall'evoluzione dell'universo fino all'evoluzione della società umana, l'evoluzione dei linguaggi, quella delle forme artistiche e dei principi etici.

L'applicazione indiscriminata del termine «evoluzione», tuttavia, ha portato a certe espressioni sfortunate, se non proprio ad assurdità. I non-biologi che sostengono la concettualizzazione evoluzionistica sono spesso ignari della teoria darwiniana e neodarwiniana e possono, per esempio, farsi portatori di schemi ortogenetici, come nel caso della teoria secondo cui la cultura umana passa automaticamente attraverso una serie di stadi, da quello della caccia e raccolta a quello della megalopoli urbana. Principi teleologici sono stati molto popolari tra coloro che hanno usato il linguaggio evoluzionistico al di fuori della biologia, ma quando tali schemi teleologici vennero respinti, si pensò che ciò equivalesse a un rifiuto del concetto di evoluzione nel suo insieme. Uno studio di tale letteratura dimostra, piuttosto spiacevolmente, che nessuno dovrebbe fare affermazioni assolute riguardo all'evoluzione in campi esterni al mondo biologico senza essersi prima familiarizzato con gli ormai consolidati concetti dell'evoluzione organica e, inoltre, senza un'analisi veramente rigorosa dei concetti che intende applicare. Il pensiero evoluzionistico è indispensabile in ogni ambito nel quale avvenga un cambiamento nella dimensione temporale. Esistono, tuttavia, molti «tipi» di evoluzione, che dipendono dalla natura delle cause responsabili del cambiamento, dalla natura delle limitazioni e da quella del successo dei cambiamenti. Ancora non è stata intrapresa un'analisi adeguata dei casi in cui differenti tipi di «evoluzione» compaiono in aree diverse, ma tuttavia non c'è alcun dubbio che l'applicazione dei principi evoluzionistici ha enormemente arricchito molte sfere del pensiero umano.

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Pagina 577

PARTE TERZA
La variazione e la sua eredità



Anche i popoli primitivi si mostrano ben consapevoli di due aspetti della natura vivente: un'immensa variabilità all'interno di ciascuna specie e una tendenza alla trasmissione di talune caratteristiche dai genitori alla prole. Dai tempi dei presocratici fino agli ultimi anni del secolo XIX, filosofi e scienziati hanno cercato di fornire spiegazioni dell'eredità: ma solo a partire dal 1900, con la riscoperta dell'opera di Mendel, la maturazione di alcuni concetti ha permesso di fondare la genetica come scienza autonoma dell'eredità. Dovevano tuttavia passare altri cinquant'anni prima che i biologi comprendessero appieno l'aspetto maggiormente significativo dell'eredità, cioè l'esistenza di un programma genetico. Quest'ultimo costituisce la differenza essenziale tra gli organismi viventi e il mondo degli oggetti inanimati, né si verifica alcun fenomeno biologico in cui il programma genetico non sia coinvolto. I genetisti, non senza ragione, hanno perciò rivendicato alla loro disciplina una ruolo affatto basilare nel complesso della biologia.

L'importanza specifica della genetica sta nel fatto che nella gerarchia dei fenomeni biologici essa tratta il livello in cui si salda lo iato tra i settori che si occupano degli organismi nella loro totalità, come la biologia dei sistemi e gran parte della biologia evoluzionistica, e quelli che riguardano i fenomeni puramente molecolari. Essa ha quindi contribuito all'unificazione della biologia, dimostrando che i processi genetici negli animali e nelle piante superiori sono esattamente gli stessi. Cosa ancora più importante, la genetica ha contribuito a risolvere i problemi inerenti i meccanismi di evoluzione e di sviluppo. La comprensione dei principi fondamentali dell'eredità costituisce la premessa necessaria per capire in modo esauriente quasi tutti i fenomeni che rientrano nelle altre branche biologiche, dalla biologia fisiologica a quella dello sviluppo, o a quella evoluzionistica.

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