Copertina
Autore Horace McCoy
Titolo Un sudario non ha tasche
EdizioneTerre di mezzo, Milano, 2008 , pag. 220, cop.fle., dim. 14x20,5x1,5 cm , Isbn 978-88-6189-049-7
OriginaleNo Pockets in a Shroud [1937]
TraduttoreLuca Conti
LettoreAngela Razzini, 2009
Classe narrativa statunitense
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Pagina 5

Quando lo chiamarono per dirgli di recarsi nell'ufficio del rettore, Dolan capì che era arrivata la resa dei conti, e mentre saliva ai piani superiori continuò a pensare che purtroppo i quotidiani non avevano più il fegato di un tempo. Magari fosse vissuto ai tempi di Dana e Greeley, quando un giornale era un giornale e i figli di puttana li chiamava figli di puttana e vaffanculo a tutto il resto. Chissà che meraviglia, fare il reporter per uno di quei vecchi fogli. Mica come adesso, che il Paese pullulava di tanti piccoli Hearst e piccoli MacFadden, tutti impegnati a battere la grancassa e riempire i loro giornali di bandierine, a scrivere che Mussolini era un Giulio Cesare redivivo (però con aeroplani e gas velenosi) e Hitler un novello Federico il Grande (però con carri armati e piromani omosessuali), oltre che smerciare patriottismo a prezzi di saldo e sbattersene un beato cazzo di tutto tranne la tiratura (Signori, ci dispiace un sacco di non potervi prestare i nostri camion questo pomeriggio per sgomberare l'immondizia dal Municipio, ma dobbiamo consegnare l'edizione della sera. Dopo le sei, certo, saremo lieti di farveli avere. Oppure: Ma certo, signor Delancey, altro che, ce ne rendiamo conto benissimo. Sono state quelle due donne a saltare davanti alla macchina di suo figlio. Come no, signore, ahahahahah! Puzzava di alcol perché qualcuno gli aveva rovesciato un cocktail sul vestito).

"Razza di stronzi", disse tra sé Dolan, si riferiva ai giornali, ed entrò nell'ufficio di Thomas, il direttore responsabile.

"Da dove è uscita, questa?" gli chiese Thomas sollevando due fogli dattiloscritti.

"Tutto a posto", disse Dolan. "È una storia che sta in piedi da sola."

"Non m'interessa. Ti ho chiesto dove l'hai pescata."

"Due giorni fa. All'ultimo game delle finali. Perché?"

"Sembra così assurda..."

"Non sembra assurda, lo è. Che la squadra in testa al campionato decida di gettar via il titolo a beneficio di certi scommettitori, si può ben dire sia un'assurdità. Immagino che questa storia farà la fine delle altre."

"Già. Ma non è solo per questo che ti ho fatto chiamare. Lasciamo perdere questa faccenda. L'amministrazione..."

"Un attimo", disse Dolan. "Non si può lasciar perdere con una storia del genere. Cazzo, quella è una squadra di corrotti. Bastava vedere le finali per capire come erano invischiati. E non sono stati neanche furbi. Inoltre, non è una nostra esclusiva. Ce l'hanno anche gli altri giornali, e la fanno uscire questo pomeriggio. Dobbiamo pararci il culo."

"Secondo me non ne faranno niente", disse Thomas.

"Forse non è così tremenda come pensi tu."

"È pari pari al vecchio scandalo dei Black Sox. Pensi in che guaio sarebbe oggi il baseball, se nessuno avesse pubblicato quella storia. O no?"

"E Landis sarebbe solo un giudice come tanti. Sta' a sentire, Mike", disse secco Thomas. "Perché dobbiamo sempre ficcarci in queste discussioni, io e te, ogni volta che ti salta la mosca al naso e vuoi rifarti con qualcuno? Sai bene qual è la linea del giornale..."

"Certo, certo, certo. La conosco, la linea del giornale. Non solo del nostro, ma di tutti quelli della città. Anzi, dell'intero Paese, che cazzo. E non ce n'è uno che abbia un briciolo di fegato, neanche a metterli tutti assieme."

"Perché devi sempre arrampicarti sugli specchi, pur di insultare qualcuno? Perché cerchi sempre di rimestare nel fango?"

"Non rimesto proprio un bel niente. La storia che ha buttato via è una NOTIZIA! Non fa altro che buttar via notizie. La settimana scorsa quella del figlio di Delancey..."

"Abbiamo fatto finta di niente, in quel caso, perché non c'era motivo di rovinare la vita a un bravo ragazzo..."

"Cristo santo, ma lui ha rovinato la vita a due brave persone. Era ubriaco e ha saltato una corsia, pur di finire sul marciapiede e ammazzare quelle donne. Sissignore, ha dovuto mettersi d'impegno per farle secche. Certo che abbiamo fatto finta di niente. E il fatto che il suo vecchio sia uno dei nostri maggiori inserzionisti non ha proprio nulla a che vedere con..."

"Sei sempre il solito cavaliere errante", disse Thomas.

"Ah, è così?" disse Dolan, serrando le labbra sottili. "E com'è andata, un paio di settimane fa, quando ho consegnato quel pezzo sulla riorganizzazione del Ku Klux Klan?"

"Il Ku Klux Klan è morto. Quello non era il Klan."

"Va bene, va bene, dica pure Crociati, o come cazzo si fanno chiamare adesso. A cambiargli il nome, non è che gli cambia anche l'odore. Non vale solo per le rose, questo discorso. Quella è gente che va in giro coi lenzuoli e i cappucci, e tiene riunioni segrete..."

"Quante volte te l'avrò detto che qui in città nessun giornale può parlare dei Crociati? Quella è dinamite, pura e semplice. E prima ti togli dalla testa le tue idee moralizzatrici meglio sarà per tutti."

"Per l'amor del cielo, la pianti di darmi del moralista", disse irritato Dolan. "Per quanto me ne frega, la gente può fare quel che crede, nel bel mezzo della strada. Non m'interessa un accidente. La cosa importante, invece, è far uscire qualche notizia su questi trafficoni di politicanti e ladri d'alto bordo... porca miseria, è corrotto anche quel governatore di merda che ci ritroviamo, e lei lo sa bene. Cosa è successo alla storia che le ho portato l'anno scorso, quella che mi aveva spifferato quel deputato sbronzo, con tanto di firma e controfirma? L'ha buttata via. Va be', quella ormai può andare a fare in culo. Ma adesso che ne ha una in mano su una squadra di baseball che si è venduta anche le mutande, mi tocca mettermi a discutere per cercare di fargliela pubblicare, lei comincia a tirar fuori tutte le nostre discussioni sulle mie vecchie storie, e finisce che mi prendo pure del moralizzatore. Come la mettiamo con le centinaia di ragazzini che vanno tutti i giorni a giocare al parco e che mitizzano quegli stessi giocatori corrotti e baciano letteralmente la terra dove camminano? Come la mettiamo con loro?"

"E poi dici che non sei un cavaliere errante", disse Thomas. "Siediti, e datti una calmata."

"Col cazzo che mi calmo. Mica è un giornale, questo, è un bollettino aziendale."

"Va bene", disse tetro Thomas. "Ti ho lasciato sbottare in questo modo perché pensavo che mi avresti fatto il favore di decidere per conto mio. Fino a oggi avevo ancora un briciolo di speranza. Ho sopportato il tuo atteggiamento bellicoso e le tue volgarità perché credevo che prima o poi ti saresti fatto furbo. Ho sudato mille camicie, proprio come dici d'aver fatto tu, per impedire all'amministrazione di licenziarti. Me l'hanno chiesto una decina di volte, di mandarti fuori dai piedi. Non ci credi, eh? Da' un'occhiata qui", disse, allungando una mano nella vaschetta della posta. "Leggi.."

THE DAILY-TIMES GAZETTE
COMUNICAZIONE INTERNA

A: Signor Thomas    Data: 3 ottobre
Da: Signor Womack   Oggetto: Michael Dolan

Ieri il signor Luddy della Pubblicità ha chiamato il negozio
di articoli sportivi O'Hearn a proposito del nuovo
contratto. Si tratta, come lei ben sa, di uno dei nostri
maggiori inserzionisti. O'Hearn ha detto chiaro e tondo che
non ci sarà alcun nuovo contratto, perché da oltre un anno
Dolan deve alla sua ditta la somma di 154 dollari e 50
centesimi per l'acquisto di mazze e palline da golf, di
racchette da tennis eccetera. Ritiene, e a ragione, che se
deve intrattenere rapporti commerciali con questo giornale,
il minimo che i nostri dipendenti possano fare è pagargli
quanto dovuto. Sarebbe il caso di incontrarci per parlare di
questa cosa.

L'amministrazione non fa che segnalarmi, dalla mattina alla sera, tutti i debiti che hai coi nostri inserzionisti", disse Thomas.

"C'è una certa ironia, in questa faccenda", disse Dolan, rimettendo a posto la comunicazione. "L'amministratore vuole che io saldi i miei debiti. Mica gli viene in mente che anche questo giornale ha dei debiti. Dei debiti con l'opinione pubblica..."

"Non ho intenzione di ricominciare", disse Thomas con tono definitivo. "Mi sa che forse non riusciamo a vedere le cose nella stessa maniera. Mi sa che forse ti farei un piacere, a licenziarti..."

"Non può licenziarmi", disse Dolan. "Non lavoro più qui."

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Pagina 159

"Comunque sia", disse infine Dolan, "so io quel che ho visto stasera, e non c'è niente al mondo che potrà impedirmi di fare qualcosa. Neanche se finiranno per ammazzarmi, perdio!"

"Ottimo", disse Bishop. "Nessuno vuole impedirti di fare qualcosa. Stiamo cercando di darti una mano. Anche noi vogliamo fare qualcosa. Ma non puoi ficcarti in questa storia a testa bassa, armato solo del tuo oltraggiato senso di giustizia. Non puoi ripulire il mondo dalla sera alla mattina."

"No? Be', vedrai se non vado alla carica a testa bassa..."

"E Nestor? E Carlisle? Avevo capito che prima sarebbe toccato a loro..."

"Avremo tempo in abbondanza per sistemarli, dopo. Quella di stasera è una faccenda grossa. E la faccenda più grossa mai sentita, cazzo. Ti ricordi del Ku Klux Klan, vero?"

"Molto, ma molto bene. Siediti. Togliti il cappello."

"Be", proseguì Dolan, restando in piedi e col cappello in testa, "non so se qui si tratta del Klan oppure no. Questi tizi indossano mantelle nere e si fanno chiamare Crociati. Comunque si ispirano al Klan. Dio solo sa quanti membri hanno, questi, forse migliaia. È tutto molto segreto e misterioso, e sui giornali non è mai apparsa una sola riga. Trascinano la gente fuori di casa, nel cuore della notte, la frustano, la incatramano e la impiumano, proprio come faceva il Klan - costringono le loro vittime a baciare la bandiera e roba del genere - e gliel'hanno fatta baciare anche al povero Bagriola, la bandiera, dopo averlo frustato, un uomo decorato in guerra e cento volte più americano di uno qualsiasi di quei figli di puttana. E quel poveraccio, quel Trowbridge, fermo a letto senza potersi più muovere... Non posso fame a meno di avere la pressione alta. Mi ribolle il sangue..."

"Va bene", disse Bishop. "Ti ho ascoltato senza interromperti, e tu adesso lascia parlare me. Ti dirò una cosa che volevo già dirti da un sacco di tempo. Se sei incazzato per questa faccenda, è una gran bella cosa. Dico sul serio. E anche Myra è d'accordo. Ma quel che succede a Colton capita in ogni città degli Stati Uniti. Le tangenti, la corruzione, l'ipocrisia, il patriottismo fasullo, è roba che si trova dovunque. Colton è un tipico esempio, un simbolo di questo marciume. Mettiamo che tu riesca a fermare questa faccenda del Klan o dei Crociati, quel che è. Mettiamo che tu riesca a farla finire proprio qui a Colton..."

"Certo che la farò finire."

"Ho detto di non interrompermi, cazzo. Mettiamo che tu riesca a stroncare la loro attività qui a Colton. E il resto del Paese? Fin quando non riesci ad arrivare al cuore del problema, non servirà proprio a niente. Va bene, la fermi qui, quella gente. E tempo un mese rispunta fuori da qualche altra parte. Capisci dove voglio arrivare?"

"Sinceramente no. Non ne ho la più pallida idea."

"Ti faccio un altro esempio. Hai mai sentito parlare di un uomo chiamato Marx?"

"Certo, ho sentito parlare di Marx, di Engels e di Lenin. E allora?"

"Cos'è che sai, di loro?"

"Poco. Cazzo c'entra con questa faccenda?"

Bishop si voltò verso Myra.

"Non è fantastico? Incredibile, non trovi?"

"In effetti..."

"Cristo, ma che significa?" chiese Dolan, imbestialito.

"Il motivo per cui te l'ho chiesto è che dovresti studiarli", disse Bishop. "Anche loro avevano la tua stessa visione del mondo, solo parecchi anni prima."

"Ancora non capisco..."

"Allora non so proprio come fartelo capire", disse Bishop. "Ti serve disciplina. E organizzazione. Altrimenti non raggiungi neanche la prima base. Altrimenti sei solo un lavoratore zelante. Sai cos'è il comunismo, vero?"

"Vagamente."

"Ma se non fai altro che prendermi per il culo dicendomi che sono un maledetto comunista."

"Non è mai stata una questione personale, Ed, e tu lo sai. Era solo un modo di dire."

"Non scusarti", disse Bishop. "Io ne vado orgoglioso. Ma hai ragione, era solo un modo di dire. Lo stesso vale per la maggioranza della gente. Cristo, tu sei molto più comunista di me..."

"Tu sei pazzo", disse Dolan. "Io non sono comunista."

"Tu sei comunista, solo che non lo sai. Non sopporti come mandano avanti la città e non sopporti come mandano avanti il Little Theatre, non sopporti quello schifo di pubblicità alla radio, non sopporti i predicatori che sono sempre a frignare e a cercare di convertire la gente, non sopporti tutto il sistema. Cazzo, quante volte me l'avrai detto? Un centinaio?"

"Guarda", disse Dolan, togliendosi il cappello. "Potremmo continuare a discutere tutta la notte. Magari sono comunista. E lo sono senza saperlo. Ma è vero, io non sopporto tutte le cose che hai detto tu, e moltissime altre che non hai citato, tipo le stronzate della festa del Papà e della festa della Mamma, ma soprattutto odio questi figli di puttana che s'infilano mantelli e cappucci e portano la gente giù al fiume e la frustano a sangue e gli fanno interventi chirurgici del cazzo e gli fanno baciare la bandiera. Magari mi servono disciplina e organizzazione, e magari tra qualche tempo troverò qualcuno che me le insegni. Ma adesso non ho tempo di fermarmi. L'unica cosa che conta, adesso, è spaccare il culo a quei Crociati, e ho tutte le intenzioni di farlo anche se fosse l'ultima cosa della mia vita..."

"Ci diventerai ricco, sicuro", disse Bishop, con una traccia di sarcasmo.

"Be', un sudario non ha tasche', disse Dolan. "Non mi ero mai sentito così, prima d'ora. Certe cose mi hanno sempre dato fastidio, e sotto sotto avevo il desiderio di fare qualcosa. Ma ho distribuito le mie energie, e in gran parte sono finite alle donne. Non c'è da stupirsi. Lo sanno tutti che davanti a una bella ragazza cadevo come una pera cotta. Ma non c'è neanche da stupirsi di questo mio improvviso risveglio. Una sera vai a letto stupido, e la mattina dopo ti svegli saggio. E non sai spiegare cos'è successo; sai solo che è successo, e basta. Così e capitato a me. Non so ancora cosa farò, non ne ho la minima idea, ma l'unica cosa certa è che qualcosa farò.

"Del tuo comunismo non me ne frega un cazzo, così come delle tue regole e delle tue direttive. Mi basta che qualcuno venga a chiedermi aiuto, come ha fatto Tim Adamson per il Little Theatre o Bagriola questa sera, per capire che sono sulla strada giusta. Magari si possono combattere situazioni del genere a colpi di regole e manuali e tattiche scientifiche, ma io non credo. D'ora in avanti basta con le discussioni, basta coi consigli ambigui. D'ora in avanti, o voi due fate come dico io oppure arrivederci e grazie. E dico sul serio, perdio. Per prima cosa, domattina ci mettiamo sulle tracce di questi Crociati, e tutto il resto passa in secondo piano. Questo è il momento di prendere una decisione. Ci state o no?"

Bishop guardò Myra, mordendosi il labbro. Il volto della ragazza era indecifrabile.

"Be', Myra", disse alla fine, "è il modo sbagliato di affrontare la situazione, ma ho il vago sospetto che ci toccherà fare come dice lui."

"Sì", disse Myra con voce roca.

"Va bene", disse Bishop a Dolan. "Hai torto marcio, ma sei un irlandese dalla testa dura e dal cervello a senso unico, e neanche Gesù Cristo in persona riuscirebbe a convincerti in un milione di anni. Però restiamo, perché ti vogliamo bene. Se per miracolo ne usciamo, magari troverò il tempo per farti vedere dov'è che sbagli della grossa."

"Perfetto", disse Dolan. "Adesso, vi dispiacerebbe togliervi dai piedi e lasciarmi andare a letto? Ho l'impressione che 'sta cazzo di testa mi si stacchi dalle spalle..."

Bishop e Myra si alzarono. Bishop prese il cappello dalla scrivania e uscì lentamente, senza neanche augurare la buonanotte. Myra andò a prendere il soprabito appoggiato su uno scaffale e impiegò un mucchio di tempo a infilarselo, nel silenzio più totale. Si udiva solo il ticchettio della piccola sveglia sul comodino. Alla porta, Myra si voltò a guardare Dolan, ancora senza parlare, senza sorridere. Lo guardava e basta. Poi uscì. Tempo un minuto e Dolan la udì seguire Bishop giù per le scale.

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