Copertina
Autore Ian L. McHarg
Titolo Progettare con la natura
EdizioneMuzzio, Roma, 2007 [1989], Habitat 1 , pag. 250, ill., cop.fle., dim. 17x24x1,6 cm , Isbn 978-88-7413-152-5
OriginaleDesign with Nature
EdizioneDoubleday, New York, 1969
TraduttoreGirolamo Mancuso
LettoreFlo Bertelli, 2007
Classe urbanistica , ecologia
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Indice


Introduzione


Città e campagna                  1

Il mare e la sopravvivenza        9

La situazione                    23

Un passo avanti                  37

Il cast e la capsula             55

La natura nella metropoli        71

Sui valori                       85

Una risposta ai valori          101

Il mondo è una capsula          121

I processi come valori          131

I naturalisti                   147

Il bacino del fiume             159

La regione metropolitana        191

Processo e forma                203

La città: processo e forma      217

La città: salute e patologia    233

Prospettive                     246


 

 

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Pagina 90

Quando arrivarono in America, Colombo, Ponce de Leon, Cortes, Cabrillo e Coronado portarono con sé la tradizione iberica. Caboto, Frobisher, Drake, Hudson e Baffin e i loro uomini trasmisero i costumi inglesi, mentre Cartier, Marquette e Joiliette furono l'avanguardia della cultura francese. Mentre questi, e i loro connazionali che li seguirono, erano accomunati dalla passione per l'esplorazione e la conquista, c'erano importanti differenze nell'atteggiamento che ciascuno d'essi aveva nei confronti di questo continente primitivo.

Se si osservano, attraverso la stretta apertura della storia, gli atteggiamenti nei confronti della terra di cui queste culture erano portatrici, ci sono quattro nette divisioni, e ciascuna d'esse ha origini nazionali.

Le prime esplorazioni del Cinquecento furono un riflesso della grande diffusione dell'umanesimo rinascimentale. Questo ebbe origine in Italia ed è qui che si deve cercare l'espressione umanistica dell'uomo e della natura.

Questa assunzione di potere da parte dell'uomo, che rifiutava la cosmografia del Medioevo, si può vedere in una serie di progetti. I primi di questi sono le ville e i giardini di Firenze, dopo di che l'epicentro di espressione si spostò a Roma e Tivoli. Bramante, Ligorio, Raffaello, Palladio e Vignola crearono l'espressione simbolica dell'umanesimo sul territorio, che si può vedere nella villa Medici, Poggio a Caiano, villa d'Este e villa Lante, villa Madama e i giardini di Boboli e, nella fase finale, villa Aldobrandini e Mondragone. Qui l'autorità dell'uomo fu resa visibile mediante l'imposizione sul paesaggio di una geometria semplice. L'uomo impone la sua semplice, piacevole illusione d'ordine, realizzata con grande arte, a una natura ignara e indifferente. Il giardino è offerto come prova della superiorità dell'uomo.

La seconda fase si ebbe un secolo dopo, al tempo dei primi insediamenti coloniali – ma il centro del potere e dell'espressione si era spostato in Francia. Qui la stessa semplicità antropomorfica fu applicata in scala più grande su un paesaggio docile e pianeggiante. Così a Vauxle-Vicomte e a Versailles si vede l'espressione del barocco francese attraverso le opere di André Le Nòtre, l'apice della geometria euclidea sul territorio. Luigi XIV giace all'incrocio degli assi gemelli a Versailles, re per diritto divino, i giardini ordinati testimoniano della divinità dell'uomo e della sua supremazia su una natura vile e soggetta. Almeno così sembrava.

Nella tradizione occidentale, con la sola eccezione del Settecento inglese e dei suoi prolungamenti, l'architettura del paesaggio si è identificata con la creazione di giardini - siano questi quelli dell'Alhambra, dell'Abbazia di San Gallo, della villa d'Este o di Versailles. In questa tradizione, piante decorative e docili sono disposte in una geometria semplice come comprensibile simbolo metafisico di un mondo sottomesso e ordinato, creato dall'uomo.

Qui le qualità ornamentali delle piante sono della massima importanza - nessun concetto ecologico di comunità o associazione vela questo obiettivo. Analogamente agli animali domestici - cani, gatti, canarini e pesciolini rossi -, le piante sono tolleranti nei confronti dell'uomo e da lui dipendenti; prati, siepi, cespugli e alberi da fiore, docili e benigni, sono quindi compagni dell'uomo, ne condividono l'addomesticamento.

Questo è il giardino cintato, separato dalla natura: un simbolo di benessere isola di piacere, tranquillità e introspezione. È del tutto logico che il simbolo finale di questo giardino sia il fiore.

Non solo questa è una natura selezionata, decorativa e addomesticata, ma l'ordine della sua disposizione è, a differenza della complessità della natura, ridotta a una geometria semplice e comprensibile. Si tratta quindi di una natura selezionata, ordinata semplicemente per creare una rassicurazione simbolica di un mondo benigno e ordinato - un'isola dentro il mondo e separata dal mondo. Eppure persiste la conoscenza che la natura presenta una forma e un aspetto diversi oltre il muro di cinta. Loren Eiseley ha detto che "l'ignoto dentro di noi è collegato alla natura selvaggia". Il giardino simboleggia la natura addomesticata - quella selvaggia è altrove. In realtà è solo l'uomo che si ritiene separato dalla natura ad aver bisogno di tale giardino. Per il panteista, la natura stessa svolge nel modo migliore questo ruolo.


Ogni epoca conobbe una migrazione del potere e, nel Settecento, questo si spostò in Inghilterra, dove sorse quell'improbabile efflorescenza che è l'inizio della concezione moderna. Convinto che una certa unità dell'uomo-natura fosse possibile e potesse essere non solo creata ma idealizzata, un pugno di architetti paesaggisti prese i sogni di poeti e scrittori, le immagini dei pittori del periodo e gli spunti di un ordine affatto diverso dall'orientalista sir William Temple e, attraverso l'opera successiva di William Kent, Humphrey Repton, Lancelot ("Capability") Brown, Uvedale Price, Payne Knight e William Shenstone trasformò quel paesaggio imbellettato dell'Inghilterra nella bella immagine che possiamo vedere attualmente. Nessun'altra società ha mai realizzato una trasformazione tanto benefica del paesaggio. È la più grande creazione di sensibilità e d'arte del mondo occidentale, ed è una lezione ancora in gran parte non appresa.

Nel Settecento inglese, gli architetti paesaggisti "saltarono la recinzione e videro che tutta la natura era un giardino". Al di là della recinzione, "gli uomini videro davanti ai loro occhi una nuova creazione". Il salto non avvenne finché una nuova concezione della natura non scacciò quella vecchia e non fu elaborata una nuova estetica, consona con l'arena allargata.

Partendo da un paesaggio spoglio, un'agricoltura arretrata e un modello medievale di proprietà terriere rarefatte, questa tradizione paesaggistica risanò un'intera campagna, permettendo che quella bella immagine si conservasse fino ai nostri giorni. È una testimonianza della prescienza di Kent, Brown, Repton e dei loro seguaci; pur in assenza di una scienza ecologica, essi usarono le piante per creare delle comunità che rispecchiavano tanto bene i processi naturali che sono giunte sino a noi e si perpetuano.

L'obiettivo funzionale era un paesaggio produttivo, funzionante. Le cime e i fianchi delle colline erano piantati a foresta, grandi prati occupavano i fondivalle, in cui erano creati laghetti e serpeggiavano ruscelli. Il prodotto di questi nuovi paesaggi fu il prato estensivo che sostentava bovini, cavalli e pecore. I boschi fornivano legname (la cui carenza era stata precedentemente lamentata da Evelyn) e sostentavano la selvaggina, mentre gruppi isolati di alberi nei prati fornivano ombra e riparo agli animali al pascolo.

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Pagina 191

La regione metropolitana


Una città occupa un'area di terra e ha una forma di amministrazione; un'area metropolitana occupa anch'essa un'area di terra ma, sul piano amministrativo, non corrisponde a un'unica entità ma a una somma di enti amministrativi di livello e di tipo diversi. Il termine "area metropolitana" è stato coniato per designare l'espansione della vecchia città, ma è opportuno osservare che è più una comodità per i cartografi che il nome di un organismo sociale.

Il sogno americano comprendeva soltanto la casa unifamiliare, la moglie sorridente e i bambini sani, il garage per due automobili, un forno ad altezza d'occhio, il prato all'inglese, la scuola nei pressi e la chiesa di propria scelta. Non vedeva che un lotto non è una comunità, che la somma di tanti lotti che forma un suburbio non è una comunità, che la somma di suburbi che costituisce la periferia urbana non è una comunità, né lo è un'area metropolitana. Non vedeva che la natura che attendeva il lottizzatore era molto diversa dal paesaggio costellato di ranch e case a piani sfalsati.

Così la trasformazione dalla città all'area metropolitana contiene tutte le speranze frustrate di coloro che fuggirono dalla vecchia città in cerca di un'amministrazione pulita, di scuole migliori, di un ambiente salubre e sicuro, di coloro che cercarono di fuggire dagli slum, dalla congestione, dalla criminalità, dalla violenza e dalle malattie.

La forma dello sviluppo metropolitano ha causato molti problemi: l'assenza di un'istituzione, che riduce il potere di prendere decisioni anche locali, quel trauma che è il viaggio per andare al lavoro, la crescente difficoltà di fornire dei servizi comunitari. Forse il problema più grave è la misura in cui il lotto, il suburbio e l'area metropolitana negano il sogno e non sono riusciti a fornire l'immagine sorridente della pubblicità. I pubblicitari trasformarono il sogno in una cosa a buon mercato, fummo lottizzati, e l'istinto a trovare ambienti più naturali divenne l'impulso che distrusse la natura, un ingrediente importante dell'obiettivo sociale della più grande migrazione di popolazione di tutti i tempi.

Occupiamoci ora di questo problema. Negli studi precedenti abbiamo visto che certi tipi di terreno hanno un tale valore intrinseco, o conpiono meglio il lavoro per l'uomo in condizioni naturali o, infine, contengono tali rischi per l'urbanizzazione che non dovrebbero essere urbanizzati. D'altra parte, ci sono altre aree che, per ragioni perfettamente specifiche, sono intrinsecamente adatte agli usi urbani. Questo metodo è stato applicato al bacino del fiume Potomac e alle regioni fisiografiche che lo compongono: non c'è nessuna ragione per cui non dovrebbe poter essere applicato alla regione metropolitana di Washington.

Possiamo quindi assumere come postulato che certe aree sono inadatte all'urbanizzazione e altre sono intrinsecamente adatte. Se il nostro cuore è puro e i nostri istinti sono buoni, le aree che svolgono meglio lavoro per l'uomo allo stato naturale non sono quelle più adatte all'urbanizzazione. Poiché non siamo necessariamente buoni o puri, ma fortunati, accade che, come abbiamo visto in precedenza, se si scelgono otto caratteristiche naturali e le si pone in ordine di valore per il funzionamento dei processi naturali, quel gruppo di caratteristiche, poste nell'ordine inverso, costituisce una misura approssimativa della vocazione per l'urbanizzazione.

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Pagina 246

Prospettive


L'astronauta era soltanto un'invenzione dell'autore, la sua convinzione non serve a nessuno; i Naturalisti sono una finzione e la loro Utopia è introvabile. Rimaniamo noi stessi, immutati; i problemi che affrontiamo sono aumentati impercettibilmente durante la lettura. Siamo come la falena di Thurber, e insistiamo di avere inventato noi stessi la fiamma; la natura è una nostra creazione e la domineremo e soggiogheremo, perché questo è il nostro destino divino. Abbiamo abbandonato l'integrazione quando siamo diventati coscienti e, respingendo la natura, ci avviamo verso la disintegrazione. Ma il futuro ci offre diverse scelte: la più rapida è l'annientamento, quando l'uomo antropocentrico provocherà l'olocausto atomico; l'esplosione demografica è più lenta. L'inedia è reale e prevalente; essa diventerà peggiore, ma il pianto di chi muore di fame può non essere udito da lontano. L'erosione dei diritti umani colpirà prima altri, e le nostre perdite saranno impercettibili; nasceranno dei bambini che altrimenti non conoscerebbero la vita.

La natura verrà violentata e le creature verranno estirpate, perché le pressioni saranno fortissime; chi riesce a far piani a lungo termine quando la sopravvivenza è un problema di oggi? Le città cresceranno come hanno sempre fatto, ampliando la patologia dei loro centri, trasformandosi in necropoli. Quali altre prospettive riuscite a vedere?

Questo libro offre una prospettiva. Esso è formato da prove raccolte da uomini più saggi – piccole pezze tratte dalle brillanti vesti del loro pensiero, raccolte in un'accozzaglia di memorie e di note e ora cucite insieme in un'unica trapunta multicolore. Quando, circa un anno fa, mi imbarcai in questa avventura, non avevo né il coraggio né l'ambizione di fare un lavoro di questo tipo. Le prove, una volta raccolte e messe assieme, reclamarono però più di quanto avessi previsto. Era come un esercizio di aritmetica elementare, quando la somma di una colonna deve essere aggiunta a quella successiva. In questo montaggio, l'imbottita ha perduto gran parte della brillantezza delle sue parti. Ci sono delle incongruenze, le cuciture sono imperfette, ma, alla fine, sebbene il prodotto sia soltanto un'imbottita formata da tante pezze multicolori, non è pur sempre un unico prodotto?

Il processo creativo comporta l'uso di energia e materia a livelli di ordine sempre crescenti? La materia non si può distruggere, ma l'ordine può essere ridotto; non è meglio chiamare la distruzione "riduzione-anticreazione"? È giusto e utile considerare la terra come un unico superorganismo, gli oceani e l'atmosfera come organici? I processi di creazione e riduzione presentano ciascuno delle caratteristiche che si possono classificare come neghentropia ed entropia? L'idoneità e l'adattamento sono metri della creatività negli ecosistemi? Se forma e processo sono semplicemente aspetti di un unico fenomeno dell'essere, ci può essere un concetto di forma intrinseca? E infine, la salute e la patologia sono i criteri più sinottici per la creazione e la riduzione, l'idoneità e l'inidoneità? Se è così, abbiamo un modello. Più ancora, abbiamo dei criteri. Il primo è la neghentropia, l'aumento del grado di ordine. Il secondo è l'appercezione, la capacità di trasformare l'energia in informazione e quindi in significato – e di rispondere a questo. Il terzo è la simbiosi, l'accordo cooperativo che consente di aumentare il grado di ordine e richiede l'appercezione. Il quarto è l'idoneità e l'adattamento – la scelta dell'ambiente adatto e l'adattamento di quell'ambiente, e dell'organismo, in modo da realizzare un adattamento migliore. L'ultimo criterio è la presenza di salute o patologia – la prova dell'adattamento creativo, che richiede neghentropia, appercezione e simbiosi.

Questo modello contiene la possibilità di un inventario di tutti gli ecosistemi per determinarne la creatività relativa nella biosfera. Lo stesso concetto si può applicare ai processi umani. L'agricoltura e la selvicoltura sfruttano semplicemente il prodotto neghentropico della fotosintesi; l'energia idroelettrica utilizza la neghentropia fornita dal ciclo idrologico, ma certi processi industriali – la trasformazione di minerali ferrosi, calcare e carbone in computer – comportano un aumento del grado d'ordine e si possono quindi considerare neghentropici. Tutti i processi biologici richiedono la percezione, ma l'istruzione in generale, e l'arte e la scienza in particolare, ne sono le espressioni umane più avanzate. Il commercio, la politica, la legge e il governo sono principalmente simbiotici, mentre l'architettura, l'architettura del paesaggio, l'ingegneria e l'edilizia sono processi adattativi impegnati nell'adattamento degli organismi e dell'ambiente.

Tutto questo suggerisce un sistema ecologico di valori in cui la moneta corrente è l'energia. C'è un inventario di materia, forme di vita, capacità appercettive, ruoli, idoneità, adattamenti, simbiosi e potenziale genetico. Ottimalmente, il consumo implica l'uso di energia per elevare il livello della materia. La materia non è consumata ma semplicemente riciclata. Quando non è impiegata nel ciclo, assume il ruolo di una riserva. Data una fonte uniforme di energia, il periodo di cattura è essenziale per l'aumento della creatività: il carbone rappresenta una cattura a lungo termine, gli ortaggi freschi solo una cattura a breve termine. L'energia catturata deve inoltre essere trasferita attraverso livelli successivi di organismi, in cui ogni livello sostenta quelli superiori. La biosfera non è però costituita da una piramide di organismi, ma da ecosistemi in cui coesistono molte creature diverse e interdipendenti, ciascuna con i propri processi, appercezioni, ruoli, idoneità, adattamenti e simbiosi. Questo sistema ha come propria moneta corrente una fonte di energia, un inventario di materia, forme di vita ed ecosistemi, e questo inventario contiene delle riserve: i cicli di materiali, di potenziale genetico e culturale. L'energia si degrada ma è sostituita; dell'energia viene fermata nel suo cammino verso l'entropia e questo fa aumentare l'inventario e la capacità creativa della biosfera.

L'applicazione di questo modello richiede complessi inventari ecologici. Per fortuna, recenti progressi tecnologici li facilitano. I satelliti artificiali con analizzatori a distanza con fotografia aerea ad alta risoluzione e stazioni di identificazione al suolo possono fornire ricchi dati e serie temporali sulla dinamica di molti processi naturali. Una volta completati, questi inventari possono essere organizzati in un sistema di valori. Si può determinare non solo il loro valore, ma il loro grado di tolleranza e intolleranza. Questi dati, assieme al concetto di idoneità, costituiscono la maggiore utilità immediata del modello ecologico. Gli ecosistemi si possono considerare adatti per certi usi del suolo in una gerarchia di valori. È allora possibile identificare gli ambienti come adatti a determinati ecosistemi, organismi e usi del suolo. Quanto più intrinsecamente un ambiente è adatto a ciascuno di questi, tanto minore è il lavoro di adattamento necessario. Questo adattamento è creativo. È quindi una soluzione di massimo beneficio/minimo costo.

Questi inventari costituirebbero allora una descrizione del mondo, continente o ecosistema allo studio come processo interattivo, come sistema di valori, come gamma di ambienti che presentano dei gradi di idoneità per organismi, uomini e usi del suolo. Tale sistema avrebbe una forma intrinseca. Si potrebbe vedere che esso presenta gradi di salute e patologia. Oltre ai processi naturali, gli inventari dovrebbero includere anche gli artefatti.

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