Copertina
Autore Peter Molloy
Titolo La vita ai tempi del comunismo
SottotitoloInterviste, vent'anni dopo
EdizioneBruno Mondadori, Milano, 2009, Presente storico , pag. 266, ill., cop.fle., dim. 15,6x23x1,5 cm , Isbn 978-88-6159-338-1
OriginaleThe Lost World of Communism: An Oral History od Daily Life Behind the Iron Curtain
EdizioneBBC Books, London, 2009
TraduttoreAlessandro Storti
LettoreElisabetta Cavalli, 2010
Classe storia sociale , storia: Europa , storia contemporanea , paesi: Germania
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Indice


  1          Introduzione

 11    1.    Gente di partito

 31    2.    Ghetti degli dei

 53    3.    Processi e pene

 71    4.    Eroi del lavoro

 91    5.    Gioventù socialista

111    6.    Homo ludens

131    7.    Gli uomini che abolirono Dio

149    8.    Polizia segreta

167    9.    Salute nazionale

187   10.    Sesso socialista

209   11.    Dissenso

229   12.    Caduta

249          Postfazione

253          Ringraziamenti

255          Indice analitico


 

 

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Pagina 1

Introduzione


                                        Uno spettro si aggira per l'Europa:
                                                  lo spettro del comunismo.

                                               Karl Marx, Friedrich Engels,
                                   Il Manifesto del Partito comunista, 1848



Nel 1989, dietro la cortina di ferro, milioni di persone cambiarono vita: cadde il Muro di Berlino, crollò il comunismo nei paesi dell'Est, e terminò la guerra fredda. Fu un anno di rivoluzione, da annoverare insieme al 1789 e al 1917.

Ma com'era, davvero, la vita degli abitanti dei paesi dell'Est, di fatto imprigionati nel Blocco sovietico? I titoli parlano di spie della guerra fredda, di pattugliamenti della polizia segreta, di repressione politica e di attivismo dissidente, ma non è tutto qui. Dopo la fine della guerra fredda, qualcuno ricordava di aver vissuto una vita "assolutamente normale", altri rimpiangevano le certezze del comunismo e molti altri ancora avevano nostalgia del cameratismo o dei privilegi connessi al potere.

Questo libro raccoglie testimonianze personali uniche, da parte di chi viveva nella Germania Est, in Cecoslovacchia e in Romania ai tempi del comunismo. Le loro memorie evocano gli stati d'animo, le preoccupazioni e le esperienze del mondo perduto del comunismo. Queste tre società erano assai diverse e in modi altrettanto diversi vennero governate.

Nella Germania dell'Est la gente viveva sotto la leadership collettiva di una dittatura monopartitica. Il governo della Romania era in mano a una sola famiglia, quella di Nicolae ed Elena Ceausescu. La Cecoslovacchia, dove il Partito comunista cercava di svincolarsi dal proprio passato stalinista, visse per un breve periodo una forma più democratica di governo comunista. L'insuccesso delle riforme che seguirono l'invasione del 21 agosto 1968 consegnarono la Cecoslovacchia a un ventennio di dittatura e stagnazione, i cosiddetti "anni dell'oblio".

Durante la seconda guerra mondiale, fu l'Unione Sovietica, íl primo stato comunista del mondo, a sostenere il peso maggiore dell'aggressione nazista con oltre ventisette milioni di morti. Non sorprende che, con l'approssimarsi della vittoria, il leader Stalin fosse deciso ad assicurare i confini occidentali del suo paese. A sinistra, nonostante il suo arbitrario regno del terrore, molti continuarono a considerare il maresciallo Stalin una figura emblematica associata alla liberazione dalla tirannia nazista.

I governi comunisti si insediarono nei paesi dell'Est al seguito delle ondate di carri armati sovietici, mentre l'Armata rossa "liberava" i paesi che presto sarebbero stati definiti "Blocco sovietico", e cioè la Cecoslovacchia, la Romania, la Polonia, l'Ungheria, la Bulgaria e in un primo momento l'Albania. Questi paesi, sul piano militare aderirono tutti al Patto di Varsavia, un trattato volto a difendere il socialismo internazionale dalle forze capitalistiche. La Jugoslavia del maresciallo Tito, pur essendo un paese socialista, si svincolò dall'URSS nel 1948.

Nel 1945, a seguito delle conferenze di Jalta e Potsdam tra l'Unione Sovietica e gli Alleati occidentali, l'Europa fu divisa in due sfere d'influenza; la Germania occupata fu ripartita in quattro zone e Berlino fu suddivisa in quattro settori. La strada per la guerra fredda era spianata.

Si trattava di un conflitto ideologico tra un Occidente capitalista e un Oriente comunista, che comprendeva l'Unione Sovietica e i paesi dell'Est. In un discorso tenuto negli Stati Uniti nel marzo del 1946, Winston Churchill osservò, con una certa lungimiranza, il nuovo assetto politico dell'Europa. «Da Stettino, sul Baltico, a Trieste, sull'Adriatico, è scesa una cortina di ferro che attraversa il continente. Dietro quella linea stanno tutte le capitali degli antichi stati dell'Europa Centrale e Orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia: tutte queste famose città e le popolazioni attorno a esse rientrano nell'ambito di quella che devo definire come sfera sovietica, e tutte sono soggette in un modo o nell'altro non solo all'influenza sovietica ma anche a un altissimo, e in molti casi crescente, controllo da parte di Mosca [...] I partiti comunisti, che in tutti questi stati dell'Europa orientale erano molto piccoli, sono assurti a una posizione di preminenza e di potere che supera di gran lunga i loro numeri, e ovunque stanno cercando di ottenere un controllo totalitario... Qualunque conclusione si possa trarre da questi fatti — perché di fatti si tratta —, non è sicuramente questa l'Europa liberata per cui abbiamo combattuto e che abbiamo cercato di costruire.

Il sostegno al comunismo e all'Unione Sovietica variava notevolmente da nazione a nazione. In Cecoslovacchia, il comunismo era già una forza politica significativa ancor prima dell'arrivo dell'Armata rossa e storicamente i cechi e gli slovacchi consideravano l'Unione Sovietica come una forza amica. Un Partito comunista affermato, che godeva del sostegno sovietico, esisteva già nella Cecoslovacchia prebellica. Nel 1938, l'Unione Sovietica era l'unica forza a dichiararsi pronta ad aiutare la Cecoslovacchia, e quando le truppe sovietiche entrarono a Praga, nel maggio del 1945, furono accolte come liberatrici. Nelle elezioni libere del 1946, il Partito comunista ebbe il 38% dei voti: fu la più grande manifestazione di consenso (o adesione?) al comunismo mai espressa nei paesi dell'Est in un'elezione democratica. I comunisti erano il partito di maggioranza ed ebbero un ruolo determinante nel governo di coalizione.

Benché di origini borghesi, lo scrittore ceco Pavel Kohout alla fine della seconda guerra mondiale era un fervente giovane comunista. I motivi della sua conversione al comunismo rispecchiano quelli di molti cecoslovacchi dell'epoca: era deluso dal capitalismo, era sgomento per la resa della Gran Bretagna e della Francia di fronte a Hitler al momento dell'Accordo di Monaco del settembre del 1938, e nel 1945 sostenne i sovietici. «Mio padre non fu protetto dalle sue origini borghesi, né dal fatto di conoscere sette lingue, e rimase disoccupato per quattro anni; quindi la prima esperienza significativa della mia vita è stata la crisi economica, che in questo paese era percepita come un totale fallimento del capitalismo. Volevamo impedire che la Cecoslovacchia, uno dei dieci paesi più industrializzati, fosse colpita dalla stessa crisi che aveva vissuto negli anni trenta.»

«Il secondo motivo, che sentivo ancora più convincente, è stato l'Accordo di Monaco. In Cecoslovacchia veniva considerato come un totale insuccesso delle democrazie occidentali. Gli inglesi e i francesi ci hanno esposti al pericolo quando, nel 1938, Neville Chamberlain ha chiuso l'incontro, prima di rientrare nel suo paese, con la famosa frase "pace con onore". E l'Armata rossa, liberando il paese, ha preparato il terreno affinché la maggioranza della popolazione cambiasse sistema e protettore.»

Il comunismo consisteva nel condividere una visione rivoluzionaria di un mondo più equo; l'industrializzazione e la collettivizzazione avrebbero trasformato l'economia; un nuovo tipo di personalità socialista, con un senso collettivo dei valori, avrebbe trasformato la società. Il principio guida sarebbe stato: «Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue necessità».

Ciò che gli europei dell'Est vissero in quel dopoguerra non aveva tanto a che fare con questa visione utopica, quanto piuttosto con un livello di controllo sociale e politico fuori dal comune, modellato su quello dell'Unione Sovietica di Stalin.

In quest'Europa orientale stalinizzata, l'ideologia ufficiale del comunismo era di stampo marxista-leninista, un misto delle teorie di Marx, Engels, Lenin e dello stesso Stalin. La teoria marxista afferma che quando il popolo si trova in una condizione di "falsa coscienza", e dunque non è in grado di valutare che cosa è meglio per lui, il partito deve adottare un "ruolo guida" e, di conseguenza, deve assumere una funzione di "avanguardia" e agire nel solo interesse del popolo, anche se la sua politica contrasta con la volontà di quest'ultimo.

Tale "ruolo-guida" implicava che il partito mirasse a controllare ogni aspetto della vita del cittadino. Un altro principio guida era l'idea del "centralismo democratico", secondo il quale ogni organo del partito doveva accettare e mettere in pratica le decisioni prese dall'organo superiore; un sistema che investì i leader dell'Ufficio politico (il Politburo) di un potere enorme.

Eppure, insieme alla forza del partito, cresceva la paranoia. Dal momento che tutti i regimi comunisti dei paesi dell'Est erano stati imposti dall'esterno e dall'interno, i capi di stato si sentivano sempre insicuri, poiché, anche nei momenti migliori, non godevano mai dell'appoggio della maggioranza del loro elettorato. Ecco perché gli stati comunisti erano anche stati di polizia.

Uno dei primi regimi comunisti instaurati in Europa orientale fu quello della Romania, dove il Partito comunista era stato un'organizzazione molto piccola fino alla seconda guerra mondiale, che contava meno di mille membri. Durante la guerra, la Romania era stata alleata di Hitler, ma il 23 agosto 1944 il governo filonazista del maresciallo Ion Antonescu fu rovesciato su istigazione del re Michele I con il sostegno, tra gli altri, dei comunisti stessi. I romeni cambiarono alleato e le loro truppe, sbaragliate a Stalingrado, rivolsero allora le armi contro le forze di Hitler. Nel febbraio del 1945, Stalin inviò il suo ministro degli Esteri a Bucarest per organizzare il nuovo governo della Romania. Con un broglio elettorale, il Fronte della democrazia popolare, a maggioranza comunista, riportò una vittoria schiacciante, e due anni dopo re Michele I fu obbligato ad allontanarsi dalla Romania sotto la minaccia delle armi. Il paese, ora nelle mani di un piccolo gruppo di comunisti, ex fascisti e opportunisti, a partire dal 1952 fu controllato da due dittatori: Gheorghe Gheorghiu-Dej e Nicolae Ceausescu.

Come paese socialista, la Romania detenne il discutibile primato di non aver mai intrapreso il processo di destalinizzazione, che invece interessò la maggior parte dei paesi del Blocco orientale dopo la morte dei dittatori. Sotto Nicolae Ceausescu e sua moglie Elena, divenne la dittatura di una sola famiglia, e in questi anni i romeni sperimentarono un tipo di comunismo dinastico alimentato dal narcisismo, dalla paranoia e da una megalomania di stampo nordcoreano.

Nella Germania del dopoguerra, i sovietici controllavano il centro della nazione, tranne una parte di Berlino che ricadde sotto la giurisdizione britannica, americana e francese; a est, alcune zone che erano state tedesche furono assegnate alla Polonia mentre a ovest c'era l'ampia regione che divenne la Repubblica Federale Tedesca (Germania Ovest), con capitale Bonn.

In tutto il suo territorio, la Germania stava affrontando grandi difficoltà. Dopo i bombardamenti alleati, che distrussero addirittura un edificio su quattro, migliaia di persone erano rimaste senza casa; la gente era affamata, e alla povertà si aggiungeva un'inflazione dilagante che riduceva il valore del poco denaro che rimaneva loro in tasca. Psicologicamente, si doveva fare i conti con la sconfitta del regime nazista di Hitler: i crimini commessi in suo nome erano un fardello insostenibile. Moltissime famiglie, inoltre, avevano subito lutti.

La Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR) fu ufficialmente instaurata il 7 ottobre 1949, con capitale Berlino Est. Da quel momento la Germania era formalmente divisa in un Ovest capitalista e in un Est comunista. Il nuovo inno nazionale fu intitolato Risorti dalle rovine; ma i primi tentativi di questa resurrezione furono ostacolati dai sovietici, che trasferirono in madrepatria quel che restava dell'industria tedesca come indennità di guerra. L'economia fu ulteriormente danneggiata da un esodo di popolazione alla ricerca di benessere e libertà nella Germania dell'Ovest.

Berlino, divisa, aveva due amministrazioni: una per l'Est e una per l'Ovest, anche se sotto molti aspetti continuava a funzionare come un'unica città. Nonostante i posti di blocco e le altre restrizioni, i berlinesi potevano spostarsi per la città con una certa libertà; le linee telefoniche, le fognature e i trasporti erano comuni; molta gente abitava in una metà della città e aveva parenti, amici e lavoro nell'altra metà. Anche quando nel 1952 la Germania Est chiuse i confini con la Germania Ovest, per impedire le fughe dalla DDR, non isolò Berlino Ovest fino alla costruzione del Muro nell'agosto del 1961.

Nel 1952, i 1381 chilometri di confine interno tra le due germanie erano stati realizzati con uno spaventoso filo spinato e protetti da guardie armate. Le difese erano rivolte verso l'interno, per tenere a bada i tedeschi dell'Est. Nel 1961, le fortificazioni vennero modernizzate, e si edificò il Muro per fermare la fuga di cervelli dalla Germania Est. Le autorità della Germania Est consideravano il crimine di fuga così grave da meritare la condanna a morte.

Per tutta la durata della sua esistenza, la Germania Est fu governata da un unico partito, il Partito socialista unificato di Germania (Sozialistische Einheitspartei Deutschland, o SED), modellato secondo le direttive sovietiche. Partito e paese ebbero principalmente due leader: Walter Ulbricht e, dal 1971, Erich Honecker. Tra tutti i paesi dell'Est, fu una nazione definita dalla sua ideologia: si considerava socialista, antifascista e moralmente superiore alla sua controparte occidentale. A renderla unica tra tutti gli stati comunisti dell'Europa orientale era anche la sua posizione di avamposto occidentale dell'impero sovietico, sulla linea del fronte della guerra fredda in una Germania divisa.

In Cecoslovacchia, il comunismo oscillò tra gli estremi dello stalinismo e il tentativo di riformare il sistema, intento che andò in fumo nel 1968 con l'invasione da parte delle truppe di cinque paesi del Patto di Varsavia. Per evitare incidenti, il leader cecoslovacco Alexander Dubcek ordinò all'esercito nazionale di non opporre resistenza. Fu subito sostituito da Gustáv Husák e, dopo un'epurazione dai riformatori, tutti i posti importanti furono assegnati a comunisti della linea dura e a figure di opportunisti. Le truppe sovietiche occuparono il territorio ceco fino al 1991.

L'amarezza provata da larga parte della società non sarebbe passata tanto facilmente. Nel 1969, lo studente Jan Palach si uccise dandosi fuoco in piazza San Venceslao, a Praga, per protesta contro l'intervento dei paesi del Patto di Varsavia. Dopo di lui, altri due studenti lo imitarono.

Naturalmente, mentre i regimi dei paesi dell'Est si possono a buon diritto definire comunisti, l'esperienza della gente non fu quella del comunismo, ma quella di varie forme di socialismo di stato che, a detta dei regimi, andava nella direzione di un'utopia comunista.

Dopo il fallimento dei tentativi di riforma del socialismo alla sovietica in Cecoslovacchia, per un mutamento significativo dall'interno del Partito comunista si dovette attendere Michail Gorbacëv, leader sovietico dal 1985, con il suo programma di glasnost' (trasparenza) e perestrojka (ristrutturazione).

Il crollo del comunismo in Europa nel 1989 fu improvviso e inaspettato. Giunse con la fine dell'impero sovietico, ma al suo collasso contribuirono svariati fattori interni a ogni stato socialista. In Germania Est, uno di questi fattori fu la rabbia diffusa per i brogli elettorali. Altre cause concomitanti significative furono la fragilità dell'economia e la frustrazione legata alle restrizioni sulla mobilità imposte dal governo.

Anche le reazioni alla fine del comunismo variarono da paese a paese. Nella DDR fu chiaro che molti di quelli che manifestavano in piazza a Berlino e in altre città non desideravano tanto la fine della Germania Est quanto la costituzione di un socialismo di tipo diverso. In Romania, un forte squilibrio nella bilancia dei pagamenti era avvenuto dopo che consistenti finanziamenti occidentali erano stati dilapidati in progetti industriali fallimentari. Ceausescu, quindi, nel tentativo di ripagare il debito, iniziò a esportare i principali prodotti agricoli del paese. I lavoratori agricoli della Romania, un tempo considerata il granaio d'Europa, si trovarono ad affrontare la fame dopo che i loro raccolti furono destinati all'esportazione. Con il peggioramento delle condizioni economiche, il livello di povertà aumentò e si diffuse. Ceausescu, dal canto suo, viveva comodamente insieme alla famiglia nelle proprie ville e "palazzi".

Eppure non era chiaro se la caduta di Ceausescu fosse dovuta a una manovra di partito o a una rivoluzione popolare, sicché i rumeni si domandarono quanto la situazione fosse realmente cambiata. In Cecoslovacchia, fu il potere del popolo a spazzare via il governo monopartitico in una rivolta durata dieci giorni.

Alla fine, il comunismo si dimostrò un fallimento tanto intellettuale quanto morale. Il modo in cui la polizia segreta trattò gli ex membri del partito non è che un esempio del crollo morale del sistema. Nel 1977, Pavel Kohout, l'ex stalinista che aveva fissato le proprie nozze nel giorno della nascita di Stalin, che aveva scritto odi in onore del leader sovietico e aveva sostenuto i processi-farsa stalinisti degli anni cinquanta, aderiva ora a Charta 77, il gruppo per il rispetto dei diritti umani. Negli anni seguenti, divenne un membro di spicco all'interno del movimento e il bersaglio di un piano di eliminazione da parte della StB (Státní bezpecnost, i servizi segreti cecoslovacchi).

«La polizia segreta cercava di convincere due vigili urbani di Kutná Hora a provocare un incidente automobilistico in cui io sarei dovuto morire» ricorda. «I due tornarono a casa in silenzio. Quando arrivarono a Kutná Hora, si domandarono cosa fosse il caso di fare. Uno di loro chiese: "Era un ordine?". L'altro rispose: "Era un consiglio". E il primo disse: "Lasciamo perdere, mi puzza". Dopodiché, non ottennero mai una promozione e io non fui ucciso.»

Le conseguenze nefaste più durature derivarono dalla rovina morale inflitta dal comunismo all'Europa dell'Est. Come afferma Václav Havel più avanti nel libro: «Ci vorranno altre due generazioni prima che l'impronta del comunismo sia cancellata».

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5. Gioventù socialista


                Il bambino deve essere spinto all'amore più profondo
                per la Germania Est, e al più profondo impegno
                nel programma socialista, e allo sdegno più intenso
                per gli imperialisti nemici del nostro popolo.

                Manuale di istruzioni per i docenti del futuro, 1970



La società socialista aveva bisogno di una popolazione coesa. Invece di individui competitivi ed egoisti, come quelli che popolavano l'Occidente capitalista, ci volevano socialisti che lavorassero con abnegazione per il bene collettivo.

Questi ideali utopici forgiati nella mente di vecchi baluardi richiedevano una partecipazione entusiasta da parte dei giovani. Per raggiungere tali obiettivi, si riteneva che i giovani dovessero sviluppare una "personalità socialista", che ufficialmente consisteva nell'avere una "prospettiva di classe" basata su una visione del mondo di stampo marxista-leninista; dovevano essere "pervasi da pensieri sociali e praticare azioni comuni" e dotati di "eccellenti qualità mentali, fisiche e morali".

Così, l'educazione della gioventù socialista divenne una questione politica e ideologica. Gli obiettivi della collettività avevano la priorità sui desideri individuali e il partito era più importante della famiglia. Lo stile di vita, la moda e la lunghezza dei capelli erano aspetti che interessavano le autorità comuniste.

Anche il sistema scolastico era strutturato in modo da rafforzare tali istanze, in quanto orientato soprattutto verso la classe operaia: i programmi didattici comprendevano materie come il marxismo-leninismo e la loro conformità agli obiettivi socialisti era garantita dalla presenza di informatori della Stasi nelle scuole. L'insegnamento aveva anche finalità produttive: ciascuno sceglieva il proprio percorso di studi in base alle priorità economiche dello stato.

I titoli accademici non bastavano a garantire l'accesso al proseguimento degli studi. Requisiti importanti erano la fedeltà politica, l'appartenenza alla classe operaia, l'ateismo e la partecipazione ai movimenti giovanili comunisti.

Il partito creava organizzazioni di massa per controllare e indirizzare le energie dei giovani. In Germania Est, la Libera gioventù tedesca (Freie Deutsche Jugend, FDJ) aggregava i giovani sopra i quattordici anni a fini politici. Per i ragazzi tra i sei e i dieci anni c'era l'associazione Giovani pionieri (Junge Pioniere), per quelli dai dieci ai quattordici l'associazione Pionieri di Ernst Thälmann (Pionierorganisation Ernst Thälmann, che prendeva il nome da un comunista ucciso dal regime di Hitler).

Questi gruppi avevano molti lati positivi: organizzavano vacanze, eventi sportivi e perfino serate in discoteca, ma costituivano anche un campo di addestramento per i leader del futuro. Erich Honecker e Egon Krenz, due leader del Partito comunista della Germania Est, erano stati a capo della FDJ. I tedeschi dell'Est aderivano numerosi a queste organizzazioni, secondo quella che è stata definita "dittatura partecipatoria". Nel 1952, due terzi dei giovani sopra i quattordici anni erano membri della FDJ. Dopo numerosi alti e bassi, il numero di iscritti aumentò gradualmente dalla fine degli anni sessanta fino alla seconda metà degli anni ottanta, per poi diminuire nel 1987, quando le condizioni della DDR cominciarono a peggiorare.

Per quanto l'appartenenza alle associazioni giovanili non fosse obbligatoria, una mancata iscrizione poteva comportare gravi conseguenze per la carriera scolastica e quella professionale. Ciononostante esistevano i renitenti, in genere spinti da motivazioni religiose.

La FDJ collaborava anche con la polizia di stato e con il Ministero della Sicurezza interna tramite unità disciplinari, che prendevano di mira comportamenti inaccettabili come la Rowdytum (una condotta antisociale, per esempio l'informazione attraverso i media occidentali), l'assenza dal lavoro o, più in generale, il lasciarsi influenzare dall'imperialismo occidentale del "nemico di classe". Un'operazione di particolare rilievo per la FDJ fu la campagna "Testa di bue" del settembre del 1961, con la quale veniva denunciato chi aveva un'antenna televisiva puntata verso ovest. Le squadre della FDJ avevano l'ordine di puntare nuovamente le antenne verso est.

Nel 1954 i comunisti rilanciarono una cerimonia laica, la Jugendweihe. Si trattava di celebrare l'entrata in società dei quattordicenni, con la quale il regime ateo intendeva sostituire la cresima. La reintroduzione della Jugendweihe fu da principio molto discussa, ma nel 1989 era già molto diffusa.

Chi partecipava alla cerimonia si votava agli ideali dello stato. Nel giuramento del 1985 si leggevano le parole: «Siete preparati, da veri patrioti, ad approfondire l'amicizia con l'Unione Sovietica, a rinsaldare la fratellanza con i paesi socialisti, a combattere nello spirito dell'internazionalismo proletario, a proteggere la pace e a difendere il socialismo da qualunque attacco imperialista?». Questa era una delle molte domande a cui i giovani rispondevano: «Sì, lo giuriamo!».

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7. Gli uomini che abolirono Dio


                        La religione è il sospiro della creatura oppressa,
                                          l'anima di un mondo senza cuore,
                            lo spirito di una condizione priva di spirito.
                                                     È l'oppio dei popoli.

                              Karl Marx, Critica della filosofia hegeliana
                                                del diritto pubblico, 1844



Il comunismo è un'ideologia atea. Il grande vanto della rivoluzione bolscevica, scoppiata in Russia nel 1917, era che tutte le chiese sarebbero state trasformate in musei. I comunisti pensavano – a buon diritto – che la religione rivaleggiasse con loro sia nel campo della fede sia in quello politico. Di conseguenza, tutti i regimi comunisti dei paesi dell'Est cercarono, in momenti e con esiti diversi, di sopprimere, assorbire e controllare le religioni organizzate.

Alcune religioni erano più concilianti di altre e, dopo la caduta del comunismo nel 1989, molti si stupirono della scoperta che le chiese avevano collaborato con i regimi comunisti e con la polizia segreta. Questo valeva soprattutto per la chiesa ortodossa rumena. Ma in altri casi, le chiese opponevano resistenza o fungevano da catalizzatore per chi faceva altrettanto. La chiesa protestante della Germania Est fu una delle poche istituzioni a conservare un certo grado di autonomia.

In Cecoslovacchia nacque la "chiesa segreta", un movimento clandestino molto influente che comprendeva ecclesiastici e laici, principalmente di rito cattolico romano, ma anche chiese ortodosse e protestanti. Nel 1948, la leadership comunista cecoslovacca descriveva la chiesa cattolica come "il nemico ultimo e più pericoloso". Di conseguenza, fu quella che subì il colpo più violento dell'attacco comunista alla religione. I comunisti approvarono leggi che sancivano il pignoramento di molte proprietà terriere della chiesa, bandirono le scuole cattoliche e vietarono di esporre crocifissi in pubblico.

Il Partito comunista creò anche una serie di gruppi pseudoreligiosi. Nel 1949 fu fondata la Katolická akce (Azione cattolica), ma i suoi membri furono scomunicati dal Vaticano. Nel 1951 fu la volta di Mírové hnutí katolického duchovenstva (Movimento pacifista ecclesiastico cattolico, MHKD), seguito a distanza di vent'anni dall'associazione Pacem in terris. Tutte e tre le organizzazioni si dimostrarono disposte a fare il lavoro sporco per il regime.

Nel marzo del 1950, alcuni preti cattolici furono sottoposti a un processo-farsa, dopo che la polizia segreta aveva introdotto armi in un monastero per usarle come prova di attività sovversiva. In seguito alle torture subite, tutti gli accusati confessarono di aver preso parte ad attività di spionaggio e di sabotaggio e furono condannati a molti anni di carcere. Poco dopo, la notte del 13 aprile 1950, furono chiusi 216 monasteri cecoslovacchi. Circa 2400 monaci afferenti a 28 ordini diversi furono internati in "conventi di concentramento". Quello stesso anno molti dei 339 conventi della Cecoslovacchia furono posti sotto sequestro dallo stato. Oltre 12000 suore cattoliche vennero arrestate. La maggior parte degli ecclesiastici fu incarcerata, mandata nei campi di lavoro oppure obbligata a prestare servizio militare. Alcuni furono addirittura assassinati. Fu la continua persecuzione nei confronti della chiesa cattolica romana a portare alla creazione della chiesa clandestina, o "segreta".

Quel che restava della chiesa "ufficiale" si trasformò presto in un'entità collaborazionista, o al massimo latente. Viste le circostanze, il Vaticano permise l'ordinazione di nuovi preti e vescovi che operassero clandestinamente. Venivano ordinati in segreto e conducevano una doppia vita. Nelle ore diurne facevano gli operai nelle fabbriche o nelle fattorie e ottemperavano ai loro doveri religiosi a porte chiuse.

Le istruzioni da Roma prevedevano che ci fossero sempre due vescovi, "uno nascosto, uno attivo". Questo movimento fu particolarmente forte in Slovacchia, dove la confessione cattolica romana era più radicata — e dove pertanto le reprimende governative furono più severe.

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10. Sesso socialista


                    Le donne [della Germania] Est si divertivano di più,
                     lo sanno tutti. I livelli di orgasmo erano più alti
                     nell'Est, tutti gli studi lo dimostrano. Dopotutto,
                       era una società proletaria. Niente preoccupazioni
                              borghesi sulla castità fino al matrimonio.

                             Sconosciuta quarantenne della Germania Est,
                        negli anni novanta, citata in Sex After Fascism,
                                                        di Dagmar Herzog



La Germania Est sviluppò una cultura sessuale tutta propria. Inizialmente vennero proclamati i vantaggi sessuali del socialismo – socialismo voleva dire più amore e sesso migliore. L'idea del sesso socialista rientrava nella propaganda del SED (Partito socialista unitario della Germania) iniziata nell'ottobre del 1949 per accattivarsi le simpatie della maggioranza dei cittadini poco attratti dal socialismo. Il fatto che sotto il comunismo il sesso non fosse in vendita venne molto sfruttato dalla propaganda, e in effetti la prostituzione e la pornografia erano vietate. Si affermava che il socialismo fornisse le condizioni migliori per un amore duraturo, in cui le donne – con il sostegno dello stato – non dovevano vendersi con il matrimonio per sopravvivere finanziariamente. L'impegno nel socialismo, e quindi nel futuro, si diceva, avrebbe favorito tutte le relazioni romantiche.

Non sempre andava così. In Germania Est, gli anni cinquanta furono caratterizzati da una corrente di conservatorismo sociale e sessuale che pareva fare capo alla rigidità del Politburo. Il sesso era visto come una distrazione dagli obiettivi socialisti.

Eppure, anche negli anni cinquanta, alcuni medici della Germania Est incoraggiavano con entusiasmo il sesso prematrimoniale. La promiscuità era condannata, ma il sesso prima del matrimonio era considerato salutare e normale. Questo governo laico era ben felice di scoraggiare il moralismo cristiano, favorendo così tra i tedeschi dell'Est – con il tempo — un atteggiamento più rilassato nei confronti del sesso. Il manuale di maggior successo negli anni cinquanta, Il nuovo libro del matrimonio, incoraggiava il sesso prematrimoniale tra i giovani dai diciannove ai venticinque anni, e si limitava a sconsigliare i rapporti sessuali "regolari" ai ragazzi tra i quattordici e i diciotto anni. Questo consiglio restava valido anche nei casi di gravidanze esterne al matrimonio.

Negli anni settanta, i tedeschi dell'Est avevano deciso che il sesso e il corpo erano ambiti in cui si sarebbero ritagliati un certo grado di libertà. Da molto tempo la nudità faceva parte della cultura tedesca, e la FKK (Freikörperkultur, cultura del corpo libero) divenne un elemento importante della società della Germania Est. Dalla metà degli anni sessanta, un numero sempre maggiore di tedeschi dell'Est trovava ammissibile fare il bagno nudi, e negli anni settanta il nudo integrale era normale sulle spiagge e in altri luoghi di villeggiatura.

Anche a casa, per bambini e adulti, la nudità divenne più comune, soprattutto per la generazione che era nata e cresciuta nello stato della Germania Est. Spesso, per i figli di queste famiglie, il nudismo era la norma. Le case in cui il nudismo faceva parte della vita quotidiana erano tendenzialmente quelle in cui i genitori propugnavano un atteggiamento progressista riguardo al sesso. Questa seconda generazione di tedeschi dell'Est sviluppò verso tutti gli aspetti della sessualità una prospettiva molto più liberale e tollerante di quella che l'aveva preceduta.

La Germania Est, più che una rivoluzione sessuale, ebbe un'evoluzione. Negli anni settanta, il SED dichiarò il proprio sostegno all'attività eterosessuale prematrimoniale e alla maternità esterna al matrimonio. L'aborto fu legalizzato nel 1972, e allo stesso tempo venne introdotta la pillola anticoncezionale. Un importante obiettivo del governo era porre fine alla cultura della vergogna che circondava la maternità illegittima. Questo incoraggiò, in Germania Est, un atteggiamento libero nei confronti del sesso. Nel 1989 un bambino su tre era nato al di fuori del matrimonio.

Il ruolo della donna nella società della Germania Est era un fattore chiave della cultura sessuale che si sviluppò nel paese. Dopo la seconda guerra mondiale, le donne della zona di occupazione sovietica erano assai più numerose degli uomini, molti dei quali erano caduti durante il conflitto. Di conseguenza, le donne erano molto richieste sul mercato del lavoro.

Inoltre, era diffusa la fede marxista nella necessità di "emancipare" le donne in conformità agli obiettivi della collettività. La parità fu sancita dalla Costituzione del 1949, che prevede che uomini e donne abbiano uguali diritti, tra cui quello di lavorare e di percepire pari salario a parità di lavoro. Nel 1950, la legge per la protezione della madre e del bambino e dei diritti della donna introdusse nuove misure di sostegno pratico. L'istituzione di asili nido e di svariate strutture per l'assistenza dei bambini, il miglioramento dei servizi medici e ospedalieri, il diritto al lavoro e l'aumento dei sussidi finanziari, tutto sottolineava il sostegno dello stato alla donna.

In pratica, questa "emancipazione" delle donne della Germania Est era vera solo fino a un certo punto. Tuttavia, il fatto che alcune donne ricoprissero ruoli di responsabilità e posizioni di potere nella vita professionale e pubblica, e che gli uomini riuscissero ad accettare l'autorità di una donna sul lavoro, e che altri si lasciassero mantenere dalla moglie, tutto contribuiva a ridefinire il rapporto tra i due sessi. E questo si rifletteva anche sul piano sessuale.

A metà degli anni sessanta, con l'istituzione di servizi di consulenza matrimoniale e sessuale, il sex counselling divenne un'industria in crescita. Molta enfasi veniva data all'incremento del piacere sessuale della donna. Per esempio, nelle scuole veniva proiettato un documentario sponsorizzato dal Museo dell'igiene di Dresda, sul tema dell'orgasmo femminile e sulle diverse posizioni da assumere durante i rapporti.

Gli esperti affermavano che le donne della Germania Est gradissero maggiormente il sesso, e che avessero più orgasmi di quelle occidentali. In generale, si diceva che a letto le donne della Germania Est si divertivano di più. È interessante il fatto che in Germania Est il libro più venduto di tutti i tempi sia stato il manuale di sesso di Siegfried Schnabl, Mann und Frau intim ("Uomo e donna nell'intimità"), del 1989, che conteneva consigli per aumentare l'orgasmo femminile e promuoveva il sesso fine a se stesso. Manteneva la posizione di testa nelle classifiche di vendita, insieme a un manuale di giardinaggio.

Alla fine, l'interesse sessuale trovò nuovi sbocchi: foto di nudi, spogliarelliste e danzatrici erotiche, ragazze da copertina, film licenziosi e animazioni pornografiche. Negli anni ottanta, la tradizionale fama di una Germania Est rurale e conservatrice doveva confrontarsi con il libertinaggio sessuale delle grandi città. A metà del decennio, la danza erotica e lo spogliarello cominciarono a decollare. Chi si esibiva doveva ottenere una licenza delle autorità locali, ma questi controlli venivano sempre più spesso elusi, tralasciati o ignorati.

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Postfazione


                                Cos'è il comunismo? È la strada più lunga
                                             da un capitalismo all'altro.

                                           Barzelletta dei paesi dell'Est



A vent'anni dalla caduta del comunismo nell'Europa dell'Est, esistono ancora zone in cui resiste una visione edulcorata del passato. Nell'attuale Germania unificata, anche chi è troppo giovane per avere memoria della vita sotto il comunismo può soffrire di Ostalgia (la nostalgia della vecchia Germania Est). A rafforzare questi sentimenti di rimpianto ha contribuito il successo di alcuni film, come la commedia del 2003 Goodbye Lenin. Di conseguenza, è nata un'industria sul ricordo del passato comunista.

Le danzatrici erotiche come le modelle di Magdeburgo facevano spettacoli di spogliarello indossando uniformi dell'esercito della Germania Est. I gruppi musicali come le Easty Girls intonavano inni comunisti su ritmi techno, intervallati da stacchi rap tratti dai discorsi di Erich Honecker. A un certo punto, si era pensato di aprire un piccolo parco a tema sulla Germania Est, "Ossie World". Le agenzie di viaggi organizzavano – e organizzano tuttora – degli "Ostalgia tours". Il design della Germania Est e il kitsch comunista godono di un certo fascino: i preservativi comunisti, la Vita Cola (la risposta della Germania Est alla Coca-Cola) oppure il gas di scarico della Trabant venduto in lattina, tutti prodotti di mercato della Ostalgia. Nel 2007, a Berlino, è stato aperto un ostello della gioventù dedicato alla Germania Est, l'Ostel.

Ancora più significativo è il fatto che, immediatamente dopo la caduta della cortina di ferro, siano emerse moltissime difficoltà per i paesi ex comunisti, che dovevano fare i conti con il passato e prepararsi per il futuro. Ciò è vero soprattutto per la Germania, che si trovava ad affrontare la sfida dell'unificazione. Molti abitanti dei paesi dell'Est scoprirono presto che anche il capitalismo, con la sua disoccupazione e il suo individualismo, era un sistema imperfetto. E non erano in molti ad accettare le tinte fosche con cui veniva dipinta la loro vita passata. Per dirla con le parole dell'attrice della Germania Est Corinna Harfouch: «Non riconosco il mio paese nelle descrizioni della stampa e dei media. Non avevamo soltanto l'autunno e l'inverno. Avevamo anche la primavera e l'estate. Nella vita, non c'era solo la Stasi».

Non meno forti le parole della cantante della Germania Est Chris Doerk, che come molti altri compatrioti ancora si sente cittadina della DDR: «Mi fa arrabbiare sentir parlare sempre e solo della Stasi e di chissà che altro. Ogni tanto ho l'impressione che pensino che noi vivessimo in capanne d'argilla. C'è gente che parla del nostro paese in termini assurdi: "Nella DDR, i pezzi grossi facevano la bella vita, e la gente moriva di fame nelle strade". E io mi chiedo: "Ma stiamo parlando dello stesso paese?". Perché dove vivevo io, queste cose non succedevano. Non che io abbia nostalgia, io vivo nel presente, però ci sono molte cose della DDR che mi mancano. La rete sociale, gli asili — le lavoratrici potevano lasciare i bambini al kindergarten — e l'arte e la cultura avevano molto più valore. Molte persone dicono che oggi si sta peggio. D'accordo, si può viaggiare, però quando si è disoccupati e non si guadagna, non si viaggia più. Sono queste le cose che fanno arrabbiare la gente. Io non vivevo male, nella DDR».

Anche se sono in pochi ad auspicare un ritorno al governo comunista, alcuni rimpiangono certi aspetti della vita sotto il comunismo. Walter Womacka, un famoso artista del réàlismo socialista della Germania Est, maledice la perdita dei sussidi per l'arte, tipici della DDR. «L'arte aveva molta importanza, nella Germania Est. Ci si investiva molto, e i risultati di quegli investimenti erano sotto gli occhi di tutti. Oggi, i tedeschi dell'Est abituati a vedere l'arte pubblica, quadri, sculture, concerti, rappresentazioni teatrali, sono molto delusi da quel che è accaduto. Per esempio, oggi i biglietti del teatro sono molto costosi, e quindi soltanto pochi eletti possono permetterseli. Per non parlare delle sovvenzioni all'arte.»

«Prendiamo il mio campo, le belle arti. All'Albertinum di Dresda, ogni quattro anni c'era una grande esposizione collettiva di arte contemporanea. All'inizio erano i sindacati a portare la gente alle mostre, ma poi non era più necessario, l'arte era interesse di tutti, e i visitatori avevano cominciato a presentarsi volontariamente. All'ultima esposizione c'era più di un milione di persone. Oggi la gente continua a chiedersi perché queste cose non succedono più. I musei organizzavano anche molte esposizioni personali. Si promuovevano anche gli esordienti. Sono tutte conquiste che la gente si ricorda ancora, ma che oggi sono scomparse.»

«Il Muro non piaceva a nessuno. Però aveva un suo scopo. Nessuno si aspettava che sparisse in quel modo, e così in fretta, per giunta. È stato uno di quei momenti storici che possono tornare a vantaggio o a svantaggio.»

«Sicuramente mi manca il modo in cui la gente viveva insieme. Vivere uno accanto all'altro era bello, nella DDR. Molti ex cittadini della DDR lo rimpiangono ancora oggi. Le questioni finanziarie non contavano niente, mentre oggi sono più importanti di qualunque altra cosa, perché dipende tutto dai soldi. La cosa bella della Germania Est era il modo in cui ci si fidava l'uno dell'altro, e si raccontavano i propri affari anche ai concorrenti. Oggi sarebbe impossibile. Sono queste, le cose che mi mancano.»

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