Copertina
Autore Jacques Monod
Titolo Il caso e la necessità
Sottotitolosaggio sulla filosofia naturale della biologia contemporanea
EdizioneMondadori, Milano, 1971 [1970], Biblioteca della EST , pag. 168, dim. 155x210x14 mm
OriginaleLe hasard et la nécessité [1970]
TraduttoreAnna Busi
Classe biologia , evoluzione , filosofia
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Indice


     PREFAZIONE                                           11

   I OGGETTI STRANI                                       17

     Il naturale e l'artificiale, 17.
     Le difficoltà di un programma spaziale, 19.
     Oggetti dotati di un progetto, 21.
     Macchine che si costruiscono da sé, 22.
     Macchine che si riproducono, 23.
     Le proprietà strane: invarianza e teleonomia, 24.
     Il 'paradosso' dell'invarianza, 27.
     La teleonomia e il principio di oggettività, 29.

  II VITALISMI E ANIMISMI                                 31

     Dilemma fondamentale: il rapporto di priorità tra
            invarianza e teleonomia, 31.
     Il vitalismo metafisico, 33.
     Il vitalismo scientistico, 34.
     La 'proiezione animistica' e la 'antica alleanza', 36.
     Il progressismo scientistico, 37.
     La proiezione animistica nel materialismo dialettico,
            38.
     La necessità di un'epistemologia critica, 41.
     Il fallimento epistemologico del materialismo
            dialettico, 42.
     L'illusione antropocentrica, 44.
     La biosfera: un evento strano non deducibile dai primi
            principi, 45.

 III I DIAVOLETTI DI MAXWELL                              47

     Le proteine, agenti molecolari della teleonomia
            strutturale e funzionale, 47.
     Le proteine enzimatiche, catalizzatori specifici, 49.
     Legami covalenti e non covalenti, 53.
     Il concetto di complesso stereospecifico non covalente,
            56.
     Il diavoletto di Maxwell, 57.

  IV LA CIBERNETICA MICROSCOPICA                          59

     Coerenza funzionale dell'apparato cellulare, 59.
     Proteine regolatrici e logica delle regolazioni, 60.
     Meccanismi delle interazioni allosteriche, 64.
     Regolazione della sintesi degli enzimi, 67.
     La nozione di gratuità, 70.
     L'olismo e il riduzionismo, 71.

   V L'ONTOGENESI MOLECOLARE                              73

     L'associazione spontanea delle subunità nelle proteine
            oligomere, 74.
     La strutturazione spontanea di particelle complesse, 75
     Fenomeni morfogenetici microscopici e macroscopici, 77.
     Struttura primaria e struttura globulare delle proteine
            , 79.
     La formazione delle strutture globulare, 81.
     Il falso paradosso dell'"arricchimento" epigenetico, 82
     L'ultima ratio delle strutture teleonomiche, 83.
     L'interpretazione del messaggio, 84.

  VI INVARIANZA E PERTURBAZIONI                           86

     Platone e Eraclìto, 86.
     Gli invarianti anatomici, 88.
     Gli invarianti chimici, 88.
     Il DNA come invariante fondamentale, 90.
     La traduzione del codice, 92.
     L'irreversibilità della traduzione, 94.
     Le perturbazioni microscopiche, 95.
     Indeterminazione operativa e indeterminazione
            essenziale, 96.
     L'evoluzione: creazione assoluta e non rivelazione, 98.

 VII L'EVOLUZIONE                                         99

     Il caso e la necessità, 99.
     La ricchezza della fonte di eventi casuali, 100.
     Il 'paradosso' della stabilità delle specie, 101.
     L'irreversibilità dell'evoluzione e il secondo
            principio della terinodinamica, 102.
     L'origine degli anticorpi, 103.
     Il comportamento come agente che orienta le pressioni
            selettive, 104.
     Il linguaggio e l'evoluzione dell'uomo, 106.
     L'apprendimento primario del linguaggio, 110.
     L'apprendimento del linguaggio, programmato nello
            sviluppo epigenetico del cervello, 111.

VIII LE FRONTIERE                                        113

     Le frontiere attuali della conoscenza biologica, 113.
     Il problema delle origini, 114.
     L'enigma dell'origine del codice, 116.
     L'altra frontiera: il sistema nervoso centrale, 118.
     Le funzioni del sistema nervoso centrale, 121.
     L'analisi delle impressioni sensoriali, 122.
     L'empirismo e l'innatismo, 123.
     La funzione di simulazione, 125.
     L'illusione dualístíca e la presenza dello spirito,127.

  IX IL REGNO E LE TENEBRE                               129

     Pressioni selettíve nell'evoluzíone umana, 129.
     I pericoli di degradazione genetica nelle società
            moderne, 131.
     La selezione delle idee, 133.
     L'esigenza di una spiegazione, 134.
     Le ontogenie mitiche e metafisiche, 135.
     La rottura dell'antica alleanza animistica e il male
            dell'anima moderna, 136.
     I valori e la conoscenza, 138.
     L'etica della conoscenza, 141.
     L'etica della conoscenza e l'ideale socialista, 142.

     APPENDICI                                           145

   I LA STRUTTURA DELLE PROTEINE                         147
  II GLI ACIDI NUCLEICI                                  151
 III IL CODICE GENETICO                                  155
  IV SUL SIGNIFICATO DEL SECONDO PRINCIPIO
     DELLA TERMODINAMICA                                 159

     INDICE ANALITICO                                    161

 

 

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Pagina 11

Prefazione


La Biologia occupa, tra le scienze, un posto marginale e centrale al tempo stesso. Marginale in quanto il mondo vivente rappresenta solo una parte minima e assai 'speciale' dell'universo noto, di modo che lo studio degli esseri viventi non rivela mai in apparenza leggi generali applicabili al di fuori della biosfera. Ma se, come credo, l'ambizione ultima della Scienza consiste proprio nel chiarire la relazione tra uomo e universo, allora bisogna riconoscere alla Biologia un posto centrale poiché, tra tutte le discipline, essa tenta di raggiungere più direttamente il nocciolo delle questioni che è indispensabile risolvere prima di poter anche solo porre in termini che non siano metafisici il problema della 'natura umana'.

La Biologia è dunque, per l'uomo, la più significativa di tutte le scienze, quella che ha già contribuito, forse più di ogni altra, alla formazione del pensiero moderno, profondamente sconvolto e irreversibilmente segnato in tutti i campi - filosofico, religioso e politico - dall'avvento dell'evoluzionismo. Tale teoria, per quanto la sua validità fenomenologica fosse stata accertata fin dagli ultimi anni del XIX secolo e pur dominando essa tutta la Biologia, era destinata però a rimanere in sospeso finché non si fosse elaborata una teoria fisica dell'eredità.

Ancora trent'anni or sono, nonostante i successi della genetica classica, la speranza di riuscire in questo intento sembrava quasi una chimera e invece proprio questo è il contributo dato oggi dalla teoria molecolare del codice genetico. Uso qui l'espressione 'teoria del codice genetico' in senso lato, per includervi non solo le nozioni relative alla struttura chimica del materiale ereditario e dell'inforinazione che esso porta, ma anche i meccanismi molecolari di espressione, morfogenetica e fisiologica, di tale informazione. Così definita, la teoria del codice genetico costituisce la base fondamentale della Biologia. Il che non significa affatto, s'intende, che le strutture e le funzioni complesse degli organismi possano essere dedotte da essa e neppure che siano sempre direttamente analizzabili in scala molecolare (così come non si può né predire né risolvere tutta la Chimica alla luce della teoria quantistica che pur ne costituisce, indubbiamente, la base universale).

Ma anche se la teoria molecolare del codice non può oggi (e probabilmente non potrà mai) prevedere e risolvere tutta la biosfera, essa costituisce tuttavia fin d'ora una teoria generale dei sistemi viventi. Non esisteva nulla di simile nelle conoscenze scientifiche antecedenti l'avvento della biologia molecolare. Il 'segreto della vita', che allora poteva sembrare inaccessibile nel suo stesso principio, è oggi in buona parte svelato. Quest'importantissimo avvenimento dovrebbe assumere, a quanto pare, un peso enorme nel pensiero contemporaneo non appena il significato generale e la portata di tale teoria saranno compresi e apprezzati anche al di fuori del ristretto cerchio degli specialisti. Spero che questo saggio potrà favorire una simile comprensione: più che le nozioni della biologia molecolare in sé e per sé ho tentato in effetti di mettere in luce la loro 'forma' e di precisare i rapporti logici che esse hanno con altri campi del pensiero.

Oggi è poco prudente per un uomo di scienza inserire il termine 'filosofia', sia pur 'naturale" nel titolo o nel sottotitolo di un'opera: è il modo migliore per farla accogliere con diffidenza dagli scienziati e, per bene che vada, con condiscendenza dai filosofi. Ho un'unica scusante, che però ritengo legittima, ed è il dovere che si impone agli uomini di scienza, oggi più che mai, di pensare la propria disciplina nel quadro generale della cultura moderna per arricchirlo non solo di nozioni importanti dal punto di vista tecnico, ma anche di quelle idee, provenienti dal loro particolare campo di indagine, che essi ritengano significative dal punto di vista umano. Il candore di uno sguardo nuovo (quello della scienza lo è sempre) può talvolta illuminare di luce nuova antichi problemi.

Resta da evitare, beninteso, ogni confusione tra le idee suggerite dalla scienza e la scienza stessa; d'altra parte è necessario spingere all'estremo, senza esitare, le conclusioni che essa autorizza alfine di svelarne il pieno significato. Operazione difficile. Io non pretendo di uscirne senza errori. Diciamo pure che la parte strettamente biologica di questo saggio non è affatto originale: ho solo riassunto nozioni ormai affermate in campo scientifico. L'importanza relativa attribuita a diversi sviluppi, come la scelta degli esempi proposti, riflette, in verità, tendenze personali. Importanti capitoli della Biologia non sono neppure menzionati ma, ancora una volta, questo saggio non pretende affatto di esporre tutta la Biologia: tenta solo, dichiaratamente, di cogliere la quintessenza della teoria molecolare del codice. Naturalmente sono responsabile delle generalizzazioni ideologiche che ho ritenuto di poter dedurre, ma non credo di ingannarmi affermando che tali interpretazioni, finché non escono dall'ambito dell'epistemologia, incontreranno l'approvazione della maggior parte dei biologi contemporanei. Mi assumo anche la piena responsabilità degli sviluppi di ordine etico, se non politico, che non ho voluto evitare, per quanto pericolosi o ingenui o presuntuosi possano sembrare mio malgrado: la modestia si addice allo scienziato, ma non alle idee che sono in lui e che egli ha il dovere di difendere. Anche qui ho però la certezza, che mi rassicura, di trovarmi in pieno accordo con alcuni biologi contemporanei la cui opera merita il più grande rispetto.

Devo fare appello all'indulgenza dei biologi per alcuni passi che essi troveranno noiosi e a quella dei non biologi per l'aridità espositiva di talune nozioni 'tecniche' inevitabili. Le appendici potranno aiutare certi lettori a superare queste difficoltà, ma vorrei insistere sul fatto che non è per nulla indispensabile leggerle se non si desidera affrontare direttamente le realtà chimiche della Biologia.

Questo saggio è basato su una serie di conferenze (le "Robbins Lectures") tenute al Pomona College in California nel febbraio 1969. Desidero ringraziare le autorità di quest'istituzione per avermi dato l'occasione di sviluppare, davanti a un pubblico molto giovane ed entusiasta, alcuni temi che da parecchio tempo erano per me oggetto di riflessione, ma non di insegnamento. Su questi stessi argomenti, durante l'anno scolastico 1969-1970, ho tenuto un corso al Collège de France, bella e preziosa istituzione che autorizza i suoi membri a valicare, talvolta, gli angusti confini del programma che viene loro affidato. Grazie per questo a Guillaume Budé e a Francesco I.

JACQUES MONOD

Clos Saint-Jacques, aprile 1970

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Pagina 17

I

Oggetti strani


Tutti noi siamo convinti di saper distinguere immediatamente e senza ambiguità, tra vari oggetti, quelli naturali e quelli artificiali: una roccia, una montagna, un fiume o una nube sono oggetti naturali; un coltello, un fazzoletto, un'automobile sono oggetti artificiali, artefatti. Ma appena si analizzano tali giudizi ci si accorge che essi non sono né immediati né del tutto obiettivi. Sappiamo che il coltello è stato forgiato dall'uomo per un uso, per una prestazione progettata in precedenza. L'oggetto materializza quindi l'intenzione preesistente da cui ha tratto origine e la sua forma è giustificata dalla prestazione a cui era destinato ancor prima della sua effettiva realizzazione. Nulla di simile per il fiume o per la roccia che sappiamo o pensiamo modellati dal libero gioco di forze fisiche alle quali non sapremmo attribuire alcun 'progetto'. Tutto ciò naturalmente è valido se si ammette il postulato fondamentale del metodo scientifico secondo cui la Natura è oggettiva e non proiettiva.

È dunque proprio in riferimento alla nostra attività, cosciente e proiettiva, e perché noi stessi fabbrichiamo 'artefatti', che siamo in grado di giudicare come 'naturale' o 'artificiale' un qualsiasi oggetto che ci si presenti. In realtà, sarebbe possibile definire, in base a criteri generali e oggettivi, le caratteristiche degli oggetti artificiali, frutto di un'attività proiettiva cosciente, per contrapposizione agli oggetti naturali, che risultano invece dal gioco fortuito delle forze fisiche?

Per accertarsi della completa oggettività dei criteri adottati meglio varrebbe forse chiedersi se, utilizzandoli, sia possibile allestire un programma che permetta a un calcolatore di distinguere un artefatto da un oggetto naturale.

Un simile programma potrebbe avere applicazioni estremamente interessanti. Supponiamo che, in un prossimo futuro, un'astronave vada a posarsi su Venere o Marte; che cosa ci sarebbe di più affascinante del sapere se, su questi pianeti a noi vicini, vivono o hanno vissuto in epoche anteriori esseri intelligenti capaci di attività proiettiva? Elementi rivelatori di una simile attività, presente o passata, sarebbero evidentemente i suoi prodotti che, pur diversi da quelli di un'industria umana, dovrebbero essere riconoscibili come tali. Ignorando tutto di quegli esseri, della loro natura e dei progetti che potrebbero aver concepito, il programma dovrebbe utilizzare soltanto criteri molto generali, basati esclusivamente sulla struttura e sulla forma degli oggetti presi in esame, senza alcun riferimento alla loro eventuale funzione.

Risulta subito evidente che i criteri da adottare sarebbero due: 1°) regolarità; 2°) ripetizione.

In base al criterio di regolarità, si cercherebbe di sfruttare il fatto che gli oggetti naturali, modellati dal gioco di forze fisiche, non presentano quasi mai strutture semplici dal punto di vista geometrico: ad esempio superfici piane, spigoli rettilinei, angoli retti, simmetrie perfette; gli artefatti presenterebbero invece tali caratteristiche, anche se in modo approssimativo e rudimentale.

Il criterio di ripetizione sarebbe senza dubbio più decisivo. Materializzazioni di un progetto ogni volta ripetuto, 'artefatti' omologhi destinati allo stesso uso, riproducono, con certe approssimazioni, le intenzioni sempre uguali del loro creatore. A questo proposito, sarebbe dunque estremamente significativa la scoperta di numerosi esemplari di oggetti con forme abbastanza ben definite.

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Pagina 99

VII

L'evoluzione


Gli eventi iniziali elementari, che schiudono la via dell'evoluzione ai sistemi profondamente conservatori rappresentati dagli esseri viventi sono microscopici, fortuiti e senza alcun rapporto con gli effetti che possono produrre nelle funzioni teleonomiche.

Ma una volta inscritto nella struttura del DNA, l'avvenimento singolare, e in quanto tale essenzialmente imprevedibile, verrà automaticamente e fedelmente replicato e tradotto, cioè contemporaneamente moltiplicato e trasposto in milioni o miliardi di esemplari. Uscito dall'ambito del puro caso, esso entra in quello della necessità, delle più inesorabili determinazioni. La selezione opera in effetti in scala macroscopica, cioè a livello dell'organismo.

Ancora oggi molte persone d'ingegno non riescono ad accettare e neppure a comprendere come la selezione, da sola, abbia potuto trarre da una fonte di rumore tutte le musiche della biosfera. In effetti, la selezione agisce sui prodotti del caso e non può alimentarsi altrimenti; essa opera però in un campo di necessità rigorose da cui il caso è bandito.

Da queste necessità, e non dal caso, l'evoluzione ha tratto i suoi orientamenti generalmente ascendenti, le sue successive conquiste, il dipanarsi ordinato di cui offre apparentemente l'immagine.

D'altra parte alcuni evoluzionisti post-darwiniani hanno avuto la tendenza di diffondere un'idea impoverita, ingenuamente feroce, della selezione naturale, cioè quella della pura e semplice 'lotta per la vita', espressione che d'altronde non fu introdotta da Darwin bensì da Spencer. I neodarwinisti del primo Novecento ne hanno proposto invece una visione molto più feconda, dimostrando, sulla base di teorie quantitative, che il fattore decisivo della selezione non è costituito dalla lotta per la vita, ma dal tasso differenziale di riproduzione in seno a una specie.

I dati forniti dalla Biologia contemporanea consentono di chiarire e di precisare ulteriormente il concetto di selezione. In particolare, noi abbiamo, della potenza, della complessità e della coerenza della cibernetica intracellulare (perfino negli organismi più semplici) un'idea abbastanza chiara, un tempo sconosciuta, che ci consente di comprendere molto meglio di prima che ogni 'novità' sotto forma di alterazione di una struttura proteica, verrà innanzitutto saggiata riguardo la sua compatibilità con l'insieme di un sistema già assoggettato a innumerevoli vincoli che controllano l'esecuzione del progetto dell'organismo. Le sole mutazioni accettabili sono dunque quelle che perlomeno non riducono la coerenza dell'apparato teleonomico ma piuttosto lo rafforzano ulteriormente nell'orientamento già adottato oppure, certo molto più raramente, lo arricchiscono di nuove possibilità.

È l'apparato teleonomico, proprio come funziona nell'attimo in cui per la prima volta si esprime una mutazione, che definisce le condizioni iniziali essenziali per l'accettazione, temporanea o definitiva, oppure per il rifiuto del tentativo nato dal caso. È proprio la prestazione teleonomica, espressione globale delle proprietà della rete d'interazioni costruttive e regolatrici, a essere giudicata dalla selezione. Ed è per questo motivo che l'evoluzione stessa sembra realizzare un 'progetto', quello di prolungare e dare un maggior respiro a un 'sogno' ancestrale.

Grazie alla perfezione conservatrice dell'apparato replicativo, ogni mutazione, individualmente, costituisce un avvenimento molto raro. Nei Batteri, i soli organismi per i quali si hanno riferimenti numerosi e precisi, si può ammettere che la probabilità per un dato gene di subire una mutazione, capace di alterare sensibilmente le proprietà funzionari della proteina corrispondente, sia dell'ordine di 10^-6, 10^-8 per generazione cellulare.

Ma in pochi centimetri cubi di acqua si può sviluppare una popolazione di parecchi miliardi di cellule. Si ha quindi la certezza che, in essa, qualunque mutazione sia rappresentata da 10, 100 o 1000 esemplari. Si può anche valutare che il numero totale dei mutanti di tutte le specie presenti in questa popolazione sia di un ordine variabile tra 10^5 e 10^6.

A livello di popolazione, pertanto, la mutazione non rappresenta affatto un fenomeno eccezionale: è la regola. Ora la pressione selettiva si esercita in seno alla popolazione ma non in individui isolati. Le popolazioni degli organismi superiori non raggiungono, a dire il vero, le dimensioni di quelle batteriche ma:

1) il genoma di un organismo superiore, per esempio un mammifero, contiene mille volte più geni di un batterio:

2) nella linea germinale da uovo a uovo o da spermatozoo a spermatozoo il numero di gnerazioni cellulari, e quindi di possibilità di mutazione, è molto grande.

Ciò può spiegare forse perché, nell'uomo, il tasso di certe mutazioni sembra relativamente elevato: ad esempio 10^-4, 10^-5 per un certo numero di mutazioni che provocano malattie genetiche facilmente riscontrabili.

È indispensabile anche sottolineare che le cifre qui presentate non tengono affatto conto delle mutazioni che, non identificabili individualmente, potrebbero invece avere sensibili effetti una volta associate mediante ricombinazione sessuale. È probabile che, nel corso dell'evoluzione, mutazioni di questo genere abbiano avuto maggior peso di quelle con effetti individuali più marcati.

In complesso si può valutare che, nella popolazione umana attuale (3 x 10^9), si verifichino ad ogni generazione da cento a mille miliardi di mutazioni circa. Riporto questa cifra solo per dare un'idea delle dimensioni di quell'immensa riserva di variabilità fortuita, costituita dal genoma di una specie malgrado, ancora una volta, le proprietà gelosamente conservatrici del meccanismo replicativo.

Tenuto conto dell'entità di quest'enorme lotteria e della rapidità con cui gioca la Natura, non è più l'evoluzione, ma la stabilità delle 'forme' nella biosfera, a sembrare difficilmente spiegabile, se non quasi paradossale.

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Pagina 142

Mi sembra infine che l'etica della conoscenza sia l'unico atteggiamento, razionale e a un tempo deliberatamente idealistico, su cui si potrebbe costruire un vero socialismo. Questo grande sogno del XIX secolo vive sempre, nelle anime giovani, con un'intensità dolorosa. Dolorosa a causa dei tradimenti di cui quest'ideale ha sofferto e dei crimini compiuti in suo nome. È tragico, ma forse era inevitabile, che questa profonda aspirazione abbia trovato la sua dottrina filosofica soltanto sotto forma di un'ideologia animistica. Ci si può facilmente rendere conto che il profetismo storicistico fondato sul materialismo dialettico era, fin dalla nascita, gravido di tutte le minacce che si sono poi effettivamente realizzate. Forse ancor più degli altri animismi, il materialismo storico si fonda su una totale confusione delle categorie di valore e di conoscenza. È proprio questa confusione che gli permette, in un discorso profondamente inautentico, di proclamare di aver stabilito 'scientificamente' le leggi storiche, verso le quali l'uomo non avrebbe altra risorsa né altro dovere che l'obbedienza se non vuole annullarsi.

Una volta per tutte si deve rinunciare a quest'illusione che è semplicemente puerile, quando non è mortale. Come è possibile che si possa costruire un socialismo autentico su un'ideologia di per sé inautentica, che deride la scienza su cui essa pretende, peraltro sinceramente nello spirito dei suoi adepti, di fondarsi? L'unica speranza del socialismo non sta in una revisione dell'ideologia che lo domina da più di un secolo, ma nell'abbandono totale di tale ideologia.

Dove si può dunque ritrovare la fonte di verità e l'ispirazione morale di un umanesimo socialista realmente scientifico se non alle radici della scienza stessa, nell'etica che fonda la conoscenza facendo di essa, per libera scelta, il valore supremo, misura e garanzia di tutti gli altri valori? Etica che fonda la responsabilità morale sulla libertà stessa di questa scelta assiomatica. Accettata come base delle istituzioni sociali e politiche, quindi come misura della loro autenticità e del loro valore, soltanto l'etica della conoscenza potrebbe condurre al socialismo. Essa impone istituzioni votate alla difesa, all'ampliamento, all'arricchimento del Regno trascendente delle idee, della conoscenza, della creazione. Regno che è insito nell'uomo e in cui, liberato sempre più dai vincoli materiali e dalle schiavitù menzognere dell'animismo, egli potrebbe finalmente vivere in modo autentico, difeso da istituzioni che, scorgendo in lui a un tempo il suddito e il creatore del Regno, dovrebbero servirlo nella sua essenza più unica e più preziosa.

Questa è forse un'utopia. Ma non è un sogno incoerente. È un'idea che si impone grazie alla sola forza della sua coerenza logica. È la conclusione a cui necessariamente conduce la ricerca dell'autenticità. L'antica alleanza è infranta; l'uomo finalmente sa di essere solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre.

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