Copertina
Autore Michael Moore
Titolo Giù le mani!
SottotitoloL'altra America sfida potenti e prepotenti
EdizioneMondadori, Milano, 2004, Strade blu , pag. 286, cop.fle., dim. 150x210x23 mm , Isbn 978-88-04-53936-0
OriginaleDownsize This! [1996]
TraduttorePaola Bertante
LettoreFlo Bertelli, 2005
Classe satira , paesi: USA , paesi: Sudafrica
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Indice

 12     Il galateo del licenziamento
 14  1  Tutti a bordo del Ryder Truck
 26  2  Pat Buchanan accetterebbe una sottoscrizione da Satana?
 30  3  "Non andare a votare: servirebbe solo a incoraggiarli"
 34  4  Democratico? Repubblicano? C'è differenza?
 41  5  Non eravate sul Mayflower? Allora, andatevene!
 51  6  Le grandi "mamme" assistite
 64  7  Scarichiamoci sulla Orange County
 70  8  Come impostare la rivolta commemorativa
        nell'anniversario del pestaggio di Rodney King
 75  9  Bambini pagani
 83 10  La Germania non ha ancora finito di pagare
        per i suoi peccati... e io ho intenzione di riscuotere
 89 11  Voi, dunque, volete uccidere il Presidente!
100 12  Processi esemplari a cui vorrei tanto assistere
103 13  Se Clinton avesse le palle...
110 14  Steve Forbes era un alieno
114 15  Le figurine degli imprenditori criminali
134 16  Perché c...o i leader del sindacato sono così stupidi?
143 17  Pareggiare il bilancio? Pareggiami il conto in banca!
147 18  Mike's Penal System, Inc.
154 19  Plebiscito? Quale plebiscito?
159 20  La mia passione proibita per Hillary
167 21  Il diritto alla vita dello spermatozoo
174 22  Scegliamoci un nuovo nemico!
181 23  Quei fondamentali, goffissimi cubani
189 24  L'America ha bisogno di qualche ritocco
195 25  O.J. Simpson è innocente
214 26  Il "problema Liddy"
217 27  Voglio far rinchiudere Bob Dornan
226 28  Scavalchiamo i candidati:
        votiamo direttamente per i lobbisti!
234 29  Molestare i gay per elevare la propria media scolastica
238 30  Togliete quella penna dalla mano di Bob Dole
245 31  Free Us, Nelson Mandela!
251 32  Il NAFTA è fantastico! Trasferiamo Washington a Tijuana!
257 33  Perché la General Motors non si mette a vendere crack?
262 34  Voglio la mia esenzione fiscale, altrimenti me ne vado
266 35  La Milizia di Mike
276     Tutti licenziati... Wall Street reagisce positivamente
279     Ringraziamenti

 

 

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Pagina 12

IL GALATEO DEL LICENZIAMENTO



Redatto sulla base di documenti circolati all'interno di imprese in fase di ristrutturazione, tra cui Chemical Bank e Times-Mirror Company.


ISTRUZIONI PER IL LICENZIAMENTO

1. Il colloquio in cui viene annunciata la fine del rapporto di lavoro deve durare tra i 5 e i 10 minuti al massimo.

2. Tale colloquio deve svolgersi in un luogo neutrale e di facile accesso per i sorveglianti.

3. Evitate le chiacchiere. Andate al sodo. E niente discussioni, in particolare sulla questione della "correttezza".

4. Il dipendente licenziato deve comprendere senza ombra di dubbio che la decisione è irrevocabile e che quello è il suo ultimo giorno di lavoro.

5. Ricordatevi di tenere dei fazzoletti di carta a portata di mano.

6. Siate comprensivi e gentili, ma senza compromettervi. Restate in silenzio per concedere al dipendente l'opportunità di reagire alla notizia.

7. Evitate atteggiamenti difensivi o argomentativi. Non dovete porgere scuse.

8. Non dilungatevi in giustificazioni.

9. Non cercate di indorare la pillola con battute di spirito.

10. Mantenete la calma e non fate trapelare emozioni.

11. Se il dipendente si lascia prendere dall'emotività, consigliategli di rivolgersi a uno psicologo. Può risultare necessario, a questo punto, ribadire che la decisione del licenziamento è definitiva ed è stata presa ai livelli dirigenziali più alti per il bene della società.

12. Elenchiamo, di seguito, le quattro reazioni che più di trequente si verificano tra i lavoratori in esubero nel momento in cui ricevono notizia del loro licenziamento, insieme al modo più indicato per affrontarle da parte di chi è incaricato del compito:

• Collera. L'incaricato dovrebbe sforzarsi di parlare tanto più sommessamente quanto più il dipendente licenziato alza la voce. Lo scopo è quello di sfuggire il confronto. Il dipendente, infatti, non può litigare senza una controparte.

• Negazione. Non è detto che il lavoratore in esubero, benché informato del suo licenziamento, creda alla notizia. Θ compito dell'incaricato far capire a ciascun licenziato l'importanza di prendere atto al più presto della realtà.

• Depressione. Questo tipo di reazione va sempre interpretato come un segnale d'allarme. La persona dovrebbe essere indirizzata verso un consulente per le risorse umane.

• Isteria. Uomini e donne in pari misura possono reagire in modo esasperato alla notizia del loro licenziamento. Per quelli che nell'apprendere la notizia si mettono a piangere, tenete a portata di mano un bicchiere d'acqua.

13. Il dirigente incaricato di annunciare il licenziamento vuole che il dipendente licenziato dica: "Spero di rivederla", oppure: "Quanto mi spetta di liquidazione?". Frasi del genere indicano che la persona licenziata sta elaborando la notizia e sta rivolgendo il pensiero al futuro.

14. Nel corso del colloquio, l'incaricato deve assolutamente riconoscere, nel lavoratore licenziato, i seguenti sintomi che potrebbero accrescere i rischi di una reazione violenta: manifestazione di pensieri insoliti o bizzarri; una fissazione per le armi; ossessioni d'amore; depressione; tossicodipendenze.

15. Chiedete al dipendente licenziato di restituire chiavi o altri oggetti di proprietà della ditta. Bloccate le chiavi di accesso ai computer.

16. Se è necessario accompagnare il lavoratore in esubero fuori dalla ditta, chiamate immediatamente gli addetti alla sicurezza.

17. Fornite al lavoratore licenziato i numeri telefonici di tutti i servizi che potrebbero tornargli utili: agenzie per il lavoro interinale, programmi di assistenza pubblica, banche del lavoro extra-statali, oltre a un elenco di numeri telefonici e indirizzi di agenzie di trasporti e traslochi come U-Haul e Ryder Truck.

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Pagina 51

6
Le grandi "mamme" assistite



Non mi piacciono quelle madri che si affidano totalmente ai sussidi pubblici, sempre impegnate a ottenere qualcosa senza mai dare nulla in cambio. Si aspettano che siano gli altri a prendersi cura di loro, invece di muovere collettivamente il culo e farsi carico delle proprie responsabilità. Sempre in cerca di elemosine, contano apertamente sul fatto che noi comuni, onesti lavoratori-contribuenti finiremo per accollarci il costo dei loro comportamenti illeciti, mentre loro si ingegnano a trovarne sempre di nuovi. Fino a quando permetteremo alle Grandi Imprese di comportarsi in questo modo?

Ogni anno le imprese scroccone arraffano all'incirca 170 miliardi di dollari di elemosine federali, pagate con i soldi delle nostre tasse, che servono ad aiutarle a fare ciò a cui esse dovrebbero provvedere da sé (e il calcolo non tiene conto delle sovvenzioni erogate alle imprese da enti dei singoli stati o da enti locali). Ogni americano paga in media 1388 dollari all'anno per garantire l'assistenza a chi è già ricco!

Di contro, la spesa complessiva annua per tutti i servizi sociali — dal programma di aiuti alle famiglie con bambini non autosufficienti (AFDC) alle mense scolastiche all'edilizia per le fasce deboli - ammonta a soli 50 miliardi di dollari, ossia 1,14 dollari a testa al giorno.

Perché, allora, quando sentiamo pronunciare la parola "welfare", la prima cosa che ci viene in mente è l'immagine della madre single con una mezza dozzina di figli che vive in una inner city? Oltre a essere indice di razzismo, è anche falso. Secondo dati del governo degli Stati Uniti, le persone assistite sono in maggioranza bianche, vivono nei sobborghi residenziali, hanno due figli, vogliono lavorare e godono di sussidi per una media di soli due anni. Questa gente sfortunata merita tutto l'aiuto e il rispetto possibili.

Θ facile arrabbiarsi con un immaginario branco di "imbroglioni" o di "furbi" che vuole prenderci per il naso. Soprattutto in una fase come quella attuale, che ci vede tutti preoccupati di non riuscire a pagare il mutuo della casa, basta poco per convincerci a dar la colpa a chi è già più sfortunato.

Forse, dovremmo indirizzare la nostra rabbia altrove... Verso Wall Street, ad esempio. Perché quando si parla di assistenzialismo non pensiamo mai alle Grandi Imprese? Le grandi ditte si accaparrano i soldi dei contribuenti in misura ben maggiore rispetto a coloro che cercano di riscaldare il loro appartamento con una stufa a kerosene.

Questo informale "programma di aiuti alle imprese non autosufficienti" assume le forme più svariate. In buona parte, si tratta di puro e semplice contante. Altre opportunità sono offerte dalle diffuse riduzioni ed esenzioni fiscali che voi e io non otterremo mai. Altri sussidi vengono distribuiti sotto forma di beni e servizi federali a basso costo o addirittura gratuiti. E posso assicurarvi che le imprese non ricevono una crosta di formaggio rancido avanzato, una volta al mese, dopo aver fatto la fila.

• Tra il 1986 e il 1994, McDonald's ha ricevuto 1,6 milioni di dollari in aiuti federali, utilizzati in parte per commercializzare i Chicken McNuggets a Singapore.

• Westinghouse è riuscita a ottenere un deprezzamento dei suoi macchinari (una cosa che voi e io non possiamo permetterci), risparmiando 215 milioni di dollari in tasse nel solo 1993, mentre tagliava 24.700 posti di lavoro.

• Tra il 1990 e il 1994, Amoco, AT&T, Citicorp, Du Pont, General Electric, General Motors e Ibm hanno ottenuto, complessivamente, 278 milioni di dollari di finanziamenti federali per l'innovazione tecnologica, tagliando contemporaneamente 339.038 posti di lavoro e raccogliendo profitti complessivi per 25,2 miliardi di dollari nel solo 1994.

• La Exxon è riuscita a ottenere all'incirca 300 milioni di dollari di deduzioni fiscali sulla multa pagata dopo che la Exxon Valdez aveva riversato nello Stretto di Prince William più di 11 milioni di galloni di petrolio.

• La Pillsbury ha ricevuto 11 milioni di dollari per promuovere il Pillsbury Dough Boy all'estero.

• Dal 1989 al 1992, grazie a particolari leggi fiscali, la Royal Caribbean Cruise Lines non ha pagato un solo dollaro di tasse, a fronte di profitti pari a 158 milioni di dollari.

• Dal 1981 al 1985, quarantadue società che figuravano tra le 500 di "Fortune" non hanno pagato tasse federali sul reddito. Solo nel 1986 è stata introdotta, per loro, una minimum tax.

• Tutte le città di tutti gli stati del paese sono state costrette a sgombrare terreni, costruire nuove strade, migliorare gli aeroporti, raccogliere imposte locali, costruire nuove fognature e acquedotti e formare migliaia di nuovi lavoratori, il tutto per ordine o dietro minaccia di imprese che fanno registrare profitti record e potrebbero tranquillamente pagarsi tutte queste cose da sé.


Perché spendere soldi, però, visto che possono approfittare dell'assistenza pubblica? Dobbiamo essere noi coglioni che lavoriamo, a fargli l'elemosina! Del resto, siamo scemi, e loro lo sanno. Cristo, abbiamo rieletto Reagan nel bel mezzo del più grande saccheggio mai compiuto ai danni dei lavoratori americani! In pratica, è come se avessimo detto: "Prego, fate pure, che il conto continuiamo a pagarlo noi!". E loro non si sono fatti pregare. Gliele abbiamo pagate noi, le scorrerie ai nostri danni.

Il momento di massimo splendore queste imprese scroccone lo hanno raggiunto il 19 dicembre 1995, quando novantuno amministratori delegati hanno inviato una lettera al presidente e al Congresso, acquistando intere pagine sui quotidiani di tutto il paese. Nella lettera chiedevano a Clinton — sentite questa! - di riportare il bilancio in pareggio. Dopo più di un decennio di Reaganomics, che aveva fatto salire il deficit fin quasi a 300 miliardi di dollari, in un periodo in cui le imprese si erano arricchite alle spalle di milioni di americani rimasti senza lavoro, questa gente ha avuto il coraggio di chiedere il pareggio di bilancio! Clinton sarebbe dovuto andare in tv, quella sera, per mandarli apertamente al diavolo. Pensate ai boati di entusiasmo che si sarebbero levati in tutta l'America!

Il fatto che questi AD chiedano il pareggio di bilancio, benché tra le principali cause del deficit vi siano proprio i 170 miliardi di dollari ricevuti dalle loro imprese, è assolutamente incomprensibile.

Credo sia l'ora di rifare il punto della situazione sulla questione del welfare. Smettiamola di prendercela con la madre diciannovenne che cerca di tirare a campare con poco o nulla. Non soffre già abbastanza, senza le nostre banalità moralistiche? Sono felice di pagare il mio dollaro e quattordici centesimi al giorno per aiutare i poveri. Anzi, sarei disposto a raddoppiare la cifra, se servisse a sostenere i bisognosi finché non trovano il modo di emanciparsi dalla loro condizione. La triplicherei, persino!

Quando però vengo a sapere che, ogni anno, ben 1388 dollari dei soldi che guadagno con fatica finiscono nelle tasche di una manica di imprese che evadono il fisco, esportano attività produttive e devastano l'ambiente, rastrellando al contempo profitti record... be', vorrei andare a beccare questi re dell'assistenzialismo e dir loro che le cose, in America, sono cambiate; che devono muovere il loro culo di imprenditori e trovare nuovi sistemi per dar lavoro agli americani, ripulire la nostra aria e la nostra acqua e pagare la loro giusta quota di tasse, perché sennò li sbattiamo in galera, insieme ai loro tirapiedi.

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21
Il diritto alla vita dello spermatozoo



Anch'io sono un sostenitore del diritto alla vita, ma non per il feto. Non è lì che comincia la vita. La vita, secondo me, comincia con lo spermatozoo. E in quanto uomo posso dire, sulla base di osservazioni di prima mano, che ogni giorno miliardi e miliardi di spermatozoi vengono massacrati senza pietà!

La mia opinione è che il Movimento per la Vita ha sbagliato tutto. Hanno passato gli ultimi venticinque anni a difendere i diritti dei "non nati". Da quando la Corte Suprema ha sancito la legittimità dell'aborto, gli anti-abortisti hanno fatto del capovolgimento di questa decisione lo scopo della loro vita. Credono che la vita abbia inizio al momento del concepimento, e che l'aborto sia in tutto e per tutto un omicidio.

No! No! No! La vita non comincia con il feto. Comincia con lo spermatozoo.

Θ lo spermatozoo il primo vero elemento costitutivo della vita. Senza lo spermatozoo non può esserci alcun feto. Il feto non è che una "fase intermedia". Lo spermatozoo è il ,cor calcio d'inizio, non la linea delle venti yarde.

Sì, lo so che c'è anche l'uovo. Anche l'uovo è vita, importante quanto lo spermatozoo. O quasi altrettanto importante. Infatti sebbene entrambi - spermatozoo e uovo - contengano lo stesso numero di cromosomi, è lo spermatozoo che determina il genere del nascituro, e quindi fa un lavoro in più rispetto all'uovo. L'uovo, inoltre, non deve far altro che star lì ad aspettare. Possono crollare nazioni, e intere galassie venire distrutte, ma l'uovo non va da nessuna parte, finché non è bell'e pronto.

Lo spermatozoo, invece, a ogni eiaculazione deve competere con almeno 200 milioni di altri spermatozoi. Questi, in sostanza, vengono sparati fuori come da un cannone e devono letteralmente nuotare alla disperata per sopravvivere, e dopo un tortuoso viaggio attraverso la vagina, la cervice, l'utero e le tube di Falloppio, hanno un'infinitesima probabilità di fecondare quell'uovo. Immaginate di nuotare senza pause da Chicago a Detroit sotto le piogge invernali. Ecco, dev'essere più o meno lo stesso.

La testa dello spermatozoo è stracarica di informazioni genetiche. Roba da far impallidire i più evoluti chip informatici. Nella sua sezione mediana, corrispondente al nostro tronco, si svolgono i processi che gli consentono di vivere, muoversi e compiere la sua missione. La coda è l'appendice che conferisce la mobilità necessaria al suo viaggio, più o meno come per noi le gambe.

Non c'è modo di sfuggire all'evidenza: lo spermatozoo è già vita. Non è una cellula né un germe, e neppure un microbo. Θ il principio della vita umana. Senza di esso, nessuno di noi sarebbe qui. Così prezioso... Sacro, addirittura.

Eppure, ogni giorno, in tutto il mondo, gli uomini continuano ad abortire spermatozoi!

Che cosa si fa, concretamente, per impedirlo?

Dov'è il Movimento per la Vita nel momento del vero bisogno? Non le sentono le grida silenziose di questi piccoli, mentre i loro padri li versano in un Kleenex e li gettano nella spazzatura? Quale orrore!

Questi masturbatori-omicidi spengono la vita data da Dio. Lo spermatozoo non è vita umana in potenza. Θ vita umana, e basta!

Alcuni tra i più fanatici fautori della libertà di scelta sosterranno che lo spermatozoo, così come il feto, non è in grado di sopravvivere all'esterno del corpo umano. E con ciò? La vita è vita! Dobbiamo fermare questi omicidi premeditati commessi da uomini che decidono, per alcuni istanti di voluttà, di negare ad altri la vita. Vergogna! Vergogna! Vergogna!

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22
Scegliamoci un nuovo nemico!



Che mezza sega, quel Gorbaciov! Prima che arrivasse lui, c'erano in ballo dei begli intrallazzi. Dal 1946 al 1988, i nostri leader, in America, non hanno fatto altro che ripeterci che l'Unione Sovietica era l'Impero del Male, un enorme Pericolo Rosso che avrebbe fatto il lavaggio del cervello alla nostra gioventù e che, soprattutto, aveva la capacità di farci a brandelli. Questo, in senso stretto, era vero, ma i sovietici non sono mai riusciti a sviluppare per primi una tecnologia per armi nucleari: siamo sempre stati noi a inventare l'ultimo modello di missile, e loro sempre costretti a inseguire. L'Unione Sovietica, diversamente da noi, non ha mai mandato mezzo milione di soldati a più di 15.000 chilometri da casa per invadere paesi e portare la guerra: limitava la sua oppressione militare ai paesi che la circondavano (il solo fatto che fossero incazzati neri, dopo secoli di invasioni e dopo aver visto morire 25 milioni di persone nel corso della sola Seconda guerra mondiale, non era, per loro, un valido motivo di preoccupazione, vero?). I sovietici, inoltre, la Bomba non l'hanno mai sganciata: questo è una cosa di cui solo noi possiamo vantarci.

Washington, però, non ha mai smesso di ricordarci il grave pericolo che correvamo, e la maggior parte di noi ha abboccato. Abbiamo vissuto sotto questa inquietante cappa di terrore, con la paura che la fine del mondo fosse dietro l'angolo. Questa paura fabbricata ad arte, però, ha avuto un enorme vantaggio: ha tenuto in moto la nostra economia e ha generato profitti record per la nostra industria militare, dando lavoro a milioni di americani. La minaccia dell'olocausto termonucleare è stata davvero un bel business.

L'altro vantaggio collaterale della Guerra fredda, per i nostri rappresentanti eletti, è consistito nel fatto che è servita a distrarci da quanto accadeva all'interno del paese. Finché sono riusciti a tenerci occupati con le minacce esterne, non abbiamo prestato molta attenzione al fatto che le nostre città cadevano a pezzi, che le nostre scuole facevano schifo e che il numero di posti di lavoro disponibili continuava a ridursi.

Un bel giorno, però, Mikhail Gorbaciov, il Numero Uno dei sovietici, ha deciso di rimettere tutto in questione. Ha detto che non gli andava più di giocare con noi. Ha smesso unilateralmente di costruire armi nucleari. «Non mi interessa» ha detto, «di quello che fate voi negli Stati Uniti. Io da questa follia mi chiamo fuori.» E per soprammercato ha tirato giù il Muro di Berlino. Ha detto a tutti i paesi dell'Europa orientale che avrebbe riportato a casa le proprie truppe e che loro avrebbero dovuto eleggersi i loro capi.

Che fegato, quest'uomo! La Guerra fredda era un ottimo affare per entrambi i nostri paesi. Quando è finita, però, noi siamo rimasti senza un cattivo da combattere. Abbiamo cominciato a guardarci in giro a casa nostra e, cacchio!, siamo rimasti traumatizzati. Mentre spendevamo miliardi in un'inutile corsa agli armamenti, le nostre strade e i nostri sistemi fognari, insieme a tutto il resto, andavano a rotoli. All'improvviso, alzando la testa, abbiamo notato un senzatetto che ci chiedeva l'elemosina. E all'isolato successivo, un altro senzatetto, e poi altri due... Cribbio, com'è potuto accadere? Senza neanche accorgercene, ci siamo ritrovati tutti a fare lavori di merda e mal pagati... Tutti quelli, cioè, che il lavoro ce l'avevano. Milioni di persone che un tempo costruivano sottomarini nucleari, che trattavano il plutonio, che progettavano i cacciabombardieri Stealth e lavoravano presso le basi militari locali venivano espulsi dal mondo del lavoro perché non producevano beni richiesti dai consumatori. Mentre noi spendevamo il 50 per cento delle nostre entrate fiscali per combattere i comunisti, i giapponesi hanno speso l'1 per cento del loro PIL in armi e si sono concentrati, invece, sui bisogni della popolazione.

Senza più la Guerra fredda, ultimamente, l'America è andata un po' alla deriva, incapace di trovare un centro di gravità per la nostra esistenza. Essere usciti "vincitori" e con il titolo di Unica Superpotenza Mondiale non è così bello come avevamo sempre immaginato. Θ dura far la parte della superpotenza quando non ci sono concorrenti. Se non si ha l'opportunità di dimostrare il proprio valore militare contro un nemico, che senso ha essere "super"? Forse che il Super Bowl viene giocato da una squadra sola? Che cosa direste se la partita dell'anno venisse disputata sempre e solo dai Dallas Cowboys? Che cosa potrebbero fare, da soli? Correre in cerchio intorno alla linea delle cinquanta yarde, gridando: "Noi siamo la Super-squadra! Siamo i Numero Uno! Cicca-cicca!"?

Sarebbe imbarazzante.

L'America non è più stata la stessa da quando abbiamo perduto la ragione del nostro odio. Senza nemici esterni, sembra quasi che ci siamo messi l'uno contro l'altro. Oklahoma City, le milizie, Pat Buchanan... che tristezza! Senza un altro paese contro cui sputare veleno, molti americani sono stati lasciati soli nella loro ricerca di un nemico, e i risultati non sono stati piacevoli.

Perciò, vi domando: PERCHΙ ODIARCI TRA NOI, VISTO CHE CI SONO ANCORA PIΩ DI 180 PAESI DA COMBATTERE?

La soluzione è così semplice che è incredibile come nessuno, a Washington, ci abbia pensato. Non dobbiamo far altro che scegliere uno dei tanti paesi che punteggiano il globo e nominarlo ufficialmente "Nuovo Impero del Male". Non appena lo avremo fatto, torneremo di nuovo tutti al lavoro!

Per aiutare il Presidente e il Capo di stato maggiore a scegliere il nostro nuovo avversario, ho stilato una lista di paesi che, pur non essendo grandi e cattivi quanto l'Unione Sovietica, se solo ne avranno una mezza possibilità, certamente svilupperanno al massimo il loro potenziale offensivo.

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Pagina 181

23
Quei fondamentali, goffissimi cubani



Vi siete mai chiesti come ha potuto Fidel Castro rimanere al potere così a lungo? Nessuno, a parte il re di Giordania e il principe di Monaco, è restato in sella quanto lui. Quest'uomo ha visto otto diversi presidenti americani, dieci olimpiadi e il ritorno della cometa di Halley. E, per quanto il governo americano sia impegnato a scalzarlo, le sue vite sembrano più numerose dei revival di John Travolta.

Non è che i nostri leader non si siano impegnati. Da quando Castro ha liberato il suo paese dal regime corrotto di Batista, sostenuto dagli Stati Uniti e dalla mafia, Washington ha cercato di abbatterlo con svariati sistemi: tra questi, tentativi di assassinio pagati con i soldi dei contribuenti, invasioni militari, blocchi navali, embarghi, minacce di annientamento nucleare, disordini interni, intimidazioni e guerra biologica (nel 1971, la Cia rilasciò nel paese una quantità di germi della febbre suina africana, costringendo i cubani ad abbattere 500.000 maiali).

E poi c'è una cosa che mi è sempre sembrata stranissima: gli Stati Uniti possiedono una base navale sull'isola di Cuba! Provate a immaginare se, dopo aver sconfitto gli inglesi con la nostra rivoluzione, gli avessimo permesso di tenere qualche migliaio di soldati e una manciata di navi da guerra nel porto di New York... Strano, no?

Il presidente Kennedy, che mise in atto l'invasione di Cuba dalla Baia dei Porci, già pianificata da Eisenhower, diede ordine alla Cia di assassinare Castro con un mezzo qualsiasi, dalla penna piena d'inchiostro avvelenato al sigaro esplosivo. (No, non è Maxwell Smart che mi passa queste informazioni: è tutto scritto nel rapporto della Commissione Church, Congresso degli Stati Uniti, 1975).

Evidentemente, non è bastato. Castro è diventato sempre più forte, e gli Stati Uniti sono andati sempre più fuori di testa. Cuba era vista come "il paese che si era staccato". Era imbarazzante, per noi. Avevamo tutti i paesi del nostro emisfero che ci venivano a mangiare in mano... tranne quei maledetti cubani. Pareva brutto. Come quando tutta la famiglia esce a cena, e il piccolo Billy, la pecora nera, non vuole restare seduto e fare come gli dicono. Tutti, allora, guardano i suoi genitori e si domandano che cavolo di educazione gli hanno insegnato. L'evidente incapacità di imporre la disciplina o esercitare il controllo è per loro la peggiore delle umiliazioni. E allora si mettono a picchiare il bambino... ma scordatevi, comunque, di fargli finire i piselli.

Ecco la figura che facciamo di fronte agli altri paesi. Sembrerebbe che questa isoletta a novanta miglia dalle nostre coste ci abbia fatto ammattire. Noi non ci diamo la stessa pena per le vere minacce all'umanità, come quella rappresentata (a proposito di fanatici...) dai cinesi! Al contrario, sembra che non vediamo l'ora di andarci a letto, coi cinesi. Per ventitré anni, a Washington, hanno lavorato per aizzarci contro i cinesi... e poi, all'improvviso, ci svegliamo e scopriamo che sono nostri amici. Si è scoperto che i repubblicani e i loro amici imprenditori non sono poi così contrari alle dittature comuniste... a parte quelle che non gli permettono di andar lì a fare soldi.

E proprio questo è stato l'errore fatale di Castro. Dopo aver preso il potere, nazionalizzato tutte le imprese americane e cacciato la mafia a calci in culo dall'Avana, si è ritrovato a vivere su qualcosa di simile alla taglia di Sant'Andrea, perché negli ultimi trentasette anni l'ira dello zio Sam si è abbattuta su di lui, e ancora non e finita. Eppure Castro è riuscito a resistere. Già solo per questo, malgrado le sue pecche (repressione politica, discorsi di quattro ore e un tasso nazionaie di alfabetizzazione del 100 per cento), sarebbe da ammirare.

Perché, allora, continuiamo a combattere contro questo residuo della Guerra fredda? Per la risposta, basta andare in una città chiamata Miami. E da lì che una manica di fanatici esuli cubani controlla la politica estera degli Stati Uniti nei confronti di quella insignificante isoletta. A quanto pare, questi cubani - molti dei quali erano sostenitori di Batista e vivevano alla grande, ai tempi in cui quel mascalzone era al potere a Cuba - non hanno più chiuso occhio da quando sono arrivati in tutta fretta con le loro cose in Florida.

E dal 1960 continuano a tentare di trascinarci nella loro follia. Perché mai tutti i peggiori eventi che hanno caratterizzato la vita degli Stati Uniti negli ultimi trent'anni - l'assassinio di Kennedy, il Watergate, lo scandalo Iran/Contra, la diffusione epidemica delle tossicodipendenze (e l'elenco potrebbe proseguire a lungo) - vedono coinvolti gli esuli cubani? A cominciare dal legame di Lee Harvey Oswald con i cubani di New Orleans. (O saranno stati gli esuli cubani da soli ad ammazzare Kennedy? Oppure è stato Castro, che ha commissionato l'omicidio, perché si era stufato dei tentativi compiuti da Kennedy per eliminare lui? Qualunque ipotesi si scelga, i cubani sono lì che si aggirano nei paraggi.)

[...]

Le organizzazioni terroristiche cubane radicate negli Stati Uniti sono responsabili di più di duecento attentati esplosivi e di oltre cento vittime, dalla vittoria della rivoluzione castrista. Sono riusciti a intimidire così tante persone, che ho la sensazione di aver fatto male a scrivere questo capitolo. In fondo, sono uno dei pochissimi americani disarmati.

Perché, allora, non sono preoccupato? Perché questi esuli cubani, con tutte le loro intimidazioni e i loro attentati, non sono che un branco di codardi. Ecco che cosa sono: codardi!

Servono delle prove? Per cominciare, se non ti piace il dittatore che opprime il tuo paese, devi restare a casa e cercare di rovesciarlo. Lo si può fare con la forza (come nella rivoluzione americana e in quella francese) o con mezzi pacifici (come Gandhi in India o come Mandela in Sudafrica). Di certo, non si taglia la corda come hanno fatto gli esuli cubani.

Provate a immaginare i coloni americani che scappano in Canada per poi insistere a dire che i canadesi hanno la responsabità di rovesciare gli inglesi. I sandinisti non avrebbero mai liberato il loro paese da Somoza se fossero tutti rimasti a soggiornare in Costa Rica, a bere Margarita e ad arricchirsi. Mandela è stato in prigione, non in Libia, e neanche a Londra.

I cubani ricchi, invece, se la sono svignata a Miami. Questi esuli sono al 90 per cento bianchi, mentre la maggioranza dei cubani – il 62 per cento – è composta da neri e meticci. I bianchi sapevano di non poter rimanere a Cuba, perché non godevano di alcun sostegno tra il popolo. E così sono venuti da noi, con la pretesa che noi si combattesse al loro posto. E noi, coglioni, lo abbiamo fatto.

Non che questi piagnoni cubani non ci abbiano provato anche da soli, sia chiaro. Una rapida rassegna dei loro tentativi, però, fa l'impressione di una vecchia comica dei Poliziotti di Keystone. La Baia dei Porci è il loro fiasco più famoso. Gli elementi di una grande farsa c'erano tutti: arrivati a bordo di imbarcazioni inadatte, sulla spiaggia sbagliata e senza munizioni, nessuno viene ad accoglierli, e loro si ritrovano a vagare come disperati in una zona dell'isola a loro completamente sconosciuta (i loro autisti, forse, ai vecchi tempi, non li avevano mai portati fin lì con la limousine).

La figura è stata tale che il mondo se la sta ancora ridendo, e i cubani di Miami non hanno dimenticato né perdonato. Dire "Baia dei Porci" a uno qualsiasi di loro è come lavorare di trapano su un nervo scoperto e malato.

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Free Us, Nelson Mandela!



Dal 1948 al 1991 i cittadini neri del Sudafrica hanno dovuto subire un sistema noto con il nome di "apartheid". Si trattava di una forma di segregazione legalizzata imperniata su una serie di norme rigorosissime che prevedevano l'esistenza di due società diverse e divise, una bianca e l'altra nera. Con questo sistema i neri erano tenuti sottomessi e non potevano in alcun modo acquisire potere o ricchezza, sebbene fossero il 75 per cento della popolazione.

Un bel giorno, però, è arrivato un uomo chiamato Nelson Mandela, che è diventato il leader dell'African National Congress. Per la lotta condotta da questa organizzazione, Mandela ha passato ventisette anni in galera.

Quando Mandela era già in carcere da diciassette anni, un gruppo di americani, guidato da Randall Robinson e da altri, ha lanciato una campagna per convincere il governo e le imprese statunitensi a privare del loro sostegno il governo sudafricano. Ventisette stati e un centinaio di città hanno votato delibere di disinvestimento per una cifra complessiva di 25-30 miliardi di dollari in azioni di imprese che facevano affari con il Sudafrica. Gli studenti universitari si sono associati alla protesta costruendo baraccopoli all'interno dei campus. Celebrità e membri del Congresso hanno compiuto atti di disobbedienza civile, facendosi arrestare davanti all'ambasciata sudafricana di Washington, D.C.

Ne è scaturito uno dei pochi grandi successi della Sinistra da quando sono nato: la fine dell'apartheid in Sudafrica! La campagna ha funzionato. L'incessante iniziativa politica di massa unita a un colpo economico sotto la cintura ha prodotto un cambiamento di portata storica.

Ora, però, c'è un altro paese in cui i neri sono sostanzialmente costretti a vivere in ghetti simili alle township sudafricane, dove il crimine e l'assenza di leggi imperano e la polizia può infliggere angherie a suo piacimento. Un paese in cui i neri svolgono perlopiù lavori di infimo livello per salari irrisori, mentre i bianchi lavorano in uffici d'angolo ai piani alti dei grattacieli. Un paese in cui il tasso di mortalità, tra i bambini neri, è superiore a quello che si registra nei bassifondi delle metropoli del Terzo Mondo. Un paese in cui i bambini neri frequentano scuole molto simili a prigioni, mentre i bimbi bianchi studiano sui loro computer Ibm in ambienti asettici e sicuri.

Quel paese, ovviamente, è l'America. E io spero di convincere Nelson Mandela a mettersi a capo del nuovo movimento... contro l'apartheid americano. FREE US, MR MANDELA!

Non sarà un compito facile. L'apartheid, negli Stati Uniti, non è così spudorato: non è previsto dai codici. Anzi, diversamente da quel che accadeva nel vecchio Sudafrica, i neri negli Stati Uniti possono votare, concorrere alle elezioni, godere della proprietà privata, sposare la persona che amano, frequentare l'università e usufruire di protezione legale in caso di discriminazione ai loro danni.

Qual è, allora, il problema?

Eccolo qua, il problema.

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