Autore Elisabetta Moro
CoautoreMarino Niola
Titolo Baciarsi
EdizioneEinaudi, Torino, 2021, Vele 178 , pag. 114, cop.fle., dim. 10,5x18,5x1 cm , Isbn 978-88-06-24874-1
LettoreElisabetta Cavalli, 2021
Classe psicologia , salute , erotica , sociologia












 

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Indice


VII Introduzione


    Baciarsi


  3 Un ingegnoso trucco dell'evoluzione
    Etologia del bacio

 13 Meglio un osculum o un kataglottisma?
    I nomi del bacio

 18 «La bocca mi basciò tutto tremante»
    Baci alla lettera

 34 Il fine giustifica i baci
    Rubati, di scambio, di guerriglia

 43 Da ranocchio a principe, da serpente a principessa
    Il bacio che trasforma

 51 Portare Dio con sè
    Il bacio biblico

 56 Assaggiare Dio
    Il bacio cristiano

 63 Tra misericordia e odio
    Baci del perdono e del tradimento

 68 Bacetti satanici
    Baci infami e contro natura

 72 Un atto di umiltà
    Baciare i piedi

 74 Per infiammare il desiderio
    Baci e Kāmasūtra

 80 Durata massima: tre secondi
    Baci da vedere

 90 Imparare a baciare
    Dalla posta del cuore alle app


101 Bibliografia
111 Ringraziamenti


 

 

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Pagina VII

Introduzione


Il piú epidermico dei gesti umani, ma anche il meno superficiale. Dura un attimo, si ricorda per sempre. Il bacio ha messo in contatto le labbra di amici e amanti, fratelli e sorelle, genitori e figli, fornicatori e traditori, sudditi e adulatori. Un piccolo gesto capace di esternare una gamma infinita di sentimenti. Amore, compassione, dolcezza, dedizione, passione, riconoscenza, tristezza, dolore, perdono e riconciliazione.

La sua diffusione ne ha fatto una sorta di universale culturale, nel senso che anche i popoli e le culture che non conoscono il contatto bocca a bocca, nondimeno lo riconoscono. L'universalità del baciarsi non consiste, infatti, nella sua presenza in tutte le culture quasi fosse un tratto etologico, un must di Homo sapiens sapiens, ma piuttosto nella sua riconoscibilità, nella sua transculturalità che lo rende traducibile in tutti i linguaggi corporei. In questo senso si tratta di un universale globale e non di un universale in senso tradizionale. E anche quelle società che storicamente non lo adottano o addirittura lo condannano, di fatto ne comprendono il senso e la portata. Come si comprendono certe parole straniere che hanno una particolare diffusione nel vocabolario globale. Grazie anche alla capacità dell'Occidente di influenzare la produzione simbolica di altri popoli e culture attraverso il cinema, la letteratura, l'arte imponendo cosí i suoi paradigmi filematici. Parola che deriva da filema che in greco significa bacio. A questo si aggiunge quella sorta di diffusione microfisica di mode e modelli operata da turisti e viaggiatori. Un po' quello che una volta facevano missionari, soldati e mercanti.

Molto probabilmente l'origine della nostra parola «bacio» deriva dal verbo greco baskaino, che significa sussurrare, mormorare, ammaliare, affascinare. Come dire che baciare vuol dire trasmettere all'altro qualcosa di sé. Un po' dirsi e un po' darsi.

Un po' dare e un po' ricevere, come dice Cressida a Troilo nella tragedia shakespeariana che porta i loro nomi. E adesso questo scambio fusionale tra un sé e un altro sé è caduto sotto la scure della pandemia. Perché il bacio è la prima vittima del coronavirus. Che ha cambiato improvvisamente, e forse definitivamente, la nostra prossemica, trasformando il contatto in contagio. L'effusione in infezione. Ponendo l'immunità al centro di tutte le pratiche sociali, ciascuno di noi ha contribuito a mettere tra parentesi la comunità, privandola di quella necessaria promiscuità che è il suo veicolo fisiologico e simbolico. Senza corpi che si toccano, mani che si stringono, labbra che si sfiorano, la comunità infatti si disincarna e diventa pura astrazione. E il bacio, privato della sua fisicità, è ridotto a segno vuoto. A significante senza significato. Di fatto i governi lo hanno messo in quarantena. In attesa di tempi migliori. Certo è che il 2020 e il 2021 passeranno alla storia come gli anni dell'eclissi del bacio, che non è una misura sanitaria come un'altra, ma una immunizzazione del sé, un'afasia dei sentimenti, un mutismo degli affetti, un lockdown dell'anima. Perché tutta la nostra vita di relazione passa attraverso questo snodo fondamentale del linguaggio corporeo che fa di due una sola persona. Come testimoniano le descrizioni piú antiche del bacio, risalenti all'India del 2000 avanti Cristo, dove si dice che attraverso il contatto bocca a bocca si inala l'anima dell'altro. Piú o meno quel che pensava un poeta campione di romanticismo come l'inglese Percy B. Shelley secondo il quale «l'anima incontra l'anima sulle labbra degli amanti» (Shelley 2014, trad. nostra). Un'affermazione che una volta tanto mette d'accordo poeti e scienziati circa l'origine del bacio. Che, a parere di antropologi come Margaret Mead ed etologi come Desmond Morris , nasce dall'uso di scambiarsi qualcosa attraverso 1e labbra. La differenza è che per i poeti si tratta di amore, passione, affetto, dedizione. Mentre per gli studiosi del comportamento umano e animale si tratta di scambi molto piú materiali. Cibo, informazioni, ormoni e ferormoni.

Morris fa risalire bacini e bacetti agli ominidi preistorici, che condividevano con altre specie animali l'uso di nutrire i piccoli bocca a bocca. Le femmine premasticavano il cibo, poi premevano le loro labbra su quelle dei pargoletti e li imboccavano aiutandosi con la lingua. Sarebbe questa la ragione remota per cui il bacio tra adulti è considerato l'atto d'amore, d'intimità, di trasporto reciproco per eccellenza. Come dire che baciarsi ha un valore universale, anche se il modo in cui lo si fa non è sempre lo stesso.

Per noi occidentali baciare è sempre e comunque un fatto di labbra. Mentre la filematologia, cioè la scienza dei baci, dice chiaramente che in molte culture le manifestazioni amorose non sono necessariamente orali. Ma impegnano altre parti del corpo. Gli Inuit, meglio noti come Eschimesi, per esempio, si scambiano effusioni, ma anche convenevoli, strofinandosi teneramente o calorosamente il naso. E cosí pure Malesi e Polinesiani. Charles Darwin sostiene che questo approccio nasale risalga all'età della pietra e rappresenti una forma di riconoscimento olfattivo. Una manifestazione di compatibilità corporea. Che produce empatia, simpatia, legame, ma anche attrazione, passione, simbiosi. Tanto che in alcune regioni dell'India antica al posto di baciare si usava il verbo annusare. Chi avvicinava le labbra al viso del partner, invece che «ti adoro» diceva «ti odoro». E nella Cina tradizionale, ci si baciava accostando il naso alle guance e soffiando leggermente per far arrivare il proprio profumo. Del resto, è cosa ben nota che nell'attrazione erotica giochi una forte componente olfattiva. Insieme a quella tattile e gustativa. Tutte e tre presenti nel bacio. Che, in piú, chiama in causa anche l'udito. Visto che lo schiocco, lo smack, il mwah, il chu, il pciú, il risucchio e altri suoni rappresentano l'essenziale componente rumoristica di ogni plaisir d'amour.

In realtà, come suggerisce l'etologo Eibl-Eibesfeldt , il bacio labiale e linguale è molto piú diffuso di quanto appaia a prima vista. Intanto per l'origine filogenetica del gesto, derivante da operazioni alimentari ancora presenti e osservabili nelle scimmie antropomorfe. In questo senso baciarsi rappresenta la ritualizzazione di quello che in tempi remoti è stato uno scambio di cibo: nutrizione e protezione. E poi, anche nelle società in cui sembra assente, il bacio sulla bocca a un'osservazione piú approfondita può rivelarsi presente, seppure in forma latente. Infatti sono molte le culture che accanto alla confricazione nasale o frontale, praticano anche il bacio labiale. Ma ragioni di tabú, segretezza, intimità culturale hanno confinato questo gesto in una sorta di semiclandestinità.

È il caso della Nuova Guinea, di Bali o del Giappone. Nel Paese del Sol Levante si dice di solito che il bacio sia stato introdotto dagli Europei. Ma il bacio linguale anche in passato non era affatto sconosciuto, tant'è vero che in certe fonti medievali si mette in guardia la coppia dall'indulgere a questa forma di effusione amorosa. Ecco perché, piú che i rapporti di coppia, a provare l'eventuale presenza o assenza del bacio, è casomai la relazione madre/figlio, che è molto meno carica di tabú e quindi piú facilmente osservabile (Eibl-Eibesfeldt 1977, p. 175). In effetti nel Giappone tradizionale il bacio tra adulti ha poco a che fare con l'affetto e molto con il desiderio, come mostrano le stampe erotiche chiamate shunga, dove compare il kuchisū, cioè letteralmente «succhiare la bocca». Si tratta di un gesto trasgressivo di estrema licenziosità e fortemente stigmatizzato soprattutto se a compierlo sono i religiosi, perché si ritiene che la loro bocca sia destinata esclusivamente a trasmettere gli insegnamenti buddisti (Shigeru 1984, pp. 466-67).

Ma se l'atto di baciare è una sorta di partitura filogenetica, dunque tendenzialmente universale, almeno per quanto riguarda gli umani e i primati superiori, le cose vanno diversamente quando si passa dalla partitura alle esecuzioni che ne offrono le società di ieri e di oggi. È su questo piano che le differenze e i significati che le diverse civiltà attribuiscono al gesto crescono in maniera esponenziale. Moltiplicando le tipologie e le tassonomie del bacio. A ciascuno il suo. Come sapevano bene gli antichi Romani, che distinguevano accuratamente l'uso erotico delle labbra da altri tipi di contatto labiale. Affettuoso, doveroso, rispettoso, fraterno, paterno, materno, amicale, conviviale, coniugale. E laddove noi abbiamo una sola parola per qualunque forma di bacio, loro ne avevano ben tre. Il basium, il savium e l' osculum. Il primo, sentenzia Isidoro di Siviglia , «lo darai alla moglie o al marito, il secondo alle donne di piacere, il terzo ai figli» (Perotti 2018, p. 83). Come ogni regola anche il teorema di Isidoro ha le sue eccezioni. La prima è il poeta Catullo , che manifesta il desiderio, torbido e torrido, che prova per Lesbia, la sua calda e infedele amante, chiedendole mille basia e poi altri mille, in un'escalation sempre piú hard. Ma c'era anche l' osculum sanctum, che si scambiavano i cristiani in segno di pace. E lo stesso gesto poteva degenerare nel cosiddetto osculum infame. Ovvero lo sbaciucchiamento che le streghe riservavano a Satana nel corso del Sabba.

Insomma, baciare è un gesto che può assumere i significati più diversi. Dalla tenerezza alla reverenza, dalla venerazione religiosa alla passione amorosa, dalla galanteria del baciamano al bacio socialista di Brežnev e Honecker. O a quello risorgimentale raffigurato nel celebre dipinto di Hayez, dove la coppietta allacciata sta per Cavour e Napoleone III. O ancora, all'omokissing tra Madonna e Britney Spears oppure tra Maradona e Caniggia. Fino alle manifestazioni piú estreme dell'appetito carnale. Dove il confine con il morso si fa labilissimo e un'espressione di uso comune come «ti mangerei di baci» diventa letterale, ritrovando tutta la sua oralità primaria, la voglia matta di divorare il partner. Deve averlo temuto la principessa africana corteggiata a lungo dal filosofo ed esploratore inglese William Winwood Reade, che un giorno tenta di baciarla, ma la ragazza scappa via piangendo. Perché interpreta l'approccio come un gesto da Hannibal Lecter. Del resto, basta aggiungere una c per trasformare Annibale in cannibale. Ma l'esempio piú estremo è quello raccontato dall'antropologo Bronislaw Malinowski circa le effusioni erotiche tra gli abitanti delle isole Trobriand. In quell'arcipelago che si trova al largo dell'Australia, le coppie in amore si mordono fino a ferirsi le labbra, la lingua e le ciglia e arrivano, nell'estasi dei sensi, a strapparsi ciocche di capelli. Come dire, straziami ma di baci saziami. Proprio come in certi amplessi cinematografici recenti al cui confronto il bacio di Via col vento e perfino quelli di Casablanca e Notorius sembrano effusioni da educande. E dove il desiderio diventa avvinghio gorgogliante, aspirazione bocca a bocca, magna-magna rumorosissimo. Del resto, tra la filmologia e la filematologia c'è un rapporto strettissimo che data dagli albori del grande schermo. Da quando May Irwin e John Rice, nel 1896 in The Kiss, scandalizzarono il pubblico baciandosi per la bellezza di 18 secondi. Durata del film 18 secondi. «The New York Times» attacca frontalmente il produttore, che è Thomas Alva Edison, inventore della lampadina, maledicendo una diavoleria come il cinematografo che, agli occhi dei benpensanti, appare come un nuovo veicolo di lascivia e di corruzione.

Da allora la settima arte ha contribuito a fare del bacio un indicatore dei mutamenti sociali, dell'amore e del pudore, delle sensibilità e delle libertà. Dalla boccuccia di Doris Day che baciava da casalinga, alle labbra incandescenti di Kim Basinger in Nove settimane e mezzo o di Dakota Johnson in Cinquanta sfumature di grigio, la differenza è epocale. E riflette gli spostamenti progressivi del piacere e del vedere che fanno uscire i baci dalla camera da letto per proiettarli nello spazio pubblico. Come è accaduto in Giappone nel dopoguerra, quando baciarsi per strada è diventato il simbolo della democrazia e dell'uguaglianza tra i generi. Da qui agli innamorati parigini di Doisneau il passo è breve. Insomma, il bacio può fare una rivoluzione perché è egalitario per definizione. Non fa differenza fra i ruoli. Unisce e non divide. Di fatto, il segreto del bacio sta tutto qui. È il piú unisex fra i gesti dell'amore.

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Pagina 74

Per infiammare il desiderio

Baci e Kāmasūtra


«Si bacia sulla fronte, sulle chiome, sulle gote, sugli occhi, sul petto, sui seni, sulle labbra e nella bocca, presso i Lāta anche sull'inguine, sulle ascelle e nella zona sotto l'ombelico» (Vātsyāyana 2020, p. 94). In questo passo del Kāmasūtra, il piú celebre trattato al mondo dedicato all'arte amorosa, viene disegnata una vera e propria topografia dello spazio erotico, dove íl bacio diventa il driver del desiderio. L'autore, Mallanāga Vātsyāyana, brahmano, filosofo e poeta vissuto nell'India del III secolo dopo Cristo, concepisce il suo libro alla stregua di un tutorial, per istruire donne e uomini in materia di teorie e tecniche amorose. Nella convinzione che «le attività che riguardano l'Amore hanno la stessa natura del cibo, poiché contribuiscono al sostentamento del corpo» (ibid., p. 71).

Un tema che si è propagato come un mantra attraverso i secoli e che riecheggia anche in canzoni pop come Kiss di Prince, l'Apollo di Minneapolis, per risuonare nella voce sirenica di Julia Roberts che la canta in Pretty Woman mentre è immersa nella vasca da bagno.

Nella cultura dell'India antica, l'amore fisico ispira la riflessione filosofica e religiosa, spiega Cinzia Pieruccini nel saggio che introduce la sua bella traduzione del Kāmasūtra (ibid.). L'idea di fondo è che la pulsione erotica sprigioni un incalcolabile potere generativo perché nel desiderio, che in sanscrito si chiama Kāma, si libera l'energia creatrice primordiale, come è testimoniato fin dagli albori della civiltà indiana (ibid., p. 134). Ecco perché il desiderio va alimentato ed educato, per condurre le persone verso una vita amorosa felice. Con questo fine Vātsyāyana dedica un intero capitolo al bacio, spiegato in tutta la varietà delle sue manifestazioni e possibilità. Al primo incontro, raccomanda l'autore, non bisogna mai esagerare, ma a partire dal secondo sui baci non si risparmia. Devono essere tanti e infuocati, «per infiammare il desiderio» (ibid., p. 94). La tassonomia filematica presentata da Vātsyāyana è talmente articolata da far sembrare il sesso al tempo di YouPorn poco più che una ginnastica da analfabeti dell'eros.

La prima grande suddivisione riguarda l'intensità dei baci, distinti in tre categorie: si parte con quello misurato, consistente in un semplice contatto delle labbra. L'atmosfera si scalda quando il bacio diventa palpitante con le labbra attraversate da good vibrations. Ma quello che non fa prigionieri è il cosiddetto «bacio che colpisce», dove la punta della lingua colpisce come una saetta la bocca del partner. I baci si caratterizzano anche per una geometria, una dinamica, una meccanica. Ci sono quelli pari, quelli obliqui, quelli vaganti e quelli premuti. Questi ultimi si sdoppiano in un ulteriore sottotipo che consiste nel serrare fra le dita il labbro inferiore dell'amante e poi andare all'attacco con la bocca a coppa. Al confronto il bacio di Humphrey Bogart a Ingrid Bergman in Casablanca sembra roba da dilettanti, un'effusione ingenuamente spontaneista. Nel trattato di Vātsyāyana c'è posto anche per la polemologia del bacio, che diventa una continuazione della guerra con altri mezzi. È il caso della cosiddetta «battaglia della lingua», che si accende quando «la bocca e i denti vengono colti e offerti con impeto» (ibid., p. 95). Inoltre, che sia dato sulla bocca o su altre parti del corpo, il bacio può essere misurato, premuto, curvo e delicato. Ci sono poi tattiche filematiche per rianimare partner astenici, freddi e distratti o semplicemente addormentati. C'è il «bacio che risveglia» e quello che «accende la passione». Particolarmente strategico «quello che distoglie», cui l'amante appassionato fa ricorso quando il partner sta pensando al lavoro, allo sport, alla politica e un colpo di labbra ben assestato lo fa tornare con la testa fra le lenzuola. Ma il bacio che risveglia può diventare anche un test per misurare la temperatura desiderante dell'amato. La donna, consiglia l'autore, si finga addormentata quando sente rientrare a casa la sua dolce metà. Se lui la ridesta baciandola, tutto va bene. Se invece la lascia dormire, bisogna stare in campana, perché a volte un eccesso di discrezione nasconde il pericolo della fornicazione extra moenia. Infine ci sono i baci che Vātsyāyana chiama «trasposti», cioè quelli stampati su uno specchio o sull'acqua o su qualsiasi superficie che rifletta l'immagine dell'amante. Quel che conta alla fine è l'affermazione di un principio di reciprocità, in amore e non solo. «Si contraccambi ogni azione, - è la morale che conclude il capitolo, - una percossa con una percossa, e per lo stesso motivo un bacio con un bacio» (ibid., p. 96).

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Pagina 97

Nel 2015 gli artisti e ricercatori Karen Lancel e Hermen Maat hanno avviato un progetto scientifico e artistico intitolato EEG Kiss che consiste nel monitorare con un elettroencefalografo l'effetto dell' osculum sul nostro cerebrum. Un flusso di stimoli che viene tradotto in immagini e suoni. Il pubblico di questa installazione si è offerto volontario per "limonare". Mentre tutto intorno, in un cosmorama scintigrafico, rutilano le risposte dei loro cuori palpitanti e dei loro cervelli elettrizzati, che materializzano le emozioni mentre smaterializzano quel bacio. In questo modo diventa possibile vivere una full immersion nel bacio altrui. E questo inedito habitat sensoriale può essere condiviso, in un singolare sabba filematico.

Inoltre, lo straordinario sviluppo della dimensione aptica, che ha fatto del tatto un nuovo driver dei sensi, potrebbe schiudere nuovi orizzonti al bacio a distanza, finora confinato nella dimensione della scrittura, della parola, dell'immagine: dai baci inviati per corrispondenza fino a quelli scoccati in videochiamata. E consentire un contatto fisico, ma in remoto. Insomma, un teletrasporto delle labbra dell'altro. Come nel caso di Kissenger, una crasi tra kiss e messenger. Un dispositivo inventato dall'azienda Mashable per inviare via Internet baci veri. Consiste in un supporto sul quale infilare il proprio smartphone per poter guardare negli occhi il partner collegato in videochiamata. Alla base c'è un ovale di silicone rosa dietro al quale sono collegati tre sensori. Applicando le labbra a questa sorta di kiss detector, entra in azione un software che riproduce esattamente gli stessi movimenti sul device del partner che ha provveduto ad appoggiarvi le labbra per godersi il bacio in tempo reale. Di fatto Kissenger, come recita il promo, trasmette il tuo amore a un ID associato. Invece che tra persone reali il bacio viene scambiato tra identità virtuali. In un certo senso tecnologie di questo tipo pongono nuove domande. Per esempio, se diamo un kissenger a uno sconosciuto stiamo tradendo il nostro partner o no? E in caso affermativo chi è il soggetto che tradisce, l'io materiale o l'io digitale? Cosí nell'epoca in cui al mondo ci sono piú sim che persone in carne e ossa, la rete reifica l'affermazione di Arthur Rimbaud «io è un altro» (2011).

Ancor piú avanzata è la tecnologia impiegata da Teletongue, letteralmente telelingua, una lingua di silicone munita di una miriade di sensori e infilzata su un bastoncino a mo' di leccalecca. È sufficiente leccarla e un programma traduce i nostri movimenti al dispositivo analogo in possesso del nostro partner. I produttori assicurano che questo oggetto è in grado di restituire nel modo piú veritiero possibile l'esperienza reale del bacio. La posta in gioco degli informatici sta nel riprodurre la fisicità dei gesti e dei suoni e trasferirla a un altro corpo attraverso il protocollo ZigBee. Insomma si tratta di una interazione orale in remoto fra due persone. O fra folle immense di utenti interconnessi. Per limitarci a qualche ipotesi, cosa accadrebbe se Brad Pitt o Scarlett Johansson offrissero le loro labbra alle folle dei loro ammiratori? E chissà quali conseguenze potrebbe avere sulla forma, sulla struttura e sull'espressione dei sentimenti, la possibilità di mettere i baci di un partner, di una madre, di un padre, dei figli, degli amici in una memoria remota per poterne replicare l'esperienza nel tempo. Ripetendo l'istante irripetibile. Si potrebbero perfino lasciare baci in eredità, regalando alle persone care un ricordo palpitante, l'impulso vivente di un contatto in absentia. Cosí baciarsi diventa una forma di condivisione tra i corpi da una parte e l'algoritmo dall'altra. In una inedita dimensione sospesa fra trasmissione di emozioni e scambio di dati. Insomma, stiamo passando dai baci dati ai «kiss data».

Ormai non è piú vero che «a kiss is just a kiss», un bacio è solo un bacio, come dice la canzone scritta quasi un secolo fa da Herman Hupfeld e cantata da Dooley Wilson in Casablanca. Grazie alle estensioni digitali che spostano i confini del corpo, un bacio smette di essere solo un bacio. È tattile e digitale. È se stesso e il suo doppio. Qui e ora, ma anche per sempre.

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