Copertina
Autore Salvatore Mugno
Titolo Il pornografo del regime
SottotitoloErotismo e satira di Mameli Barbara
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2007, eretica speciale , pag. 152, ill., cop.fle., dim. 15x21x1 cm , Isbn 978-88-7226-991-6
LettoreGiovanna Bacci, 2007
Classe illustrazione , umorismo , satira , erotica , paesi: Italia: 1920 , paesi: Italia: 1940
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Indice


Mameli Barbara, le seduzioni di un viveur
SALVATORE MUGNO                                   3

Non è stata una cicogna
MAMELI BARBARA                                   19

Biografia                                        23

Le donnine                                       25

La satira politca                               113


 

 

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Pagina 3

Mameli Barbara, le seduzioni di un viveur

di Salvatore Mugno


Le donnine che sapevano il fatto loro

Maggiorate fisiche e minorati psichici (o "intellettuali"; se si preferisce). Questa celebre contrapposizione terminologica e concettuale (proferita da Vittorio De Sica in un'aula giudiziaria, nelle vesti di difensore dell'esuberante Gina Lollobrigida, moderna Frine, accusata di corrompere i costumi, nel film di Alessandro Blasetti, del 1952, Altri tempi) sembra ben riassumere gran parte dell'immaginario di Mameli Barbara a proposito delle articolate relazioni tra donne e uomini.

L'eterna guerra dei sessi, nella rappresentazione che ne fa il disegnatore siciliano, vede le fanciulle e le signore avere quasi sempre la meglio, riducendo spesso il maschio a mero arnese delle loro — più o meno perfide — manovre di seduzione.

Negli "schizzi" e tra le righe dei periodici umoristici del Ventennio e post-bellici che molti, con la puzza sotto il naso, ritenevano «leggeri, disimpegnati, futili se non immorali», in realtà si insinuavano e si delineavano vere e proprie "filosofie" della vita e del mondo.

A una osservazione non pregiudiziale e non frammentaria di disegni e didascalie ci si accorge, infatti, dell'opulenza di informazioni e "retropensieri" contenuti in riviste apparentemente dedite alla facile burla, alla boutade fine a se stessa.

Ciò è tanto vero che spesso gli artisti del pennino si ritrovarono in urto con l'autorità politica e con quella giudiziaria, in quanto le loro pagine «lasciavano trasparire, tra i dovuti ammiccamenti maliziosi, venature mordaci e impietose sulle società del tempo, non certo comuni all'epoca. Fustigavano benevolmente manie, modi di vivere e luoghi comuni con articoli, barzellette ma, soprattutto, attraverso le vignette con battute fulminanti e lepidezze a doppio senso. In primo piano, nelle copertine e nei paginoni, s'imponevano ragazzotte prorompenti, scoperte fino all'estremo limite che l'occhiuta censura riusciva a tollerare».

Mameli Barbara aveva imboccato la fortunata via delle appetitose bellezze femminili sin dagli anni giovanili. Già agli inizi, infatti, accanto ai disegni di Primo Carnera e Learco Guerra (mitici campioni, il primo, del pugilato e, l'altro, del ciclismo) fanno capolino intriganti figure di donne, anche a colori (ad esempio, nel "Marc'Aurelio" dell'anno 1932), contendendo il primato, in questo genere, a un altro capostipite, il suo amico e collega barese Gino Boccasile, la cui "Signorina Grandi Firme" è considerata la "madre di tutte le pin-up italiane".

Le tipologie femminili dell'artista siciliano sono molteplici e mutevoli nel corso di una carriera cinquantennale. Un sintetico ragguaglio, con riferimento agli anni immediatamente seguenti la fine del secondo conflitto mondiale, lo appronta Claudio Dell'Orso: «Mameli Barbara creava, dunque, bellezze rigogliose, un poco butirrose se non cellulitiche sui fianchi larghi, dai fondoschiena abbondanti ma di sicuro solidi, i seni non troppo voluminosi. Bonazze sovente da interni: dame nouvelles riches messe in scena nell'intimità dei boudoir o nei salotti buoni, modelle già spogliate negli atelier dei pittori, bagnanti sorprese dentro le cabine, soubrette dai costumi scollati e le calze nere che stanno preparandosi allo spettacolo nei loro riservati séparé. Tutte curve, coperte, nella quasi totalità dei casi, da aggiunte d'inchiostro per limitarne l'impatto visivo. S'imponevano come simboli anticrisi, da abbuffate senza possibilità di dieta dopo il periodo bellico segnato da immense privazioni».

Dietro la cospicua produzione di attraenti silhouette e di uomini goffi, c'era lo studio meticoloso e costante dei comportamenti e delle modalità espressive degli esseri umani, attività che Barbara aveva avviato sin da quando, tra i banchi di scuola, ritraeva i suoi compagni e gli insegnanti. Anche nella sua giovanile esperienza di disegnatore è chiaramente manifesta questa sua attitudine. Tipi e figure del Lido di Roma è il titolo, ad esempio, d'una divertente "antologia" di profili "da spiaggia" raffigurati nel "Marc'Aurelio" del 27 luglio 1932 e, proprio per sottolinearne la personale "lettura" psicologica, firmati Impressioni di Barbara: una sequela di caricature di bagnanti dal notevole effetto, quasi un'analisi psicosomatica.

Abitudini e costumi degli italiani andavano lentamente e costantemente mutando, e agli umoristi spettava coglierli in un'ottica salace. Già nel 1934, Barbara segnalava la "nefasta" influenza dei film americani sul nostrano gentil sesso. Ma, nello stesso anno, e al riparo della discreta illuminazione del proiettore, in sala la "donna italiana" sembra già cavarsela anche troppo in fatto di spigliatezza erotica, come si ricava da una conversazione tra amiche: «– Al cinematografo non ci si può andare più; figurati che ieri un giovanotto mi ha messo una mano sul petto! – Mascalzone! Ma tu non gli hai dato uno schiaffo? – Cosa vuoi, non potevo, perché avevo una mano in quella del mio vicino di destra, e un'altra in quella del mio vicino di sinistra» ("Marc'Aurelio", 10 ottobre 1934).

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Il satirico danzante

Umorismo e satira trovano precocemente dei punti di contatto nell'opera di Mameli Barbara (Il finanziere sagace, «– Cerco un investimento sicuro... – Passi un paio di volte all'incrocio di Viale Regina Margherita con Via Nizza», "Marc'Aurelio , 25 giugno 1932), denunciando le incertezze e la precarietà dell'esistenza e dei sistemi economici.

Durante il Ventennio l'autorità politica non gradiva affatto che si superassero certe soglie e, sotto questo profilo, il "Marc'Aurelio"; bisettimanale nato nel 1931, «sarà la vera novità, cioè la trasformazione del giornale satirico capace di sopravvivere sotto un regime radunando una schiera di eccellenti autori che disegneranno vignette umoristiche all'insegna del tutto va bene. Vi collaboreranno Barbara, Verdini, De Vargas e Colizzi (in arte Attalo) che creerà il tormentone del "Gagà che aveva detto agli amici».

Per sopravvivere, alla satira non restava che addomesticarsi.

In una missiva «a chiarimento della mia figura politica», a noi diretta nel 1993, Mameli Barbara precisava: «Dall'autobiografia (collocata qui di seguito — N.d.A.) si può trarre una figura politica mutevole col mutare del vento. Cresciuto nel periodo fascista, mi sono adeguato al vento. Perché il successo mi portò a godere dell'amicizia dei figli di Mussolini, con cui andai a sciare; di Clara Petacci, conosciuta prima che divenisse l'amante di Mussolini; di sua sorella Miriam Di San Servolo, indipendentemente da fattori politici; tutti i gerarchi fascisti manifestarono simpatia per le mie vignette sessuali, indipendentemente da fattori politici; a "Marc'Aurelio" fui amico degli antifascisti de "Il becco giallo", indipendentemente dal loro credo politico»."

Con alle spalle un'adesione al fascismo più o meno sentita, deliberata e opportunistica, Barbara fu certamente molto critico rispetto alle vicende politiche e istituzionali italiane seguite alla fine della seconda guerra mondiale.

Già pochi mesi dopo l'ingresso degli Alleati a Roma (4 giugno 1944), il nostro disegnatore, con una vignetta apparsa su "Marforio" (del 4 novembre 1944), attraverso la lezione, davanti a una carta geografica, d'una maestra (deliziosa figurina, come l'intera scenetta, accurata ed espressiva al pari di un'opera d'arte), sintetizza un punto di vista sullo stato delle cose: «Riapertura delle scuole. La maestra: — Dunque: l'Italia confina a nord e a ovest con le rivendicazioni francesi, a est con le rivendicazioni jugoslave e a sud con le rivendicazioni di Finocchiaro Aprile...».

"Marforio" (Roma) uscì dal 3 settembre 1944 e per l'intero 1945: «Disegni di Attalo, Barbara, Migneco, Verdini, Pompei. Tra le riviste del periodo è una delle migliori, sia per la qualità dei disegni che per gli argomenti trattati».

Qualche anno dopo, il nostro vignettista sarà vicino al movimento politico Pace e Libertà fondato da Edgardo Sogno e collaborerà al connesso periodico "Pace e Libertà" (Milano, 1953), mensile di lotta antitotalitaria, «giornale fortemente anticomunista».

Dal 1946 al 1966, gli anni della ricostruzione e del boom economico, «furoreggia "Il Travaso" con tutti i suoi meravigliosi collaboratori, da Isidori, Nistri, Niso, Belli, Mastroianni, a Barbara, Folco e anche Jacovitti (...)».

Per diversi anni, uno dei temi cari all'autore sarà la feroce, viscerale satira anticomunista («Lavale! Erano incartate in una copia dell'"Unità"...») e antisovietica (una coppia di innamorati moscoviti sogna di poter avere «un campo di concentramento tutto per noi», "Marc'Aurelio", 14 ottobre 1952).

Per oltre un decennio, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, Mameli Barbara fu il vignettista de "Il Popolo"; il quotidiano della Democrazia Cristiana: sfornava disegni a ritmo quotidiano, intervenendo su tutte le più scottanti questioni di politica interna e internazionale (dal problema franco-algerino ai colpi di Stato dei generali argentini, alle dittature africane).

Egli ironizza sulle debolezze del sistema istituzionale e politico italiano e, soprattutto, sui partiti della sinistra (In casa del deputato di sinistra, spendaccione coi soldi pubblici e avaro nelle spese famigliari, "Il Popolo"; 9 febbraio 1958).

Sul piano della critica di costume, poi, talune vignette sono a dir poco sorprendenti, per ciò che anticipano di motivi assai presenti nel dibattito di questi ultimi anni: dallo scarso apprezzamento dei libri e della lettura da parte delle giovani generazioni al diffuso malcostume dell'evasione fiscale o dalle manipolazioni alimentari, all'"oscurità" di talune forme d'arte d'avanguardia; dalle micidiali code di auto al "Ritorno dalla Pasquetta" ai primi scandali nel mondo del calcio.

Malgrado le tematiche ostiche e seriose, la "sacralità" del sito e i mutati tempi, Mameli Barbara non aveva del tutto rinunciato a servirsi della sua prediletta tecnica d'approccio al mondo, la "lente" pruriginosa delle donnine: «(...) ogni volta che tracciava una figura femminile gli si avvicinava Ettore Bernabei – allora direttore del giornale dc – , quasi gli toglieva la matita di mano e celiando e sorridendo lo invitava ad allungare le gonne, rimpicciolire le forme, rendere più casta l'immagine».

In tali termini, lo stesso Barbara riepiloga il côté politico della sua attività nel dopoguerra: «Caduto il regime, lavorai con i monarchici, non per il loro credo, ma solo per campare; collaborai con il PLI e rifiutai l'invito a collaborare con "Paese Sera"; comunista, per coscienza anticomunista, guadagnandomi la definizione di "pornografo del regime" da parte de "L'Unità". Accettai invece la collaborazione a "Il Popolo", quando assunse un indirizzo di centro-sinistra, guadagnandomi le ire della corrente andreottiana, perché nel contempo facevo vignette su "Il Punto", promotore di una politica di centro-sinistra sovvenzionata dall'ENI di Enrico Mattei ovvero da tangenti. Una politica conseguente alle tangenti dell'URSS. Non esiste una politica promossa da ideologie pure (...)».

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