Copertina
Autore Axel Munthe
Titolo Napoli e Capri
EdizioneColonnese, Napoli, 2006 [1992], Lo specchio di Silvia 18 , pag. 80, cop.fle., dim. 93x145x9 mm , Isbn 978-88-87501-72-8
OriginaleFrån Napoli [1885]
PrefazioneAlessandro Carandente
LettoreGiovanna Bacci, 2006
Classe citta': Napoli
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Indice


Nota                            7

La Madonna del Buon Cammino    11

I cani di Capri                45



 

 

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Pagina 13

Il dottore l'aveva visto parecchie volte sulla porta della sua piccola cappella mentre scrutava lungo il vicolo sporco, e già da lontano si scambiavano i saluti nella maniera comune ai napoletani agitando le mani e gridando da lontano: «Buon giorno, Don Dionisio! Buon giorno, signor dottore!».

E spesse volte aveva dato un'occhiata dentro il vecchio giardino chiostrato, con la piccola fontana arida e le poche pallide rose d'autunno sul muro del piccolo santuario. Don Dionisio gli aveva raccontato infinite volte i molti particolari della Madonna del Buon Cammino. La Madonna del Buon Cammino se ne stava là sola, nella sua nicchia mezzo rovinata dentro la quale una piccola solitaria lampada ad olio tentava di vincere le ombre invadenti. Don Dionisio aveva tirato con grande solennità le tendine che nascondevano la sua Madonna agli occhi dei profani: e aveva messo a posto con tenerezza materna gli orli sbrindellati della sua veste che minacciava di cadere a pezzi. Il dottore aveva guardato pietoso e stupito la pallida immagine di cera dal sonno inconscio sul viso impassibile che per Don Dionisio rappresentava il più alto grado di bellezza fisica e spirituale. «Com'è bella! Com'è simpatica!» esclamava guardando la sua Madonna.

Nella vecchia chiesa di Santa Maria del Carmine poco lontana, centinaia di candele votive erano accese dinanzi agli altari e notte e giorno frotte di devoti vi si recavano per implorare la protezione della potente Madonna. Le madri si levavano l'anello dal dito per appenderlo al collo della Madonna come sacra offerta, le ragazze le file di coralli dalle trecce nere per adornare la ricca veste della statua, gli uomini forti e robusti si inginocchiavano in preghiera implorando aiuto ed assistenza.

La morte infieriva nei suburbi di Napoli. Per ben tre volte la miracolosa immagine della Madonna del Carmine era stata portata in solenne processione intorno alla piazza perché proteggesse la popolazione del Mercato dalla terribile pestilenza e si raccontavano molti miracoli di morenti che erano risorti a nuova vita dopo aver baciato il lembo della sua veste.

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Pagina 20

Una sera il dottore doveva passare da quelle parti e pensò di fare una visita al suo vecchio amico. Dall'interno della cappella si sentiva Don Dionisio che cantava ad alta voce un vecchio cantico latino in onore della sua Madonna:

            Consolatrix miserorum,
            Suscitatrix mortuorum,
            Mortis rumpe retia;
            Intendentes tuae laudi,
            Nos attende, nos exaudi,
            Nos a morte liberal.

Alzò le cortine che chiudevano l'entrata e alla luce della piccola lampada ad olio vide Don Dionisio inginocchiato dinanzi all'immagine della sua Madonna, occupatissimo a levar ragnatele da una vecchia parrucca enorme dal colore indescrivibile. La sua collera non si era ancora calmata.

– Dicono che non tiene capelli – gridò non appena vide il dottore. – Mo' vogliamo vedere chi tiene i più bei capelli. – E lanciando uno sguardo trionfante al dottore, egli pose la parrucca sulla testa pelata della sua Madonna del Buon Cammino. – Com'è bella! com'è simpatica! – disse, gli occhi lucidi di gioia, mentre metteva a posto meglio che poteva i riccioli arruffati sulla fronte della statua.

Quando il dottore lo lasciò, Don Dionisio era più tranquillo, e aveva ripreso di buon umore il suo posto nel piccolo portico, prontissimo all'offesa e alla difesa per amore della sua Madonna. Proprio quella sera il dottore venne informato che c'era stato un caso di colera in un fondaco vicino alla strada dove abitava Don Dionisio, ed il mattino dopo si recò a visitare l'ammalato. Mentre passava dinanzi alla cappella vide il vecchio già nel suo portico, che si fregava le mani con aria allegra, e non ebbe il coraggio di dirgli che anche la protezione della sua Madonna sembrava abbandonarli. Ma appena Don Dionisio vide il dottore agitò le mani e quando era ancora poco lontano gridò in modo da farsi sentire da tutta la contrada:

– Ecco il colera! Ve l'ho sempre detto! è venuto perché non avete mai voluto credere nella Madonna del Buon Cammino. Ora voi tutti vedrete che cosa capita a coloro che hanno più fede nella Madonna del Carmine che in lei. Ecco il colera! Proprio in mezzo a noi, ecco il colera!

Il vicolo era pieno di gente impazzita dal terrore, lanciatasi fuori dalle case per andare a pregare in chiesa e dinanzi ai tabernacoli agli angoli delle strade. Qualcuno si fermò indeciso dinanzi alla cappella per ascoltare la profezia di Don Dionisio che minacciava di morte tutti coloro che osavano sfidare le ire della benedetta Madonna del Buon Cammino. Il fondaco ove si trovava l'ammalato sembrava completamente vuoto poiché tutti quelli che avevano potuto erano scappati via al primo allarme; ma il dottore, guidato dal suono di voci oranti, arrivò finalmente in un bugigattolo buio ove la solita scena l'attendeva. Vicino alla porta qualche commare pregava con fervore; lunga distesa sul pavimento una madre si torceva le mani dalla disperazione; e in un angolo il viso livido di una bambina mezzo nascosta sotto un mucchio di coperte stracciate. La bambina era già fredda, aveva gli occhi chiusi ed il polso appena sensibile. Ogni tanto un tremito convulso la scuoteva tutta; ma tolto questo tremito, ella giaceva assolutamente immobile e insensibile. Colera! Sopra il letto vi era un ritratto della Madonna del Carmine, e il dottore comprese dal brontolio delle donne che la miracolosa Madonna era stata portata lì la sera prima. Di tratto in tratto la madre alzava il capo e guardava ansiosa il dottore, il quale sembrò leggere un certo senso di fiducia in quegli occhi angosciati. Tuttavia sembrava che egli non potesse far più nulla. Iniezioni di etere, frizioni, tutti i rimedi soliti si dimostravano insufficienti a richiamare il calore della vita, e intanto il polso diventava più debole. Il dottore notò ancora con sorpresa la stessa fiduciosa espressione negli occhi della madre quando ella lo guardava, e allora egli decise di provare il nuovo rimedio. Sapeva bene che non c'era niente da perdere, poiché se fosse stata abbandonata la bambina sarebbe morta; ma da qualche tempo era stato ossessionato dall'idea che forse si poteva salvare una vita in un caso come quello. Nessuno si curò più di ciò che egli faceva: la madre giaceva con la fronte sul pavimento implorando la Madonna di prendersi la sua vita invece di quella della sua bambina; e le comari avevano cessato di pregare e discutevano concitatamente se non fosse meglio portare qualche altra Madonna, visto che la Madonna del Carmine non voleva aiutarli nonostante tutte le loro preghiere, nonostante le candele accese dinanzi alla sua cappella, nonostante il voto fatto dalla madre di vestire la bambina coi colori della Madonna per un intero anno, purché la bambina fosse salva! La bimba era assolutamente insensibile e il dottore si pose al lavoro senza più indugiare. Quando l'operazione fu terminata, toccò leggermente sulla spalla la madre, e mentre ella lo guardava come se quasi non capisse le sue parole, le disse che non c'era tempo da perdere se volevano provare un'altra Madonna: e perché non provare la Madonna del Buon Cammino che era poco lontana?

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Pagina 47

Come gli antichi romani, i cani di Capri dedicano la maggior parte del loro tempo alla vita pubblica. La piazza è il loro Foro ed è lí che essi scrivono la loro storia.

Quando Don Antonio apre la sua osteria e Don Niccolino, barbiere e salassatore, esce dal suo salone, Capri comincia un giorno nuovo. I cani compaiono da ogni punto e si avanzano lenti e solenni; ecco quello del dottore, quello del tabaccaio, quello del segretario, di là viene quello di Don Arcangelo e poi quello di Don Pietro, e così via di seguito; quindi, dopo un saluto fatto secondo le regole stabilite dalla natura, si accucciano in piazza a meditare. Don Antonio mette un paio di sedie dinanzi al suo caffè e, mentre qualcuno accetta l'invito di appoggiarvisi contro, altri preferiscono la gradinata della chiesa e quel piacevole angolo presso il campanile il cui orologio tante generazioni hanno ascoltato con sempre crescente stupore poiché, indomabile come il sole, spinge innanzi il tempo, ahimè! non quello del sole.

I cani dell'Albergo Pagano arrivano dopo qualche momento. Si alzano più tardi degli altri perché fanno un pranzo terribilmente pesante. Sono tutti discendenti del vecchio venerabile «Timberio», il vecchio cane di Pagano che cammina un po' indietro dal resto della famiglia. Timberio ha una cataratta in un occhio, ma con l'altro osserva la vita con calma impassibile. La famiglia dei cani Pagano è sempre stata la prima a Capri, ed ora, dal giorno in cui uno dei loro padroni è diventato sindaco, si sono ancor più rinchiusi in quell'atteggiamento riservato che hanno sempre saputo mantenere verso le classi più basse.

Generalmente formano circolo a parte con qualche cane liberale sotto i portici del Municipio. I cani conservatori, che vennero battuti nelle ultime elezioni quando Manfredo Pagano, il candidato liberale, divenne sindaco, si raggruppano in una minoranza ostile dall'altra parte della piazza presso i gradini della chiesa, e si seggono con grande decoro presso la porta, come umili pubblicani, mentre dentro si dice la Messa o le «Figlie di Maria» cantano le litanie.

Verso le dieci arrivano i due cani del Cacciatore, la mamma e il figlio. Entrano senza esitare nell'osteria di Don Antonio. Sono nativi dell'isola ma hanno ricevuto un'educazione inglese, perciò conoscono il sapore di una coscia di montone o di un pezzo di roastbeef. Anche i cani di Don Antonio conoscono un po' di queste cose, e sopravvive in essi un certo anglicismo da quando Don Antonio servì come cameriere a bordo di un piroscafo inglese. I cani tedeschi non entrano mai qui; nonostante tutti gli sforzi di Bismarck per guadagnare Don Antonio alla causa della Triplice Alleanza, non sono ben visti, ed hanno stabilito il loro quartier generale da Morgano «Zum Hiddigeigei» dove si sentono sempre abbaiare e strillare fino a tarda notte.

La mattina passa nel dolce far niente per prepararsi al lavoro del pomeriggio. È ben raro che sia accaduto qualche cosa da quando si videro ieri, ed è ben raro che il nuovo giorno possa alterare lo statu quo. Il loro viso è improntato alla più grande calma ed una pace arcadica governa la loro vita. Tuttavia tanta calma vive sopra un vulcano, come l'estate che rallegra il Vesuvio laggiù nella bruma. Di tanto in tanto il tuono rimbomba nel largo petto di Timberio Pagano quando il peloso guardiano nero dell'Hòtel Quisisana gli si avvicina troppo. Seduti ognuno ad un lato della farmacia, i due quadrupedi assistenti dei due medici rivali si guardano di sottecchi, e molto spesso i due cani di Don Niccolino e di Don Ciccillo (il nuovo barbiere) si azzuffano buttando all'aria ciuffi di peli strappati. Tuttavia tutto si dimentica presto e le ore passano in ritmica monotonia come le brevi onde che battono contro il bagno del vecchio imperatore. Guardano le ragazze mentre passano portando sul capo enormi pezzi di tufo, come le cariatidi dell'Erecteum: guardano i pescatori della marina che vengono a vedere la pesca della notte. Triglie dorate e grandi sgombri, o molluschi dalle conchiglie di vivaci colori, e, forse, qualche vecchia anfora romana coperta di coralli tirata su dalle reti profonde da palamido fuori dalla sua nicchia millenaria nel fondo del mare.

Qualche volta vogliono muoversi un poco e si spingono fino al principio della strada di Anacapri a guardare con occhi attoniti il traffico delle stalle dove gruppi di forestieri attendono impazienti mentre le selle vengono poste sui dorsi sanguinanti degli asinelli, e i morsi rugginosi vengono messi nelle loro bocche martoriate. «Aaaah! aaah! avanti!». Via dunque, asinelli, via per Monte Solaro, un'arrampicata di un'ora e mezzo con gli allegri turisti. Sì, la strada è bella, sulla costa della montagna, coperta di mirtilli e saggine. La vista si allarga sempre più. «Aaaaah! aaaah!». Ancora una salita ed ecco i vigneti e gli oliveti sotto di voi, e lassù sopra il vostro capo le rocce scoscese dominanti selvagge come sulla Via Mala delle Alpi; e il castello mezzo rovinato di Barbarossa che sta appiccicato lassù sull'orlo del precipizio.

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