Copertina
Autore Pierre Musso
Titolo L'ideologia delle reti
EdizioneApogeo, Milano, 2007, Saggi , pag. 240, cop.fle., dim. 13,5x21x1,7 cm , Isbn 978-88-503-2673-0
OriginaleCritique des réseaux
EdizionePresses Universitaires de France, Paris, 2003
TraduttoreAnna Mirabella
LettoreGiorgia Pezzali, 2008
Classe filosofia , comunicazione , informatica: reti , scienze tecniche , storia della tecnica
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice

Presentazione
di Alberto Abruzzese                                          vii

Introduzione                                                    1



Parte Prima - La formazione della rete come mito e forma       17


Capitolo 1 — L'immaginario della rete tra organismo e tessuto  21

1. La rete come tecnica di tessitura e di caccia               21
2. La tessitura e la rete nella mitologia                      24
3. Rete e metafora corporale in politica e in medicina         28
4. Il cervello-rete di Galeno                                  34

Capitolo 2 — La formalizzazione logico-matematica della rete   37

1. Rete e modello tecnologico del corpo in Descartes           38
2. Leibniz filosofo-ingegnere della rete                       42
3. Gli ingegneri e i matematici-cartografi                     46
4. La nascita della cristallografia, nuova scienza delle reti  49
5. La rete nell'Enciclopedia di Diderot                        52

Capitolo 3 — L'identificazione corpo-rete                      57

1. I "tessuti cellulari" da Malpighi a Lamarck                 58
2. La concezione biopolitica della rete in Diderot             64
3. La sospensione del modello tecnologico del corpo            69


Parte Seconda - Il concetto e il mito moderno della rete       77


Capitolo 1 – Logica e simbologia della rete in Saint-Simon     81

1. Il concetto di rete in Saint-Simon                          81
2. La rete come mezzo di transizione politica                  95
3. L'operazione simbolica del passaggio dalla verticalità
   all'orizzontalità                                          104

Capitolo 2 – La feticizzazione della rete nei sansimoniani
             e in Proudhon                                    117

1. La reificazione del concetto di rete nell'opera
   di Michel Chevalier                                        119
2. La feticizzazione della rete come simbolo del
   cambiamento sociale                                        127
3. Un tipo di società iscritto nella struttura della rete     137


Parte Terza - La degradazione del concetto e
              l'ideologia della rete                          147


Capitolo 1 – La tecno-utopia reticolare                       151

1. I "temi cardine" della tecno-utopia della rete             152
2. La rete elettrica e la piovra                              159
3. La rete di telecomunicazione e il computer come
   "sistemi nervosi"                                          170

Capitolo 2 – La tecnologia dello spirito reticolare           181

1. La piramide e la rete nel discorso sulle organizzazioni    183
2. La rete nel discorso sul funzionamento della società       189
3. I frammenti del concetto di rete                           199

Capitolo 3 – La retiologia                                    207

1. Il cyberspazio o la fluidificazione generalizzata          209
2. La "società in rete" di Manuel Castells                    217
3. Il "doppio corpo" della rete                               222

Conclusione                                                   231

Bibliografia                                                  235


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 1

INTRODUZIONE


Una nuova divinità si è insediata nell'Olimpo delle nostre rappresentazioni, una divinità tecnica, o ipertecnica, di cui Internet è soltanto una delle manifestazioni più appariscenti: la Rete.

La figura della rete si impone ovunque. Tutto è rete o "rete di reti" che organizzano la nostra vita. Ogni giorno usiamo reti di tutti i tipi, da quelle elettroniche a quelle di informazione e di comunicazione, e cerchiamo di inserirci nella fitte maglie delle reti che ricoprono tutto il pianeta intero. Constatare l'onnipresenza e l'onnipotenza della Rete, per dirne i vantaggi p per mettere in guardia contro i suoi effetti, è ormai un banale luogo comune. La città è diventata Retepolis e il mondo, "pianeta relazionale", come sostengono Catherine Distler e Albert Bressand nei loro saggi, mentre Manuel Castells constata l'emergenza della società in rete.

La rete definisce l'identità del soggetto in quanto già da sempre interconnesso e collegato. È un punto di riferimento essenziale che organizza un orizzonte di intelligibilità del mondo. La rete definisce le nuove norme dell'economia, (dall'accessibilità agli "effetti di club"), ma anche quelle del potere e i comportamenti degli individui che, non più post ma "ultra-moderni", sono caratterizzati in base alla loro "capacità di essere e restare in connessione". Il culto della rete – e in particolare di Internet – "incanta" il quotidiano, reintroduce la trascendenza e fonda una nuova interpretazione del mondo contemporaneo. La rete appare come un metodo di ragionamento, una forma di razionalizzazione da cui nasce un immaginario multiforme strettamente legato alle tecnologie. La rete costruisce propriamente un "tecno-immaginario" o un "tecno-messianismo", come afferma George Balandier, che permette di comprendere il mondo in modo tanto più efficace quanto più esso è determinato dalla tecnica.

Come lo Stato, che spesso viene posto come la sua negazione più radicale, la rete è una sorta di Giano bifronte. Da un lato essa è una "tecnica" e dall'altro è una "tecnologia", cioè rappresentazione e discorso sulla tecnica. La rete intesa come tecnica, garantisce l'efficacia del funzionamento del mondo neo-industriale mentre la rete intesa come tecnologia, è il discorso attraverso il quale tale modo di funzionamento viene rappresentato. Artificio della tecnica per amplificare gli effetti dell'agire umano e per accelerare gli spostamenti, la rete è uno strumento di analisi teorica, ma anche un nuovo strumento per "sognare" e reinventare l'ordine del mondo proprio, come fu l'immagine dell'albero per gli Illuministi. L'albero era la figura di riferimento per indicare un ordine gerarchico oppure, come nell' Enciclopedia, serviva a rappresentare l'ordine delle conoscenze. Con le sue radici sepolte nella terra, collegate attraverso il tronco ai rami tesi verso il cielo, l'albero rappresentava l'ordine e il rapporto di filiazione dei saperi. L'uno (il tronco), generato dal molteplice (le radici), rigenera a sua volta il molteplice (le ramificazioni). L'ordine verticale dell'albero rinviava all'idea del passaggio lineare dalla terra al cielo, dalla contingenza del presente subìto al futuro promesso. Figura di una mediazione nella natura, l'albero è ciò che sta fra due mondi e la rete che lo sostituisce nel corso del Settecento è costituita in modo perfettamente analogo.

Se la simbologia dell'albero viene per così dire "sradicata" nell'ambito del processo di secolarizzazione, il weberiano "disincanto del mondo" dura poco e l'ordine cui rinviava l'albero, viene rapidamente riattivato attraverso la figura delle prime reti tecniche artificiali del mondo industriale, quelle "meraviglie" che furono le ferrovie, il telegrafo o la "fata elettricità". La moltiplicazione progressiva dell'intreccio di tutte queste reti d'energia, di trasporto e d'informazione si è accelerata durante il XX secolo, durante il quale si impongono le reti di telecomunicazione e teleinformatiche fino alla comparsa "rivoluzionaria" di Internet. Sostituendosi alla figura dell'albero, la rete ha imposto la sua logica orizzontale, multirazionale e artificiale che ha soppiantato l'ordine verticale, discontinuo, gerarchico e naturale dell'albero. La rete rinvia infatti a un immaginario profondamente diverso che si presenta come "una cartografia globale, liberata dal peso della centralità". Nel pensiero sansimoniano, per esempio, la rete evoca il principio di uguaglianza fra fratelli contrapposto all'autorità gerarchica del padre. È proprio questo modo di intendere la rete che determina la forza del nuovo concetto di rete.

Mentre si afferma la diffusione delle tecniche reticolari che costituiscono ormai l'infrastruttura delle società iper-industrializzate, definite da Manuel Castells propriamente come "società in rete", l'immagine della rete viene usata in tutte le discipline: dalla biologia alla matematica ma anche in sociologia, nelle scienze politiche e nelle teorie delle organizzazioni. La rete serve da modello per definire le modalità di funzionamento del pensiero nelle scienze cognitive e nel connessionnismo. Oggetto pluridimensionale e parola feticcio, la rete diventa progressivamente la doxa del pensiero contemporaneo spingendo alcuni a voler perfino eliminare una tale nozione così sovraccarica di significati. Parola d'ordine e passe-partout, dal significato sempre più indeterminato, la rete resta uno strumento d'analisi utile anche se non ha più lo statuto di concetto, almeno nel campo delle scienze umane. L'inflazione degli usi della parola "rete" è infatti al tempo stesso l'indice della potenza originale del concetto ma anche quello del suo deterioramento pedagogico-commerciale contemporaneo, per riprendere una formula di Deleuze e Guattari.

Nel trionfo attuale della figura della rete è possibile riconoscere il processo di deterioramento di un concetto e di tutte le metafore e immagini che lo hanno accompagnato, puntualmente riciclate nel momento della massima diffusione planetaria delle reti di comunicazione. Oggi, non ci riferiamo più tanto alle immagini e all'ideologia della rete, quanto ai resti deteriorati di una utopia sociale e di un pensiero concettuale costruito all'inizio dell'Ottocento dal filosofo francese Claude Henri di Saint-Simon (1760-1825). Siamo eredi di "una tecnologia dello spirito" e di "un'immagine simbolica" della rete che in coincidenza con l'apparizione di ogni innovazione tecnica, viene riformulata rivisitando di volta in volta il vecchio immaginario della rete. Questo è ciò che abbiamo chiamato "rete-tecnologia": un insieme di rappresentazioni, di discorsi e di immagini veicolati dalle reti-tecniche. La rete-tecnologia è oggi una mescolanza di pensiero concettuale deteriorato e di immagini disperse, residui della teoria e dell'operazione simbolica sansimoniana dell'inizio dell'Ottocento. Questa è la nostra ipotesi.


La rete, intermondo tra tecnica e corpo

La rete è caratterizzata dal suo dualismo. È anzitutto una tecnica che evolve nella storia assumendo tre forme principali in funzione del susseguirsi di quelli che Bertrand Gille definisce come "sistemi tecnici". La prima forma è legata alla tecnica artigianale della tessitura da cui la rete trae la sua etimologia (retis); la seconda, alle grandi reti artificiali territoriali nate con la rivoluzione industriale; la terza forma è legata alle reti d'informazione e di comunicazione affermatesi a seguito della rivoluzione informatica. Ma la rete è anche una tecnologia in cui la rappresentazione del reticolare inteso come struttura generale si confonde con la sua incarnazione simbolica, intesa come strumento di analisi del corpo umano. In queste pagine, intendiamo mostrare che non c'è un'evoluzione lineare e diretta fra la rete in quanto forma osservata nella natura e la rete intesa come forma astratta e geometrica, che viene "artificializzata" dall'ingegneria industriale. Il passaggio da una forma all'altra va inteso piuttosto come il frutto di una riorganizzazione delle rappresentazioni del reticolare (la rete-tecnologia) che si produce in coincidenza con ogni successiva innovazione delle reti-tecniche.

Sin dalla sua origine, la parola "rete" designa le reti da pesca o i tessuti, e per metafora evoca il trascorrere del tempo o meglio la trama del destino. La prima definizione della rete rinvia alla tecnica artigianale più antica: quella della fabbricazione del tessuto. Essa è intesa come insieme di fili, linee, interconnessioni e nodi. Questa è la prima rappresentazione empirica che permette di riconoscere una rete. Ogni linea conduce a molti nodi o intersezioni e viceversa, ogni nodo è un punto di raccordo fra molte linee o percorsi. La rete crea un'immagine strutturata da linee e punti, da centri e da percorsi che formano nel loro insieme una trama, cioè il tessuto della rete. Tale forma può essere osservata nella natura come nel caso della tela di un ragno, versione naturale della rete ripresa nella definizione del web (World Wide Web: tela di ragno mondiale). Oggi, con il termine "rete" viene indicata in primo luogo la natura mediatrice della rete. Tutto ciò che si riferisce alla rete è "inter". La rete è intersezione (di linee), o forma di interazione (fisica o meccanica), di interrelazioni (sociologia), di intermediazione (economia), di interconnessione (reti di comunicazione) e così via. "Inter" designa lo spazio intermedio, la relazione di scambio e la funzione di passaggio. Quando viene considerata a partire dalla sua dimensione dinamica, la rete è precisamente questo "spazio intermedio", essa è sostanzialmente relazione, elemento di mediazione o "passaggio". Infatti la rete non è un semplice legame o meta-legame, che collega due o n poli, luoghi o attori. Ma è anche l'insieme dei collegamenti e dei poli collegati ed è questa duplice valenza del concetto di rete che lo rende un efficace strumento di analisi e una potente metafora.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 9

La memoria simbolica della rete è strettamente associata a un preciso sistema tecnico. Dall'Antichità fino al Seicento, viene presa in conto solo la forma artigianale del reticolo e si parla di fili e tessitura, di reti da pesca e di intrecci di vimini. Con la rivoluzione industriale, la rete diventa un meccanismo autoregolato iscritto sul territorio come quello delle ferrovie, rese possibili dalla macchina a vapore. A partire dalla metà del XX secolo, con l'invenzione del computer e delle "reti di automi" di John von Neumann, la rete si presenta come una tecnica auto-riproducibile e "intelligente". Pur diffidando di una storia fatta di fasi triadiche, possiamo osservare che quella delle tecniche della rete si organizza secondo lo schema ternario della civiltà industriale elaborato da Lewis Mumford in Tecnica e cultura. Alla fase "eotecnica" che dura fino al XVIII secolo, dominata dall'immagine della rete-tessitura, fa seguito la fase "paleotecnica" del XVIII e XIX secolo, segnata dalla rivoluzione industriale e dall'apparizione delle grandi reti territoriali artificiali (trasporti, energia e comunicazione) costruite dagli ingegneri. Infine, viene la fase "neotecnica" che caratterizza la civilizzazione industriale moderna e in cui emergono l'informatica e le reti di telecomunicazioni. Nonostante le variazioni del modo di intendere la rete-tecnica nei "sistemi tecnici", la metafora che associa rete e organismo resta sempre valida.

Per seguire le tappe dell'invenzione della rete, ipotizziamo che non si possa dissociare la rete considerata come tecnica dalle sue rappresentazioni in quanto "tecno-immaginario"; che non si possa, quindi, distinguere la rete-tecnica e la rete-tecnologia, in particolare in relazione all'uso della metafore organiche. La forza dell'idea di rete è legata a un immaginario associato alle tecniche del reticolo, che vanno dal disegno della rete fino alle sue rappresentazioni formalizzate. La rete offre il grandissimo vantaggio di poter spiegare le strutture complesse e molteplici poiché è in grado di rappresentarle come tali, può formalizzarle in quanto essa è una sorta di "ragione grafica". Senza immagini, la rete perderebbe ogni sua efficacia e oggi infatti, nell'epoca dell'ideologia e del culto della rete, tale nozione è un'autentico serbatoio di metafore e di rappresentazioni. Tuttavia, per un breve momento, quello degli anni di Saint-Simon, la rete ha veramente giocato il ruolo di un concetto autentico e di un'operazione simbolica. Solo in seguito essa si è deteriorata, diventando da concetto una "tecnologia dello spirito" e da operazione simbolica un'"ideologia dell'utopia". È quanto cercheremo di dimostrare in queste pagine.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 11

I tre momenti della genealogia della rete

Lenta invenzione, sintesi transitoria e deterioramento brusco sono i tre tempi della genealogia della rete. Il primo momento in cui domina la tecnica artigianale della tessitura – che Anne Cauquelin definisce come periodo della "bio-metafisica" – è molto lungo e va dalla mitologia antica fino a Descartes. Il secondo momento, quello "biologico-politico", va situato negli anni a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo, e coincide con la fusione dell'organismo e della razionalità reticolare, operazione che rende possibile successivamente la duplice invenzione,concettuale e simbolica, di Saint-Simon e delle macro-reti tecniche territoriali. Infine, il terzo momento, nel XX secolo, coincide con l'invenzione del computer e con una nuova visione della rete, una sorta di doxa "biotecnologica". Bio-metafisica, bio-politica e biotecnologia rinviano all'idea che l'invariante di questa genealogia della rete rimane il riferimento al corpo e alla metafora organica. In questo libro, presenteremo in modo genealogico la rete, a partire dalla sua relazione dialettica con le tecniche e come produttrice di immagini e di rappresentazioni. Metteremo in evidenza tre grandi visioni del reticolo che rinviano a tre configurazioni tecniche della rete, sottolineando il legame indissociabile tra la rete-tecnica e le sue rappresentazioni. La prima visione, quella "bio-metafisica", molto antica e già presente nella mitologia, è quella del filo, del tessuto e della tessitura e in essa la rete-filo simboleggia la continuità, il tempo e il destino. La seconda visione emerge alla fine del Settecento, con la formazione di una nuova episteme che formalizza la rete e la razionalizza come logica. Essa coincide con la rivoluzione industriale e la creazione delle nuove reti tecniche autoregolate, come le ferrovie, il telegrafo e poi l'elettricità. Questa seconda configurazione è sistematizzata dal sansimonismo in una visione "biopolitica" del reticolare che oppone due paradigmi politici della rete e porta in essa un'utopia sociale. Infine, nel XX secolo, con il computer e le tecniche d'informazione e di comunicazione, emerge una terza configurazione elaborata da John von Neumann e Norbert Wiener. La visione "biotecnologica" del reticolo è quella delle tecniche autoregolate, simbolo del cervello e della "conoscenza collettiva". Qui, la rete di comunicazione diventa sistema nervoso o cervello, rovesciando così la rappresentazione precedente nella quale essi erano i riferimenti in base ai quali venivano intese le reti tecniche.

Di fatto la tecnica reticolare si intreccia costantemente con la metafora corporale. Prima, la rete è "sopra" e "intorno" al corpo che essa avvolge. Poi la rete, una volta identificata al corpo, si presenta come artificio che avvolge la natura intera, in particolare il territorio. Infine, a partire dall'Ottocento, il corpo rimane preso nelle reti tecniche artificiali dei trasporti e d'informazione che costituiscono il suo nuovo ambiente sociale, o addirittura una nuova società. Dopo aver avvolto il corpo e la natura, la rete finisce di stringere nelle sue maglie tutta la società. Le tracce di tutte queste successive catture sono come sedimentate e sempre rimesse in relazione le une con le altre, per dare forma all'oggetto e al concetto di "rete". Dall'Antichità al Seicento, è stato forgiato un immaginario della rete come "intermondo" tra la tecnica della tessitura e l'organismo. Nel secolo dei Lumi, quest'immaginario si è sfaldato in seguito all'emergenza di tre nuove forme di razionalizzazione: quella legata al progetto prometeico della costruzione delle grandi reti artificiali degli ingegneri, quella della formalizzazione-matematizzazione inaugurata da Leibniz, unitamente a quella della concettuallizzazione della rete, e infine quella della costruzione di una simbologia del cambiamento sociale che le reti tecniche dovrebbero portare a compimento. Fino al Settecento, la tecnica tessile è stata il modello, o la "ragione grafica" (Jack Goody), che ha permesso di interpretare il corpo umano. In seguito, rete e corpo sono stati confusi per un breve periodo, fra il 1750 e il 1850, prima che, a partire dalla rivoluzione industriale, la "ragione grafica" venisse invertita e la rete tecnica moderna trovasse iscritta nel corpo la propria forma di razionalità. In altre parole, l'immaginario della rete è stato determinato solo per un momento dalla definizione e dalla simbologia sansimoniana della rete. Poi esso si è degradato in vulgata della rete, in ideologia e tecnologia dello spirito. Questa è la fase attuale del "disastro" teorico-simbolico del pensiero della rete, che è accompagnato dal tentativo costante di recuperare il vecchio immaginario della rete, sorta di memoria profonda che sprona l'ideologia contemporanea a "civilizzarsi".

Il nostro lavoro sarà organizzato in tre parti, in cui verranno distinte le tre fasi della costruzione, della concezione e della dispersione della rete che sono legate all'evoluzione di tre successivi modi di intendere la rete: la visione "biometafisica", quella "biopolitica" e infine quella "biotecnologica". Queste tre configurazioni teoriche sono organizzate a partire da tre diverse figure o immagini dell'attività del conoscere: la mètis greca, quella dell' Enciclopedia e l'attuale "tecnologia dello spirito".

La prima fase della genealogia della rete è quella in cui si formano le immagini e i miti della rete che, pensata a partire dalle tecniche della tessitura, appare essenzialmente come legame (parte I). La seconda, nata dall'eliminazione delle vecchie immagini della rete, coincide con l'affermarsi del concetto e dell'operazione simbolica di Saint-Simon (parte II). Subito dopo, si apre l'ultima fase della genealogia, segnata dal deterioramento del concetto che, dopo esser stato reificato, viene ampiamente divulgato. Qui si sviluppa la "diaspora" del concetto di rete che diventa "tecnologia dello spirito" e prende il via la sua degradazione rapida in immagini simboliche che tentano di ritornare alle origini dell'immaginario della rete (parte III).

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 16

La storia dell'invenzione della rete presentata in questo libro, permette di seguire il processo di formalizzazione della rete considerata come forma artificiale — rete da pesca o tessuto — che invade, durante il Settecento, tutte le rappresentazioni artificiali e naturali e diventa oggi metafora onnipresente, in particolare nella rappresentazione della società nel suo insieme. Al tempo stesso, la storia dell'invenzione della rete segue quella del tema già presente nell'Antichità, dell'incarnazione simbolica delle strutture reticolate nel corpo umano, in particolare nel cervello o nel sistema nervoso, poi nella natura e infine, nella società. In questa storia, tre oggetti sono stati presi nelle maglie della rete: il corpo, la natura e poi la società intera.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 146

PARTE TERZA

La degradazione del concetto e l'ideologia della rete


Con la moltiplicazione delle reti tecniche a partire dalla fine dell'Ottocento, il discorso mitologico moderno della trasformazione sociale realizzata dalla rete e dalla sua architettura viene riattivato e riformulato a ogni innovazione delle tecniche reticolari, dall'elettricità a Internet. I principali artefici di questi ripetuti tentativi di resuscitare la simbologia del reticolo, sono gli ingegneri e gli industriali che estendono le maglie delle reti al pianeta intero e a tutta la società. Trasformandosi in sociologi, gli ingegneri legittimano e integrano nelle relazioni sociali le reti artificiali che progettano, sfruttando le immagini organiche del reticolo. A lungo i medici hanno concepito il corpo umano a partire dalla tecnica reticolare, fino ad arrivare a confonderlo come accade nella corrente vitalista della fine del Settecento. In modo analogo gli ingegneri-sociologi ricoprono le loro invenzioni tecnologiche di metafore reticolate prese a prestito dal corpo umano e finiscono per confondere nuovamente il corpo e la rete, il cervello e il computer. Il medico cercava un ordine e una logica a partire dagli effetti di rete osservati sul corpo umano e al suo interno. Al contrario, l'ingegnere tende a identificare la rete artificiale al corpo vivente, cerca di ricollegarla a delle immagini del corpo – in particolare al cervello – per naturalizzare la rete. Le reti elettriche, elettroniche o le telecomunicazioni, reti dette anche "intelligenti", costituiscono una sorta di "cervello collettivo" che dovrebbe essere la realizzazione artificiale della metafora galenica su scala planetaria. L'immagine simbolica sansimoniana della trasformazione sociale determinata dalla rete tecnica e iscritta dai proudhoniani nella sua architettura si impone come mito moderno, come vulgata promossa non solo dagli ingegneri, dagli industriali e dai "futurologi" ma anche da certi sociologi. L'idea di Chevalier e di Proudhon secondo i quali la rete tecnica di per sé conteneva, come un "Dio nascosto", una struttura politica e sociale specifica, permette di spiegare questa riattivazione ricorrente del mito della rete. Intesa in questi termini, la rete appare come la leva della trasformazione politico-sociale che va sfruttata in tutti i tipi di organizzazione per farli evolvere. Se l' Enciclopedia ritrovava delle reti nascoste ovunque negli organismi e nella natura, l'ideologia contemporanea le ritrova nelle organizzazioni e nei territori. Così, dopo essere entrata negli organismi, la rete avvolge ora tutte le organizzazioni.

Ripescato in occasione di ogni innovazione tecnica reticolare, il discorso mitico sfrutta sempre le metafore corporali – in particolare l'analogia fra rete tecnica e sistema nervoso – per imporre la rete come una nuova figura di potere o di contro-potere all'interno delle organizzazioni o della società. Questa figura, nata dall'operazione simbolica sansimoniana, viene sfruttata fino all'eccesso dagli ingegneri-sociologi e dagli industriali per presentare ogni "nuova" rete tecnica come un mezzo di trasformazione della società, dell'economia e delle organizzazioni. La degradazione dell'operazione sansimoniana in "tecno-messianismo" prende la forma di una "tecno-utopia". Questa tecno-utopia della rete tecnica si ripete con qualche elemento costante dall'elettricità fino a Internet (Capitolo 1). Il concetto di rete, già reificato dai sansimoniani, viene ridotto nel discorso contemporaneo a una "tecnologia dello spirito". Utile in certi casi, questo modo di ragionare riduce la rete alla descrizione delle relazioni o delle interconnessioni fra elementi di una totalità frammentata. Se nell'ambito delle scienze matematiche, fisiche e cristallografiche, la formalizzazione del concetto di rete è stata portata avanti, nelle scienze sociali, la rete è rimasta identificata a una vaga idea di interconnessione e i tentativi di formalizzarla in concetto si sono serviti principalmente della teoria dei grafi. In questo senso, l'onnipresenza della nozione di rete nelle scienze sociali si rivela essere l'indice della debolezza teorica di un tale concetto passe-partout e rinvia a una tecnologia destinata a rimettere insieme i frammenti di una società disgregata (Capitolo 2). La figura della rete ormai consunta e impoverita, così come il suo concetto degradato, si ritrovano riuniti nella diffusione commerciale e ideologica di tale nozione. Frutto del lavoro comune degli ingegneri-sociologi e dei sociologi-ingegneri, questa fusione di elementi degradati della rete produce una potente ideologia della trasformazione sociale, presentata come un'utopia caratterizzata da una visione deterministica della tecnica. In nome della diversità delle pratiche reticolari, questa ideologia promette continuamente il cambiamento sociale o, più semplicemente, fa credere di poter creare del movimento e della mobilità attraverso delle protesi di "connessione". Ormai la rete prende nelle sue maglie qualsiasi cosa. Essa è diventata un'ideologia – la "retiologia" – che ricicla le immagini simboliche che ha veicolato e in particolare la promessa di un passaggio verso il futuro. Grandi opere tecnologiche e industriali, le macro-reti tecniche contemporanee sono le moderne "cattedrali" in cui si celebra il passaggio, non più verso un aldilà celeste, ma in cui viene qualche volta messa in scena la transizione verso un mondo migliore nel futuro e, altre volte, viene rappresentato il movimento continuo che dovrebbe caratterizzare il presente (Capitolo 3).

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 173

Sin dal 1944, il computer venne considerato come un cervello artificiale; in questi anni infatti la metafora dominante per pensare le reti elettriche e telefoniche era precisamente il sistema nervoso. Turing e von Neumann sognano di costruire "un cervello", o almeno un automa, il cui funzionamento obbedisca a una logica comparabile alla sua, un electronic brain, un modello del cervello umano su scala ridotta. Secondo von Neumann, c'è una somiglianza di funzionamento fra la logica di un calcolatore e quella di un cervello umano. "Il sistema nervoso — scrive Neumann — è un computer che riesce a effettuare dei compiti straordinariamente complessi con un grado di precisione abbastanza basso. Questo accostamento fra il cervello e il computer non è evidente perché suppone un'analogia di funzionamento e di architettura. Secondo Philippe Breton, l'assimilazione di computer e cervello viene concettualizzata in due modi: sulla base dell'identificazione fra le infrastrutture materiali della macchina e quelle del sistema nervoso, entrambe finalizzate a "far pensare" oppure sulla base della confusione fra i loro due modi di funzionamento. In altri termini, o si considera che la rete neuronale obbedisce a una logica binaria, di tipo booleano, condizione della logica di programmazione tanto dell'attività cerebrale e quanto di quella informatica, oppure si considera che vi sia una struttura unica capace di produrre intelligenza in generale. Turing e von Neumann sostengono quest'ultima ipotesi, secondo la quale la rete di neuroni è binaria e questo permette di affermare l'analogia di funzionamento fra la logica del cervello e quella del computer. Questa tesi degli "informatici" è ben diversa da quella dei cibernetici. Se Turing e gli informatici insistono sulla logica dell'"intelligenza", indipendentemente dal suo supporto materiale, i cibernetici cercano di costruire degli animali artificiali, lavorando sul "supporto materiale dell'intelligenza". Nel suo Introduzione alla cibernetica, Norbert Wiener illustra la sua teoria in questi termini: "È mia convinzione che il comportamento degli individui viventi è esattamente parallelo al comportamento delle più recenti macchine per le comunicazioni". Secondo l'autore, i meccanismi di regolazione dell'organismo e della macchina sono strutturati in modo analogo: alle sinapsi del corpo corrisponde infatti il commutatore della macchina. Su questa base, Wiener può comparare la rete di telecomunicazioni all'organismo vivente, precisando che non esiste una radicale diversità, per esempio, fra il modo di trasmissione di un telegramma e gli scambi di informazioni all'interno del corpo vivente. A suo avviso, infatti, "essere vivo, significa esser parte di un flusso continuo di influenze provenienti dall'esterno". L'uomo di Wiener si trova al centro di una rete, ne è attraversato, vi è collegato, connesso, sino a comunicare con essa. "La rappresentazione dell'uomo come 'essere che comunica' è strettamente legata alla metafora che stabilisce un legame fra il cervello umano e il computer", dice Philippe Breton. Ritroviamo la fusione vitalista di corpo e rete, messa in evidenza anche da Diderot. Tuttavia ormai non è più una rete naturale a essere assimilata al corpo, ma una rete tecnica di comunicazione.


Il ritorno del modello del corpo-macchina

Il modello tecnologico del corpo umano era stato abbandonato dopo i lavori di Maupertuis e Buffon verso il 1750, che avevano aperto la strada a una "fisiologia barocca". Con l'invenzione del computer esso viene recuperato e si impone nuovamente, come afferma Henri Atlan: "Maupertuis, nel suo 'Essai sur la formation des corps organisés' del 1754, è stato il primo a riconoscere il ruolo centrale dell'organizzazione negli esseri viventi. La sua teoria dell'equilibrio fra due tendenze – quella del cambiamento e della modificazione casuale che porta alla distruzione o alla creazione di nuove forme e quella della riproduzione e perpetuazione in base a una sorta di memoria – possono essere recuperate tanto dalle teorie vitaliste della fine del suo secolo quanto dalle teorie moderne dell'evoluzione, nonostante le rotture epistemologiche che separano queste due epoche della scienza". Alla metà del XX secolo, l'invenzione del computer ha modificato radicalmente la nozione di macchina, come osserva Atlan. "Contrariamente a quanto si credeva nell'Ottocento, la costruzione di computer ha mostrato che non c'è contraddizione fra macchina e organizzazione e che possono esistere delle macchine organizzate. È la nozione stessa di macchina che si è trasformata completamente". Questi artefatti sono così organizzati e complessi "che esistono macchine organizzate non viventi nonostante esse siano il frutto del cervello e della mano dell'uomo". Se la macchina ridiventa il modello per concepire il corpo umano, ciò è dovuto alla sua complessità. Henri Atlan riprende le analisi di Ashby per il quale "il computer è un regalo del cielo poiché esso crea un ponte fra l'enorme baratro concettuale che separa ciò che è semplice e comprensibile da ciò che è complesso e interessante". Nuovamente modello per pensare il corpo, quella macchina organizzata o struttura materiale in rete che è il computer, offre un nuovo supporto esplicativo per i sistemi complesso autoregolati. Il computer è un modello di analisi e di razionalità che permette di pensare il sistema nervoso e il cervello. Se il sistema nervoso serviva da modello per pensare l'elettricità e il telefono, ora si afferma la reversibilità completa fra il cervello e il computer.

È la neurocibernetica che reintroduce il modello tecnologico.

I rapporti evidenti, dice Atlan, – similitudini e differenze – fra il funzionamento dei computer e quello del cervello sono all'origine delle applicazioni della teoria degli automi alla neurofisiologia ma anche dell'applicazione dei dati della neurofisiologia alla teoria degli automi.

Atlan sottolinea le numerose semplificazioni e lacune del modello di rete neuronale rispetto a quanto sappiamo del sistema nervoso. Tuttavia

il grande apporto di McCulloch e Pitts consiste nell'aver saputo mostrare che la loro rete neuronale, nonostante i limiti relativi della loro definizione, era dotata di proprietà notevoli rispetto al funzionamento dei computer e più in generale degli automi.

Questo modello permette una semplificazione grazie all'analogia di funzionamento logico fra il sistema nervoso e l'automa-computer. Entrambi sono considerati come delle "scatole nere" la cui forma stabile e le cui modificazioni in base a ciò che entra o esce possono essere definite grazie alle regole della logica matematica booleana. In questo modo si può dimostrare che ogni rete neuronale è un automa e, reciprocamente, che ogni automa può essere riprodotto da una rete neuronale. Nel 1963, Winograd e Cowan riassumono l'apporto di McCulloch e Pitts, dicendo che essi hanno mostrato che "ogni attività... (compreso il funzionamento di un computer) descrivibile con un numero finito di parole senza ambiguità, potrebbe essere realizzata da una rete". Di conseguenza, Winograd e Cowan estendono la teoria matematica dell'informazione di Claude Shannon a quella degli automi e delle reti, e arrivano a definire in tal modo il sistema nervoso centrale. Essi sostituiscono la rete alla via o canale di trasmissione — che è anche una "capacità" nel senso di contenitore — derivata dalla teoria di Shannon. "Ci possiamo rappresentare un tale sistema, osserva Atlan, come un'entrata che riceve dei messaggi da una fonte, un'uscita che trasmette dei messaggi a un destinatario e una rete modulare fra le due che al tempo stesso trasmette e analizza le informazioni". Tuttavia, contrariamente allo schema di Shannon, c'è un'asimmetria poiché "l'uscita è l'espressione di una funzione calcolata sulle entrate e, in generale, questa funzione non è identica a quella che le è opposta". Fra l'entrata e l'uscita delle informazioni si verifica un fenomeno di distruzione delle informazioni della rete. A partire dall'analisi della rete di calcolo, i due autori stabiliscono quali sono le condizioni di possibilità per costruire degli "automi affidabili". Un automa affidabile può essere realizzato sulla base di un sistema di connessioni relativamente semplice, poiché una gran parte di tali connessioni è affidata al caso. Secondo Atlan, questo modello permette "di concepire, senza contraddizioni, la casualità come parte integrante di un'organizzazione complessa, a livello delle sue strutture più elementari, che ha alcuni tratti caratteristici del funzionamento cerebrale". La conclusione di Henri Atlan è che possiamo immaginare un misto di casualità e di organizzazione per pensare il cervello, poiché "per garantire la loro plasticità e la loro capacità di adattamento, le reti di miliardi di neuroni possono sfruttare i vantaggi che offre la casualità che domina le loro strutture più elementari, senza perdere affidabilità". La teoria degli automi permette di analizzare questi fenomeni di auto-organizzazione "che si traducono in modificazioni della struttura di una rete dettate dal funzionamento stesso della rete". Atlan suggerisce l'idea che i fattori casuali possono produrre degli effetti di organizzazione che egli chiama "reti evolutive". Ne deriva una conseguenza epistemologica principale per l'analisi critica delle reti e cioè la differenza fra gli "effetti di rete" osservati negli organismi naturali e le reti tecniche progettate e realizzate dagli ingegneri. In un sistema naturale,

appaiono chiaramente solo gli effetti della rete di comunicazione — arrivo dei segnali in entrata e emissione di segnali in uscita — senza che si possa avere la minima idea dell'organizzazione della rete. Questa è la differenza fondamentale che esiste fra la posizione di un neurofisiologo che cerca di decifrare il modo di funzionamento di un sistema naturale che ha di fronte e la posizione di un ingegnere che fabbrica un sistema artificiale e tenta di accrescerne le performance.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 179

È invece il punto di vista che cambia. La rete naturale è osservata, quella artificiale è fabbricata. La rete naturale fa appello allo sguardo, quella artificiale all'azione. Questi due tipi di reti si sovrappongono quando le due posizioni dell'osservatore e dell'attore si identificano, quando il fisiologo e l'ingegnere si scambiano di posto, allorché quindi lo sguardo e l'azione si confondono. È precisamente ciò che è avvenuto alla fine del Settecento, quando il medico e l'ingegnere si sono incontrati per celebrare la rete-corpo del vitalismo. Ciò si ripete con la cibernetica, quando ingegneri e psicologi inventano le "reti neuronali" e identificano il cervello con il computer in base al loro comune funzionamento in rete. Le scienze cognitive si basano sull'opposizione fra due paradigmi per rispondere alla questione dei meccanismi del pensiero. Il primo paradigma è quello "computazionista" e si basa sull'assimilazione del cervello a un computer che gestisce dei simboli. Il secondo è il paradigma "connessionista" e identifica il cervello a una rete di neuroni. Il modello connessionista pensa il cervello come una rete composta di unità elementari, i neuroni, che interagiscono, sono connessi fra loro, formano delle reti e si auto-organizzano senza che vi sia una pianificazione globale.

Che si tratti delle reti elettriche, delle telecomunicazioni o dell'informatica, gli ingegneri danno corpo alla rete tecnica assimilando la rete al sistema nervoso e al cervello, o alle sue componenti neuronali. La rete tecnica dovrebbe regolare il sociale proprio come il cervello controlla il corpo umano. Naturalizzando la rete tecnica che progetta e fabbrica, l'ingegnere diventa sociologo o psicologo. In modo analogo, le scienze sociali prendono in prestito la nozione di rete dell'ingegneria per pensare le relazioni sociali e le organizzzioni. Da un lato, l'ingegnere si ispira alla biologia per naturalizzare e socializzare la rete tecnica; dall'altro, il sociologo si basa sui concetti elaborati dagli ingegneri, per tecnicizzare e razionalizzare le relazioni e le organizzazioni sociali. L'import-export della nozione di rete è tanto più facile quanto più tale concetto, già reificato, diventa una "tecnologia dello spirito" che serve a designare in modo generale la mediazione, l'interconnessione e il passaggio. Questo è quanto accade oggi, momento in cui il concetto di rete non è altro che la parola d'ordine per designare semplicemente delle relazioni o interazioni fra elementi qualsiasi.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 199

3. I frammenti del concetto di rete

La degradazione e la dilapidazione del concetto di rete — divenuto tecnologia dello spirito — non creano un vuoto ma, al contrario, un'inflazione di usi, un eccesso di accezioni, discorsi, immagini e metafore. Una lista degli usi di tale nozione nei diversi ambiti disciplinari basterebbe per mettere in dubbio la sua coerenza e la sua consistenza. Il concetto di rete ha avuto solo un'esistenza effimera nella filosofia sansimoniana ed è servito a designare il superamento di due stadi considerati come contrapposti, uno legato alla teoria dei solidi e l'altro alla fisiologia. La teoria di Saint-Simon ha permesso di pensare il passaggio dalla rete osservata nella natura come effetto sul corpo e al suo interno, alla rete artificiale, calcolata e costruita dagli ingegneri per avvolgere il territorio. Appena formulato, questo concetto è stato divulgato e feticizzato, trasformato in culto della rete tecnica e sacralizzato attraverso le immagini elaborate dai sansimoniani. Le rappresentazioni del reticolo sono state abbondantemente moltiplicate per celebrare ogni innovazione tecnica, e la nozione di rete è divenuta di fatto una sorta di "riserva di metafore". L'eccesso di usi metaforici della rete sembra decretare la condanna definitiva della nozione stessa, come se l'eccessivo ricorso a essa ne determinasse la perdita di senso. Potremmo però anche arrivare alla conclusione opposta e dire che l'uso estensivo della nozione è la prova della sua efficacia ideologica.

Facciamo allora l'inventario di quanto è rimasto oggi della nozione di rete. Possiamo distinguere significati diversi che alle volte si sovrappongono e che possiamo ordinare in due gruppi generali. Il primo è quello della "tecno-utopia", cioè l'insieme di discorsi e finzioni associate a delle reti tecniche, frutto della degradazione dell'operazione simbolica sansimoniana. Il secondo è quello della "tecnologia dello spirito" e deriva dalla dispersione ideologica del concetto originario. I frammenti della nozione di rete restano raggruppati in due forme, una legata alla matrice tecnica con il suo insieme di metafore, e l'altra a un concetto degradato in un modo di ragionamento. Questa dualità è costitutiva della nozione contemporanea di rete, il cui funzionamento è descritto come il passaggio fra poli contrapposti, come la mediazione all'interno della contraddizione o come il percorso che collega diversi luoghi. La rete non può essere definita solo dalle relazioni, dai collegamenti o dalle interconnessioni. Essa è sempre definita dall'azione di mettere in relazione elementi, legami con luoghi, interconnessioni con entità diverse. Essa collega ciò che è stato isolato, separato o atomizzato in precedenza. Questa è la definizione di base che Michel Serres propone per un diagramma in rete costituito, a un dato momento, "da una pluralità di vertici collegati fra loro tramite molteplici cammini". Il vertice di una rete è l'intersezione di diversi cammini e, inversamente, un cammino mette in relazione diversi vertici. Secondo Michel Serres, questo modello di diagramma in rete può essere definito da sei elementi che caratterizzano la sua complessità e che differenziano questo concetto da quello "lineare" della dialettica tradizionale. I sei elementi sono: 1) "la tabularità", poiché esistono più cammini possibili per andare da un vertice a un'altro e quindi tale percorso resta indeterminato in un diagramma in rete; 2) "la plurivocità" delle relazioni stabilite fra ogni vertice della rete che può quindi essere "pluri-determinato"; 3) "la differenziazione pluralista delle determinazioni", che fa della rete un insieme complesso, instabile e in costante evoluzione; 4) "la pluralità dei sottoinsiemi di totalità originarie" che permette di suddividere la rete in sottoinsiemi di reti; 5) "la mobilità molto complessa" della rete che evolve passando "dalla probabilità alla sovradeterminazione", provocando la "crisi" della rete (il guasto, il corto circuito); 6) "la retroazione", poiché la causalità nella rete non obbedisce alla logica dell'irreversibilità temporale. Michel Serres elabora in questo modo i fondamenti di un'epistemologia del concetto di rete in opposizione alla linearità del processo dialettico. Nello stesso senso, Henri Lefebvre afferma: "la superiorità scientifica, la validità e il maggior valore di verità del traliccio rispetto all'albero. Su un albero, il percorso da un punto a un'altro è unico o obbligato, passa inevitabilmente per uno dei vertici e ne segue la gerarchia. È definito sulla base di relazioni binarie (biforcazioni, dicotomie ecc.). In questo modo lo spazio viene ordinato. Al contrario, nel caso dei tralicci vi sono molteplici e illimitati percorsi per andare da un punto all'altro... Il traliccio implica e permette una razionalità diversa e più complessa". La rete è una figura più ricca dell'albero, che a sua volta è forma particolare di rete. La nozione di rete permette di rappresentare la complessità e i sistemi complessi, come l'attesta la sua storia e il fatto che essa ha permesso di interpretare successivamente le strutture invisibili del corpo, quelle della natura e della società. La principale caratteristica di questa nozione è allora la sua non-linearità. La rete definisce un ordine nascosto, iscritto in una struttura formalizzabile (diagramma, grafo, matrice) che consente di spiegare il funzionamento visibile di un sistema complesso.

L'ipotesi implicitamente contenuta in ogni pensiero della rete è il postulato secondo il quale fra la struttura e il funzionamento di un sistema vi è un legame causale garantito dalla rete. La rappresentazione della dimensione non-lineare e delle retroazioni nella rete è resa ancor più complessa poiché la sua tipologia, cioè la sua capacità di connessione, è modificata dal suo funzionamento stesso. È proprio questo aspetto che determina il grande interesse euristico delle "reti di automi" che sono dei modelli teorici o formali usati in diverse discipline per spiegare i sistemi complessi. Il modello di rete permette di correggere un difetto della teoria, tuttavia, a sua volta, esso può diventare un ostacolo epistemologico imponendo l'immagine reticolare alle discipline che se ne servono. Basandosi sull'esempio degli automi, Henri Atlan fa notare che oggi "usiamo la teoria degli automi, in cui l'auto-organizzazione si traduce in modificazioni della struttura di una rete frutto del suo stesso funzionamento". L'analisi dei sistemi auto-organizzati non può essere interamente condotta a partire dalla rappresentazione in rete, poiché tali sistemi permettono di accedere a una conoscenza solo parziale dell'ipercomplessità e del vivente. Ciò che rende interessante la nozione di rete è la possibilità di servirsene come modello e di formalizzarla nei grafi di legame. Infatti,

l'uso de grafi è il metodo più corrente per rappresentare le interconnessioni che costituiscono la tipologia della rete. L'interesse di un grafo è dovuto non solo al fatto che fornisce una rappresentazioni grafica, ma soprattutto alle sue proprietà logiche che permettono l'elaborazione di una scrittura algebrica – e dunque automatica – delle equazioni di stato del sistema.

Henri Atlan insiste su una seconda caratteristica della nozione di rete che diversi autori hanno messo in evidenza. Egli definisce la rete come un intermediario fra il cristallo e il fumo, come "un compromesso fra due estremi: un ordine ripetitivo perfettamente simmetrico di cui i cristalli rappresentano il modello fisico più classico, e una varietà infinitamente complessa e imprevedibile nei suoi dettagli, come quella delle forme evanescenti del fumo". Secondo Atlan, la rete è qualcosa di più di una macchina, ma meno di un organismo vivente; diversa da un'entità lineare, ma non al punto di divenire un'entità ipercomplessa; più di un albero, ma meno del fumo. La rete funziona sempre come un intermediario, la sua essenza è l'essere "inter", essere ciò che collega. La sostanza della rete è la mediazione, il passaggio. In sintesi, la rete segna il passaggio senza essere limitata e, contrariamente a un sistema, non ha frontiere precise. Mediazione, passaggio, ambiguità, gioco, compromesso sono i termini che la definiscono e che mettono in evidenza la difficoltà a caratterizzare la nozione di rete. Essa infatti, interessante per la sua razionalità grafica e per la sua plasticità come modello, resta poco chiara quanto al suo autentico contenuto. La rete si presenta allora al tempo stesso come un concetto degradato, come un precetto metodologico e come un residuo teorico.


Una definizione della rete

Nonostante questa difficoltà, noi non rinunciamo a una definizione della rete e, prendendo in prestito i diversi apporti delle varie discipline, consideriamo che essa è una struttura di interconnessione instabile, composta da elementi che interagiscono e la cui variazione è legata a specifiche regole di funzionamento. Nella definizione che proponiamo, possiamo distinguere tre livelli. In primo luogo, la rete è una struttura composta da elementi che interagiscono, i vertici o nodi della rete, collegati fra loro grazie a cammini o legami, in uno spazio tridimensionale o "tabulare". In una tale definizione, il cristallo è "una rete allo stato puro". In secondo luogo, la rete è una struttura di interconnessione instabile nel tempo, poiché la genesi di una rete (da un elemento alla rete) e la sua trasformazione da rete semplice a rete complessa sono due processi implicitamente compresi nella sua definizione. La struttura della rete implica la sua dinamica, cioè la sua modificazione che può essere considerata come processo che segue una logica deterministica o aleatoria. Che si consideri lo sviluppo che porta da un elemento alla costituzione di una rete, o la trasformazione di una rete in rete di reti, si tratta sempre di pensare una complessità auto-prodotta o auto-organizzata dalla dinamica stessa della rete. L'organismo, in tal senso, appare come una rete allo stato naturale e la sua dinamica virale di sviluppo risulta essere un riferimento centrale per la definizione di rete. In terzo luogo, la modificazione della struttura della rete obbedisce ad alcune regole di funzionamento. Ipotizziamo quindi che la variazione della struttura della rete rispetti delle norme o leggi che illustrino il funzionamento del sistema strutturato in rete. In questo modo passiamo dalla dinamica della rete al funzionamento del sistema complesso, come se la prima (la rete) fosse la parte invisibile e dunque il fattore esplicativo del secondo (il sistema strutturato dalla rete).

Questi tre aspetti sono indistintamente compresi nella definizione contemporanea di rete, che presenta il vantaggio di rendere possibile il passaggio da un elemento (o più elementi) a una totalità, da una totalità definita nell'istante t a questa stessa totalità all'istante t', da una totalità nascosta a una totalità visibile. In altri termini, la rete è al tempo stesso il legame di un elemento con un tutto, il legame fra diversi stati di una totalità, e il legame fra la struttura di una totalità e il funzionamento di un'altra. Grazie alla rete, tutto diventa legame, transizione e passaggio fino a confondere i diversi livelli che essa collega, che si tratti dell'interazione fra elementi, della genesi di una struttura a opera di un'altra, o ancora del funzionamento di un sistema complesso.

Possiamo allora concludere che l'uso sistematico del modello reticolare, e il suo successo, sono legati a due postulati. Da un lato viene stabilito un legame di causalità fra la struttura reticolare di un sistema complesso e il suo funzionamento; dall'altro si stabilisce la necessità di scomporre la totalità studiata (la natura, il corpo, la società) in elementi atomizzati per rilevare le interconnessioni reticolari fra loro. Un determinismo della struttura (l'ordine invisibile) e una teleologia del sistema (la complessità di ciò che è visibile) forniscono il quadro generale del pensiero della rete. Questa nozione di rete consente in questo modo di risolvere la frammentazione presupposta a priori dell'oggetto su cui interviene. Essa permette di ricollegare ciò che in precedenza è stato separato. Come la metis, essa rovescia la contraddizione nel suo contrario pacificato.

La rete non è né il sistema, né la struttura, e ancor meno il rizoma. Meno organizzata che il sistema e la struttura, la rete offre il vantaggio di portare in essa l'immagine dell'interconnessione che si sviluppa indefinitamente, l'immagine di un'estensione di tipo virale analoga al modello della metafora corporale e della sua regolazione naturale. La rete resta aperta e permette di pensare il funzionamento di un sistema complesso e di trovare per esso una formalizzazione esplicativa. Di fatto la rete serve come struttura nascosta e modello per il sistema complesso visibile al quale fornisce un supporto e una forma. La rete è la struttura dinamica del sistema e, in questo senso, è stata definita da Gregory Bateson come the pattern which connect.

| << |  <  |