Copertina
Autore Irène Némirovsky
Titolo Il ballo
EdizioneNewton Compton, Roma, 2013, Live 5 , pag. 126, cop.fle., dim. 11x18,4x1 cm , Isbn 978-88-541-5145-1
OriginaleLe bal
EdizioneGrasset, Paris, 1930
PrefazioneMaria Nadotti
TraduttoreAlessandra Di Lernia
LettoreGiovanna Bacci, 2013
Classe narrativa francese , narrativa ucraina
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Pagina 45

Capitolo 1


La signora Kampf entrò nello studio richiudendosi dietro la porta in maniera così brusca che tutte le gocce del lampadario di cristallo, mosse dalla corrente d'aria, si misero a suonare un tintinnio puro e leggero di sonaglio. Ma Antoinette non aveva smesso di leggere, tanto china sullo scrittoio da toccare il libro con i capelli. Sua madre si mise a osservarla per un po' senza parlare; poi le si piantò davanti a braccia conserte.

«Potresti scomodarti», le urlò contro, «quando vedi tua madre, figlia mia, no? Hai il didietro incollato alla sedia? Che bei modi raffinati... Dov'è Miss Betty?».

Nella stanza accanto il rumore di una macchina da cucire ritmava una canzone, un «What shall I do, what shall I do when you'll be gone away»..., cantata languidamente con una voce stonata e fresca.

«Miss», chiamò la signora Kampf, «venga qui».

«Yes, Mrs Kampf».

L'ínglesina, guance rosse, occhi smarriti e dolci, uno chignon color miele arrotolato sulla testolina tonda, si insinuò attraverso la porta socchiusa.

«L'ho assunta», cominciò con tono severo la signora Kampf, «per sorvegliare e istruire mia figlia, non è vero? E non perché si cucisse i vestiti. Antoinette ignora forse che ci si alza quando entra la mamma?»

«Oh! Ann-toinette, how can you?», disse la Miss con una sorta di mesto balbettio.

Antoinette ora se ne stava in piedi e si dondolava goffamente su una gamba. Era una ragazzina di quattordici anni alta e piatta, con il volto pallido tipico di quell'età, così poco in carne da apparire agli occhi degli adulti come una macchia rotonda e chiara, priva di lineamenti, palpebre abbassate, occhiaie, una piccola bocca serrata... Quattordici anni, i seni che premono sotto lo stretto grembiule, e che feriscono e impacciano il corpo debole, infantile... i piedi lunghi e braccia come bacchette alle cui estremità erano mani arrossate, dita macchiate di inchiostro, ma che un giorno forse diventeranno le più belle braccia del mondo, chissà?..., una nuca fragile, capelli corti, incolori, secchi e sottili...

«Ti rendi conto Antoinette che i tuoi modi alla fine esasperano, figlia mia? Siediti. Adesso entrerò un'altra volta, e tu mi farai il piacere di alzarti immediatamente, capito?».

La signora Kampf indietreggiò di qualche passo e aprì un'altra volta la porta. Antoinette si alzò con lentezza e in modo così male aggraziato che la madre chiese piccata, stringendo le labbra con aria minacciosa:

«Le reca disturbo, per caso, signorina?»

«No, mamma», rispose Antoinette a bassa voce.

«E allora perché fai questa faccia?».

Antoinette fece un sorriso stentato che le deformò dolorosamente i lineamenti. C'erano dei momenti in cui odiava a tal punto gli adulti che avrebbe voluto ucciderli, sfigurarli, o almeno poter gridare: «No, tu mi hai scocciato», battendo i piedi; ma sin dalla tenera età temeva í genitori. Un tempo, quando era più piccola, la madre l'aveva spesso presa in braccio, se l'era stretta al cuore, accarezzata, abbracciata. Ma questo Antoinette l'aveva dimenticato. Le erano invece rimasti impressi nella memoria più profonda il suono, gli scatti di una voce irritata che diceva dall'alto: «Questa marmocchia se ne sta sempre tra i piedi», «Ancora una volta mi hai macchiato il vestito con le tue sudicie scarpe! In castigo, così impari, capito? Piccola cretina!», e un giorno... per la prima volta, quel giorno aveva desiderato morire... all'angolo di una strada, durante una scenata, quella frase carica d'ira, urlata così forte che alcuni passanti si erano girati: «Vuoi una sberla? La vuoi?», e il bruciore di uno schiaffo... In mezzo alla strada... Aveva undici anni, era alta per la sua età... I passanti, gli adulti, quello, poco male... Ma proprio in quel momento alcuni ragazzi uscivano da scuola e avevano riso assistendo alla scena: «Accidenti che sberla, carina...». Oh! Quella presa in giro che la perseguitava mentre camminava a testa bassa, nella strada scura di autunno... attraverso le lacrime vedeva le luci danzare... «Ancora non hai finito di piagnucolare?... Che razza di carattere!... Quando ti sgrido, è per il tuo bene, o no? Ah, e comunque, attenta, non ricominciare a innervosirmi, intesi?...». Brutti schifosi... E ora, ancora, lo facevano apposta per tormentarla, umiliarla, dalla mattina alla sera le si accanivano contro: «Come tieni la forchetta?» (e davanti ai domestici, santo Dio!) e «Stai dritta. Cerca almeno di non sembrare gobba». Aveva quattordici anni, era una signorina; nei suoi sogni una donna bella e amata... Uomini la accarezzavano, spasimavano come Andrea Sperelli accarezza Elena e Maria, e Julien de Suberceaux, Maud de Rouvre nei romanzi.... L'amore... Trasalì. La signora Kampf concluse:

«E se credi che pago un'inglese perché tu abbia simili comportamenti, ti sbagli, cara...».

Poi a voce più bassa, mentre scostava una ciocca che copriva la fronte della figlia:

«Dimentichi sempre che adesso siamo ricchi, Antoinette...», le disse.

Poi girandosi verso l'inglese:

«Miss, ho molte commissioni per lei questa settimana... darò un ballo il 15...».

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