Copertina
Autore Pavel Nică
Titolo Chernobyl
SottotitoloLa tragedia del XX secolo
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2011, Eretica , pag. 126, cop.fle., dim. 12x17x1 cm , Isbn 978-88-6222-171-9
OriginaleCernobîl. Tragedia secolului XX (Ecologie, încotro...)
EdizioneEco-Plai, Chişinău, 2003
TraduttoreOlga Irimciuc
LettoreElisabetta Cavalli, 2011
Classe energia , ecologia , paesi: Russia
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Indice


Prefazione di Riccardo Iacona
La "dittatura" del nucleare                                   3


Chernobyl. La tragedia del XX secolo                          7

Leggende malauguranti                                         9
La centrale vista in retrospettiva                           12
La prima vittima, ma non l'ultima                            16
Cosa e perché è successo                                     20
Il boomerang dei piani bugiardi                              26
La verità smarrita nella menzogna                            36
Pripet, la città delle più recenti leggende                  44
Tutti i tempi hanno la loro ragione                          51
La zona del prima e del dopo guerra                          58
Il tempo passa e la minaccia rimane                          63
Il monumento alla stupidità totalitaria                      70
Testimonianze minacciose incise nell'anima della gente       78
L'elettrificazione e la disattivazione dell'impero del male  82
Caro il mio trombettista                                     86
E gli uccelli del cielo muoiono sulla terra                  88
La polvere incandescente                                     95
L'uomo è davvero spazio e tempo?                             97
L'umanità si perde nell'ingordigia                          101
Il mio Andrei di trentatré anni                             105
È questa Chernobyl                                          108
La mia anima rabbrividisce davanti al ricordo               114


Appendice                                                   115
Appunti di lettura                                          117
Ricordo di un amico                                         120


 

 

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Pagina 9

LEGGENDE MALAUGURANTI


                                        In principio era il verbo...



Nella lingua slava antica, detta anche slavone, la parola chernobyl significava assenzio. Si presuppone però che non si tratti della pianta dalle miracolose proprietà curative invocata con passione dai poeti e dai giovani innamorati, bensì di una pianta di colore grigiastro e dal gusto amaro, dalla quale si estraeva veleno. L'ipotesi risalirebbe alle leggende popolari conservate nei secoli dagli abitanti della Polesia, regione bielorussa-ucraina ricoperta da boschi di pini, aceri e betulle, uno dei territori più pittoreschi al mondo.

Nella stessa infinita steppa dove cresce in abbondanza l'assenzio, serpeggia leggero come un pensiero il Pripet, affluente del Nipru, fratello gemello del Nistru, fiumi testimoni di disgrazie accadute all'incrocio dei secoli e millenni, subito dopo l'incidente di Chernobyl, a causa dell'invasione dei Cazaki e di tanti altri fatti anacronistici accaduti abbondantemente in tutto il territorio dell'ex Unione Sovietica al fine di ritardarne la dissoluzione.

Le giovani donne prendevano acqua da questo affluente, vi mettevano una manciata di chernobyl e ne ottenevano, bollendola, quella goccia di veleno utile per potersi vendicare di un atto d'infedeltà compiuto dai propri mariti o fidanzati. Probabilmente, la stessa punizione era riservata anche alle mogli traditrici.

Da allora molte generazioni sono passate, ognuna con il suo tributo di vittime per un amore infedele. In loro memoria, oltre alle numerose leggende, nel 1193 venne fondata una località chiamata suggestivamente Chernobyl.

Non si conosce con certezza cosa sia accaduto, ma forse non è neanche importante saperlo. L'unica cosa rilevante, incisa dolorosamente nella memoria dell'umanità, è che ancora oggi la denominazione di questo toponimo di provenienza slava si scrive e si pronuncia in tutte le lingue del mondo con una dose immensa di amarezza, perché anni fa qui è accaduto il disastro nucleare. Lo hanno confermato anche gli specialisti nel campo: "L'esplosione della Centrale nucleare di Chernobyl avrebbe potuto trasformare in poche ore il pianeta dei nostri avi in un corpo celeste immenso, di colore rossastro", di cui chissà tra quanti secoli si sarebbe ricordato solo Lui, il nostro Creatore.

Eppure Dio ci ama e ce lo ha dimostrato attraverso la sua forza unica e incredibile di perdonare, regalandoci nuovamente la vita e liberandoci dalla morte imminente.

È assai difficile, o quasi umanamente impossibile, rassegnarsi al fatto che ormai si è concluso un millennio e ne è iniziato un altro, che la numerazione degli anni sia ricominciata, mentre i contadini delle località situate nei pressi del reattore avariato nella primavera del 1986 da allora non hanno ancora pulito i loro cortili, non hanno raccolto dagli alberi dei loro giardini la frutta cresciuta e maturata nel secolo scorso, non hanno più tagliato l'erba che ora ha superato il livello delle finestre delle case. Da tanto tempo le contadine non hanno più nutrito gli animali nelle stalle, non hanno più raccolto il bucato, non hanno più cullato i propri figli.

Ci ricordiamo delle chiese, dei cimiteri abbandonati, delle fattorie, delle scuole, degli asili, delle istituzioni di cultura e di ricreazione di quei luoghi. Riusciamo a immaginare, con la stessa intensità, il dramma di coloro che sono stati evacuati senza avere poi l'occasione di ritornarci? Quanto grande deve essere la nostalgia per la casa in cui sei nato e hai trascorso gran parte della tua vita! Per la terra in cui sono piantate fortemente le tue radici, questa terra che ancora ti aspetta... Quanto grande deve essere la nostalgia per la madre, per il padre, per la moglie e per il figlio!

È questa Chernobyl, le cui origini provengono dalla pianta di colore grigiastro con gusto forte di assenzio.

È questa Chernobyl, dove è accaduta la più grande tragedia del XX secolo.

Ma la storia non finisce qui. Siamo solo all'inizio...

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Pagina 55

Secondo i dati del Comitato di Statistica della Comunità degli Stati Indipendenti, pubblicati dopo dieci anni dalla catastrofe di Chernobyl, la superficie dei territori inquinati con Cesio 137 a uno e più livelli Ci per chilometro quadrato, in Bielorussia era di quarantaseimila chilometri, investendo così il 22% della popolazione totale del Paese. In Russia, la superficie inquinata era di circa sessantamila chilometri quadrati, cioè lo 0,3% (1,6% del territorio europeo della Russia). In Ucraina, di oltre quarantamila chilometri quadrati, più dell'8%.

Alla stessa data nei territori colpiti dalle radiazioni, secondo i dati del Comitato Economico Internazionale (CEI) vivevano:

________________________________________________________________
STATO           TOTALE          INCLUSE NELLA ZONA D'EVACUAZIONE
         (milioni di persone)        (migliaia di persone)
________________________________________________________________

Bielorussia     1.840,1                      41,3

Russia          2.687,3                      90,8

Ucraina         2.405                        20,1


Totale          6.932,4                     152,2
________________________________________________________________

Tra i 'bonificatori' provenienti dalla Russia, dall'Ucraina e dalla Bielorussia, si nota un notevole incremento delle malattie a carattere maligno della ghiandola tiroide, del sistema nervoso, degli organi interni e digestivi, disturbi psichici e leucemie.

In seguito all'incidente di Chernobyl, gli indici di mortalità della popolazione in certe regioni dell'Ucraina sono aumentati del 16%. Solo nel 1994, in Russia, il coefficiente di mortalità era del 9,5% su ogni migliaio di 'bonificatori'. Secondo i dati degli specialisti, ventimila 'liquidatori' sono già morti; tra di loro, circa ottomila provenivano dalla Russia. In base a quanto affermato dalla CEI, il numero dei partecipanti all'annullamento delle conseguenze della catastrofe della Centrale nucleare di Chernobyl provenienti dai Paesi della Comunità degli Stati Indipendenti, superava le ottocentomila persone.

Le malattie oncologiche della ghiandola tiroide, accertate nei bambini abitanti nei territori contaminati della Bielorussia, superano di cinquanta volte i rispettivi indici delle zone ecologicamente pure, mentre nella regione russa di Briansk, questi indici sono superiori di quattordici volte.

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Pagina 82

L'ELETTRIFICAZIONE E LA DISATTIVAZIONE DELL'IMPERO DEL MALE


                                    Signore, perdona i nostri peccati...



Questa parafrasi dello slogan leninista ormai conosciuto era pronunciata a bassa voce da quasi tutti i militari dell'unità dove siamo stati ospitati e anche dagli ufficiali di diverso grado con i quali ne avevamo discusso. Da queste mezze parole sussurrate, capivo che noi tutti non avevamo ancora ben compreso che cosa fosse accaduto realmente nella notte del 26 aprile del 1986.

Come è noto, la versione più diffusa fin dall'inizio affermava che la Centrale nucleare di Chernobyl aveva subìto un'avaria. Più vicino alla verità e ancor più logico, sembrava il ragionamento per cui fosse stato il popolo sovietico a subire una catastrofe nucleare. Purtroppo, fino ad oggi, l'umanità non ha ancora capito che di Chernobyl non si può parlare al passato. In una certa misura le conseguenze di quel disastro le sentiamo ogni secondo, ogni ora, ogni giorno. E nella nostra mente modesta di persone comuni non esiste ancora la certezza che si tratti di una disgrazia mondiale senza confini.

Dopo il crollo dell'URSS, la catastrofe di Chernobyl è stata 'sovranizzata', e in seguito è diventata un dolore personale dell'Ucraina, della Bielorussia e della Russia, fatto che deve essere considerato non solo un errore, ma un crimine verso milioni di persone.

La mancanza di una politica univoca tesa a contrastare le conseguenze della catastrofe, 'la disgregazione' delle autorità scientifiche, le contraddittorie notizie diffuse dai mass-media hanno generato feroci controversie insulse e immorali su chi sia stato maggiormente colpito dalle radiazioni nucleari. Come conseguenza, Chernobyl è rimasta, purtroppo, ancora una creatura di tipo sovietico: è crollata e poi si è chiusa, come tante leggende reali o fantastiche, in cui la verità amara ondeggia tra 'imbrogli' del tipo "Non è successo niente" e "Tutto è andato perso".

Da osservare, però, almeno superficialmente che per paradosso quella situazione d'insicurezza persiste ancora oggi su quasi tutto il territorio ex sovietico. Non siamo certo noi a dire che i vecchi tempi sono passati? Va bene, ma le brutte abitudini della dittatura del partito di triste ricordo, accompagnate dall' 'abusivismo' del periodo di transizione verso le 'crudeltà' del libero mercato, continuano a farci brutti scherzi. Non siamo noi ad affermare con soddisfazione che l'Unione Sovietica si è smembrata? È ben visibile, però, che i vizi dell' impero del male ci penetrano, ci rovinano e non ci permettono di uscire alla luce. Non ci accorgiamo forse che proprio le persone che si dichiaravano e ancora oggi si dichiarano ardentemente contrarie alle privatizzazioni e alle vere leggi dell'economia del libero mercato si accaparrino ricchezze e beni di proprietà del popolo? Questi malcostumi 'umani', che non possono essere chiamati altro che farisaici e diabolici, si sono pienamente manifestati sia nei comportamenti delle autorità sovietiche di allora che ancor'oggi. Fin dall'inizio, la più grande avaria nucleare del mondo è stata aggravata da affermazioni false. La catastrofe è stata 'preparata' dall'irresponsabile comportamento tenuto in precedenza dal regime comunista. Verità mai svelate dall'Ufficio Politico Sovietico.

Negli scorsi anni, a seguito dell'incidente al reattore, sono state fatte varie analisi, si sono coinvolte centinaia di commissioni, si è provato a stabilire le cause dell'esplosione non in termini di minuti, ma per centesimi di secondo. Durante questo lavoro titanico, è stata smascherata la menzogna principale legata all'incidente di Chernobyl, le verità però non sono mai state rivelate. E questo non a causa della sfortuna o di un errore investigativo ma in quanto, fin dall'inizio, fu scelta una bugia come versione ufficiale, promossa dal governo sovietico e presentata alla Conferenza dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica nel mese di agosto del 1986.

Nell'ambito di questa conferenza, tutte le colpe e le responsabilità della catastrofe sono state gettate sulle spalle del personale dipendente della CAEC. Tutto è successo proprio come nella fiaba di Alecu Donici: il bue tirava il carro con il fieno, mentre gli altri animali se lo mangiavano fino a saziarsi, il padrone però incolpava il bue di non prendersi cura del fieno...

Si pensi che il processo 'aperto' intentato contro i nemici del popolo, svoltosi pubblicamente in una zona 'chiusa' come era l'Unione Sovietica di allora, è stato l'ultima grande farsa del governo comunista.

Resta paradossale il fatto che la delegazione sovietica era stata condotta a Vienna dall'accademico e noto ricercatore Valeriu Legasov, considerato una persona di alta moralità, dalla reputazione irreprensibile. Il suo nome era già una garanzia per la veridicità dei documenti e delle conclusioni presentate e, probabilmente, la falsa intenzione delle autorità dell'URSS di nominare capo della delegazione una persona di alta credibilità popolare ha avuto lo scopo di strumentalizzarlo per minimizzare la catastrofe.

Valeriu Alexandrovici Legasov si è suicidato il giorno della seconda commemorazione del disastro di Chernobyl. La vera causa del 'suicidio' di questo grande uomo ed esperto professionista rimane un mistero fino ad oggi.

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Pagina 108

È QUESTA CHERNOBYL


                              Che siano felici coloro che vivono in pace,
                                       perché loro sono i figli di Dio...



È questa Chernobyl: non solo la città delle leggende ma anche quella della realtà quotidiana. Chi legge queste righe pensando che la tragedia di Chernobyl sia successa una volta e non ci possa più minacciare, si illude.

Oggi tutti riconoscono che a sbagliare, a quei tempi, furono le autorità sovietiche, nascondendo ostinatamente e in modo vergognoso la realtà per due settimane. È stato un crimine verso tanti esseri innocenti che sono stati costretti a raccogliere nel loro organismo dosi immense di radiazione. La responsabilità risulta ancor più grave in quanto oggi è risaputo che, a poche ore dal tragico avvenimento, la popolazione di Finlandia, Germania e degli altri Paesi occidentali era stata avvisata del pericolo di un inquinamento radioattivo. In più, in Francia, alcuni responsabili sono stati accusati di non aver avvisato in tempo i cittadini sui possibili rischi nucleari.

Il regime disumano di allora ha nascosto il fatto che quasi tutta l'Europa, compresa una parte dell'URSS (l'Ucraina, la Repubblica Moldova, la Bielorussia e le regioni occidentali della Russia), era coperta da una grossa nuvola di polvere radioattiva. In parecchie zone del nord e del centro della Repubblica Moldova sono state in seguito scoperte nel sottosuolo grandi quantità di sostanze radioattive quali stronzio, cesio o iodio radioattivo. Oggi nessuno è in grado di dire con precisione se questi concentrati abbiano ridotto il loro volume e la loro pericolosità. In qualsiasi caso, la vita ci dimostra che gli effetti dell'avaria non potranno mai essere positivi. A conferma di ciò, giova ricordare una recente dichiarazione del neurochirurgo moldavo Iulian Glavan, riguardante lo stato di salute generale della popolazione del suo Paese, raffrontandola con quella della popolazione europea:

Gli occidentali, a differenza di noi, non sono stati colpiti così fortemente dalle conseguenze della tragedia di Chernobyl. Neanche potete immaginare che impatto abbia avuto l'esplosione radioattiva su di noi. Spesse volte, quando i chirurghi intervengono sul corpo umano, scoprono dei fenomeni mai visti in medicina.

Apprendiamo dai mass-media che oggi, nella zona ripopolata della Centrale nucleare di Chernobyl, si organizzano addirittura delle escursioni. Gode di grande popolarità una anziana signora di più di cento anni, Maria Şora, che aveva rifiutato di abbandonare la regione inquinata, nonostante le autorità sovietiche l'avessero evacuata forzatamente per un raggio di trenta chilometri intorno alla centrale.

Il caso di Maria Şora ha portato alla nascita di una leggenda per la quale la radiazione contribuisca alla longevità. Quest'aberrazione è stata però smentita dai medici, sostenendo che il sistema nervoso e il midollo spinale degli anziani sono meno sensibili alle radiazioni. A subire di più sono stati i bambini e i giovani.

L'accademico ucraino Dmitri Grodzinski, capo della Commissione nazionale per la sicurezza radiologica e noto specialista da tempo impegnato a studiare gli effetti di Chernobyl, ha sostenuto in un articolo pubblicato sul periodico russo "Izvestia", che l'inferno sia solo all'inizio. Infatti, se prima dell'incidente nella regione si registravano lo 0,01% casi di mutazioni genetiche, oggi questo valore raggiunge il 24%. Grodzinski ha affermato inoltre che, pochi anni dopo il disastro nucleare, in molti villaggi situati nei pressi di Chernobyl nascevano dei maialini senza occhi, oppure con occhi della dimensione di un'anguria, dalle uova di gallina uscivano dei pulcini anomali, molto strani. I mutamenti del grano superavano l'indice del 60%, modificandone la produzione, in alcuni casi rendendola esageratamente abbondante e in altri, invece, riducendola al minimo.

Un altro pericolo per l'Ucraina (oltre che per tutta la regione), è rappresentato dagli ottocento magazzini di materiale radioattivo, costruiti frettolosamente nel 1986. In conseguenza, i residui dei cosiddetti magazzini finiscono nel fiume Pripet, poi nel Nipru e poi nel Mar Nero.

Oltre a ciò nel sarcofago, questa costruzione unica al mondo edificata sopra il quarto reattore distrutto (l'epicentro dell'incidente), sono evidenti moltissime crepe di grandi dimensioni. Il ministro ucraino della sicurezza ecologica ha già annunciato che all'interno del sarcofago si sta producendo una nuova reazione a catena che potrebbe provocare un'altra esplosione radioattiva con effetti inestimabili.

Dopo la tragedia di Chernobyl, diversi Paesi hanno annunciato di voler rinunciare all'uso delle centrali nucleari come fonti di energia elettrica. Tuttavia, ad oggi, solo poche centrali sono state chiuse. La Svezia, che ha dichiarato di rinunciarvi dieci anni fa, ha chiuso il primo reattore nucleare solo nel 2003. Anche in Germania, i socialdemocratici e i verdi che facevano parte degli organi direttivi del Paese hanno espresso l'intenzione di cominciare a chiudere le centrali nucleari. Il problema è che l'insufficienza di energia risultante da tali scelte, attualmente, è impossibile da sopperire. D'altronde, non si prevede la costruzione di nuove centrali termo-elettriche, in quanto sono anch'esse molto inquinanti.

Anche le centrali idro-elettriche, un tempo considerate innocue, apportano cambiamenti climatici.

In conclusione, non è stata ancora trovata una soluzione alternativa alla produzione dell'energia delle centrali nucleari. Nonostante tutto, grazie a un sostegno internazionale molto consistente di oltre due miliardi di dollari, elargito all'Ucraina, nel 2001 la Centrale nucleare di Chernobyl è stata chiusa definitivamente.

Attualmente, nella regione dove si è verificata la catastrofe, lavorano ancora migliaia di persone che studiano le conseguenze dell'avaria o provvedono a garantire la sicurezza del sarcofago. Queste persone non risiedono nei dintorni della centrale o a Pripet, unica città al mondo che non sarà mai più ripopolata, ma in un piccolo paese, Slavutici, edificato con il sostegno materiale delle ex-Repubbliche dell'Unione Sovietica. Nessuno può stimare la spesa sostenuta per costruire questa località moderna in soli due anni.

Esistono parecchie prove che condannano la leggenda secondo cui l'energia prodotta dalle centrali atomo-elettriche sia meno costosa. I migliori specialisti nucleari delegati dai governi ucraino e bielorusso hanno stimato che, solo la tragedia di Chernobyl, ha provocato danni per circa quattrocentocinquanta miliardi di dollari.

Fino ad ora, nel buco nero di Chernobyl sono scomparsi un quarto del budget della Bielorussia, il 10% del budget dell'Ucraina e l'1% del budget della Russia.

Un altro esempio sarebbe quello del Ministero dell'Energia degli USA, che nel periodo 1981/84 ha speso oltre cinque miliardi di dollari per impedire atti di terrorismo nucleare. Ne risulta che le spese globali sostenute dai Paesi dotati di centrali atomo-elettriche superano la somma di venti miliardi di dollari. Dov'è l'efficienza? Pertanto, gli specialisti cercano tenacemente altre fonti d'energia meno costose e che siano utilizzate nell'interesse dell'umanità, studiando contemporaneamente le più efficienti modalità per la disattivazione dell'atomo, ormai incontrollabile.

Preghiamo Dio che questi mezzi si trovino presto. Fino alla loro scoperta, l'umanità ha l'obbligo di non abbassare la guardia, né tanto meno deve dimenticare gli eroi che con il loro sacrificio l'hanno salvata dalla distruzione.

Questo eroico gesto ci ha permesso di superare un altro secolo e di iniziare un nuovo millennio.

Mi auguro che l'umanità viva ancora per molto tempo!

Non dimentichiamo però che le radiazioni (come le ideologie) non conoscono confini. Avremo sufficiente saggezza e coraggio per impedire nel XXI secolo la tragedia cominciata nel XX secolo?

Riusciremo a conservare l'ecosistema che Dio ci ha regalato? Saremo capaci di superare la povertà? Saremo in grado di salvare il nostro pianeta?

Dobbiamo senz'altro ricordare ancora che tutti i disastri provocati dalla diabolica esplosione di Chernobyl, descritti in queste pagine, sono accaduti soltanto due anni prima che la popolazione locale, insieme a tutto il mondo slavo, festeggiasse fastosamente un millennio di cristianità.

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APPUNTI DI LETTURA


Il libro Chernobyl. La tragedia del XX secolo di Pavel Nică è difficile da inserire nelle tassonomie teorico-letterarie, perché fortunatamente riunisce in sé l'esperienza e il credo professionale di un giornalista con la spontaneità e il lirismo di uno scrittore.

L'autore infatti, affermato giornalista del noto settimanale moldavo "Literatura şi arta" ("Letteratura ed arte"), è stato inviato a Chernobyl nel 1987 per raccontare la verità su una delle catastrofi più gravi della storia del pianeta. In uno dei primi capitoli del libro, Pavel Nică si dichiara cronista, concependo la sua missione nell'osservare, capire e trasmettere al lettore fatti a volte contraddittori. La ricerca della verità e tutto quanto successe in seguito al suo soggiorno a Chernobyl – vale a dire la censura sovietica e il successivo divieto di pubblicare gli articoli relativi alle conseguenze della catastrofe, le difficili condizioni politiche che hanno preceduto e seguito il crollo dell'URSS, la grave malattia a seguito della permanenza nella zona delle radiazioni... – hanno indirizzato l'autore verso una formula pubblicistico-letteraria molto più complessa. In Francia la chiamano essai, cioè saggio, prova. Dunque, si ha la possibilità di sperimentare una particolare prova di scrittura, un tentativo temerario e quasi impossibile di raccontare una storia dalle pagine ancora oggi sconosciute, superando la superficialità del fatto rozzo e immediato, evitando verità comode ed effimere, trasformando la rabbia, il dolore e la sofferenza in un percorso metafisico. Perché è impossibile e impensabile capire quello che è accaduto senza avvicinarsi alle leggi non scritte della vita umana, dell'esistenza di un popolo o di una nazione. Oltre l'evidenza c'è il Destino, segnato nella genesi e conservato in eterno nel nome: Chernobyl.

Il viaggio verso la comprensione e la purificazione dell'uomo moderno dell'est Europa comincia da lì, percorrendo poi, faticosamente, la nascita e la morte del mostro atomico. Ma la morte non annuncia affatto la fine della pazzia umana, anticipando il crollo del colosso sovietico e l'imminente catastrofe ecologica. Alla fine del viaggio, la scoperta si rivela contemporaneamente drammatica e catartica: le forze di Thanatos possono essere sconfitte esclusivamente dalla forza della fede nei valori morali, dal rispetto per i nostri simili e per la natura.

Il racconto della tragedia di Chernobyl è inserito in una cornice religiosa, segnata dalle epigrafi che evocano l'intensità e la solennità dei Testi Sacri e collocano le storie umane in un universo atemporale. La superbia, l'ignoranza, il maniacale desiderio di potere e tantissimi errori grandi e piccoli dell'agire quotidiano, rendono ancora più visibile la debolezza dell'uomo. Solamente la sofferenza e il dolore possono salvarlo e concedergli almeno una piccola dose di immortalità.

Non sapremo mai i nomi di tutte le vittime di Chernobyl, come sarà impossibile ricordare tutte le vittime delle guerre o delle altre catastrofi accadute sulla Terra, ma, dalla lettura del libro, ci rimane impressa nella memoria l'immagine dell'uomo che tenta di scappare dalla forza dell'atomo liberato, riuscendo alla fine a mettersi in salvo... per scoprire, subito dopo, di essere già stato condannato a una morte lenta e inesorabile! Oppure il ritratto del giovane Andrei di trentatré anni, senza futuro e senza la benché minima speranza di poter sconfiggere la crudele malattia. Lo stile laconico, a tratti troppo personale, altre volte impersonale, riesce a conferire ancora più drammaticità alla trama.

La catastrofe di Chernobyl è accaduta perché l'uomo ha abbandonato l'amore verso la Terra e verso il Cielo...

Questo è il messaggio fondamentale che troviamo tra le righe del libro e la sua forza consiste proprio nell'essere ancora oggi attuale.

Certe affermazioni equivoche o incomplete (raramente presenti) non lo sminuiscono, ma lo rafforzano, dal momento che svelano un altro dramma tipico dell'intellettuale dell'est-europeo: l'impossibilità di accedere alle fonti d'informazione occidentali e la difficoltà di comprendere l'immensità, la diversità e la complessità del mondo, essendo costretto a scrutare solo una piccola parte dell'orizzonte.

Nonostante tutto ciò e nonostante che il libro sia stato scritto nel 2003, le riflessioni di Pavel Nică sono valide per l'oggi, alimentate dal desiderio di trasmettere la profonda sofferenza di tutti coloro che sono stati a Chernobyl.

Olga Irimciuc

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