Autore Paolo Nori
Titolo Repertorio dei matti della città di Bologna
EdizioneMarcos y Marcos, Milano, 2015, Ultra 19 , pag. 208, cop.fle., dim. 10,7x16,6x1,7 cm , Isbn 978-88-7168-721-6
CuratorePaolo Nori
LettoreGiorgio Crepe, 2015
Classe citta': Bologna , psichiatria












 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 24

Uno faceva il pittore. Aveva cominciato dipingendo un maiale viola sulla serranda del macellaio della Pescarola. Dopo aveva messo in giro la voce di essere l'autore del trompe-l'oeil della chiesetta di San Donato in via Zamboni. Raccontava di essere stato diffidato dai carabinieri per l'una e l'altra cosa. Per vendicarsi aveva aspettato nove anni ed era tornato a dipingere una gallina con le orecchie sulla serranda del macellaio della Pescarola.

Faceva dei quadri bassi e larghi, oppure stretti e lunghi, che intitolava tutti Non era meglio stare a casa? Erano pianure, quelli bassi e larghi, oppure montagne, quelli stretti e lunghi, e dentro ci metteva certi particolari minimi, dei cartelli pubblicitari, dei segnali stradali, dei vasetti, delle lische di pesce.




Uno vestito sempre di nero si metteva col cane all'angolo sotto casa sua, e quando passavano le signorine, scuotendo il guinzaglio, prima fischiava e poi diceva con accento napoletano "Ciao bella! Ti piace 'o dobbermànn?" Ogni tanto da lì passava una signora anziana che abitava nel quartiere, e quando lo vedeva dall'altra parte della strada gli urlava "Vai via bagaj!! Te sei un bagaj!!", e lui, tranquillamente, con la sua voce grave, replicava "Signora, bagaglio a me!? Zoccola, puttana!", e come passava un'altra signorina le fischiava dietro e ricominciava "Ciao bella! Ti piace 'o dobbermànn?"

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 33

Uno era il nipote di uno scienziato che seccava le rane per studiare l'elettricità animale. Si occupava di fisica sperimentale e aveva pubblicato uno studio nel quale diceva che era possibile riportare in vita un cadavere umano. Bisognava avere un cadavere con tutte le cose a posto, braccia, gambe e testa, e stimoli elettrici di una certa intensità. Per dimostrarlo era andato a Londra, perché in quasi tutta Europa i condannati a morte venivano decapitati invece a Londra venivano impiccati.

Nella prigione di Londra aveva conosciuto George Forster, accusato dell'omicidio della moglie e della figlia. Però l'esito del processo non era scontato. Alcuni particolari facevano pensare che fosse stata la moglie, prima di suicidarsi, a uccidere la figlia. Il fisico pensava che Forster fosse l'uomo perfetto per il suo esperimento. Per essere sicuro che il processo andasse per il verso giusto, e cioè che venisse condannato a morte, si era servito di un assistente, un sacrestano di nome Pass, membro dell'Ordine dei chirurghi, che sembrava avesse corrotto i giudici e garantito l'impiccagione.

Alla fine il cadavere era arrivato in tempo per l'esperimento. Alla presenza di medici e scienziati, fra cui lo stesso Pass, il fisico sperimentale aveva usato tremende scariche elettriche per riportare in vita Forster. Secondo il «Newgate Calendar», molti testimoni avevano visto il cadavere rianimarsi mentre il signor Pass, per lo spavento, era morto di un attacco di cuore.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 46

Uno tutti i giovedì mattina e i sabati pomeriggio si metteva in piazza Maggiore su un piccolo sgabellino di plastica bianco e cominciava a parlare contro il sistema economico e i poteri forti e la democrazia malata e le coscienze addormentate e i conformisti servi e la rivoluzione. Portava sempre un berretto di lana e un giornale sottobraccio, e a quelli che si avvicinavano lui gli metteva lo sgabello davanti invitandoli a salirci sopra e a dire la loro. E spesso si raggruppavano un po' di persone e c'erano delle discussioni. Di origini benestanti, viveva di una rendita che gli permetteva, come diceva lui, "di non lavorare e starmene isolato a leggere libri per tutto quanto il giorno". Da giovane aveva dato tutti gli esami di filosofia, ma non si era mai laureato perché, diceva, "La laurea in filosofia è davvero una contraddizione in termini". Era stato anche in carcere per vilipendio del Presidente della Repubblica, e in carcere raccontava di essersi trovato benissimo, "Vitto e alloggio gratis, ho letto un sacco di libri". Una volta in piazza qualcuno gli aveva gridato: "Sono vent'anni che sei qui, e che cosa hai fatto? Che cosa è cambiato?" Di venerdì pomeriggio era a Padova.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 57

Uno si faceva chiamare Zaga, aveva i capelli lunghi, una faccia da Frank Zappa, un cane di nome Ink e un accappatoio rosa. Zaga è conosciuto soprattutto nel quartiere Cirenaica per aver scritto una fiaba alcolica, una Zaga favola per alcolisti insaputi e company, che fa così: Ceres una Vodka due Negroni a Manhattan, Glen e Grant, a un certo punto Mes dice all'altro "Che Kahlua" dico "Dry, andiamo a bere, ma Cynar dell'Oro Pilla?" "Ah io so rimasto Seltz", "Ah, io sono Assenz", "Ah be', poco male, telefoniamo al massimo a Tia Maria, o forse è meglio la Martini, telefoniamo alla Giulia, c'ha la casa in Champagne, sai una Margarita tira l'altra", "Se non è vero ti tiro un Nocino in testa che ti fa diventare Calvados come mio cognato Alexander" dico "Be', vabbè proviamo, c'ho il motorino" come fa il motorino, Waikiki, Waikiki, Rhum, Rhum, Rhum. Gola secca a paletta quello dietro "Vai ben piano che c'è uno Stock, io vorrei cercare di campare Long Island", "Non ti preoccupare aggrappati che tanto siamo già arrivati". Arrivati, Camparinello, Gin gin, gin gin, gin gin. "Ma scusa a Tequila l'ha detto che l'appartamento è questo", "Come, appartamento B52, mi ha fatto un Pampero l'altro giorno", "Ma che Pampero e Pampero", "Ah va è il 69". Prendono le scale. "Adesso però suono io" Long John Long John, bum bum bum, non risponde nessuno neanche lì, morale della favola, che due Demons, bisogna pur guadagnare la Pagnoska e Weiss.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 75

Lorenz il pittore era di Parma, ma viveva a Cà di Balloni. Diceva di essere stato un grande chef in un ristorante di Cortina a cinque stelle. Diceva che suo nipote giocava nel Parma e diceva che voleva tornare a Parma da suo nipote, ma faceva il pittore a Loiano, e diceva anche che i funghi a Parma non si raccolgono, mentre a Loiano sì. I suoi quadri li appoggiava in giro per il paese, poi si metteva davanti al Bar Benvenuti e suonava la chitarra che però aveva solo quattro corde, le altre le aveva messe in un quadro. Il quadro più riuscito della sua carriera era una padella incollata su un pezzo di legno con sotto la scritta "I pad".

Non aveva la macchina e ogni tanto, di notte, lo si vedeva sul ciglio della strada col cappotto da tutte le stagioni, la sciarpa a fiori e la camminata sparsa, con un quadro sottobraccio e un sacchetto di funghi. Tornava sempre a Cà di Balloni.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 90

Uno era il parroco di Montebudello, una piccola frazione sui colli, all'inizio del secolo scorso, che alla vocazione del pastore d'anime affiancava quella di scienziato autodidatta. I suoi fedeli erano contadini ai quali spesso teneva lezioni di agronomia sul sagrato della chiesa dopo la messa, per aiutarli a concimare e irrigare meglio la loro terra e combattere con l'aiuto della 'poltiglia bordolese' la peronospora che rovinava le viti. I suoi primi studi si concentravano su macchine volanti a reazione che riteneva superiori ai tradizionali apparecchi ad elica e piani alari portanti, descritte in un primo opuscolo del 1917, mentre nel 1925 pubblica il testo D.D. Marchesi, Geidrovolante. Macchina a propulsione diretta per volare come fa il razzo senza motore, senza elica, senza ali, Bologna, L. Cappelli, 1925.

Le prove sperimentali di costruzione e collaudo del geidrovolante, che conduceva con grande impegno economico personale e conseguente irritazione della benestante famiglia, non erano però coronate da successo; un primo prototipo con propulsione ad aria era collassato a causa delle vibrazioni, una successiva versione alimentata ad acetilene era proprio andata in pezzi. Quell'esplosione aveva posto fine ai sogni di volo a reazione, ma nonostante questo nel 1924 veniva insignito dell'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.

Da giovane aveva seguito corsi di fisica in Germania ed era stato in contatto con il fisico bolognese Augusto Righi e, probabilmente influenzato dagli studi di quest'ultimo sulle onde elettromagnetiche, aveva rivolto i propri interessi allo studio delle onde luminose, culminato nel trattato "Il grande enigma della Luce finalmente sciolto ed alla portata di tutti" dove sostanzialmente attaccava la teoria corpuscolare sviluppata dal più celebre Isaac Newton. Si ignora se il Nostro, nell'isolamento del borgo collinare, fosse a conoscenza dei recenti sviluppi della meccanica quantistica e del principio di dualità onda-particella che incredibilmente dava ragione ad entrambi. Di lui ricordiamo ancora la sfortunata e improbabile teoria secondo la quale si poteva proiettare verso le nuvole un fascio di raggi ultravioletti prodotti da enormi archi voltaici, per scongiurare il pericolo della grandine e, viceversa, iniettare "con un mezzo qualunque" elettricità "in quelle nuvole fiacche e povere che d'estate vagano inerti ed innocue per il cielo infuocato" per ottenere una precipitazione di 'pioggia benedetta'. I suoi ultimi esperimenti avevano riguardato pile solari costruite con fondi di bottiglie tagliate a metà, e per questo i contadini più giovani della parrocchia lo ricordavano ancora anni dopo così "Al prit l'ira mat, al vliva imbutiglier al saul" (Il prete era matto, voleva imbottigliare il sole).

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 97

Uno si metteva ogni sabato con la sua Harley Davidson in piazza del Nettuno vicino all'ingresso della Salaborsa, e riproduceva con la chitarra elettrica le melodie di alcuni classici del rock, tipo Santana, Eagles, ecc. Per questo fatto di mettersi con la moto e l'amplificazione in centro aveva accumulato migliaia di euro di multe arretrate, ma non se ne curava più di tanto, poiché pensava che quando uno ha un debito il problema non è suo, è di chi deve riscuotere. E poi pensava di candidarsi a sindaco, e anche che bisognava mettere il mare in piazza Maggiore, e che per il centro le macchine dovessero circolare liberamente, e che per risolvere il problema dei lavavetri occorreva rimuovere i semafori, e poi pensava che per sottrarsi al rischio di un attacco terroristico di Al-Qaida bisognasse spostare l'affresco di Maometto da San Petronio e portarlo in Vaticano, così poi se la sarebbero sbrigata loro, e che mangiare quantità di pillole di vitamine servisse a restare sani, e che la sua musica non dava fastidio, pensava. Aveva dei grossi muscoli che sfoggiava a tutte le temperature, e un tempo era stato anche capace di far scoppiare le borse dell'acqua calda soffiandoci dentro. Per questa cosa lo avevano chiamato in televisione.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 137

Uno era un ex sindacalista. Un giorno aveva deciso di buttarsi in politica e aveva raccolto un enorme consenso, tutto il consenso che poteva dargli una città rassegnata da cinque anni ad espiare un peccato che sembrava veniale. Di quel consenso però non aveva fatto nulla: lo slancio l'aveva lasciato per strada, le proposte radicali erano scomparse, gli incentivi alla cultura dimenticati, e tutto quello che restava del carisma passato erano la passione per «Tex» (il fumetto) e una certa ossessione per la legalità.

Finiti i cinque anni aveva detto di non volersi ricandidare per tornare a Genova, dalla compagna, per stare vicino al figlio neonato. "Non si può pensare" aveva detto "che un bambino cresca passando gran parte del suo tempo su un'autostrada". Sei mesi dopo era stato eletto al parlamento europeo e si era trasferito a Bruxelles.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 148

Uno frequentava una libreria fuori Murri, assomigliava un po' a Erri De Luca, baffi e capelli bianchi, segaligno e dall'aria elegante. La prima volta che era entrato aveva chiesto dov'erano i classici e ne era tornato con una copia di Anna Karenina; qualche tempo dopo nella stessa libreria, si era diretto allo stesso scaffale, stavolta senza chiedere, e aveva comprato Delitto e castigo, poi era stata la volta de I fratelli Karamazov, poi Guerra e pace, poi L'idiota.

Comprava un libro al mese, o forse anche un po' più spesso, e la volta che si era presentato alla cassa con I racconti di Kolyma il libraio aveva provato a fare due chiacchiere: "Anche a lei piace la letteratura russa, vedo".

"Non particolarmente, è che a casa non ho il riscaldamento ma solo una stufetta e questi libri hanno un doppio utilizzo: ogni pagina che leggo la brucio direttamente".

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 161

Uno era un famosissimo professore di nome Augusto e dirigeva l'istituto di fisica dell'università. Si occupava dell'argomento più d'avanguardia dell'epoca, le onde elettromagnetiche, ed aveva inventato un apparecchio che perfezionava gli esperimenti dell'ancor più famoso Hertz. Aveva una villa sulle colline vicino ad una famiglia di borghesi ricchi, che andava a trovare ogni tanto. La padrona di casa era una bella signora inglese, preoccupata per il figliolo Guglielmo che era stato respinto all'esame di ammissione ad ingegneria e passava tutto il suo tempo a fare strani esperimenti con pile, pipette di vetro e limatura di ferro. Non vedeva mai amici né usciva con le ragazze. La signora chiedeva gentilmente al professor Augusto se poteva riceverlo e capire se Guglielmo era matto. Per cortesia il professor Augusto lo riceveva e ci parlava un paio di ore. Pensava che era un giovane senza speranze, impreparato, senza basi, fissato con l'idea di poter trasmettere segnali a lunghe distanze e senza fili. Un'idea bislacca, chiunque sapeva che le onde elettromagnetiche si propagavano solo per pochi centimetri. Per cortesia nei confronti della bella signora inglese consentiva a Guglielmo di utilizzare per un mese il suo apparecchio particolare migliorativo di quello di Hertz, mentre lui era in vacanza. In quel mese Guglielmo lo modificava ed inventava la radio.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 172

Uno di mestiere faceva il metafisico. Era un omone ben piantato e forse per questo nessuno ci credeva che faceva quel mestiere. Pesava almeno novanta chili e non sembrava per niente un metafisico. Per dimostrare che aveva ragione era costretto a far vedere la carta d'identità. E sul documento, alla voce professione, l'impiegato del comune aveva scritto: "Metafisico".

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 173

Uno era nato in Romania: i genitori erano fuggiti dall'Italia perché antifascisti. Dopo erano fuggiti anche dalla Romania perché anticomunisti. Questo fatto di dover spesso fuggire lo aveva convinto di essere un indiano metropolitano. Una volta rientrato in Italia aveva continuato a spostarsi da una città all'altra per vent'anni.

Un giorno, il 13 giugno 1983, mentre era a Bologna, gli era venuta l'idea di far passare una prolunga dalla finestra di casa fin sulla strada e si era messo a suonare in pubblico delle canzoni che parlavano di apache e sioux.

Aveva continuato così per trent'anni. Però a un certo punto, siccome non lasciava mai la città e neppure la piazza in cui si esibiva, per non tradire il suo spirito guida era andato a vivere in un autobus a due piani comprato in Inghilterra, lo stesso - diceva - che avevano usato i Beatles per il Magical Mystery Tour.

Per i suoi spettacoli usava una Harley Davidson dotata di pedana e impianto acustico al quale collegava la chitarra. Ogni tanto, per spezzare la monotonia delle esibizioni, gonfiava a fiato delle borse dell'acqua calda. Aveva polmoni così forti che riusciva a farle scoppiare. Una volta ne aveva fatte esplodere due contemporaneamente. La Michelin era rimasta così impressionata che gli aveva proposto un accordo: avrebbero fatto da sponsor se lui avesse accettato di gonfiare a fiato una mongolfiera. Lui aveva accettato perché l'idea di tornare a spostarsi in mongolfiera gli piaceva. Dopo però l'accordo era saltato e non se n'era fatto nulla.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 179

Uno era matematico, medico, teologo e letterato e insegnava all'università di Bologna. Da ragazzo era stato balbuziente, impotente e incapace di portare avanti qualunque tipo di studio. Però un giorno aveva incontrato un gallo che sapeva parlare e predire il futuro e questo gallo lo aveva aiutato dandogli dei buoni consigli. Un lavoro non facile, anche perché questo matematico, medico, teologo e letterato era anche ipocondriaco. Per esempio certi giorni era convinto di soffrire contemporaneamente di palpitazione, sitofobia, flusso di ventre, enuresi e gotta. Avvertiva anche una piccola ma fastidiosa ernia.

Non aveva molti amici, anche perché era affetto da manie di persecuzione che lo portavano ad accusare i colleghi dell'università di volerlo avvelenare. Era vivo per miracolo: infatti la Madonna aveva preso il posto del gallo e lo aveva protetto. A trentaquattro anni, guarito dall'impotenza, si era sposato. Dal matrimonio erano nati tre figli. Però uno era stato condannato a morte per aver avvelenato la moglie, un altro lo aveva derubato per pagare i debiti fatti col gioco d'azzardo. Eppure, nonostante le disgrazie, era riuscito a pubblicare la soluzione dell'equazione cubica e dell'equazione quartica, aveva efficacemente curato l'asma del cardinale scozzese Hamilton e aveva progettato una serratura a combinazione, una sospensione a tre anelli, un giunto per la trasmissione del moto rotatorio. Era però scivolato sull'elaborazione dell'oroscopo di Gesù. Quella pubblicazione non era piaciuta per niente al mondo accademico e nemmeno a quello ecclesiastico. Perciò lo avevano costretto a lasciare Bologna e a trasferirsi a Roma. E qui, all'inizio, si era messo tutto di traverso e invece dopo aveva incontrato il suo vecchio amico e collega Ugo Buoncompagni, che non rivedeva dai tempi dell'insegnamento all'università di Bologna. Per fargli avere un vitalizio Ugo Buoncompagni aveva smosso un po' le acque. E siccome Ugo Buoncompagni faceva il papa, Papa Gregorio XIII, il vitalizio alla fine era arrivato.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 184

Uno aveva la fissa dei muscoli, che dovevano essere forti e gonfi. Questa fissa ce l'aveva prima che venisse la moda dei culturisti, lui ce l'aveva già nel '58-'59, era appena entrato a lavorare alla BBB come operaio turnista e finiti i turni andava a farsi i muscoli tirando su pesi dove capitava. Forse l'aveva visto fare ai soldati americani. Questo accadeva prima che Gigi Lodi aprisse le palestre.

Anche la sua moto doveva essere bella grossa, gonfia. Si era fatto una specie di Harley Davidson con parecchie modifiche, grande come due Apecar uno dietro all'altro.

Con quei muscoli e quella moto aveva un eccesso di energia. Ci voleva uno spazio grande e grosso per riempirlo di qualcosa di sé e piazza Maggiore poteva andar bene. La batteria della moto era sufficiente ad alimentare la chitarra elettrica e due belle casse. Cominciò a suonare il giro di do. "Cazzo" pensò "fa un bell'effetto, questa piazza è fatta proprio per la mia musica, che poi è bella, non disturba".

Si direbbe che piazza Maggiore abbia gradito. Da allora fino ad oggi ha visto passare molte cose, le proteste operaie dell'autunno caldo nel '68, i moti studenteschi del '77, i funerali della bomba alla stazione nell'80, la festa per i mondiali dell'82, la fine del comunismo nell'89, le celebrazioni come città europea della cultura nel 2000, tre ritorni del Bologna in serie A, la festa dei mondiali del 2006, il Vaffa Day di Grillo nel 2007, i funerali di Dalla e poi, e poi, e poi; l'unica cosa che non è mai cambiata è la muscolosa presenza del suo musicista. Che a pensarci bene non è una cosa da poco in una città dove ha studiato Mozart, dove hanno insegnato Martini e Rossini, dove è nato Respighi, dove a un certo punto sembrava che una persona su tre fosse un cantautore. Bene, in una città così, la colonna sonora della piazza da cinquant'anni la fa lui, lo sfondatore di borse dell'acqua calda, Beppe Maniglia.

Dicono che non abbia mai avuto una casa, che abbia vissuto sulla moto, in un camper o all'aria aperta anche d'inverno.

Dicono che se in piazza c'erano meno cinque gradi lui col fiato portava la piazza a più dieci.

Dicono che fosse già lì a suonare quando il Bologna vinse lo scudetto e che gli fregarono la musica per farne il tormentone dell'Acqua Cerelia allo stadio.

Dicono che la donna che fa la ballerina mentre lui suona sia scappata dal suo amante, un boss della mafia marsigliese, che si è ben guardato dall'andarsela a riprendere dal Maniglia.

Dicono che quello che gli cura il suono sulla moto sia un ex ingegnere aeronautico che è rimasto un po' offeso nell'anima e nella mente per una delusione d'amore e che è rimasto stregato dal Maniglia.

Dicono che ci siano quattro sosia autorizzati da lui in persona che in caso di necessità lo possono sostituire il sabato in piazza.

Dicono che avesse delle buone chance per diventare sindaco. Il suo programma prevedeva l'abolizione dei semafori e dei lavavetri. Voleva anche mettere una megapiscina con le onde in piazza Maggiore. Ma dicono che la lobby massonico-giudaica gli si sia messa contro e per un vizio di forma è stato escluso dalle elezioni. Ha poi vinto Delbono, ma non gli ha portato bene.

Dicono che Bruce Springsteen abbia tutti i suoi dischi e che gli mandi una cartolina di auguri ogni anno per Natale.

Maniglia risponde con una mail.

Infine dicono, ma questo non è sicuro, che una volta ha provato con la moto a prendere la rincorsa in Francia, poi a lanciarsi in Spagna per fare un salto in America, ma che non ce l'ha fatta e che è dovuto atterrare alle Azzorre. Siccome la moto è anche anfibia è poi arrivato a New York con la turbina.

Il Maniglia è sicuramente un grande.

| << |  <  |