Autore Paolo Nori
Titolo Le parole senza le cose
EdizioneLaterza, Roma-Bari, 2016, Solaris , pag. 98, cop.fle., dim. 14x21x1 cm , Isbn 978-88-581-2228-0
LettoreGiorgio Crepe, 2016
Classe narrativa italiana












 

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Indice


COMINCIARE                                   3

ECCETTO                                      6

PARDON                                      16

IL JAZZ                                     20

VEDI                                        21

DEL MIO TEMPO                               24

LA CLAP                                     25

UN CAPITOLO CHE SI PUÒ SALTARE              28

DANTE                                       29

MANCANZE                                    30

SCRIVERE E PARLARE                          31

SCAPPARE È PEGGIO                           36

AL LAVORO                                   40

IL DUPLEX                                   42

L'ITALIA                                    47

VENTI ANNI DOPO                             51

UNA FESTA                                   53

PER FARE COSA                               54

E DOPO                                      56

IL DECLINO                                  57

TRE ANNI PRIMA                              60

UNA BANALITÀ                                63

COSPLAYER                                   66

COSA FARE PER VIVERE                        68

NON COMPAGNA                                71

ROMA                                        78

PER DISCREZIONE                             81

IL PERSONAGGIO IMPORTANTE                   86

PER BAMBINI                                 88

SINOSSI                                     91

EPILOGO                                     93

Nota                                        94


 

 

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Pagina 40

AL LAVORO


Io, quando mi intervistavano, per radio o per televisione, la maggior parte delle volte mi facevano delle domande che mi veniva da rispondere «Non lo so».

Che se qualcuno degli ascoltatorí o degli spettatori si fosse chiesto «Ma perché lo intervistano a lui che non sa niente?», ecco, sarebbe bene che sapesse, quell'ascoltatore, che io, se me lo chiedessero a me, «Perché mi intervistavano a me che non so niente?», la risposta che darei sarebbe «Non lo so».

Qualche anno fa ho incontrato una ragazza che stava facendo una tesi sul panorama sonoro in Argentina ai tempi dei colonnelli, che era una cosa, il panorama sonoro, il fondale di suoni sui quali poggiano le nostre azioni, i nostri pensieri, e che queste azioni e questi pensieri condizionano e, in parte, determinano, è una cosa per me affascinante e è una delle tante cose alle quali siamo così abituati che non ci badiamo più.

Come «Trenitalia whishes you a pleasant journey», per esempio.

E tutte le volte che mi chiedevano cosa ne pensavo di una cosa qualsiasi, io ero stupefatto dal fatto che c'era della gente che era interessata a quello che pensavo.

"Ma cosa vi interessa a voi quello che penso?", pensavo.

Io pensavo che Togliatti, quando le avevo chiesto di sposarmi la prima volta, lei mi aveva risposto che era troppo giovane, per sposarsi (aveva quarantun anni), quando gliel'avevo chiesto la seconda volta non mi aveva risposto niente, quando gliel'avevo chiesto la terza volta, mi aveva risposto «Massì».

Che non era una risposta entusiasta ma da Togliatti, con tutte le sue responsabilità, non è che mi aspettassi dell'entusiasmo, ero contento anche senza l'entusiasmo anche se poi, dopo, i giorni immediatamente successivi, mi era sembrato che avevo cominciato a trattarla un po' male, Togliatti.

Come se mi fossi incamminato sulla strada di quei personaggi dell' Oblomov di Gončarov che, dopo che si erano sposati, «si lasciavano alle spalle l'amore come se fosse l'abc del matrimonio, una forma di gentilezza, come fare un inchino entrando in società e poi via, presto, al lavoro. Come se fossero impazienti di scrollarsi di dosso la primavera della vita; molti, anzi, avrebbero poi guardato male le loro mogli per tutta la vita, come se li facesse arrabbiare il fatto di esser stati, un tempo, così stupidi da amarle».

Ecco io, questa cosa, era come se fosse cominciata prima ancora di sposarmi, come se mi fossi messo avanti, via, presto al lavoro, quando si dice essere previdenti.

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Pagina 42

IL DUPLEX


Facevo anche dei corsi, a Bologna, che si chiamavano Scuola elementare di scrittura emiliana e di letteratura russa, e un allievo di uno di questi corsi che si chiamava Luca una volta aveva detto che una persona impegnata, negli anni settanta del novecento, era uno che aveva un'idea politica, che a Bologna era prevalentemente di sinistra; oggi invece una persona impegnata, aveva detto Luca, è uno che ha un sacco di cose da fare. E un mattino, a andare a correre, mi era venuto in mente che subito dopo la guerra, la parola impegnato aveva probabilmente a che fare col monte dei pegni, secondo me.

Che allora, a seguire il significato della parola impegnato, veniva forse anche un po' fuori una minuscola storia dell'Emilía nel novecento: pochi soldi — marxismo leninismo — troppo lavoro.

Il duplex, per esempio: a quella scuola lì che facevo a Bologna mi ero accorto che dei ragazzi che hanno trent'anni non sapevano che cos'è il duplex che per me era stata una cosa che mi veniva da chiedermi «Ma in che mondo vivete?».

E ho avuto l'impressione che questa cosa di un cambiamento, cioè di parole che sono rimaste le stesse, ma che designano una cosa completamente diversa, come telefono, per esempio, che io, quando penso a un telefono, penso al telefono fisso, quello con una rotella trasparente con dei buchi per metterci dentro le dita, quello grigio, con la cornetta, ecco io, quando disegno un telefono, disegno quello, la Battaglia, quando disegna un telefono, disegna una cosa piatta, rettangolare, con i numeri dall'uno allo zero ordinati su tre colonne, una cosa touchscreen, credo si dica, non c'è una parola italiana per dirla come si deve, o forse c'è e io non la so ma non volevo dir quello, volevo dire che secondo me sono tantissime, le parole che in questi ultimi anni hanno cambiato mestiere, se così si può dire. E è già un po', che è così.

Nel 2008, per dire, con della gente che gli piaceva scrivere, abbiamo cominciato a fare una rivista che si chiamava «L'accalappiacani».

Era un settemestrale di letteratura comparata al nulla, l'unico settemestrale al mondo, ci sembrava, e dentro il numero uno di quel settemestrale c'era un pezzetto che si intitolava Repertorio di quello che si trovava in edicola che diceva così:




Repertorio di quello che si trovava in edicola



Questo è il repertorio di quello che si trovava in edicola di interessante la settimana scorsa:

il mensile Cipria di marzo con il poncho con le frange in morbido pile, ampio e avvolgente, in tre fantastici colori moda a solo cinque curo e novanta;

il film per adulti Penerentola;

il film per adulti Tutti cazzi per Mary;

il mensile Donna e mamma di marzo con il libro indispensabile Le grandi paure dei piccoli a soli un euro e novanta in più;

il periodico Tanti amici per giocare — Teneri da collezione, con il bambolotto Papik l'eschimese a soli tre curo e novanta;

il mensile Cucina creativa con set di decorazioni per antipasti e dolci, rivista più accessori otto euro e novanta;

mensile Star bene di aprile con kit anticellulite con: fango istantaneo in crema — gel drenante effetto freddo — guanto cento per cento naturale;

il mensile La cucina italiana di febbraio con pelapatate a solo quattro euro e novanta in più;

Cose antiche di aprile, pubblicazione con in regalo un capolavoro degli impressionisti in cornice da comodino a soli quattro euro e novanta;

Il piacere del formaggio n° 23 con in omaggio maxi ciotola multiuso Guzzini;

mensile Fox uomo con il dvd Le strane creature dallo spazio o Squali, la verità sui killer dei mari;

Anni settanta prima visione in dvd grandi attrici e grandi attori del cinema proibito Pamela, con Veronica Hart (comprato);

il Sole 24 ore con I classici del pensiero italiano — Mazzini;

Top salute, il giornale della prevenzione, con il dolcevita satin senza maniche perfetto in ogni occasione — tre colori moda rosa, arancio, verde, solo quattro euro e novanta;

Cosmopolitan più culotte Roberta colore azzurro o nero, solo quattro euro e ottanta;

Focus di aprile con eclissi di sole a nove euro e novanta;

Girl friend magazine solo tre euro con il pelouche per il tuo cellulare;

la rivista Facilmente pesce, con i consigli di Davide Mengacci un euro e novanta;

il mensile Astra con "lo scrigno della divinazione" in omaggio a soli sette euro e novanta;

Riza DVD del benessere di Raffaele Morelli "La depressione come vincerla";

Vera magazine più il set intimo in puro cotone a sei euro e novanta;

Trendy girl alternativa con scaldacollo mille righe più cinque spille per un look di tendenza più mega poster di Jesse McCartney esclusivo solo tre euro e novanta;

Top girl Chi sono, perché piacciono le acchiappamaschi più zerottino orsetto tre euro e novanta;

Men's health con i DVD in forma in quindici minuti, più addominali meno grasso più muscoli, 4 allenamenti mirati per un corpo nuovo;

Silhouette donna di aprile più borsa da viaggio trolley a undici euro e novanta;

Corso di strip-tease n° 1 di Superpippa channel;

Geo con in regalo il grande poster delle balene;

Week end planner di marzo, aprile, maggio con in regalo una fantastica crema mani cambia pelle;

il periodico Radio da collezione con il modello Addison 5 F a undici euro e novanta;

la rivista Harry Potter solo due euro e novanta con la "prodigiosa bacchetta magica magnetica";

il film porno Penocchio.




Ecco.

Dopo che avevo copiato questo repertorio (che l'aveva scritto Ugo Cornia insieme a un suo amico che aveva un'edicola), ero andato a prendere la mia crema norvegese perché mi era venuta voglia di aver delle belle mani per qualche ora, ma a parte quello, questo repertorio, quando mi era successo, sette anni prima, di sentirlo letto per la prima volta ad alta voce, dentro un cinema di Reggio Emilia che era il posto dove facevamo «L'accalappiacani», io mi ricordo che avevo pensato che io credevo di sapere cosa fosse un'edicola in realtà non lo sapevo; l'edicola, dopo che avevo letto questo repertorio, aveva cambiato mestiere, nella mia testa, e questo repertorio mi sembra fatto così bene che non valeva la pena, adesso, farne un altro, ma io ero convinto, sette anni dopo, nel 2015, che se fossi uscito su via Porrettana a prendere nota di quello che c'era nell'edicola di Casalecchio di Reno che c'era vicino a casa mia, sette anni dopo ci sarebbero state delle cose molto diverse da quelle che avevano trovato Ugo e il suo amico edicolante sette anni prima e che l'edicola, nella mia testa, avrebbe cambiato ancora mestiere, se avessi fatto questo lavoro di andare a riscrivere il repertorio, secondo me.

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Pagina 60

TRE ANNI PRIMA


Tre anni prima avevo collaborato a una trasmissione televisiva che ogni settimana andavo da una qualche parte a vedere qualcosa e poi lo raccontavo, e una sera ero andato a Genova allo Stadio Marassi a vedere Sampdoria-Genoa e era un sacco di tempo, che non andavo a vedere una partita di calcio; ci andavo da piccolo, andavo a vedere il Parma, avevo preso tanto di quel freddo, allo stadio Tardini di Parma, c'erano le sedute ancora di legno, tribune in tubi innocenti e assi di legno, mi piaceva moltissimo la maglietta, del Parma, bianca con la croce nera, c'era solo il Parma, al mondo, con quella maglietta lì, anche la Sampdoria, mi piace moltissimo anche la maglietta della Sampdoria, blu con due cerchi bianchi uno rosso e uno nero ci son solo loro, al mondo, con quella maglietta lì, mi piace anche la maglia del Genoa, solo che con la maglia del Genoa, solo in serie A in Italia ci sono altre due squadre, con la maglia come il Genoa, il Cagliari e il Bologna (cioè il Cagliari adesso è in serie B ma è temporaneo), figuriamoci al mondo, quante ce ne sono, ma la cosa che volevo dire non era quella, era che andare allo stadio dopo tanto tempo che non ci andavo, io quando son stato lì mi son chiesto «Ma cosa ci faccio?».

Che lì, a guardare le cose senza essere dentro la bolla della passione, che io, è vero che mi piaceva la maglia della Sampdoria ma non è che ero tifoso della Sampdoria, mi piaceva anche quella del Genoa, no, io più che le squadre, lì, il mio interesse lì era la gente, i cosiddetti tifosi, che però loro a guardarli, il 18 novembre del 2012, tre anni prima, allo stadio Marassi, non eran mica contenti.

Cioè anche quando arrivavano, non avevan le facce di gente che andava, dico una parola grossa, a divertirsi, no.

Avevan le facce di gente che eran preoccupati, che erano tesi, come se dovevan passare un esame, che poi era un esame che non lo davan neanche loro, come se assistevano a un esame che ci tenevan tantissimo che andava bene e non potevan far niente, che hai voglia studiare, interrogavano un altro, una cosa che il senso, a esser fuori lì dalla bolla della passione, a me il senso mi sfugge, che poi uno dice «Il senso è vincere», sì, ho capito, vincere, però, adesso io lì non ero implicato, però anche vincere, non so, io mi ricordo l'Italia, i mondiali, le due volte che ha vinto che io mi ricordo, la gente sopra le macchine, con le bandiere, con le facce pitturate di blu, o di tricolore, a gridare, a suonare il clacson, a bere, non so, io non l'ho mica mai tanto capito, che gusto c'è, a vincere, secondo me, oh, mi sbaglierò, ma quando perdi, che poi non perdi te, perdono loro, ma a te ti dispiace, che magari perdi quattro a zero, o cinque a uno, che nell'andare a casa guardi per terra e vedi tutte le foglie, tutte le crepe che ci son sull'asfalto e ti vien da pensare a tutto quello che non va mica bene nella tua vita, a tutte le cose che ti eri ripromesso che le facevi e poi non le hai fatte, tutto il freddo che hai preso, ecco secondo me, quei momenti lì, che te ti chiedi «Ma che vita sto facendo?», ecco secondo me son momenti che a me mi piaccion di più, di quando sei in centro, imbottigliato sopra una macchina, che canti l'inno nazionale con una bandiera in mano e la faccia dipinta di blu, o di tricolore, di biancocrociato, o di blucerchiato, o di rossoblu o di qualsiasi altro colore.

Dopo uno può chiedersi «Ma allora cosa ci andavi a fare, allo stadio?».

Io ci andavo perché per esempio c'è stata una volta, i tifosi del Parma, erano a Pescara, se non ricordo male, e i tifosi del Pescara hanno fatto un coro che diceva: «Solo i prosciutti, avete solo i prosciutti, solo i prosciutti, avete solo i prosciutti».

E i tifosi del Parma hanno aspettato un attimo poi hanno fatto un coro che hanno risposto: «Anche i formaggi, abbiamo anche i formaggi, anche i formaggi, abbiamo anche i formaggi».

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Pagina 82

Ecco.

Quella cosa lì che ero indeciso se scriverla o non scriverla riguardava il presidente della repubblica, e il fatto che il presidente della repubblica, ce n'era uno nuovo, quando aveva fatto il suo primo discorso, ne parlavano tutti così bene, mi era venuta voglia di sentirlo l'avevo cercato in rete e avevo cominciato a sentirlo e dopo un po' m'era venuto in mente di quando avevo fatto l'attore, in teatro, venti giorni, nel 2007, a Napoli, e avevo un regista che mi aveva fatto vedere che io avevo dei gesti parassiti, cioè gesti che vivevano su di me senza che me ne accorgessi e mi aveva detto che in scena, quando recitavo, quei gesti parassiti li avrei dovuti eliminare.

E dopo, a ripensare a quella cosa che mi aveva detto il regista, io mi ero accorto che quando parlavo, e quando scrivevo, davo voce a delle espressioni parassite, che vivevano su di me senza che me ne accorgessi, e in uno dei romanzi che avevo scritto avevo provato a farne una lista e avevo trovato che se uno era ricco, era sfondato, se aveva la barba, era folta, se c'era un fuggi fuggi, era generale, se si parlava di acne, era giovanile, se c'eran delle tecnologie, eran nuove, se c'era un nucleo, era familiare, se c'era un'attesa, era dolce, se c'era una marcia, era funebre, oppure nuziale, se c'era un andirivieni, era continuo, se c'eran delle chiacchiere, erano oziose, se c'era un errore, era fatale, se c'era un delitto, era efferato, se c'era un'impronta, era indelebile e questo era il primo nucleo che l'avevo scritto e letto tante di quelle volte che ogni volta che lo rileggevo mi sembrava come di recitare il rosario.

Dopo poi comunque mi ero detto che io, quando usavo queste espressioni a me sembrava di parlare, in realtà io non parlavo, ero parlato, cioè non dicevo quel che volevo dire io, dicevo quel che voleva dire la lingua (parassita).

E in rete, su un sito dove ogni tanto scrivevo delle cose, www punto paolonorí punto it, con l'aiuto dei lettori del sito avevo provato a allungare questa lista di espressioni parassite e avevo trovato che se c'è un quadro, è allarmante, se c'è uno sciopero, è generale, se c'è una folla, è oceanica, se c'è un lupo, è solitario, se c'è un cavallo, è di Troia, se c'è una botte, è di ferro, se c'è un terrorista, è islamico, se c'è un porto, è delle nebbie, se c'è un silenzio, è di tomba, se c'è un'ombra, è di dubbio, se c'è una morsa, è del gelo, se c'è una resa, è dei conti, se c'è una verità, è sacrosanta, se c'è una salute, è di ferro, se c'è una svolta, è epocale, se c'è un genio, è incompreso, se c'è un ok, è del senato, se c'è uno sciame, è sismico, se c'è un consenso, è informato, se c'è un secolo, è scorso, se c'è un pallone, è gonfiato, se c'è un cervello, è in fuga, se c'è una repubblica, è Ceca, se c'è un battesimo, è del fuoco, se c'è un dispiacere, è vivo, se c'è un tassello, è mancante, se c'è un imbarazzo, è della scelta, se c'è un dubbio, è atroce, se c'è una prova, è schiacciante, se c'è una tabella, è di marcia, se c'è un correlativo, è oggettivo, se c'è una linea, è editoriale, se c'è una leggenda, è metropolitana, se c'è una mente, è locale, se c'è un ente, è locale anche lui, se c'è una guerra, è santa, se c'è un motivo, è floreale, se c'è uno stato, è d'animo, se c'è un quartiere, è generale, se c'è una questione, è di principio, se c'è un problema, è un altro, se c'è una sostanza, è stupefacente, se c'è un mondo, è arabo, se c'è un caso, è letterario, se c'è un astro, è nascente, se c'è una stella, è cadente, se c'è un fiume, è carsico, se c'è una patata, è bollente, se c'è una disobbedienza, è civile, se c'è una cifra, è stilistica, se c'è una frattura, è insanabile, se c'è un velo, è pietoso, se c'è un pirata, è della strada, se c'è una malavita, è organizzata, se c'è una fiducia, è cieca, se c'è una storia, è vera, se c'è una luce, è propria, se c'è un beneficio, è d'inventario, se c'è un collegio, è docenti, se c'è una seduta, è stante, se c'è un tempo, è perduto, se c'è una delega, è in bianco, se c'è una sala, è operatoria, se c'è un pianto, è liberatorio, se c'è una macchina, è del fango, se ci sono dei giorni, son contati, se c'è un'impresa, è titanica, se c'è una fine, è del mese, se c'è un cuneo, è fiscale, se c'è una fila, è indiana, se c'è una fatalità, è tragica, se c'è una cifra, è stilistica, se c'è una corsia, è preferenziale, se c'è un corridoio, è umanitario, se c'è un anello, è mancante, se c'è un effetto, è collaterale, se c'è un consenso, è informato, se c'è un'avanguardia, è storica, se c'è una guerra, è civile, se c'è un sistema, è paese, se c'è una legge, è non scritta, se c'è un silenzio, è d'oro, se c'è un amore, è cieco, se c'è una maestà, è lesa, se c'è un'Europa, è a rischio, se c'è un compartimento, è stagno, se c'è un universo, è parallelo, se c'è un gioco di parole, è intraducibile.

E nel discorso del presidente della repubblica, Sergio Mattarella, nei primi minuti, se c'era un saluto, era rispettoso, se c'era un pensiero, era deferente, se c'era un momento, era difficile, se c'era una carta, era fondamentale, se c'era un consiglio, era superiore (e della magistratura), se c'era un'unità, era nazionale, se c'era una prova, era dura, se c'era un'unione, era europea, se c'eran dei diritti, eran fondamentali, se c'era un popolo, era italiano, se c'era un bene, era comune, se c'era un capo, era dello stato, se c'era un garante, era della costituzione, se c'era un arbitro, era imparziale, e lì mi ero fermato e mi ero chiesto "Ma come mai, ne han parlato tutti così bene?".

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