Autore Aldo Nove
Titolo Poemetti della sera
EdizioneEinaudi, Torino, 2020, Collezione di poesia 471 , pag. 92, cop.fle., dim. 10,5x18x0,9 cm , Isbn 978-88-06-24355-5
LettoreGiorgio Crepe, 2020
Classe poesia italiana












 

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Indice


  3 Guarda, madre

 12 Il giorno della mia morte

 18 Georg Trakl im Traum

 25 Non siamo mai nati non siamo mai morti

 30 Parafrasi del primo canto dell'Inferno

 39 L'attimo azzurro

 44 La fine del mondo

 52 Al mio nome, Antonello.
    A quello di mio padre, Mario.
    A quello di mia madre, Gianna.
    A quello di mio fratello, Gian Mario

 63 Il cielo

 71 Rivolta contro il mondo contemporaneo

 79 Filastrocca

 87 Dio

 88 Nota


 

 

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Pagina 39

L'attimo azzurro


    Una volta discesi
    nel silenzio vibrante
    che chiamiamo istante
    non c'è che, vorticoso,
    il presente. Da piccolo, lo sapevo.
    E stavo sveglio
    ad aspettarlo
    e ero solo.

    Sempre piú solo,
    nel cosmo
    sotto le coperte
    col mio pigiama celeste
    mi abbandonavo,
    viaggiavo
    immobile negli spazi
    piú lontani.

    Vedevo i giorni,
    com'erano
    altrove,
    strani.

    Chiudevo gli occhi,
    aspettavo
    l'attimo azzurro,
    come chiamavo allora
    quel capogiro
    dei millenni in una svolta
    di secondo, tra un'ora e
    un millennio
    oscillavo.

    Ero un astronauta
    clandestino
    dentro il centro
    di ogni cosa
    che si apriva
    abitavo. Ero
    compiutamente un bambino,
    attraversato dalla dolcezza
    del Creato. Ero ciò che ero
    e sarei sempre stato: il testimone
    del mare,
    del cielo,
    delle rocce,
    del vuoto. Ero
    l'ignoto
    a Viggiú, in provincia di Varese, io
    ero le chiese,
    le case, i respiri di tutta
    la gente. Ero l'universo contratto
    in niente e poi dilagante
    nelle stanze
    di ogni paese,
    in ogni galassia,
    in ogni astronave
    e in questa terra,
    in ogni montagna,
    nella sabbia
    del mare,
    nei molluschi,
    nei sogni rimasti in qualche luogo
    degli Etruschi, ero
    gli Egizi,
    i Romani,
    gli anziani negli ospizi,
    i neonati negli ospedali,
    ero tutte le figurine
    degli animali
    attaccate alla volta
    celeste, ero le stelle
    appiccicate
    al frigo, ero un rigo
    del pentagramma
    dei mondi,
    risuonavo
    negli sfondi
    di ogni paesaggio,
    ero presente, ero vivo,
    capivo che tutto
    come sempre mutava,
    che niente si ferma,
    che non c'è stazione,
    ero espansione
    del mio stesso respiro,
    ero un altro
    giro di giostra,
    la nostra. Ero un raggio
    del sole, la sua distanza,
    il suo tragitto, il nostro racconto
    non scritto
    nelle pagine
    della mia stanza, ero
    la luna
    e il sole e
    il loro incontro,
    il solinunio imponente
    che ogni notte ritorna a mostrare
    i due volti che diventano
    uno, quello che abbiamo
    quando siamo noi
    stessi, quando
    siamo noi per davvero,
    dimentichi di ogni cosa
    e nella dimenticanza uguali
    ad ognuna, quando nell'attimo
    azzurro ogni realtà
    è una, sposata a
    sé stessa,
    completa, pianeta
    e atmosfera,
    mattina,
    notte,
    pomeriggio,
    sera.

    Allora, trasparente,
    diventavo gli alberi fuori
    dalla finestra,
    la loro essenza,
    la clorofilla,
    il colore verde,
    il suo sapore,
    il vento che mi scuoteva
    e parlava con la voce di mia madre,
    con la voce di mio padre
    mi chiamava, mi raccoglieva
    attorno al fuoco centrale
    in cui ogni animale,
    ogni pietra, ogni goccia
    d'acqua si radunava.

    Allora ogni tempo tornava
    attuale, e non c'era
    presente,
    passato
    o futuro, non c'era
    alcun muro
    o barriera,
    non c'era
    piú notte,
    mattino,
    pomeriggio,
    sera.

    Nell'attimo azzurro
    siamo stati tutti. Tutti
    da lí veniamo. Il segreto
    è che da lí
    non ci siamo mai spostati
    perché non siamo mai morti
    e non siamo mai nati. Solo
    un attimo
    distratti, strappati
    al tutto, come per inclinazione,
    come biglie siamo
    scivolati in un miscuglio
    di idiomi,
    di colori, di stati, di presenti e
    passati. Quando abbiamo
    indossato la maschera
    che abbiamo,
    tu che leggi,
    io che ho scritto

    ci ritroveremo, un giorno, nello stesso
    infinito adesso.

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