Copertina
Autore Claudio Paglieri
Titolo Non son degno di Tex
SottotitoloVita, morti e miracoli del mitico ranger
EdizioneMarsilio, Venezia, 2008 [1997], Gli specchi , pag. 144, cop.fle., dim. 13,5x21,2x1,2 cm , Isbn 978-88-317-9204-2
LettoreElisabetta Cavalli, 2008
Classe fumetti
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Indice


  7 Introduzione

 11 Born to kill

 17 Sicario, triste e solitario

 27 Manolo

 37 Crimini e misfatti

 45 I cattivoni

 51 Fegato spappolato

 57 Il nero e il rosso

 67 Nei secoli fedele

 73 Resto di stucco, è un barbatrucco

 85 Che fine ha fatto Dinamite?

 97 Kit Carson

105 Kit Willer

113 Tiger Jack

119 Gli amici

125 I nemici


135 Appendice statistica


 

 

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Pagina 7

INTRODUZIONE



Come si cambia

La prima edizione di questo libro uscì nel 1997, alla vigilia del cinquantesimo anniversario di Tex. Da fanatico lettore, e da scrittore di libri umoristici, decisi di rendergli omaggio a modo mio: celebrando le sue imprese ma senza rinunciare a prendere in giro quell'Eroe tutto d'un pezzo, infallibile e privo di dubbi, che si salvava sempre grazie a improbabili ferite di striscio alla tempia. Mi chiesi quante volte fosse successo e da lì a raccogliere tutte le statistiche su Tex (morti ammazzati, pestaggi, finestre sfondate, bistecche e patatine spazzolate) il passo non fu affatto breve, ma comunque divertente.

Riesaminando tutte le storie in ordine cronologico mi accorsi di come Tex fosse cambiato nel corso del tempo. Leggendo un albo al mese non me ne ero reso conto in modo tanto netto, segno che gli autori erano comunque riusciti a garantire una buona continuità, restando al passo con i cambiamenti della società ma senza snaturare troppo il personaggio. Questo è probabilmente uno dei segreti della sua longevità e invece di farmi beffe di lui avrei fatto bene a chiedergli qualche consiglio...

In questi sessant'anni diversi autori si sono cimentati con le sceneggiature di Tex. Inarrivabili, per me e per la stragrande maggioranza dei lettori, restano le storie di Giovanni Luigi Bonelli, il suo creatore. Con lui Tex era sempre al centro dell'azione e occorrevano almeno un centinaio di avversari per metterlo in difficoltà. Astuto, rapido con la pistola e dalla mira infallibile, conoscitore di un sacco di trucchi incredibili, il Tex di GLB era quasi un supereroe, e affascinava al punto da perdonargli qualche esagerazione tipo centrare con la Colt una carta da gioco posta di taglio.

Anche nel periodo d'oro di Bonelli padre, il figlio Sergio, con lo pseudonimo di Guido Nolitta, riuscì a firmare episodi che restano tra i più belli mai scritti. Il suo era un Tex assai diverso, meno in bianco e nero, spesso si trovava in difficoltà – come nel mitico duello con El Muerto – e il lieto fine non era scontato; ma proprio per questo le sue storie apparivano più moderne e portavano un senso di novità e di eccitazione.

Le storie di Claudio Nizzi rispettano molti topoi di Bonelli padre e mantengono la centralità di Tex, diventato più realistico e meno sbruffone: spesso il ranger risolve i casi da detective più che da pistolero. I rimproveri principali che gli mossi dieci anni fa erano di essersi fatto condizionare dal politically correct, e di avere reso troppo imbranato il grande Kit Carson; su entrambi i punti – ma non certo perché condizionato da me — mi sembra che abbia un po' corretto il tiro.

Molto apprezzate dai lettori più giovani, e anche dal sottoscritto, sono le storie di Mauro Boselli, che escono dalla routine e hanno il merito di recuperare il senso dell'avventura, le sparatorie, anche le crudeltà. Una loro costante è introdurre e caratterizzare molto bene i personaggi di contorno; anche se a volte finiscono per mettere in ombra lo stesso Tex, e questo è indubbiamente un rischio che si può correre solo una volta ogni tanto.

La formula magica del Tex perfetto non esiste, anche perché í suoi lettori hanno età e gusti molto diversi. L'alternanza delle storie serve in qualche modo ad accontentare tutti. Per questo è importante, secondo me, che altri autori intervengano in modo meno occasionale di quanto accaduto finora. La scelta di affidare Tex a disegnatori dal tratto molto diverso ha funzionato benissimo, e lo stesso dovrebbe accadere con gli sceneggiatori.

A distanza di trent'anni da quando lo scoprii la prima volta (era il numero 148, Kento non perdona) resto un affezionato lettore di Tex. Come lui sono diventato meno spietato e presuntuoso, ma non so se è segno di saggezza o di vecchiaia. Di certo se qualche furbetto pignolo saltasse su a fare le pulci a ogni singola parola che ho scritto nei miei libri sarei meno paziente degli autori che ho tormentato con la prima edizione di Non son degno di Tex, e che continuerò a tormentare adesso. Credo però che mantenere alta l'attenzione critica sul personaggio sia un bene: per me, che biecamente sfrutto la fama di Tex per ritagliarmi un momento di celebrità, ma anche per lui, Aquila della Notte, che resta (deve restare!) il numero uno del fumetto italiano.

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Pagina 11

1.
BORN TO KILL



Secondo autorevoli biografi, Wild Bill Hickock, forse il più leggendario pistolero del West, uccise oltre 50 uomini e un numero imprecisato di indiani e sudisti, di cui rifiutava di tenere il conto. John Wesley Hardin, noto come «la pistola più veloce del Texas», ne fece fuori 43, ma nella classifica non calcolava gli indiani e i negri. Billy the Kid, il ragazzo terribile, si fermò a quota 21, messicani esclusi.

Tex Willer non è tipo da fare tacche sul calcio della pistola. «I nemici non si contano mai, hombre» dice nel numero 4. Si fanno fuori e basta, seguendo la regola d'oro «prima spara e poi chiedi chi è». E si uccidono a un ritmo spaventoso: per battere il record di personaggi come Hickock, a Tex bastano un paio di numeri. 38 avversari li uccide nel n. 1, 33 nel n. 2, 36 (più uno censurato) nel n. 3. Neanche la Ferrari balza così in fretta da zero a cento.

Poiehe lui è troppo modesto per farlo, abbiamo deciso di calcolare noi il numero delle sue vittime. O meglio, dei furfanti ladri bari e assassini che hanno vilmente cercato di sparargli alle spalle costringendolo a ucciderli per legittima difesa. In onore alla correttezza politica di Tex, che non ha mai giudicato un uomo dal colore della pelle ma solamente dalle sue azioni, abbiamo deciso di includere nella classifica anche negri, indiani, arabi, cinesi. Oltre a mummie, visitors, zombi, cavernicoli, diableros. Saremmo disposti a calcolare, udite udite, perfino le donne, anche se fino a poco tempo fa non avevano né anima né diritto di voto; il problema è che Tex, privo di pulsioni sessuali e gentiluomo autentico, non ne ha mai uccisa una neanche con un fiore.

Nella primissima avventura, uscita in edicola il 30 settembre 1948, Tex ci viene presentato come un fuorilegge: naturalmente non ha fatto niente di male, ma è perseguitato a causa di un errore giudiziario. Tex chiarisce la sua posizione a suon di pugni e pallottole e viene nominato ranger; accetta entusiasta, credendo che il compito più impegnativo sia impedire a Yoghi e Bubu di rubare il cestino della merenda. Invece lo mandano sulla frontiera a combattere indiani, rapinatori e bandoleros.

All'inizio Tex oscilla spesso tra la posizione di rappresentante della legge e quella di ricercato, ma in sostanza la sua missione resta quella di servire una giustizia superiore (la sua) sterminando i nemici a un ritmo forsennato. Quando è in vena di spacconate, è il primo a vantarsi del fatto che dove arrivano lui e i suoi pards «i becchini si fregano le mani e i costruttori di lapidi si mettono a ballare dalla contentezza».

Col tempo, la tempesta ormonale di Tex si calma. Il suo nuovo ruolo di capo dei navajos (che lo chiamano Aquila della Notte) e di paladino dei deboli lo spinge a diventare più saggio e riflessivo, a usare oltre alle pistole anche il cervello. Cusì si accontenta di far fuori una media di 20 nemici a numero, quindi 10, infine due o tre o addirittura nessuno. Tra i nn. 117 e 122 uccide soltanto due volte, tra i nn. 91 e 96 una volta. Per contro, a volte viene colto da esagerati ritorni di fiamma (nel n. 440 massacra 32 messicani ricorrendo perfino a una mitragliatrice). Resta il fatto che a tutt'oggi, tra alti e bassi, Tex ha spedito «a spalar carbone nelle caldaie di Satanasso» qualcosa come 2783 avversari.

Dividendole per razza, le vittime del ranger sono 1199 bianchi, 904 indiani, 528 messicani, 63 negri, 36 cinesi, 17 arabi, 10 malesi, 8 cavernicoli, 6 thugs, 5 diableros, 4 canachi, 1 mummia, 1 zombi e 1 scrondo. Di questi, 1424 li ha uccisi con le fidate Colt, 1160 col fucile, 199 in altri modi. Per Tex il fine (cioè l'uccisione del nemico) giustifica qualunque mezzo e per questo, quando non ha a disposizione le pistole o il fucile, ricorre alla sua seconda natura indiana e squarta i nemici a colpi di tomahawk, lancia, coltello, oppure si avvale della propria forza erculea e li polpettizza con massi e perfino a mani nude, o li disintegra con dinamite e polvere da sparo o addirittura facendo deragliare un treno; oppure il maestro improvvisa, da autentico artista dell'omicidio, utilizzando cavicchi di nave, scuri da boscaiolo o trappole stile Rambo.

In genere, Tex impiega le pistole soprattutto contro i sicari bianchi o messicani che lo affrontano in città, a gruppetti di quattro o cinque, cercando di farlo fuori al saloon o al ristorante. La lunga gittata del fucile viene sfruttata invece per far strage di indiani, che si muovono a gruppi di cento per volta e cominciano a urlare a chilometri di distanza. Quando gli avversari sono troppi perfino per lui, la parola passa alla dinamite che non fa distinzioni di razza e trasforma indios, bandoleros, pellerossa e rinnegati in interessanti puzzle da diecimila pezzi.

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Pagina 27

3.
MANOLO



È più agile dell'Uomo Ragno, più determinato di Cliffhanger, più muscolato di Manolo. Non c'è parete di nono grado che Tex non sappia scalare, sotto la pioggia, la neve o il sole del deserto, o meglio ancora nella notte senza luna.

Da dove gli venga questa capacità non lo sappiamo: Tiger Jack, per esempio, è un indiano e come tutti gli indiani è scontato che sappia fare un certo tipo di cose collegate alla natura, come il free climbing e il windsurf. Ma Tex? Dove mai avrà imparato a scalare montagne, lui che è cresciuto nel Texas dove l'altura più elevata è la cacca di una mucca?

Mistero. In ogni caso, Tex non soffre di vertigini ed è sempre disposto a una bella giornata di arrampicata libera, quando c'è bisogno. L'esempio tipico è questo: con i suoi pards è inchiodato dai nemici ai piedi della parete (liscissima, praticamente ardesia) di un canyon. Non possono mettere il naso fuori dallo sperone di roccia che li protegge perché li impallinerebbero come tordi. Che fa allora Tex? Aspetta il calare della notte e comincia l'impossibile scalata, mentre i suoi pards cantano canzoni country per distrarre gli assedianti. Una volta arrivato in cima, dopo avere rischiato mille volte di cadere, il ranger farà piazza pulita e isserà gli amici con l'aiuto dei lassos.

Oltre a non soffrire di vertigini, Tex è in grado di fare cose incredibili quando si trova sulla parete. Se non c'è appiglio per i piedi si tira su a forza di braccia, se perde l'appiglio con la roccia aggancia al volo un ramo. Se tagliano un ponte di corde su cui sta transitando si appende in stile Indiana Jones, e riesce a farlo perfino con un braccio rotto (n. 446). Se un indiano cattivo, a sua volta, gli si è attaccato al corpo cadendo lui fa il pendolo sbattendolo contro la parete finché quello molla la presa, come nel n. 21. Se, mentre è appeso al ramo col mignolo della sinistra, un bandito fa capolino dalla pista e comincia a sparargli, Tex estrae la Colt con la destra e lo fa secco (n. 59). Ancora, sempre più difficile: se è appeso con tutte e due le mani al bordo dello strapiombo, e un indiano gli sta saltando a piedi uniti sulle nocche per farlo precipitare, Tex è in grado di afferrare la caviglia dell'indiano, gettarlo nel burrone e salvarsi (n. 361). Notevole anche quanto riesce a combinare nel «Maxi Tex» n. 9, quando si appende alla corda di una mongolfiera e dopo avere svolazzato un bel po', con il cattivone che gli spara dalla cesta, riesce a salire a bordo e farlo fuori.

Ma la migliore di tutte le imprese verticali di Tex è nel n. 384: lui e Kit Carson finiscono in una trappola, il pavimento si apre e sotto i loro piedi c'è il baratro. Tex riesce ad aggrapparsi con la mano sinistra al piede sporgente di una statua, mentre con la destra ha fatto in tempo ad afferrare la mano di Kit Carson che urla: «Non mollare!» La sinistra di Tex (e il piede della statua, che dev'essere di titanio) regge almeno 180 chili, tra uomini, stivali, pistole eccetera, e sarebbe già record del mondo. Ma non basta: Tex tira su Carson e lo fa appendere alla sua cintura, poi attacca anche la destra all'appiglio e solleva, di forza, tutti e due finché Kit riesce ad arrivare al bordo del pavimento. Roba da incredibile Hulk.

Restando in tema di imprese verticali, ce n'è una che riguarda un ascensore. Sempre nel n. 384, Tex e Carson sono dentro un montacarichi da miniera, quando qualcuno taglia la corda e li fa precipitare. Non c'è via di scampo: i due pards sono destinati a schiantarsi, invece quando l'ascensore va in pezzi li vediamo appesi, sani e salvi, al bordo di quella che sarebbe una porta dell'ascensore. Fisicamente impossibile, visto che il montacarichi aveva il tetto.


Poker e giochi

Tex sa fare tutto, è sempre e comunque il primo della classe in qualsiasi materia, sesso escluso ovviamente.

Oltre a essere il più veloce con la pistola, il più preciso col fucile, uno scalatore migliore degli sherpa nepalesi, il virtuale campione del mondo dei pesi mediomassimi, Tex è anche il più grande giocatore di poker della storia e il miglior baro. Dove e come abbia imparato non si sa, certo è che è in grado di sfidare e battere i più grandi gamblers del West e gli spennapolli di professione che infestano i battelli sul Mississippi. Tex ha giocato a poker 20 volte, che noi sappiamo, e quando ha perso (3 volte) è perché lo ha fatto apposta, per illudere l'avversario. Abbiamo notizia di una sua sconfitta, ma solo indirettamente: nel n. 121 un certo Traver, giocatore di professione (buono e onesto, però), gli offre la rivincita, il che significa che deve averlo battuto.

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Pagina 97

11.
KIT CARSON



Il vero Kit Carson visse dal 1809 al 1868, fece lo scout per l'esercito e massacrò centinaia di indiani. Fonti assolutamente attendibili ci assicurano che odiava bistecche e patatine. Dunque, colui che cavalca a fianco di Tex chiamandolo «satanasso» e «tizzone d'inferno» ogni due vignette è in realtà un volgare impostore. Come accade con il Groucho di «Dylan Dog» rispetto al vero Groucho Marx, Carson ha la funzione di rievocare un personaggio importante, realmente esistito, e col tempo ha assunto anche le veci di spalla comica del protagonista.

All'inizio delle avventure di Tex il buon Kit non aveva affatto una funzione comica. Tutt'al più poteva fare una battuta sul matrimonio o sui metodi sbrigativi impiegati da Tex. Ma serviva soprattutto come seconda pistola nelle situazioni in cui Aquila della Notte si metteva a stuzzicare quaranta o cinquanta avversari alla volta. Carson compare fin dal primo numero e viene presentato come una leggenda del West, in grado, se non di stare alla pari di Tex, almeno di cavalcare al suo fianco. Ben presto però Tex prende un netto sopravvento sull'amico, e già nel n. 5 si permette di definirlo «piede dolce» perché è stato sorpreso da una sentinella nemica.

Prima l'avvento di Kit Willer, poi l'invecchiamento costrinsero Carson a un ruolo sempre più subalterno, e la comicità cominciò a emergere di pari passo con la diminuzione dell'abilità. Tanto che a un certo punto sembrava essere tornato a un livello intellettivo da asilo: toccava a lui fare le domande più sciocche, proporre i piani più strampalati in modo da far risaltare, per contrasto, l'intelligenza volpina di Tex. Vediamo qualche esempio tipico:

Carson: «Il bandito è evaso. Perché non lo catturiamo?»

Tex: «Quello non ci interessa, non ti ricordi che siamo noi che lo abbiamo fatto evadere apposta? Seguiamolo e ci porterà al suo covo.»

Altro esempio:

Carson: «Che pista pensi di prendere?»

Tex: «Quella che costeggia il fiume.»

Carson: «Perché invece non prendiamo quella del deserto? È più corta.»

Tex: «Dimentichi che siamo senz'acqua e con un solo cavallo? Sarebbe la morte sicura.»

Ancora:

Carson: «La foresta è in fiamme: dobbiamo fuggire!»

Tex: «No! Le fiamme ci raggiungerebbero e non avremmo scampo. Dobbiamo invece attraversarle subito, finché il fronte del fuoco è ancora sottile.»

Ora, questo fa pensare che, ogni qualvolta non c'è Tex a fargli da balia, il grande Carson sia incapace perfino di soffiarsi il naso. E che alla prima avventura che dovesse affrontare da solo, morirebbe come uno scemo di fame o di sete, o in una rissa tra ubriachi.

Ci sono numeri in cui Kit Carson sembra davvero un vecchio rimbambito. Non riesce a capire le cose più elementari, dice: «Ho il cervello che sembra marmellata» e Tex gliele deve spiegare e rispiegare per pagine e pagine, mentre attraversano a cavallo montagne e vallate. Oltre tutto si tratta delle classiche spiegazioni riservate al lettore scemo, che si suppone non abbia capito lo svolgimento dei fatti. In genere gli autori li rispiegano in due modi:

Metodo A: l'eroe spia i cattivi da una finestra e ascolta mentre si raccontano tra loro le cose che già sanno benissimo. «Sì, ora che abbiamo ammazzato lo sceriffo Benson potremo proseguire tranquillamente il nostro traffico di fucili con i fratelli Montero di Amarillo, Texas, telefono 0044.19.7671.» «Esatto. Anche quei documenti compromettenti sono al sicuro, ora che li abbiamo nascosti nel Pozzo del Buon Ricordo, quello cui si arriva costeggiando la strada per Santa Fe, proprio all'uscita del paese: la prima a sinistra, non puoi sbagliarti.»

Metodo B: detto anche, appunto, metodo di Kit Carson; dopo che tutti i lettori al di sopra dei due anni hanno capito da cinquanta pagine che il cattivone misterioso è l'insospettabile ballerina del saloon, Tex la smaschera, quella fugge sparando e muore in qualche modo simbolico. Ed ecco che Kit Carson salta su e dice: «Mah, Tex, come mai la dolce Linda ha cercato di uccidermi? Ho fatto mica una gaffe?» E Tex rispiega tutto daccapo, come a un bambino scemo.

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