Copertina
Autore David Parkinson
Titolo 100 idee che hanno fatto la storia del cinema
EdizioneLogos, Modena, 2012 , pag. 216, ill., cop.fle., dim. 21x27x1,8 cm , Isbn 978-88-576-0061-1
Originale100 Ideas that Changed Film [2012]
TraduttoreLorenza Di Lella, Sonia Scognamiglio
LettoreSara Allodi, 2012
Classe cinema
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Indice


Introduzione                                          6

100 Idee che hanno fatto la storia del cinema         8

Glossario                                           208

Bibliografia                                        211

Indice analitico                                    212

Crediti fotografici                                 215

Ringraziamenti                                      216


No.1   LE LANTERNE MAGICHE                            8
No.2   LA PERSISTENZA DELLA VISIONE                  10
No.3   IL KINETOSCOPIO                               12
No.4   IL CINÉMATOGRAPHE                             14
No.5   LA PROIEZIONE                                 16
No.6   IL CINEMA DEI TRUCCHI                         18
No.7   IL PRIMO PIANO                                20
No.8   LE TRANSIZIONI OTTICHE                        22
No.9   LA SOGGETTIVA                                 24
No.10  IL CARRELLO                                   26

No.11  GLI INSEGUIMENTI                              28
No.12  IL MONTAGGIO CONTINUO                         30
No.13  ATTACCHI E RACCORDI                           32
No.14  I NICKELODEON                                 34
No.15  IL FILM D'ART                                 36
No.16  IL LUNGOMETRAGGIO                             38
No.17  SALE DA FAVOLA                                40
No.18  GIRARE UNA SCENEGGIATURA                      42
No.19  GLI EFFETTI SPECIALI IN MACCHINA              44
No.20  I SERIAL                                      46

No.21  LO SLAPSTICK                                  48
No.22  GLI STUNT                                     50
No.23  LO STAR SYSTEM                                52
No.24  HOLLYWOOD                                     54
No.25  I GRANDI MAGNATI DEL CINEMA                   56
No.26  IL SISTEMA DEL BLOCK BOOKING                  58
No.27  LO STUDIO SYSTEM                              60
No.28  I GENERI                                      62
No.29  LE FONTI PREESISTENTI                         64
No.30  I PICCOLI DIVI                                66

No.31  LE RIVISTE SPECIALIZZATE                      68
No.32  GLI OSCAR                                     70
No.33  IL BIANCO E NERO                              72
No.34  GLI EFFETTI OTTENUTI IN STUDIO                74
No.35  L'ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE                   76
No.36  L'ESPRESSIONISMO                              78
No.37  L'AVANGUARDIA NARRATIVA                       80
No.38  LE SCUOLE DI CINEMA                           82
No.39  IL MONTAGGIO                                  84
No.40  LA CARATTERIZZAZIONE                          86

No.41  IL SURREALISMO                                88
No.42  IL CINEMA SPERIMENTALE                        90
No.43  IL SONORO                                     92
No.44  LA MUSICA DA FILM                             94
No.45  IL DOPPIAGGIO                                 96
No.46  I SOTTOTITOLI                                 98
No.47  I CINEGIORNALI                               100
No.48  LA CENSURA                                   102
No.49  LA PROPAGANDA                                104
No.50  IL REALISMO POETICO                          106

No.51  IL REALISMO IN STUDIO                        108
No.52  I B-MOVIE                                    110
No.53  LE SERIE                                     112
No.54  I CORTOMETRAGGI                              114
No.55  L'ANIMAZIONE                                 116
No.56  I MODELLINI                                  118
No.57  IL NEOREALISMO                               120
No.58  I FLASHBACK                                  122
No.59  LA VOCE FUORI CAMPO                          124
No.60  IL NOIR                                      126

No.61  LA LISTA NERA                                128
No.62  IL METODO STANISLAVSKIJ                      130
No.63  LA TELEVISIONE                               132
No.64  IL FORMATO DELL'IMMAGINE                     134
No.65  IL COLORE                                    136
No.66  IL 3-D                                       138
No.67  LA COPRODUZIONE                              140
No.68  I KOLOSSAL                                   142
No.69  I FILM D'EXPLOITATION                        144
No.70  I TRAILER                                    146

No.71  LE PELLICOLE NON INFIAMMABILI                148
No.72  LA CINÉMATHÈQUE FRANÇAISE                    150
No.73  CANNES                                       152
No.74  LA CRITICA                                   154
No.75  LA MESSA IN SCENA                            156
No.76  IL FUORI CAMPO                               158
No.77  LA POLITICA DEGLI AUTORI                     160
No.78  LA MACCHINA A MANO                           162
No.79  IL CINEMA-VERITÀ                             164
No.80  IL FREE CINEMA                               166

No.81  IL TERZO CINEMA                              168
No.82  LO ZOOM                                      170
No.83  I ROAD MOVIE                                 172
No.84  LA BLAXPLOITATION                            174
No.85  IL PORNO                                     176
No.86  LA CRITICA CINEMATOGRAFICA FEMMINISTA        178
No.87  I BLOCKBUSTER                                180
No.88  IL TRUCCO                                    182
No.89  I FILM PER BAMBINI                           184
No.90  I FILM PER TEENAGER                          186

No.91  I SEQUEL                                     188
No.92  I REMAKE                                     190
No.93  I MULTISALA                                  192
No.94  IL VIDEO                                     194
No.95  L'HOME ENTERTAINMENT                         196
No.96  IL CINEMA INDIPENDENTE USA                   198
No.97  IL CINEMA GAY                                200
No.98  I FILM IN COSTUME                            202
No.99  GIRARE IN DIGITALE                           204
No.100 IMMAGINI GENERATE AL COMPUTER                206


 

 

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Pagina 6

Introduzione


Come emergerà dalla lettura di questa atipica storia del cinema, "film" è una parola molto generica. Può indicare allo stesso tempo i corti dell'epoca del muto e i lungometraggi più recenti, cartoni animati e documentari, serial e cinegiornali, pellicole sperimentali e pornografiche. Eppure, tutta questa varietà nel campo dell'immagine in movimento deriva in gran parte da un nocciolo fondamentale di idee che hanno stabilito le modalità di produzione, distribuzione, proiezione, fruizione e gradimento dei film per circa 120 anni. Che vi accostiate per la prima volta allo studio del cinema o siate cinefili incalliti, sarete sorpresi da quante idee e quante tecniche abbiano in comune le prime opere del muto e i più recenti blockbuster.

Spesso il cinema è descritto come la settima arte. Rispetto a scultura, architettura, pittura, musica, poesia e danza è ancora un'arte giovane. Eppure la sua evoluzione è stata tale che il pubblico del primo spettacolo cinematografico, al Grand Café di Parigi il 27 dicembre 1895, stenterebbe a trovare affinità tra le semplici immagini proiettate dal Cinématographe e i grandi film hollywoodiani i cui cliché e i cui effetti realizzati al computer incantano oggi gli spettatori di tutto il mondo.

Nessuno sa chi sia stato il primo ad avere l'idea di creare immagini in movimento, e nessuno può vantarsi di aver inventato i mezzi per registrarle e diffonderle. Molto prima che Louis e Auguste Lumière si assicurassero il loro posto nella storia del cinema, scrittori, scienziati e imprenditori erano stati attratti dal potenziale artistico e commerciale di quelle immagini che sembravano riprodurre la vita a beneficio e divertimento di spettatori paganti. Tuttavia, né coloro che avevano inventato dispositivi come lanterne magiche o giocattoli ottici, né coloro che avevano formulato teorie come quella della persistenza della visione avrebbero potuto prevedere che il cinema sarebbe diventato la forma d'arte più accessibile, più diffusa e più importante del mondo dal punto di vista sociale, politico e culturale.

Questo volume si propone di individuare le principali teorie, tecniche e strategie che hanno reso possibile l'evoluzione del mezzo da intrattenimento da fiera a istituzione. Anche se il cinema ha sempre avuto una dimensione globale, la maggioranza delle idee è stata concepita in Europa o negli Stati Uniti. Nonostante molte nascessero dalla necessità di risolvere problemi tecnici e commerciali, altre furono sviluppate al fine di rispondere a esigenze estetiche o drammaturgiche. Quanto segue, pertanto, da una parte costituisce una cronologia dell'opportunismo imprenditoriale e del pragmatismo tecnico che hanno caratterizzato la storia del cinema, mentre dall'altra ne celebra l'aspetto artistico, l'impegno sociale e la sua capacità di intrattenere il pubblico. In effetti, senza il sostegno dei finanziatori, l'inventiva degli esperti e l'intervento degli amministratori, il cinema avrebbe rischiato di rimanere una delle tante curiosità del XIX secolo.

È altrettanto interessante provare a immaginare quale sarebbe stata l'evoluzione del cinema se la Grande Guerra non avesse provocato la chiusura delle industrie nazionali di tutta Europa permettendo così alla nascente comunità di Hollywood di prendere il sopravvento sul mercato internazionale. Se nei primi due decenni di vita del cinema vi furono contributi ugualmente fondamentali allo sviluppo del linguaggio narrativo per il grande schermo da parte di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia, il resto dell'epoca del muto fu dominato dall'ascesa dello studio system hollywoodiano, che si andava gradualmente affermando e contava sulla produzione di film su larga scala, sulla scelta di generi che garantivano buoni profitti e sul fascino mediatico dei divi. L'insieme di questi elementi assicurò a Hollywood l'egemonia sul cinema mondiale: egemonia che detiene ancora oggi, nonostante la competizione di Bollywood, in India, e Nollywood, in Nigeria, che attualmente sono più produttive.

Fu proprio il modello economico di Hollywood, così come la qualità dei nuovi film sonori, a consentire ai cinque grandi Studios (MGM, Paramount, Warner Bros., Twentieth Century-Fox e RKO) di introdurre il sistema del block booking (la prevendita di pacchetti di film) e il processo di integrazione verticale: pratiche che garantirono ottimi introiti e permisero al cinema americano di sopravvivere alla Grande Depressione e alla Seconda guerra mondiale. Ma l'epoca d'oro di Hollywood non poteva durare per sempre e, nel secondo dopoguerra, gli Studios dovettero affrontare un rovinoso calo nelle vendite di biglietti. La crisi fu causata dall'effetto combinato della crescita della popolazione nelle zone periferiche degli agglomerati urbani, delle leggi antitrust e della caccia alle streghe anticomunista, nonché dall'arrivo della televisione. Per cercare di far fronte a tali difficoltà, gli Studios sperimentarono il colore, lo schermo panoramico, il 3-D e la stereofonia.

Il declino dello studio system coincise con la rinascita del cinema europeo. All'epoca del muto, i cineasti del vecchio continente avevano sfidato le convenzioni del classicismo hollywoodiano, ma l'avvento dei regimi totalitari aveva posto seri limiti alla libertà di espressione e, di conseguenza, le industrie cinematografiche avevano finito per occuparsi solo di doppiaggio e sottotitoli. Nell'Italia del dopoguerra, quasi a voler porre la parola fine a tale epoca di sconforto, un'inedita determinazione a rappresentare la realtà della vita quotidiana portò alla nascita del Neorealismo. Poco dopo, in Francia, un gruppo di intellettuali si ribellò alla tradizione dei costosi film calligrafici di estrazione letteraria, elaborando la cosiddetta "politica degli autori". Tale ondata di rinnovamento non soltanto trasformò i film in Europa e negli Stati Uniti, ma portò anche alla creazione del "Terzo cinema", che rese finalmente la settima arte davvero globale.

Sempre in Europa nacquero le scuole di cinema, i musei, gli archivi e il circuito dei festival. Tuttavia, dagli anni '70 in poi, le grandi innovazioni cinematografiche hanno interessato quasi esclusivamente aspetti commerciali e tecnologici. Le multinazionali che negli anni '60 avevano cominciato a rilevare gli Studios hollywoodiani constatarono che il nuovo pubblico era costituito prevalentemente da giovani e che le strategie commerciali dovevano essere modellate sulle loro preferenze. Cominciarono così a produrre blockbuster di fantascienza, fantasy e avventura confezionati con effetti speciali all'avanguardia e preceduti da grandi campagne pubblicitarie e da un ingente merchandising al fine di attirare il pubblico nei moderni multisala.

Alcuni critici hanno individuato in ciò la causa dell'infantilizzazione del cinema mainstream statunitense, lamentando al contempo l'abitudine di fare affidamento a sequel, remake e fonti preesistenti dal successo commerciale assicurato che hanno finito per scalfirne l'originalità. Ma l'arrivo delle multinazionali a Hollywood ha provocato anche la violenta reazione dei registi indipendenti, ispirati dagli anticonformisti cineasti degli anni '50 e '60: e la loro volontà di affrontare temi che gli Studios si guardavano bene dal toccare ha offerto a registi donna, afroamericani e gay l'opportunità di trovare il proprio spazio nel circuito del cinema d'essai accanto ai film stranieri.

È impossibile prevedere dove sarà il cinema tra un decennio. La rivoluzione dei videogiochi ha fatto ipotizzare la nascita di un cinema interattivo, in cui sarà possibile scegliere il finale del film. Ma anche se dovessero coesistere due diversi tipi di cinema, uno sensoriale e l'altro intellettuale, molte delle idee trattate nel presente volume resteranno valide, proprio come le fondamenta su cui poggiano le basi contenutistiche e formali dei film sono rimaste invariate durante tutto il secolo scorso. Stili, tecniche e procedure vanno e vengono: ma il cinema continua a proporre riflessioni sulla realtà e al tempo stesso un modo di evadere da essa, e soprattutto veicola emozioni di valenza universale, da cui, c'è da augurarsi, il pubblico sarà stimolato, affascinato e consolato ancora a lungo.

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Pagina 21

Entrare nella mente del personaggio

IDEA N. 7 - IL PRIMO PIANO

Le riprese ravvicinate che incorniciano il viso dell'attore sono diventate una tecnica d'uso comune soltanto negli anni '20, con la nascita dei primi divi di Hollywood. Ma in seguito i registi si sono serviti del primo piano per suggerire lo stato d'animo di un personaggio e richiamare l'attenzione su un'espressione, un gesto o un oggetto di scena particolari.


I primi piani erano già largamente utilizzati in pittura, in fotografia e nelle lastre delle lanterne magiche. Anche in uno dei più famosi film per Kinetoscopio, Lo Starnuto di Fred Ott (1894), l'azione era concentrata quasi esclusivamente sul volto del personaggio. G.A. Smith si servì del primo piano in modo innovativo suddividendo le scene in inquadrature multiple. Per esempio, in Grandma's Reading Glass (1900), utilizzò un mascherino nero circolare sull'obiettivo per suggerire la prospettiva ravvicinata di un ragazzo con una lente d'ingrandimento.

Sebbene alcuni cineasti si opponessero all'intimità del primo piano, per la fine del decennio erano rimasti in pochi a riprendere a figura intera. L'attore e regista francese Max Linder si serviva di "riprese a mezzo busto" (presentando i personaggi dalla vita in su) per meglio coinvolgere lo spettatore nelle sue commedie, mentre nel 1918 Lev Kulešov alternò la ripresa del volto di Ivan Mozuchin con quella di oggetti di grande valore emotivo, suggerendo l'importanza del primo piano nel montaggio associativo. Quella di Kulešov divenne una tecnica narrativa fondamentale anche dopo l'epoca del muto, ma il primo piano s'impose davvero soltanto quando i cineasti scandinavi e tedeschi cominciarono a comunicare lo stato d'animo dei loro personaggi con riprese ravvicinate del volto ed elementi che creavano atmosfera.

Nel frattempo, nonostante il crescente uso del primo piano di Griffith da The Lonedale Operator (1911) in poi, Hollywood continuava a preferire un punto di vista più oggettivo. Le riprese ravvicinate cominciarono a diffondersi soltanto verso la fine dell'era del muto, quando si ricorreva a inquadrature morbide e soffuse per meglio convincere gli spettatori dell'eleganza, del fascino e della personalità dei loro idoli. Ma il primo piano era rilevante anche dal punto di vista narrativo, poiché coinvolgeva lo spettatore nella storia, sottolineando gli elementi più importanti della messa in scena: un oggetto su cui un clown avrebbe inciampato, una pistola con cui un gangster avrebbe sparato, un segreto che sarebbe stato presto svelato. Spesso, la soggettiva accresceva l'efficacia della scena, dal momento che un'immagine grande quanto uno schermo da 15 metri quadrati poteva avere un impatto emotivo notevole su un pubblico che si identificava con il protagonista.

I cineasti si servono della lunghezza focale dell'obiettivo per creare schemi e ritmi e stabilire temi e motivi. Altezza e angolazione sono ugualmente importanti. Il contesto è tutto, ma le riprese dal basso suggeriscono spesso la forza di carattere di un personaggio, mentre quelle dall'alto in genere evocano vulnerabilità. Le angolazioni oblique implicano un universo bizzarro, come ne Il terzo uomo (The Third Man, 1949) di Carol Reed, anche se ne Gli Uccelli (The Birds, 1963) Alfred Hitchcock utilizzò riprese aeree per creare un simile effetto di disorientamento.

Nei primi anni '50, i registi facevano di tutto per adattare il primo piano allo schermo panoramico e spesso si servivano di elementi della scenografia o di ombre per occupare lo spazio indesiderato. Ma il primo piano si adattava meglio al piccolo schermo, perciò i registi televisivi ne fecero subito largo uso. Inoltre, la crescente necessità di adattare l'azione ai confini del televisore per il mercato dell' home entertainment ha permesso alla nuova generazione di superstar da blockbuster di pretendere per contratto un considerevole numero di primi piani.

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Pagina 53

Vendere il sogno

IDEA N. 23 - LO STAR SYSTEM

Per assicurarsi che gli idoli delle matinée incarnassero i sogni degli spettatori, lo star system hollywoodiano controllava gli attori molto da vicino. Ma negli ultimi 60 anni le iniziative indipendenti, i media e Internet hanno sensibilmente ridotto il potere degli Studios sullo status delle star.


I primi attori della storia del cinema non erano quasi mai professionisti. Ma quando si passò da una semplice novità al boom dei nickelodeon, i registi americani crearono vere e proprie compagnie di attori. All'inizio, i divi del teatro non consideravano il cinema alla loro altezza e spesso lavoravano in modo anonimo, ma un anno dopo che Thomas Edison aveva presentato agli americani la francese Pilar-Morin e la compagnia cinematografica Kalem aveva ingaggiato i suoi attori, il direttore della Independent Moving Pictures, Carl Laemmle, diffuse la falsa notizia della morte di Florence Lawrence per promuovere l'uscita di The Broken Oath (1910), inaugurando lo star system.

Per creare una solida base di ammiratori e vendere il maggior numero di biglietti possibile, si lavorò intensamente a costruire l'identità delle star con nomi nuovi, un nuovo aspetto e delle biografie romanzate. Gli idoli delle matinée divennero ideali di bellezza e modelli da imitare. Ogni paese aveva i propri divi; tuttavia, nessuno poteva competere con la varietà e il talento dei divi di Hollywood. Molti di essi interpretavano sempre variazioni dello stesso personaggio, oppure diventavano la personificazione dei ruoli che interpretavano. Accanto alle stelle principali, c'erano anche quelle dei B-movie, delle serie, dei serial e dei cortometraggi. Grazie all'azione combinata delle riviste specializzate e degli Studios nell'avvolgere in un'aura di glamour lo stile di vita hollywoodiano, anche bambini, animali e personaggi dei cartoni animati raggiungevano la fama.

Tuttavia, il celebre processo per omicidio a Fatty Arbuckle e la sconvolgente morte di William Desmond Taylor e Wallace Reid portarono nella Hollywood dei primi anni '20 all'imposizione di un codice di comportamento che invitava alla morigeratezza e alla prudenza, e gli Studios assunsero una politica di maggiore protezione verso i propri investimenti. Firmando contratti remunerativi ma molto vincolanti (che spesso contenevano clausole di moralità), le star del sonoro in grado di assicurare il successo commerciale delle pellicole cui prendevano parte rinunciavano a una maggiore libertà artistica in cambio di ruoli importanti, primi piani con le luci soffuse e garanzia di totale sostegno in caso di difficoltà in ambito personale. Così, se Clark Gable e Myrna Loy erano soddisfatti di essere rispettivamente re e regina di Hollywood, dive più intransigenti come Bette Davis e Olivia de Havilland si trovavano spesso senza lavoro per aver rifiutato i ruoli che venivano loro offerti.

Durante la Seconda guerra mondiale, la Davis si dedicò alla Hollywood Canteen, un locale per soldati, mentre James Stewart si arruolò e andò in Europa. Stewart fu anche uno dei primi divi a rinunciare all'agente, dato che la categoria stava acquisendo sempre più potere, e contratti e coercizione si trasformavano in pacchetti e percentuali. Quando le vecchie star passarono alla televisione, i nuovi arrivati Burt Lancaster e Kirk Douglas fondarono le loro compagnie di produzione, mentre Marlon Brando - che non rientrava nei consueti standard hollywoodiani di bellezza e fotogenia - introdusse il Metodo Stanislavskij e l'afroamericano Sidney Poitier cominciò a ottenere ruoli prominenti nel cinema mainstream.

Contemporaneamente, l'esplosione del rock'n'roll creò un nuovo tipo di star e, sebbene divi come Tom Cruise e Julia Roberts detengano ancora potere commerciale, nel cinema di oggi, dominato dalla CGI, le idee e la spettacolarità sono più importanti delle star. Dunque, se esiste ancora uno star system, non è quello che domina la scena di Hollywood, bensì quella di Bollywood.

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Amici o nemici?

IDEA N. 63 - LA TELEVISIONE

Nessun mezzo ha avuto sul cinema un impatto paragonabile a quello della TV. La sua comparsa esasperò la crisi economica che già minacciava l'esistenza di Hollywood. Tuttavia, anche se oggi il pubblico del piccolo schermo è più numeroso di quello del cinema, la TV è ormai ovunque un partner fondamentale nella produzione cinematografica.


Nel giro di due anni, da quando si era toccato il record dei cento milioni di spettatori in una settimana e gli incassi al botteghino avevano superato gli 1,75 miliardi di dollari, gli Studios furono costretti a imporre tagli, licenziare dipendenti e ridurre le spese per far fronte ai costi sempre più alti, al protezionismo straniero e al Decreto Paramount, emanato nel 1948. Nulla, tuttavia, ebbe un effetto paragonabile a quello della televisione: più il numero delle case "sintonizzate" aumentava (nel 1959 erano già 50 milioni), più le sale cinematografiche chiudevano.

Gli Studios, ostacolati dalla Federal Communications Commission nel tentativo di lanciare canali a pagamento e trasmissioni teatrali, reagirono rifiutando di vendere i film alle reti televisive e vietando alle star di apparire nei loro show. Inoltre cominciarono a investire in nuove tecnologie, come lo schermo panoramico, il Technicolor, la stereofonia e il 3-D, per allettare il pubblico e riportarlo a frequentare le sale. Ma l'attenzione dedicata ai film di serie A li costrinse ad abbandonare i cinegiornali, i film di animazione e i prodotti seriali che, come il western, trovarono ospitalità in televisione. NBC, CBS e ABC (le tre compagnie radiofoniche nazionali) cominciarono a produrre film per la televisione, mentre l'acquisizione degli studi della RKO da parte di Lucille Ball per conto della Desilu, nel 1957, ratificò i nuovi equilibri di potere vigenti a Hollywood.

Alla fine degli anni '50, l'80% della programmazione della prima serata era prodotto a Hollywood. Nel frattempo, gli Studios cominciarono ad acconsentire alla vendita dei diritti dei vecchi film: pellicole che nessuno aveva più visto dopo la prima distribuzione divennero di colpo lo spettacolo preferito delle famiglie. Tuttavia, se da un lato questo permise agli spettatori di acquisire una sempre maggiore cultura cinematografica, dall'altro li costrinse ad accontentarsi di film tagliati, interrotti dagli spot pubblicitari e censurati per soddisfare sponsor e gruppi di pressione. Il pubblico tollerò anche che fossero tagliate o rimpicciolite le immagini realizzate in formati più grandi di quello standard, mentre incontrò una resistenza maggiore il tentativo, compiuto negli anni '80, di colorare i classici in bianco e nero.

Molte star sul viale del tramonto trovarono in TV una nuova giovinezza; Groucho Marx e Loretta Young, ad esempio, presero il posto di Charlton Heston e James Dean che procedevano in senso inverso. Si affermò anche una nuova generazione di sceneggiatori e registi. Delbert Mann, ad esempio, adattò per il cinema Marty (1955) di Paddy Chayefsky, la prima opera nata dalla TV a vincere un Oscar come miglior film. In seguito, alcune serie televisive (Dragnet, Star Trek, I Simpson) sono state adattate per il cinema, e anche film nati per la TV come Duel (1971) di Steven Spielberg e L'ultima seduzione (The Last Seduction, 1994) di John Dahl sono stati distribuiti nelle sale cinematografiche.

Molti critici hanno accusato la televisione di essere responsabile della "giovanilizzazione" e della decadenza culturale del cinema, evidente nella scelta dei soggetti, nella caratterizzazione dei personaggi e nel rapporto tra narrazione e spettacolo, nell'accresciuto uso di primi piani, di rapidi passaggi focali da un soggetto all'altro, di un'illuminazione piatta e di un montaggio frenetico. Tuttavia, alcuni tra i più importanti registi europei (tra cui Bergman, Fellini, Rossellini e Fassbinder) hanno mostrato di non disdegnare la televisione, mentre emittenti come la BBC e Channel Four in Gran Bretagna e Canal Plus in Francia hanno imboccato da anni la strada della coproduzione. Negli ultimi anni Hollywood ha consolidato i legami con le 1750 reti televisive americane, e molte produzioni sono state sostenute dalla vendita di videocassette e DVD. Ma la tanto decantata superiorità culturale del cinema sulla TV è minacciata da programmi come West Wing e The Wire, che spesso ricevono critiche migliori dei film commerciali.

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Ricchi budget, mercato di massa

IDEA N. 87 - I BLOCKBUSTER

L'era dei blockbuster è iniziata negli anni '70 ed è durata più a lungo di quella del muto e dell'età d'oro di Hollywood. Molti sono stati i film epocali, eppure la critica lamenta spesso la predilezione del cinema mainstream per la prevendita dei diritti, le trame semplici e facilmente esportabili, l'abuso di effetti speciali, la pubblicità indiretta, il merchandising, i remake e i sequel, mentre altri accusano i blockbuster di aver banalizzato il cinema per accattivarsi il pubblico giovanile.


Le caratteristiche dei blockbuster cambiano continuamente. In passato Hollywood era solita promuovere i suoi film più prestigiosi facendoli circolare, prima nelle grandi città, dove i biglietti erano più cari, e poi, quando se ne cominciava a parlare, nelle sale di periferia, frequentate dal grosso del pubblico. Ma quando il produttore indipendente David O. Selznick fece uscire Duello al sole (1946) contemporaneamente in tutto il paese, con uno strepitoso battage pubblicitario, lanciò una moda che sarebbe stata rimessa in discussione solo intorno alla metà degli anni '70 per contrastare la crisi finanziaria provocata dal crollo dello studio system.

Il padrino (1972) di Francis Ford Coppola è considerato il primo blockbuster moderno. Ma furono soprattutto Lo squalo (1975) di Steven Spielberg e Guerre stellari (1977) di George Lucas a catturare l'immaginazione degli spettatori più giovani, che stavano cominciando a diventare il principale target del nuovo cinema hollywoodiano. Oltre a vedere più di una volta questi "film-evento" (nei nuovi multisala ), i giovani avrebbero anche fatto incetta di libri e fumetti ispirati al film, colonne sonore, riproduzioni in scala dei protagonisti, video-giochi, prodotti per i fast food, e avrebbero frequentato i parchi a tema.

Ma i blockbuster non hanno prodotto solo una nuova generazione di spettatori. Quando il decreto Paramount mise fine al sistema di integrazione verticale, attori e tecnici cominciarono a dipendere dalle agenzie, mentre gli Studios si limitavano a fornire le strutture, il sostegno finanziario e l'esperienza pubblicitaria. Inizialmente, questo conferì un immenso potere ed enormi guadagni agli attori il cui nome poteva costituire un elemento di richiamo. Ma quando le storie hanno cominciato a diventare sempre più fantasiose e la trama ha preso il sopravvento sui personaggi, l'accento si è spostato sulla spettacolarità degli effetti visivi, il più delle volte generati al computer. Col passar del tempo, Hollywood ha perso la sua funzione di centro di produzione e sempre più spesso i film sono stati girati in esterni o in studi d'oltreoceano che garantivano una consistente riduzione dei costi.

Anche la distribuzione è cambiata. All'epoca dello studio system, i film trovavano il loro pubblico a poco a poco. Facendo uscire Lo squalo contemporaneamente in 464 sale, dopo che dal set erano trapelate notizie d'ogni sorta, la Universal inaugurò l'abitudine di concentrare la promozione nel periodo precedente l'uscita del film, una strategia che da allora è diventata la norma per rendere i blockbuster quasi a prova di critico. Inoltre, con la vendita di 25 milioni di biglietti in 38 giorni, i produttori Zanuck e Brown dimostrarono che i lanci estivi potevano essere altrettanto proficui di quelli di fine anno. Oggi gli Studios, che fanno solo investimenti a basso rischio, prima di lanciare un blockbuster organizzano test screening (visioni "blindate" per un campione di spettatori tipo) e focus group, in modo da esser certi di suscitare il massimo interesse. E tuttavia continuano a investire fortemente in sfarzose anteprime, campagne promozionali multi-piattaforma, presentazioni fatte da registi e attori e interviste sui giornali.

Diventati quasi un genere a tutti gli effetti, i blockbuster non sono un'esclusiva di Hollywood. Poche altre industrie nazionali, tuttavia, possono affrontare i costi necessari a realizzare i pirotecnici spettacoli audiovisivi che oggi dominano il mercato mondiale. Perpetuando il mito del film-evento, gli Studios si sono spesso dimostrati di corte vedute. Ma anche se è vero che i blockbuster hanno contribuito a rendere il cinema più puerile e superficiale, essi possiedono spesso la medesima coerenza artistica dei film più acclamati dalla critica.

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Rabbia adolescenziale

IDEA N. 90 - I FILM PER TEENAGER

I teenager hanno salvato Hollywood. Quando, a partire dal 1947, il pubblico adulto cominciò a diminuire, i produttori si resero conto che gli adolescenti, affamati di sensazioni forti e spettacolarità, avevano voglia di divertirsi e soldi da spendere. Così il cinema iniziò ad avere un occhio di riguardo per il pubblico dei teenager.


Fino alla fine degli anni '30, i registi non facevano distinzione tra giovani e adulti. Ma, avendo investito su attori bambini come Judy Garland, Deanna Durbin e Mickey Rooney, iniziarono presto a realizzare film sulla scuola, sulla famiglia e sulle giovani coppie che rispecchiavano le abitudini dei teenager americani. Le possibilità erano tuttavia molto limitate dal Codice Hays, e perfino gli innocenti pasticci del giovane borghese di provincia Andy Hardy rischiavano di risultare solo leggermente meno sconcertanti del cinismo dei Dead End Kids, che solo pochi anni prima avevano popolato i film di gangster.

L'efebofobia del dopoguerra portò alla realizzazione di film come Il selvaggio (The Wild One, 1953) che rappresentavano un mondo giovanile inquieto e violento. Gioventù bruciata e Il seme della violenza (Blackboard Jungle), entrambi del 1955, erano invece un tentativo di capire la psicologia degli adolescenti; il secondo, in particolare, raccontava di un'alleanza di studenti di razze diverse contro l'ingiustizia. Anche se il rock'n'roll diede nuovo mordente ai film per teenager, fu soprattutto con la revisione del Codice Hays, nel 1956, che Hollywood iniziò finalmente ad affrontare temi tabù come l'angoscia, l'alienazione, l'identità sessuale, le gravidanze precoci e i problemi famigliari.

Seguendo l'esempio dell'American International Pictures, molti produttori cominciarono a sfornare film per teenager destinati ai drive-in e alle sale che ne proiettavano due al prezzo di uno. Furono però accusati di "giovanilizzare" il cinema proponendo film pieni di artifici, cliché e stereotipi, che affrontavano in modo superficiale e conservatore problemi seri e impellenti. Eppure, negli anni '60, oltre a produrre film balneari che cercavano di mitigare la portata rivoluzionaria del rock'n'roll, gli Studios cavalcarono l'onda della controcultura e cominciarono a realizzare pellicole che parlavano di delinquenza, auto truccate, viaggi in moto e trip psichedelici e che alla fine portarono all'abolizione definitiva del Codice Hays e alla nascita della cosiddetta New Hollywood.

Questo breve periodo post-classico fu presto sommerso da una seconda ondata di film per adolescenti che, compiacendo i giovani inguaribilmente consumisti ed esperti di media della cosiddetta Generazione X, permise a Hollywood di far fronte a un nuovo periodo di recessione. Attirati dai toni nostalgici di American Graffiti (1973) o dalla satira del sesso facile di Risky Business (1983), i giovani spettatori si identificavano soprattutto con i protagonisti dei film di John Hughes, valido antidoto contro le terribili punizioni inflitte agli adolescenti trasgressivi in pellicole slasher come Halloween: la notte delle streghe (1978), che negli anni '80 contribuirono al boom del video.

Nonostante l'approccio ironico di film come Scream e American Pie, buona parte del cinema per adolescenti aveva come protagonisti giovani bianchi che sapevano ben poco di povertà, violenza, pressioni sociali, abuso di alcol e droga o crisi familiari. Prodotti del New Black Cinema come Boyz N the Hood (1991) hanno offerto una visione più realistica delle città americane, ma da un punto di vista prevalentemente maschile. Così il cinema hollywoodiano non è riuscito a restare al passo con quello olandese, tedesco e scandinavo nel dibattito sul ruolo della donna e, anche quando ha mostrato di voler affrontare la questione, si è limitato a portare sul grande schermo le ragazze facili e viziate di serie televisive come Beverly Hills, 90210. Così, se da un lato gli Studios considerano i teenager il loro principale target, dall'altro si sforzano di parlare con il loro linguaggio.

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Il fascino del già visto

IDEA N. 91 - I SEQUEL

I sequel esistono in diverse forme narrative, dal romanzo ai videogiochi. L'Odissea di Omero, grandioso poema epico, è in fondo una prosecuzione dell'Iliade, e nemmeno Shakespeare era contrario a sviluppare ulteriormente le sue storie. Producendo i sequel, perciò, il cinema non ha fatto che aderire all'estetica dell'"uguale ma diverso".


I sequel non hanno una buona fama; anzi, hanno parecchi nomignoli spregiativi, come prequel, threequel, midquel, interquel e sidequel. Poi ci sono i film gemelli, quelli che raccontano vicende parallele a quella dell'originale, quelli che si svolgono molto tempo dopo, quelli in cui la storia riparte dalle origini facendo tabula rasa del passato, quelli in cui ricompaiono solo i personaggi del film precedente. Ogni estate, di fronte all'ennesima epidemia di numeri due, la critica accusa Hollywood di torpore creativo e timidezza commerciale. Eppure non sempre sequel è sinonimo di ripetizione.

Uno dei primi a realizzare un sequel fu D.W. Griffith, che girò His Trust Fulfilled per concludere il racconto cominciato con His Trust (entrambi del 1911). Ma a parte Il figlio dello sceicco (The Son of the Sheik, 1926) e Edison, the Man (1940), in genere, negli anni d'oro di Hollywood, i sequel confluivano nelle serie con personaggi ricorrenti e vicende autonome. Solo negli anni '70 il sequel è stato istituzionalizzato. Il padrino - Parte II (The Godfather Part II, 1974) di Francis Ford Coppola è al tempo stesso un sequel e un prequel, dato che non racconta solo il seguito ma anche gli antefatti della storia narrata ne Il padrino (1972); è anche uno dei pochi seguiti elogiati dalla critica quanto il suo predecessore. Gli spin-off de Lo Squalo e le pellicole slasher progettate in serie che spopolavano negli anni '80, invece, hanno inaugurato un filone tutt'altro che originale ma dagli incassi sicuri che, naturalmente, non è mai riuscito a conquistare il plauso della critica.

I primi sequel erano prodotti con pochi soldi nella speranza di ottenere rapidi guadagni. La realizzazione di grandi franchise invece rientra nella strategia di marketing dell'industria hollywoodiana, poiché il successo ottenuto dai sequel di un blockbuster è direttamente proporzionale alle possibilità di lanciare sul mercato prodotti e gadget legati al film. Di conseguenza, sono diventate sempre più comuni le storie con finale aperto, mentre gli Studios fanno coincidere le uscite dei sequel con il lancio dei prodotti per l'home video. Hanno anche iniziato a progettare i sequel con largo anticipo: Pirati dei caraibi - Ai confini del mondo (2007) era in via di realizzazione già prima dell'uscita di Pirati dei caraibi - La maledizione del forziere fantasma (2006).

Il cinismo di una simile integrazione orizzontale ha spinto molti ad affermare che i sequel hollywoodiani sono pieni di effetti speciali ma privi di idee e di intelligenza. Eppure non è detto che un film che ripropone personaggi, situazioni e scenari già noti non possa essere innovativo e stimolante. Riproponendo le avventure di Spider Man e Batman, ad esempio, Sam Raimi e Christopher Nolan sono riusciti a giocare con le aspettative del pubblico e, al tempo stesso, a proporre una visione personale e inedita della psicologia dei supereroi.

In fondo, c'è un certo snobismo nel rifiutare a priori film come Una pallottola spuntata 33 1/3 - L'insulto finale (Naked Gun 33 1/3: The Final Insult, 1994) o Shrek - E vissero felici e contenti (Shrek Forever After, 2010), quando non si ha nessuna esitazione ad acclamare sequel come Il testamento del dottor Mabuse (Das Testament des Dr. Mabuse, 1933) di Fritz Lang, Il mondo di Apu (1955-59) di Satyajit Ray, Sanjuro (Tsubaki Sanjuro, 1962) di Akira Kurosawa e Angeli perduti (Duo luo tian shi, 1995) di Wong Karwai. Di fatto, a Hong Kong, in Giappone, in India, in Europa i sequel sono diffusi quanto a Hollywood.

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Da uno schermo all'altro

IDEA N. 100 - IMMAGINI GENERATE AL COMPUTER

I computer hanno permesso a Yoda di elargire la sua saggezza nei prequel di Guerre stellari e a una sfilza di delinquenti di popolare Sin City. Vista la rapidità dell'evoluzione tecnologica è impossibile prevedere i nuovi approdi del digitale; tuttavia, se le CGI hanno profondamente cambiato Hollywood, la maggior parte dei film realizzati nel resto del mondo è tuttora priva di effetti realizzati al computer.


Con le animazioni astratte di Lapis (1963-1966), John Whitney fu il primo a sperimentare l'utilizzo del computer nella realizzazione di un film. Suo figlio John Jr., invece, collaborò alla creazione degli effetti digitali de Il mondo dei robot (Westworld, 1973) di Michael Crichton. Ma all'epoca i computer non erano ancora in grado di dare vita a immagini credibili; Hollywood se ne rese conto dopo il fallimento artistico e commerciale di Tron (1982) e Giochi stellari (The Last Starfighter, 1984), che contenevano, rispettivamente, i primi personaggi in CGI e i primi effetti fotorealistici. Tuttavia, la crisi di fine anni '80 convinse gli Studios a investire nella computer grafica per attirare il pubblico più giovane, appassionato di PC e videogiochi. Il successo di Terminator 2 (1991) di James Cameron e del film Disney La bella e la bestia (1991) fu il primo segnale di una svolta paragonabile solo all'avvento del sonoro.

Il settore più interessato dalla rivoluzione della CGI è stato senza dubbio l'animazione che, dopo Toy Story (1995), ha subito una vera e propria metamorfosi. Ma l'avvento della tecnologia digitale ha spinto Hollywood a ripensare anche la concezione dei blockbuster e a sfruttare le immagini generate al computer nella fantascienza, nei fantasy e nei film tratti dai fumetti.

Il passaggio alla CGI ha comportato, peraltro, seri vantaggi economici, dato che creare un universo virtuale costa molto meno di costruire un set a grandezza naturale e non presenta gli inconvenienti delle riprese in esterni. Inoltre non c'è più bisogno di assumere e vestire delle comparse poiché il computer è in grado di ricreare passanti sufficientemente credibili, programmati per ripetere determinate azioni in una sequenza casuale. Le scene pericolose, infine, possono essere interpretate da stuntman virtuali. In Matrix (1999), nella sequenza della sparatoria sul tetto, si è arrivati a manipolare il tempo e lo spazio con la tecnica del bullet time. Grazie alla CGI è possibile far sembrare autentici modellini e miniature, nonché creare controfigure virtuali di attori in carne e ossa, come nel caso di Oliver Reed, deceduto prima che fossero terminate le riprese de Il gladiatore (2000) di Ridley Scott.

Nonostante i passi in avanti compiuti da film quali Tron Legacy (2010), la formula per creare attori virtuali realistici deve ancora essere perfezionata. Per il momento, la CGI ha influenzato il modo di recitare, dato che spesso gli attori si ritrovano soli davanti a un enorme schermo verde, oppure sono costretti a fare da modelli per la realizzazione di creature mitologiche come il Gollum della trilogia del Signore degli Anelli. Molti critici non apprezzano quel tipo di cinema che preferisce la spettacolarità a una buona storia o alla credibilità dei personaggi, ma gli effetti speciali sono utili per attirare il pubblico tanto quanto i grandi attori, mentre i produttori sono ben lieti di risparmiare sullo stipendio di un divo, se possono ingaggiare uno sconosciuto con lo stesso risultato.

I tecnici stanno sostituendo gli autori e la prospettiva di una forma di intrattenimento completamente virtuale sembra sempre più plausibile. Le novità fanno vendere biglietti e gadget e, sebbene il cinema sia sempre stato molto cauto nei confronti delle nuove tecnologie, la crisi che sta attualmente attraversando potrebbe convincere Hollywood a prendere una decisione irrevocabile.

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