Copertina
Autore Antonio Parlato
Titolo Flavio Gioia e la bussola
SottotitoloStoria minima del magico strumento
EdizioneColonnese, Napoli, 2003, , pag. 80, cop.fle., dim. 145x210x8 mm , Isbn 978-88-87501-52-0
LettoreCorrado Leonardo, 2005
Classe storia della tecnica , storia sociale , citta'
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Indice

    Introduzione                                 9

I   Magia o scienza?                            13

II  La Buxidia                                  23

III La «rivoluzione nautica» del Medioevo       29

IV  La «comunità marittima» di Amalfi           33

V   Alla ricerca del mago, ad Amalfi e Positano 41

VI  Conclusioni. Con qualche proposta           63


    Appunti bibliografici                       71

 

 

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Pagina 13

I
MAGIA O SCIENZA?



Fu a Magnesia, antichissima città dell'Asia Minore, che fu trovato la prima volta un singolare materiale. Quello che aveva, e naturalmente ha ancora, la curiosa particolarità di attirare a sé il ferro. Sarebbe stato poi chiamato anche calamita, quando lo si estrasse nell'isola d'Elba dal Monte Calamita. Un magnete dunque, o una calamita naturale che ha anche un'altra proprietà, magica come la prima: può trasmettere ad altri materiali, di ferro dolce o di acciaio, grazie a qualche "artificio", la stessa sua originaria capacità di attrarre metalli ferrosi.

Anche l'artificio ha le sembianze della magìa: chi se non un mago, cioè un uomo dotato di poteri speciali, può riprodurre le proprietà naturali di una materia creata direttamente da Dio?

I fenomeni fisici che la calamita produceva, vennero interpretati dalla cultura popolare, mille e più di mille anni fa, come inspiegabili e quindi legati a forze trascendenti, sopra e oltre l'umano. Come solo la ricchezza fantastica della cultura popolare sa fare, sognando e inseguendo il sogno. Altro che la cultura scientifica del nostro tempo che con il suo serrato razionalismo pretende di classificare il nostro cuore come un muscolo ed i nostri sentimenti come un esercizio chimico cerebrale.

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Pagina 14

È molto probabile, secondo quanto i missionari gesuiti scoprirono nella seconda metà del XVI secolo nella biblioteca di Pechino dove erano conservati antichissime testimonianze scritte, che i cinesi già quattromila anni orsono avessero una approfondita conoscenza della proprietà di un magnete di orientarsi. Anche se appartiene alla antica mitologia cinese la figura di Hivan Yuan che nel lontanissimo 2634 a.C. avrebbe inventato un oggetto che indicava costantemente il Sud. Occorre diffidare sempre delle leggende che collocano un evento in una data così precisa ma il racconto prosegue descrivendo come l'imperatore Hoang-Ti, in guerra contro il principe Tchi-Yeou, più o meno nello stesso periodo di quella invenzione, se ne giovò. Inseguito dall'imperatore il principe si dette alla fuga e per nascondere verso quale direzione corresse innalzò una fitta cortina di fumo che mise in estrema difficoltà l'esercito imperiale che non sapeva più dove andare. Ma Hoang-Ti non si scompose. Aveva al suo seguito un "carro magico", il Seenan, che letteralmente significa "carro che indica il Sud". Sul carro era fissata una figurina di legno rotante sul proprio asse. Dalla figurina si sporgeva un braccio teso che si girava sempre, in qualunque circostanza, verso Sud. Pur nella coltre di fumo lasciata dal principe fuggiasco fu così possibile comprendere in quale direzione egli si fosse mosso. Inutile dire che così fu raggiunto, catturato e condannato immediatamente alla pena capitale. Come altrettanto inutili sono stati tutti i tentativi di comprendere se il materiale del quale era costituito il braccio della figurina fosse un magnete che anticipasse di qualche millennio la bussola, oppure no.

Dovranno passare dall'epoca del leggendario racconto tremila e cinquecento anni perché in Cina si parli davvero di una rudimentale bussola, e cioè della applicazione del magnete alla navigazione marittima.

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Pagina 23

II
LA BUXIDIA



Buxidia, in latino, significava cassetta, cassetta in legno di bosso.

A sua volta la parola latina derivava dal greco tardo nel quale pyxos veniva chiamato l'arbusto perenne sempreverde il cui legno è durissimo.

Era dunque scavata nel legno di bosso, per le sue qualità di resistenza, la bussola di un tempo molto lontano.

La bussola primitiva – conosciuta certamente in Cina ed in India già secoli prima della nascita di Cristo – era costituita da una barretta di magnetite che veniva inserita nel cavo di una canna palustre, messa a galleggiare nella "buxidia" riempita d'acqua.

Ma non sussiste dubbio che da allora alla evoluzione del rozzo ed inaffidabile strumento passarono molti secoli.

È risaputo da tutti gli esperti che quando un ferro allungato tocca la pietra "calamita" ed è fissato ad un legnetto leggero, ed è posto in acqua, una parte si muoverà verso la stella che è chiamata nautica, perché è vicina al polo; ma è verità che non si muove verso la detta stella, ma verso il polo.

Così aveva scritto Pietro di Maricourt, che abbiamo già incontrato con l'altro nome con il quale era conosciuto, Petrus Peregrinus, durante l'assedio di Lucera nel 1269. Possiamo già trarne due conclusioni: la prima è che allora era ancora conosciuto solo un oggetto che forniva indicazioni assai aleatorie ed imprecise visto che l'ago era soggetto alle fluttuazioni dell'acqua in un recipiente e che, specie in navigazione, era impensabile che potesse star ferma; la seconda è che non era noto come si producesse e come si calcolasse la declinazione magnetica e cioè il fenomeno dello scostamento del polo magnetico da quello geografico. Nel suo primo viaggio in India, che poi si rivelerà l'America, lo scoprirà Cristoforo Colombo, anche perché in quei mari, molto più che nel mediterraneo dove il fenomeno era irrilevante, lo scostamento costituiva un grave problema da risolvere.

É peraltro vero che già nel 1269 Pietro di Maricourt dava anche notizia di come costruire un altro oggetto che cominciava a prender nuova forma dalla primitiva "buxidia":

...si fa un recipiente di legno, di rame o di altra materia, che sia rotondo come una scodella, poco profondo e sufficientemente ampio, e vi si pone sopra una copertura di materiale trasparente, come vetro o cristallo; meglio ancora se tutto il contenitore fosse di materia trasparente. Si mette poi in mezzo ad esso un'asse fisso di rame o d'argento, fissando le sue estremità al lato alto e a quello basso del vaso; è necessario che in mezzo all'asse ci siano due fori che si incrocino perpendicolarmente, per uno dei quali passi uno stilo di ferro a maniera d'ago, e per l'altro uno stilo di argento o rame che incroci quello di ferro ortogonalmente.

Tutta qui e non altra la base di partenza per le determinanti innovazioni che introdusse qualche anno dopo Flavio Gioia.

Non c'è oggi chi esiti ad individuare che furono i navigatori della Repubblica marinara di Amalfi che solcavano tutti i mari, ad avviare al perfezionamento il rudimentale strumento di orientamento, verso il X secolo dopo Cristo. Già questo indica con chiarezza da dove, ed è sufficientemente pacifico, provennero le innovazioni tecnologiche della bussola.

Mentre è possibile individuare più precisamente l'epoca nella quale la bussola era divenuta quella che conosciamo dalla circostanza che Flavio Gioia, verso il XIII secolo, apportò tra le altre una delle innovazioni fondamentali: la applicazione sul fondo della bussola della rosa dei venti a trentadue punte. Ci sono due circostanze che documentano in misura inoppugnabile che il tempo delle innovazioni ed il loro contenuto provenissero dalla costiera amalfitana: la successiva collocazione sulla rosa dei venti, diffusa in tutto il Mediterraneo, della immagine di un giglio ad indicare il Nord o, meglio, il primo rombo della Tramontana.

Il giglio era il simbolo araldico della casa reale d'Angiò che assunse, dopo gli eccidi di Benevento con la sconfitta di Manfredi nel 1266 e poi di Piazza Mercato a Napoli, con la decapitazione di Corradino nel 1268, la piena sovranità sul Regno di Napoli, del quale faceva parte, dopo la conquista normanna, il territorio della Repubblica marinara di Amalfi.

La seconda circostanza è costituita dai nomi dei venti principali, indicati sulla rosa: il Greco, lo Scirocco ed il Libeccio, corrispondenti ai luoghi dai quali spirava il vento, rispettivamente la Grecia, la Siria e la Libia, soffiano esattamente nella direzione della costiera amalfitana dalla quale erano stati individuati, così come il vento di Tramontana, chiamato così perché soffia sulla costiera da dove ha sede proprio un suo comune, quello di Tramonti.

Si aggiunga poi che nella bussola non era più presente la magnetite di provenienza orientale ma un analogo materiale, la calamita, proveniente dall'omonimo monte sull'isola d'Elba, anche essa rientrante nel territorio con il quale Amalfi aveva relazioni stabili e gli Angiò erano di casa. In quegli stessi anni anzi, fu probabilmente Amalfi ad "esportare" la bussola, perfezionata come abbiamo detto, visto che lo strumento cominciò ad essere utilizzato in Toscana, e precisamente a Massa Marittima, per orientare sottoterra i minatori nelle gallerie.

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