Copertina
Autore John Allen Paulos
Titolo Un matematico gioca in borsa
SottotitoloConsigli e sconsigli per chi vuole diventare ricco con le buone azioni
EdizioneGarzanti, Milano, 2004, , pag. 224, cop.fle., dim. 136x210x20 mm , Isbn 978-88-11-66540-3
OriginaleA Mathematician Plays the Stock Market
TraduttoreRoberto Merlini
LettorePiergiorgio Siena, 2004
Classe economia , economia finanziaria , matematica
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Indice


1. Prevedere le previsioni degli altri            7
2. Paura, avidità e illusioni cognitive          19
3. Trend, folle e ondate                         43
4. Caso e mercati efficienti                     61
5. Investimenti fondati sul valore e
   analisi dei fondamentali                      89
6. Opzioni, rischio e volatilità                121
7. Diversificare i portafogli azionari          145
8. Connettività e movimenti caotici dei prezzi  167
9. Dal paradosso alla complessità               191


Bibliografia                                    207
Indice analitico                                209

 

 

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Pagina 7

1. PREVEDERE LE PREVISIONI DEGLI ALTRI


Era l'inizio del 2000, il mercato finanziario era in pieno boom, e i miei investimenti in vari fondi legati agli indici stavano andando bene, pur senza squilli di trombe. Perché gli investimenti finanziari dovrebbero dare delle performance entusiasmanti lo vedremo dopo; ma in quel momento sembrava che molti risparmiatori fossero sinceramente soddisfatti della gestione attiva dei loro portafogli. Così, quando ricevetti una piccola somma, del tutto inattesa, la «depositai» in quello che Richard Thaler - uno studioso di economia comportamentale di cui parlerò più avanti - chiama «conto mentale separato». Li consideravo, in effetti, «soldi piovuti dal cielo».

Nulla li distingueva dai miei altri asset finanziari, se non quella personale definizione; ma tale arbitraria classificazione rendeva la mia modesta fortuna particolarmente vulnerabile ai capriccio. Infatti adottai una serie di decisioni d'investimento sballate, che ricordo ancora adesso con vivo dolore. La disinvoltura psicologica con cui si spendono di solito i soldi piovuti dal cielo ebbe senza dubbio il suo peso nell'impiego di quella sommetta per l'acquisto di azioni WorldCom (abbreviato in WCOM), «l'azienda numero uno nelle comunicazioni globali per la generazione digitale», a 47 dollari l'una. (D'ora in poi userò l'abbreviazione WCOM per indicare l'azione e il nome intero WorldCom per indicare l'azienda.)

Oggi, si sa, WorldCom è sinonimo di frode finanziaria; ma negli ultimi, felici, anni Novanta la sua immagine era quella di irreprensibile e insaziabile divoratore di aziende high-tech delle telecomunicazioni. Bernie Ebbers, fondatore ed ex CEO, viene ormai considerato un pirata; ma allora lo si riteneva un eroe della nuova imprenditorialità. Avevo letto parecchi articoli sull'azienda, sapevo che il guru dell'alta tecnologia George Gilder si era sperticato a lungo in elogi sul suo conto, e che tra i suoi azionisti vi erano MCI, il gigante della telefonia a lunga distanza, e UUNet, la «spina dorsale» di Internet. Passo molto tempo navigando sulla Rete (la casa è il porto da cui inizia il mio viaggio online), per cui avevo trovato particolarmente seducenti gli scritti entusiastici di Gilder sul «telecosmo» e sulle esaltanti prospettive delle comunicazioni in banda larga.

Sapevo anche che diversamente da quasi tutte le dot.com - prive di ricavi e con pochi clienti - WorldCom fatturava più di 25 miliardi di dollari e poteva contare su quasi 25 milioni di clienti. Così, quando parecchi conoscenti mi dissero che WorldCom era uno strong buy, mi lasciai allettare dai loro consigli. Benché negli ultimi tempi il titolo WCOM fosse leggermente calato, mi assicuravano che avrebbe superato ben presto il tetto precedente di 64 dollari. Se il problema fosse stato tutto lì, non ci sarebbero state per me delle conseguenze finanziarie particolarmente sfavorevoli, e adesso non mi ritroverei a scrivere di quello sfortunato investimento. Ma ahimè, c'era qualcos'altro; anzi, tutta una serie di «qualcos'altro». Dopo aver acquistato le azioni, cominciai a domandarmi: «Perché non comprarne delle altre?» Non mi considero certo un giocatore d'azzardo, ma mi imponevo di non pensare, di agire e basta, di acquistare altre azioni WCOM, decisamente più costose delle poche che avevo comprato fino ad allora. Non erano neppure le ultime che avrei acquistato. Pur essendo normalmente un tipo freddo e calcolatore, mi stavo sciaguratamente innamorando di quel titolo.

Se nello specifico sono state le azioni WCOM a farmi perdere la testa, quasi tutto quello che vi dirò a proposito della mia esperienza si può purtroppo applicare a molte altre azioni e a molti altri investitori. Tutte le volte che vedete scritto WCOM, potete tranquillamente leggere Lucent, Tyco, Intel, Yahoo, AOL-Time Warner, Global Crossing, Enron, Adelphia, oppure i simboli generici WOE (pena) o BANE (dolore). Anche il momento in cui è stato scritto questo libro - la fase di tracollo del mercato azionario dopo un'ascesa esaltante durata quasi dieci anni - può sembrare più specifico e contingente di quanto non sia la realtà. Quasi tutte le considerazioni che troverete in queste pagine sono di carattere generale, o generalizzabili con un minimo di buon senso.

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Pagina 44

[...] Inizierò la mia disamina con una delle sue manifestazioni meno plausibili: la cosiddetta teoria delle ondate di Elliott.

Come molti di voi sapranno, Ralph Nelson Elliott era convinto che il mercato azionario si muovesse a ondate, per cui gli investitori potevano prevedere il comportamento delle azioni. Nel 1939, quando formulò la sua teoria, Elliott affermò che i corsi azionari seguono un andamento ciclico, basato sulla numerazione di Fibonacci (1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 59, 93... ogni numero della sequenza è la somma dei due che lo precedono). Il mercato azionario cresce in cinque fasi cicliche e cala in tre fasi cicliche, per delle oscure ragioni psicologiche o sistemiche. Elliott era convinto che questi andamenti esistano a svariati livelli, e che ogni onda faccia parte di un movimento ciclico più vasto e contenga in sé altri cicli minori. (Per dare a Elliott ciò che gli compete, bisogna riconoscere che quest'idea di piccole onde all'interno di onde più grandi che hanno la medesima struttura sembra preludere al concetto più sofisticato di frattale, sviluppato dal matematico Benoit Mandelbrot e su cui tornerò più avanti.) Usando delle regole ispirate alla numerazione di Fibonacci, l'investitore acquista nelle ondate ascendenti e vende nelle ondate discendenti.

Il problema nasce nel momento in cui questi investitori cercano di capire in che punto dell'onda si trovano. Devono anche stabilire se il ciclo più ampio o più ristretto di cui l'onda fa inevitabilmente parte prevalga temporaneamente sul segnale di acquisto o di vendita. Per prevenire il disastro vengono introdotte delle complicazioni; così tante, in effetti, che a un certo punto la teoria diventa inconfutabile. Queste complicazioni e questa inconfutabilità ricordano da vicino la teoria dei bioritmi e altre pseudoscienze. (Secondo la teoria dei bioritmi, i diversi aspetti della vita umana seguirebbero dei cicli rigidi che iniziano con la nascita e sarebbero legati in gran parte ai numeri 23 e 28, rappresentativi rispettivamente del principio maschile e di quello femminile.) Fanno venire in mente anche l'antica astronomia tolemaica, in cui bisognava creare sempre più correzioni ed eccezioni ad hoc per far coincidere la costruzione teorica con l'osservazione empirica. Come quasi tutti gli altri schemi di questo tipo, la teoria delle ondate di Elliott cade su una domanda molto semplice: perché ci si dovrebbe aspettare che funzioni?

Secondo alcuni, naturalmente, l'attrattiva di questa teoria sarebbe il misticismo matematico insito nei numeri di Fibonacci, che si uniscono a due a due in una relazione esteticamente intrigante. Tra gli esempi naturali della serie numerica individuata da Fibonacci ci sono le spire sul guscio delle pigne e degli ananas, il numero delle foglie, dei petali e dei germogli delle piante, il numero delle spirali destrorse e sinistrorse di un girasole, il numero dei conigli nelle generazioni successive; secondo la tesi sostenuta a spada tratta da Elliott, anche le onde e i cicli del mercato azionario. È sempre piacevole riferire le attività materiali del mercato azionario all'eterea purezza della matematica.

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Pagina 89

5. INVESTIMENTI FONDATI SUL VALORE E ANALISI DEI FONDAMENTALI


Mi ero particolarmente invaghito della UUNet, la divisione Internet della WorldCom. Internet non sarebbe mai venuto meno, e quindi pensavo, non sarebbero mai venute meno neppure la UUNet e la WorldCom. Durante quel periodo di infatuazione la mia avveduta consorte mi diceva: «UUNet, UUNet», e roteava i suoi begli occhi per simulare la mia esaltazione in merito al network globale della WorldCom e alle sue straordinarie potenzialità. Quella parola finì per acquisire anche un significato più generale, di sapore concreto. «Forse il conto è così salato perché l'idraulico ha incontrato un problema che non si aspettava.» «Sì, certo. UUNet, UUNet.»

«Invaghito», «infatuato», e «sognatore» non sono parole che vengono naturalmente alla mente quando si parla di investimenti basati sul valore: un approccio molto importante al mercato azionario che impiega gli strumenti della cosiddetta «analisi dei fondamentali». Associata spesso alla filosofia oculata e pragmatica di Warren Buffet, l'analisi dei fondamentali viene descritta da alcuni come la strategia più efficace e più razionale da seguire negli investimenti. Se avessi dedicato maggiore attenzione ai fondamentali della WorldCom, e in particolare ai 30 miliardi di dollari di debiti che pesavano sul suo conto economico, e meno attenzione a tutte quelle chiacchiere sul ruolo brillante che avrebbe assunto come network online (meglio non fare domande), mi sarei sicuramente trovato in una situazione meno sfavorevole. Nell'eterno tiro alla fune che oppone le statistiche e le fantasie, l'analisi dei fondamentali sta quasi sempre dalla parte dei numeri. L'analisi dei fondamentali mi è sempre sembrata leggermente in contrasto con l'etica generale del mercato, che si basa sulla speranza, sui sogni, sulla visione di lungo periodo e su un certo romanticismo legato sì ai soldi, ma genuino. Io non posso citare studi o statistiche a supporto di questo mio atteggiamento; L'unica cosa che posso citare è l'atteggiamento degli investitori che ho conosciuto o di cui ho letto, e forse anche la mia infatuazione, veramente atipica per un uomo così legato ai numeri, per la WorldCom.

I fondamentali stanno agli investimenti come il matrimonio sta al fidanzamento, o come la verdura sta alla nutrizione: fanno bene alla salute, ma non sono sempre e necessariamente esaltanti. È necessario comunque comprenderli per qualunque investitore ed, entro certi limiti, per qualunque cittadino intelligente. Tutti noi, ad esempio, abbiamo sentito parlare di gente che si rifiuta ostinatamente di acquistare una casa perché sottoscrivendo un mutuo dovrebbe pagare interessi esorbitanti per anni e anni. («Per carità, non fare un mutuo. Finirai per pagare quattro volte tanto».) E sono tanti anche gli appassionati delle lotterie convinti di poter mettere effettivamente le mani su quel fatidico milione di dollari. («In soli vent'anni riuscirò a intascare quel milione».) Ci sono anche molti investitori che dubitano del fatto che gli oscuri pronunciamenti di Alan Greenspan abbiano qualcosa a che fare con il mercato azionario o con il mercato dei bond. Queste convinzioni, ed altre analoghe, nascono da concetti erronei sull'interesse composto, il fondamento della matematica finanziaria, che costituisce a sua volta la base per l'analisi dei fondamentali.

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Pagina 175

Caos e imprevedibilità

Qual è l'importanza relativa delle informazioni private, delle strategie di trading degli investitori e della mera casualità nella previsione del comportamento del mercato? Qual è l'importanza relativa delle notizie economiche convenzionali (tassi d'interesse, disavanzi di bilancio, scandali finanziari e andamento delle bilance commerciali), delle mode culturali (nello sport, nel cinema, nel vestire) e degli eventi politici e militari (terrorismo, elezioni, guerra), elementi troppo dissimili anche per tentare una categorizzazione? Se dovessimo definire esattamente il problema, la previsione analitica del mercato costituirebbe verosimilmente quello che i matematici chiamano «problema universale», intendendo con ciò che una soluzione completa porterebbe immediatamente a soluzioni in grado di risolvere un'ampia categoria di altri problemi. Si tratta, in altre parole, di un problema estremamente complesso anche in termini di previsione dei comportamenti sociali.

C'è sicuramente un'attenzione troppo scarsa alle complesse connessioni tra queste variabili, anche tra quelle economiche più chiaramente definite. I tassi d'interesse, per esempio, incidono sui tassi di disoccupazione, che influenzano a loro volta i ricavi; i disavanzi di bilancio incidono sui deficit commerciali, che influenzano i tassi d'interesse e i tassi di cambio; le frodi aziendali incidono sulla fiducia dei consumatori, che può deprimere il mercato azionario e modificare altri indici; i cicli di business relativi ai diversi periodi tendono ad accavallarsi; l'incremento di una determinata quantità o di un determinato indice si riflette positivamente (o negativamente) su un'altra quantità o su un altro indice, con un effetto di rafforzamento o di indebolimento che viaggia anche nel senso opposto.

Ben poche di queste associazioni vengono accuratamente descritte da un grafico lineare; perciò richiamano alla mente di un matematico il concetto delle dinamiche non lineari, meglio noto come teoria del caos. Questo tema non ha attinenza con i trattati sull'utopia anarchica o con i manifesti surrealisti, ma con il comportamento dei sistemi non lineari. Ai fini della nostra esposizione, questi sistemi si possono descrivere come insiemi di elementi le cui interazioni e le cui connessioni vengono definite da regole o equazioni non lineari. Ciò significa che le variabili delle equazioni si possono moltiplicare tra di loro, elevare a potenza, e così via. Di conseguenza, le componenti del sistema non sono necessariamente legate in maniera proporzionale, come avviene ad esempio in un termometro; raddoppiando l'entità di un elemento non si raddoppia l'entità di un altro elemento, e gli output non sono proporzionali agli input. Come si poteva immaginare, cercare di prevedere l'esatto comportamento di questi sistemi nel lungo termine risulta spesso inutile.

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