Copertina
Autore Michele Pellegrini
Titolo Grand Tour
EdizioneFernandel, Ravenna, 2003 , pag. 126, dim. 140x120x11 mm , Isbn 978-88-87433-33-3
LettoreElisabetta Cavalli, 2003
Classe narrativa italiana
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Pagina 5 [ inizio libro ]

Ultimo giorno di riposo e domani torno a faticare; cioè, si fa per dire. Ma fare niente è meglio che fare poco. Ricordo un proverbio che citava mio padre, attribuendolo a qualche antico saggio cinese: mai stare in piedi se puoi stare seduto e mai stare seduto se puoi stare sdraiato. Il vecchio lavorava sodo, però. Probabile che questo proverbio lo abbia raccontato una volta sola, e in chissà che contesto, ma a me è rimasto infitto nel cervello, luminoso come un neon. Comunque: non sarà fatica ma è routine, noia, svegliarsi presto la mattina; rottura di palle, insomma.

Dopo un po' qualsiasi cosa diventa una pena. Il posto in cui si vive, il lavoro, la donna. Cambiare costa fatica. Allora meglio la pena; del resto può capitare che le cose cambino per conto loro.

Intanto sono rimasto solo. La mia cosiddetta compagna se n'è andata un mese fa: separazione consensuale. Poi mi sono ammalato. Influenza, ma niente di psicosomatico, per carità. Il medico mi ha dato venti giorni di convalescenza. Mi conosce, sa della separazione, ha pensato di venirmi incontro. Non sono stato certo a discutere.

Cosa ho fatto in questi venti giorni? Le solite cose, cioè quasi niente. Qualche sega. Alla buon'ora. Voglio dire: è difficile masturbarsi serenamente quando si divide l'appartamento con qualcuno.

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Pagina 21

La morte in vacanza, cioè quel coglione segaligno del dirigente scolastico... ha sempre una giacchetta di lana marrone che gli balla sullo scheletro, sembra un oncologico terminale ma in realtà dev'essere immortale perché non ha nessun tumore, è lui il tumore; comunque ha concluso la sua presentazione dell'autrice ("un faro della psicologia contemporanea", "una parola nuova", "una boccata d'aria fresca") e Claudia, sorriso a fossette, mossette giuste, tailleur antracite aderente e sotto qualcosa che le strizza le tette mica male, stile nobildonna qualche anno prima dei magici anni della ghigliottina, capelli ancora biondi ma lisci e più corti di un tempo, finalmente parla. Voce impostata, quasi sexy, priva di quell'accento dialettale che, allora, affliggeva chiunque fosse nato da queste parti. Insomma, vista da dove sono io, a una ventina di metri, si direbbe che il tempo le abbia giovato. Alle superiori, e poco dopo, Claudia era probabilmente solo una ragazza carina; oggi pare decisamente una bella signora.

Viene ascoltata con attenzione. La notorietà televisiva fa miracoli. I colleghi della cosiddetta sinistra sono deliziati: in questo paesone di provincia anche un intervento del mago Zurlì sarebbe considerato un evento culturale, e gli insegnanti di sinistra la cultura non se la lasciano mai scappare.

Sono pochissimi i comportamenti e le azioni che danneggiano gli altri... Quasi sempre la nostra percezione del danno inflitto, il nostro senso di colpa, non ha nulla a che vedere con l'altro ma parla solo di noi, a noi e a chi lo sa capire... il ruolo dello psicologo - quella figura che, nel mio libro, io preferisco chiamare "assistente" - non deve essere correttivo ma inclusivo, deve cioè convincere il paziente - l'assistito - che quel tratto della sua personalità, quella sua debolezza, quel suo vizio, deve essere incluso nel, e non escluso dal, tutt'uno della sua complessa dignità di essere umano...

Se ho capito bene, la terapia dell'indulgenza funziona così: hai magari questo irresistibile impulso a prendere a cinghiate i figli che fanno casino mentre guardi la partita su Telepiù, ma poi ti penti, ti fai le menate paterne, vai in paranoia. Basta un tot di sedute da Claudia Spada con il suo tassametro che gira a manetta e dopo puoi tornare tranquillamente alla cinghia. Del resto, sono cazzate: chi guarda le partite alla tele e lavora di cinghia non va da Claudia Spada. E comunque io non ho né figli né televisione.

Mi sa che la storia dell'indulgenza è più orientata al mercato delle avventure extraconiugali e dei piccoli abusi sessuali.

Claudia prosegue: so già cosa state pensando e vorreste chiedermi (qui Cataldo si volta un momento dalla mia parte, annuisce e, furtivo, fa il gesto rapido dello stantuffo). Volete sapere come si pone l'indulgenza terapeutica nei confronti di un problema di inclusione che riguarda due soggetti in relazione fra loro, se queste inclusioni confliggono.

(Una voce dagli studenti, un coraggioso maschietto frocetto: traduci!)

Claudia, sorriso da telecamera, inspirazione profonda che trasforma i respingenti in piccole mongolfiere, risponde: poniamo che tu abbia una ragazza. Vi volete bene, o pensate di volervene, non ha importanza. Il sesso funziona, però, a un certo punto, tu vuoi qualcosa di più. Cosa? E più di che cosa? Di nuovo, non ha importanza. Qualcosa che la tua ragazza non ti vuole dare.

(Una voce femminile: il culo!)

Claudia: benissimo, abbiamo stabilito di cosa si tratta.

(Risate, approvazione, focolai di applausi.)

Il tuo desiderio non è eccentrico, non deve costituire un problema. Nemmeno il rifiuto della tua ragazza.

(Altra voce femminile: non ha la ragazza, è frocio!)

Claudia esclama ridendo: siete formidabili!

E a questo punto, in maniera per me assolutamente incomprensibile, tutti applaudono, compresa la sinistra interna.

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Pagina 41

Leonida svoltò di brutto.

Vendette l'appartamento, prese in affitto un bilocale e per lui cominciò una stagione straordinaria di libertà e relativa solitudine. Adesso aveva denaro a sufficienza per almeno cinque anni di ozio. Si congedò da Claudia senza tante cerimonie ma, con quel che gli era appena capitato, poteva comportarsi grossomodo come gli pareva. All'epoca della morte dei genitori gli mancavano meno di dieci esami alla laurea; se la prese comoda e ci mise tre anni a finire. Viaggiò parecchio, però sempre a corto raggio, mai fuori dall'Italia né a sud di Roma. Andò a sciare ovunque, con una speciale predilezione per le località più sperdute e peggio attrezzate, villaggetti con due skilift da cento metri di dislivello dove non andava nessuno e certe volte dovevano mettere in moto l'impianto solo per lui. Prese il patentino di maestro di sci e, appena laureato, entrò a far parte di una cooperativa di maestri di sci e guide alpine che campavano alla meno peggio in una piccola stazione di villeggiatura su nell'Ossola. Andò ad abitare in montagna, in uno sgangherato residence deserto dieci mesi all'anno.

Gli altri maestri di sci e le guide alpine avevano tutti una fonte di reddito principale (chi il bar con la moglie alla cassa, chi i boschi e il legname da vendere, chi il negozio di articoli sportivi); per Leonida la fonte di reddito principale era costituita dai soldi rimasti dalla vendita dell'appartamento. Dopo due anni di montagna erano quasi finiti e Leonida tornò nella sua cittadina e cominciò con le supplenze in attesa di vincere il concorso che gli avrebbe garantito la sopravvivenza facendolo finire nelle stesse aule che un tempo avevano ospitato il suo liceo artistico e ora, per carenza di aspiranti artisti, ospitavano l'istituto magistrale.

C'è chi è stato rovinato dalla Cina, diceva Leonida, chi dalla caduta del Muro; me m'ha fottuto l'Ossola.

Ma l'Ossola non c'entrava tanto e, anzi, quando Leonida, dopo essere tornato in pianura, ci pensava - e gli capitava di pensarci se d'inverno tirava vento e si vedevano le montagne, oppure quando coglieva al volo un rarissimo profumo di fuoco di legna - gli veniva addosso uno struggimento e una malinconia e un rimpianto.

Comunque smise di sciare e la parentesi alpina a un certo punto divenne lontana, come tante altre dell'adolescenza e della gioventù. Come i genitori e la loro morte. Il presente era la routine del lavoro, qualche amico - di quelli che basta vederli ogni tanto -, le compagne con le quali, all'inizio, tutto andava così bene, ma così bene... e poi non andava più niente. Fra l'inizio e il poi avveniva sempre una metamorfosi nelle donne di Strolego: per prima cosa smettevano di prendere la pillola; subito dopo tagliavano i capelli corti e, nel frattempo, ingrassavano alquanto. Nel caso fossero fumatrici, inevitabilmente smettevano e diventavano intolleranti al fumo di chiunque ma soprattutto a quello di Strolego. Quando, dopo qualche anno, Strolego si accorgeva che il loro peso tornava a diminuire, i capelli ad allungarsi e l'aspetto generale si faceva di nuovo interessante, significava che la storia era agli sgoccioli.

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Pagina 51

Alla radio stanno parlando di non so quale iniziativa contro non so quale guerra. Sento le parole "pace", "manifestazione", "massacri", "mediatore", "papa". Spengo. Claudia sorride e dice: però un po' sei cambiato; allora la politica ti interessava. Se l'avessi spenta io, la radio, ti saresti adombrato.

"Adombrato"? Ma come parli? Incazzato, non "adombrato". Quando vuoi piantare un chiodo ma invece con il martello ti pesti un dito cosa dici: accipicchia? Io dico cazzo, o porca troia.

Da giovane eri più signore. Comunque non pianto chiodi e, se dovessi piantarli, non sbaglierei mira.

Va bene. Scusami. Non mi adombrerò più.

Claudia sospira: però adesso basta, va bene?

Sospiro anch'io e ci viene da ridere.

Claudia dice: ricordi quando ti chiedevo di farmi la lista di chi sentivi nemico? Era come dar fuoco alla benzina, non la finivi più. Molti dei tuoi nemici avevano diverse caratteristiche in comune con me; sembrava persino che tu, in effetti, ce l'avessi in primo luogo proprio con me. Però ci vedevamo lo stesso, uscivamo insieme... Questa cosa un po' mi preoccupava e un po' mi divertiva. (Ah, ti divertiva? Be', a un certo punto il divertimento è finito, comunque.)

Guardo fuori dal finestrino. Ci sono dei writers mattinieri al lavoro su un cavalcavia in costruzione ma temporaneamente abbandonato.

Claudia non dice niente. Dopo un minuto di silenzio e riflessione però ricomincia: e adesso? Chi sono i tuoi nemici?

Cioè, chi mi sta sul cazzo? Vediamo: i ricchi, certo. Tutti, sia i vecchi che i nuovi, di destra o di sinistra. Le cosiddette forze dell'ordine. Gli intellettuali, specialmente quelli che guadagnano bene e presumono di avere opinioni rilevanti e determinanti. Chi cambia l'auto ogni due anni perché il nuovo modello inquina di meno e chi fa la raccolta differenziata ma produce cento volte più merda di me che non differenzio un cazzo. I credenti nella Qualità Totale, nelle certificazioni ISO e nelle "mission" del cazzo. E gli altri. I credenti. Tutti; di qualsiasi religione. Gli omeopati. I giornalisti che, quando capita una strage, dicono: x morti di cui y bambini e z donne, come se i bambini e le donne avessero un punteggio più alto. Quelli a cui piacciono i cani e i bambini. E anche i cani e i bambini. Hmm... qualche cane lo salverei, però. E chiunque riesca a vedere un film di Moretti fino in fondo.

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