Copertina
Autore Giuseppe Penone
Titolo Il giardino delle sculture fluide
EdizioneAllemandi, Torino, 2007 , pag. 208, ill., cop.ril.sov., dim. 21,5x31x2 cm , Isbn 978-88-422-1554-7
CuratoreIda Gianelli
LettoreSara Allodi, 2008
Classe arte
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Indice


    IDA GIANELLI
  7 Premessa

  9 Tavole
    Fotografie di Luca Stoppini

 73 Giuseppe Penone e Germano Celant:
    la scultura dal bosco al giardino

    GERMANO CELANT
105 La pelle corteccia

139 Spazi di natura, spazi di scultura

    MIRELLA MACERA
165 Dal «Giardino delle fontane» di Amedeo di Castellamonte
    al «Giardino delle sculture fluide» di Giuseppe Penone

    HERVÉ BRUNON
181 Immobili presenze nel tempo fuggevole:
    la scultura nei giardini europei

202 Biografia
    A cura di Gaia Casagrande




 

 

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Pagina 10

Tra scorza e scorza

Tra scorza e scorza è il tempo visibile della crescita dell'albero.

Entrare nel tempo, nello spazio dell'albero.

Un anno di crescita in bronzo ci separa dal cuore dell'albero.

Sotto la corteccia, a contatto del legno, occupiamo lo spazio che la lama del tempo assottiglia anno dopo anno.

Una scorza di carne avvolge e protegge l'albero.

Nel momento di un contatto siamo sempre scorza.

Separare la scorza dal cuore, la pelle dal legno, la corteccia dalla carne.

Scrivere sulla scorza del cuore, sulla pelle del legno, sulla corteccia della carne.


Il prosciugato letto del fiume quasi pieno di foglie.

Il lento scorrere del fiume di linfa nei tronchi degli alberi.

Il rapido e pesante fluire del fiume di bronzo nei rami.

Il fluire del bronzo nel prosciugato letto di fiume di un albero.

Un albero di bronzo che racchiude al suo interno la crescita di un tiglio.

Tra scorza e scorza.

Lentamente il frassino crescendo occupa lo spazio all'interno del bronzo.

Lo spazio del contatto, l'aderire del positivo al negativo della scultura, lo spazio tra la mano che modella e la creta o tra le dita e la penna che scrive.

Lo spazio del contatto è lo spazio tra l'acqua ed il bicchiere, è lo spazio che occupa il bronzo nella fusione, lo spazio del confine, della identità che si fissa per un istante se è un battito di ciglia, per secoli se è una fusione in bronzo.

GIUSEPPE PENONE, 2000-2002

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Pagina 50

Cervello di pierre

Un pensiero preciso, logico cristallino come la materia della pietra.

I cristalli si aggregano, si sommano nel tempo, formando una materia densa e compressa che si chiama pietra.

La somma dei pensieri si chiama memoria.


Pietre, cervello della terra.

Le circonvoluzioni delle vostre forme sono addolcite dalla continua forza del fiume.

Racchiudete il pensiero, la logica della sfera a cui la vostra forma si avvicina.

Le infinite parti che vi compongono, quei piccoli cristalli di diverso colore che coesistono pressati da miliardi di anni, sono pensieri, idee, immagini.

È pensosa la vostra forma, un pensare grave, calmo, sereno.

Vi siete spogliate nel tempo delle parti che vi toglievano unità e coerenza, per concentrarvi sempre di più nella sintesi di una forma che vi avvicina alla sfera e le parti che avete perduto, come pensieri non chiari, confusi, anche loro col tempo acquistano una forma sempre più chiara e precisa, sempre più sferica.

Pietre ammassate una sull'altra come pensieri, siete tenute insieme dalla coesione dei vostri atomi pressati dalla gravidanza della terra.

Cumuli di pietre come idee che ubbidiscono alla logica della gravità.

Sono passato, saltando da una pietra all'altra, su un cervello di pietre di fiume.

Ho camminato sui pensieri.


Una volta di foglie protegge il cervello.

GIUSEPPE PENONE, 2006

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Pagina 73

Giuseppe Penone e Germano Celant: la scultura dal bosco al giardino


GERMANO CELANT: Esiste una profonda differenza tra il «bosco», su cui hai sempre lavorato sin dal 1968, e il «giardino», che ti sei trovato ad affrontare a Venaria, e che sottende concettualmente un altro tipo di costruzione della natura, quasi architettonica, tanto da essere definito «Architettura del verde». Il primo appare come un luogo dell'esperienza diretra, non controllata dall'essere umano, mentre il secondo appare come un «agglomerato», progettato e conscio della sua dimensione urbana. Inoltre, se il bosco era per te un territorio in cui inserire degli interventi dislocati secondo un'attenzione agli effetti plastici, il giardino mi appare come un prodotto estetico, controllato e localizzato. Come hai affrontato questa radicale differenza che sembra contrapporre la condizione costruita alla situazione libera?


GIUSEPPE PENONE: I primi lavori, come sai, erano collocati nei boschi costruiti da millenni di lavoro dell'uomo, come gran parte del paesaggio europeo. Una natura antropomorfa che, anche se oggi cresce in modo autonomo e spontaneo, ricorda ancora l'impianto dato dall'uomo a fini economici.

Il giardino, invece, è una costruzione dove l'intervento dell'uomo sulla natura non ha un fine economico ma estetico, simbolico, culturale, sottolineato nella disposizione spesso geometrica della vegetazione. Si usa il verde come una costruzione che delimita uno spazio fortemente umanizzato. Questa è la grande differenza tra una coltivazione e il giardino: la coltivazione è razionalizzata nella disposizione dei vegetali con la logica della produzione, il giardino invece deriva da una logica di pensiero.

I miei primi lavori erano fatti nella natura e poi presentati in un contesto sociale, urbano.

Il giardino di solito è all'interno della città ed è una via di mezzo tra la città, che è un insieme di costruzioni, di architetture e geometrie, e l'organicità della natura.

Fin dall'inizio, un carattere molto forte del mio lavoro è stato quello di inserire o mostrare un'opera concepita e realizzata con elementi e forme naturali nel contesto sociale e artificiale della città.

Da questo contrasto nasceva la riflessione sull'opera.

Successivamente ho inserito tra gli elementi naturali degli elementi artificiali.

Un artificio con forme naturali inserito nella natura crea una prima sorpresa data dal carattere mimetico dell'opera, successivamente nasce la riflessione sulla ragione di tale azione e può svilupparsi una lettura delle motivazioni dell'opera.

Altra operazione ancora è collocare un'opera in un giardino con una struttura geometrica.

Un esempio è la scultura 1'«Albero delle vocali» che ho posto nel giardino delle Tuileries a Parigi, in un'area del giardino di circa 50 metri per 30. Sono intervenuto posizionando orizzontalmente un albero in bronzo, divelto, che estende i suoi rami sulla superficie del terreno. Alle estremità dei rami, nel punto della loro massima estensione, ho piantato altri alberi che quindi si inseriscono all'interno di questo spazio geometrico seguendo la logica organica di sviluppo del vegetale. La pianta dispone i suoi rami in modo da catturare con le foglie la maggior quantità di luce. Gli alberi che ho piantato si trovano ad avere uno spazio di sviluppo dettato da questa necessità. Quindi ho usato lo spazio con la logica di crescita del vegetale all'interno di un giardino che è costruito con una logica estremamente geometrizzata e antropomorfa.

Nel tempo si creerà un boschetto con una disposizione dettata dalla pianta, in contrasto con lo spazio disegnato dall'uomo.


La pianta che hai utilizzato è un albero caduto in Francia?


No, era una quercia caduta nel mio bosco.


Quindi di fatto hai assunto lo spazio delle Tuileries come se si trattasse di un «ambiente» museale, cercando di creare una fascinazione naturale integrata nella complessità del giardino francese, che è diverso dalla creatività «aperta» e «intricata» di Boboli o di Pratolino. Ti sei introdotto in un contesto «ordinato» e definito, per immettere un intreccio di materie e di forme, che, nell'immagine dell'albero, viene a sottolineare un dialogo tra vita e morte della natura, tra artificiale e naturale nell'arte e nel pensiero naturale. Hai cercato di enunciare un possibile dialogo tra condizione statica e dinamica, intrecciando fisso e caduco, finito e cangiante. Qui il pavimento diventa specchio di un'espressività umana che tende sia a «modellare», sia a rispettare l'eterna soggettività delle piante e dei fiori.


Sì, certo, in entrambi i casi è uno spazio dato che si può modificare solo con l'opera. L'opera che ho installato alle Tuileries è una riflessione sulla struttura stessa del giardino, sulla concezione del giardino alla francese, basata su un'estensione prospettica del giardino all'italiana con grandi viali alberati. Il mio lavoro introduce un elemento orizzontale, un albero che non si può trovare in un giardino alla francese perché verrebbe immediatamente rimosso; si può forse trovare in un giardino giapponese, inglese, ma non in un giardino francese o all'italiana.

Ho inserito questo elemento di orizzontalità in contrasto con gli altri elementi e con la loro disposizione nello spazio. In uno spazio aperto e soprattutto in uno spazio «naturale» è difficile inserire la scultura. Una scultura è una forma costruita con una logica che difficilmente riesce a competere con la complessità degli elementi naturali che la circondano. Spesso un piccolo fiorellino risulta più forte dell'enorme scultura che gli è a fianco.

Un altro problema è quello dell'opera collocata in un luogo diverso dal museo, cioè in uno spazio che si racchiude e si concentra totalmente sull'opera. Nel museo, il lavoro si trova in un percorso che dialoga con la storia dell'arte e interagisce con tutte le altre opere. Un intervento in uno spazio chiuso, asettico, pulito è, sotto un certo punto di vista, più facile.

Invece, riuscire a dare un senso a un'opera in un contesto che è già carico di altri valori, è più difficile. L'opera collocata all'esterno, in un contesto urbano o in un parco, dialoga con ciò che la circonda, è in rapporto con elementi che si riferiscono alla storia o alla natura e che solo indirettamente si possono ricondurre alla storia dell'arte.

Per inserire un'opera in un luogo bisogna tener conto degli elementi che la circondano. L'uso di forme esistenti permette di avvicinarsi ai contenuti e alle suggestioni che si percepiscono in «quel luogo».

Un albero fuso in bronzo collocato in uno spazio chiuso ha un valore diverso rispetto a quello che ha se inserito all'aperto in un contesto di natura. Il mimetismo che il bronzo ha con il vegetale genera sorpresa. Questa è una prima lettura dell'opera che deve poi provocare una riflessione più profonda sulle sue motivazioni.

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