Copertina
Autore Tonino Perna
Titolo Fair trade
SottotitoloLa sfida etica al mercato mondiale
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 1998, Temi 77 , Isbn 978-88-339-1092-5
LettoreLaura di Stefano, 1999
Classe economia , economia politica , globalizzazione , movimenti
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Indice


  9     Prefazione. Fair trade not aid

 15  1. Globalizzazione e società

        1. Verso l'insicurezza globale, 15
        2. La globalizzazione:
           tra mitologie e realtà, 19
        3. La polarizzazione sociale
           su scala mondiale, 28
        4. Un mondo in saldo, 31

 36  2. Il vitello d'oro: il dominio della
        moneta e il futuro dell'umanità

        1. I nuovi abitanti dell'Olimpo,36
        2. La metamorfosi della moneta, 39
        3. La legge di Gresham e
           il destino della moneta, 42
        4. Il denaro, la merce e il futuro
           dell'umanità, 47
        5. Moneta e società: economia
           virtuale ed economia reale, 50

 56  3. Etica e capitalismo: le risposte
        della società civile
        internazionale

        1. Il bisogno di etica nell'era
           della mercificazione globale,56
        2. Mercato capitalistico ed
           economia di mercato:
           le risposte della società, 60
        3. Le ONG, l'economia popolare e
           il mercato globale, 62
        4. Movimenti sociali e imprese non
           profit, 67
        5. La finanza etica, ovvero del
           recupero del valore sociale
           della moneta, 73

 80 4.  Il grande racconto: origini e
        sviluppo del commercio equo e
        solidale

        1. Alle origini del fair trade, 80
        2. Le radici culturali del fair
           trade, 83
        3. I luoghi dello scambio:
           la nascita dei world shops, 87
        4. La diffusione delle botteghe
           del mondo, ovvero quando i
           prodotti hanno una storia, 91
        5. Alla ricerca di un prezzo
           «equo», 97
        6. Il fair trade e il commercio
           internazionale: prezzi, crediti
           e consumi etici, 104

111  5. Potenzialità e limiti
        del fair trade

        1. Il fair trade e l'economia
           politica, 111
        2. Il dono e il mercato, 116
        3. Innovazione e tradizione: il
           regno della moda versus il
           patrimonio culturale, 119
        4. Il comportamento dei
           consumatori nella teoria e
           nella prassi: il valore dell'
           informazione, 123
        5. Oltre la legge di Engel:
           mercati alimentari, movimento
           dei consumatori e ruolo del
           fair trade, 129
        6. Contraddizioni e limiti del
           fair trade, 135

143  6. Il futuro della solidarietà
        internazionale: la regolazione dal
        basso del mercato capitalistico

        1. La bici e l'auto: le vie per
           un'alternativa al capitalismo
           reale, 143
        2. La crisi delle istituzioni
           internazionali e la necessità
           della regolazione dal basso del
           capitalismo, 147
        3. Per un'etica «fuori mercato»:
           il senso e la direzione del
           fair trade, 152

159  Note

181  Riferimenti bibliografici

 

 

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Pagina 9

Prefazione

Fair trade not aid

Il crollo del muro di Berlino ha sancito la disfatta definitiva del socialismo reale. Una catastrofe annunciata dalle sconfitte che si erano registrate, nel ventennio 1970-90, di tutte le vie nazionali al socialismo (dal socialismo africano di Julius Nyerere al sandinismo del comandante Daniel Ortega).

Il «secolo breve» come l'ha definito Hobsbawm (1996) ha decretato il fallimento di tutti i modi di produzione ideali, realizzati da partiti che, pur partendo da ideologie differenti (come lo sono il nazismo e il comunismo), avevano in comune il metodo: prendere con la forza il Palazzo d'Inverno e imporre un primato della politica sull'economia, puntando sulla costruzione, a tappe forzate, dell' uomo nuovo che sostituisse l' homo aeconomicus creato dal capitalismo, teso unicamente al suo «particulare» benessere materiale.

Questi fallimenti hanno rilanciato, nell'ultimo scorcio del secolo XX, l'ideologia neoliberale, rafforzando la convinzione che l'economia capitalistica, retta dal principio della massimizzazione del profitto, fosse il punto di approdo della storia dell'umanità, il termine della sua naturale evoluzione. Da queste premesse nasce quello che è stato definito il «pensiero unico», una visione unilineare della storia che cancella qualunque istanza di cambiamento radicale e confina nel regno delle utopie le speranze di liberazione - dalle ingiustizie, dalla miseria, dal lavoro coatto - di gran parte dell'umanità.

Se guardiamo a questo secolo attraverso le lenti giganti del Potere, vale a dire della coppia Stato-Mercato, difficilmente riusciremo ad andare al di là del «pensiero unico», a immaginare un cammino diverso, un'alternativa credibile al dominio del denaro e del processo di accumulazione del capitale. Ma, se scendiamo nei «sotterranei della storia», tra i campesinos della sierra o nei barrios miserabili dell'America Latina, nelle bidonvilles africane o nelle water-houses delle megalopoli asiatiche, così come se entriamo nelle allucinanti banlieues delle nostre metropoli, scopriamo che c'è una società umana che si inventa la vita ogni giorno, che non si piega ai diktat della Banca mondiale o alle ricette avvelenate del Fondo monetario internazionale, ma che sperimenta, nel Nord come nel Sud del mondo, altre forme di economia, altri modi di gestire il rapporto «economia-società». E nel mare magnum di questo mondo vitale, spesso genericamente identificato con l'economia informale, esistono tutta una serie di reti sociali, di sperimentazioni e innovazioni, che ci mandano un segnale forte: i giochi non sono fatti, la ricerca di una società più giusta e vivibile, più rispettosa della dignità dell'uomo e del valore della natura, cammina, tra mille difficoltà e contraddizioni, in tutte le grandi periferie del mondo. L'economia solidale, come la definisce Laville (1998), avanza in vari modi, nel Nord come nel Sud, coinvolgendo sia gli «esclusi» dallo sviluppo sia chi soffre dell'ipersviluppo, tutti ugualmente colpiti, a vario titolo, dal processo di mercificazione su scala mondiale.

Trent'anni fa, quando un gruppo di giovani sessantottini inaugurò a Breukelen, una piccola città olandese, il primo world shop (bottega del mondo), non avrebbe potuto immaginare quale sviluppo avrebbe avuto il movimento del fair trade (commercio equo). In pochi anni la pratica del commercio equo e solidale si diffuse in tutta l'Europa settentrionale, coinvolgendo migliaia di volontari e centinaia di associazioni. In trent'anni, attraverso migliaia di progetti, grandi e piccoli, centinaia di migliaia di produttori agricoli e artigianali di Africa, Asia e America Latina, sono entrati in contatto, in relazione d'amicizia, con le organizzazioni europee (nordamericane, giapponesi, australiane ecc.) del fair trade. Se all'inizio sono stati soprattutto i volontari e i cooperanti delle ONG (Organizzazioni non governative) del Nord che hanno preso i primi contatti con le associazioni dei produttori, le cooperative, le comunità di villaggio del Sud, successivamente sono stati gli stessi produttori associati che hanno contattato la rete del fair trade. Ne sono nate idee, progetti, prime forme di collaborazione che col tempo sono state perfezionate e che tuttora sono soggette a continui miglioramenti perchè il movimento per un commercio equo non nasce da un'ideologia che si vuole imporre alla realtà, ma dalla sperimentazione e incarnazione di un bisogno di giustizia che come tale è continuamente soggetto ad aggiustamenti e riflessioni critiche. Da queste spinte dal basso, in modo del tutto spontaneo, sono nati migliaia di punti vendita del fair trade, le cosiddette «botteghe del mondo», che costituiscono luoghi di scambio alternativi a quelli del mercato capitalistico: luogo di scambio culturale, di campagne d'informazione e sensibilizzazione, prima ancora che luoghi di vendita. Nella gestione delle oltre 3500 botteghe del mondo, solo in Europa, sono impegnati circa 60000 volontari in 15 paesi e vi lavorano qualcosa come 4000 persone. Questo mix di lavoro e volontariato, cementato da un forte senso dell'agire comune ha fatto sì che le botteghe crescessero a un tasso medio annuo del 20 per cento, nel periodo 1984-94. Una performance che poche imprese for profit possono vantare. E questa crescita ha significato il coinvolgimento di più di un milione di lavoratori del Sud del mondo che sono entrati nell'area dello scambio «equo», che significa: prefinanziamento del 50 per cento al momento del contratto, un prezzo dei beni tale da consentire una vita dignitosa ai lavoratori e una quota di guadagno da destinare alla comunità per servizi primari (istruzione, sanità ecc.).

Lo slogan fair trade not aid, con cui è partito trent'anni fa il movimento per un commercio equo, si è dimostrato vincente. Quello che poteva apparire come un gesto di buona volontà, o di testimonianza, si è trasformato in una organizzazione moderna dotata di grande flessibilità e capacità d'innovazione. Certo, rispetto ai numeri del commercio internazionale, i circa mille miliardi di fatturato del commercio equo, su scala mondiale, possono apparire come una goccia nell'oceano. Ma, il fatto che nell'era della globalizzazione si sia aperta una finestra per offrire un'alternativa praticabile al predominio del capitale internazionale, dimostra quali grandi potenzialità si aprono oggi, nel villaggio globale, per tutte le organizzazioni sociali che puntano sul primato della dignità umana, della crescita sociale e culturale. Vale a dire: esiste un altro esito possibile della globalizzazione, che utilizzando a fini sociali le nuove tecnologie della comunicazione, può dare alla società umana una chance di rivincita sulle cosidette leggi della economia capitalistica.

Questo testo nasce sia dalla curiosità di capire le dinamiche di questo straordinario fenomeno sociale che in Italia è conosciuto come «commercio equo e solidale», sia dal desiderio di indagare sulle potenzialità del fair trade e di tutti quei movimenti (come la finanza etica, la cooperazione popolare ecc.) che sulla base di una forte spinta etica stanno producendo fatti economici sempre più rilevanti.

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