Copertina
Autore Luciano Perondi
Titolo Sinsemie
SottotitoloScritture nello spazio
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2012, Scritture 22 , pag. 236, ill., cop.fle., dim. 14,7x21x1,2 cm , Isbn 978-88-6222-295-2
LettoreGiorgio Crepe, 2012
Classe scrittura-lettura , comunicazione , linguistica , libri , sensi , design , grafica
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Indice


ipotesi
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 |  10 .... i Motivazioni
 |  14 .... ii Scrittura e spazio
 |  20 ........ ii.1 Espansione e contrazione della scrittura
 |  24 .... iii Alcune scritture inventate: obiettivi, princìpi e risultati

congetture teoriche
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 |  38 a Scrittura e oltre
 |  40 .... a.1 Scrittura nello spazio
 |  42 ........ a.1.1 Alcune peculiarità spaziali del testo scritto
 |  54 ............ a.1.1.1 Variabili visive
 |  62 ........ a.1.2 Approfondimenti neurologici sulla lettura non lineare
 |  64 ............ a.1.2.1 Modello a tre vie e ipotesi sulla lettura sequenziale
 |  70 ............ a.1.2.2 La via dorsale
 |  80 ............ a.1.2.3 Problem solving e scrittura
 |  96 ........ a.1.3 Movimenti oculari e attrattori dell'attenzione
 | 102 ............ a.1.3.1 L'attenzione e la percezione
 | 110 ........ a.1.4 Grafica e inferenze visive

analisi
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 | 122 b Sinsemia, ovvero scrittura nello spazio
 | 128 .... b.1 Micro e macro unità sinsemiche
 | 129 ........ b.1.1 Sinsemia delle microunità
 | 133 ............ b.1.1.1 Esempi di sinsemia bottom-up
 | 140 ........ b.1.2 Sinsemia e formalismi grafici
 | 142 ........ b.1.3 Sinsemia delle macrounità
 | 147 ............ b.1.3.1 Esempi di tabelle a entrata multipla
 | 157 ............ b.1.3.2 Esempi di diagrammi narrativi
 | 171 ................ b.1.3.2.1 Esempi di analogie grafiche
 | 177 ............ b.1.3.3 Esempi di strutture diagrammatiche
 | 190 .... b.2 Sistemi a più variabili
 | 194 ........ b.2.1 Elementi, relazioni e artefatti compositi
 | 198 ............ b.2.1.1 Contesto

   202 Conclusioni

   206 Bibliografia
   220 Indice per argomenti


 

 

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Pagina 10

i Motivazioni


Questo lavoro si sviluppa a partire dalla mia tesi di laurea presso il Politecnico di Milano e dal percorso professionale e di ricerca che ho seguito in questi anni. L'intento è quello di fornire strumenti progettuali per sfruttare le proprietà spaziali della scrittura a partire dall'analisi di una serie di esempi di testi non lineari particolarmente efficienti.

L'idea di partenza è che la scrittura non sia un sistema definito e statico già perfettamente compiuto con l'invenzione dell'alfabeto, ma uno strumento flessibile e adattabile alle situazioni e a contesti molto mutevoli, per cui si può dire che la scrittura muta con il mondo con cui interagisce e di conseguenza una visione che si limiti a considerare l'alfabeto come compimento di un processo evolutivo e forma più perfezionata di scrittura non aiuta più di tanto a risolvere i problemi comunicativi con cui gli esseri umani si confrontano.

Al contrario, allargando la prospettiva da cui si analizza la scrittura, è possibile ricavarne procedure e strategie molto utili per la progettazione di artefatti grafici o sistemi di artefatti grafici complessi.


Un elemento fondamentale della scrittura è la sua natura pluridimensionale.

Tutte le formulazioni scritte hanno un'articolazione su almeno due dimensioni spaziali. Il riferimento immediato e più estremo è quello alle scritture mesoamericane in cui immagine (bidimensionale) e scrittura non sono distinte, nemmeno idealmente.

In quella che siamo abituati a considerare la nostra scrittura corrente, la seconda dimensione spaziale (quella verticale) sembra essere in apparenza atrofizzata. Al contrario, esiste una infinita varietà di applicazioni, che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente, in cui la scrittura perde quasi del tutto la dimensione monolineare. Basta pensare a matrici, tabelle, indici, mappe, segnaletiche e diagrammi e ci accorgiamo che in gran parte della produzione scritta il testo è organizzato consapevolmente nello spazio.

I primi testi scritti riconosciuti come tali sembrerebbero essere stati ricevute, in cui è evidente un'organizzazione non sequenziale del testo, che rimane tale anche nelle ricevute prodotte oggi, perché non avrebbe senso procedere altrimenti.

Posto che la scrittura è sempre e comunque immagine, come sosteneva El Lissitzkij: "Le parole stampate sono viste, non sentite".

Posto che la scrittura è immagine, questo lavoro si propone di indagare la relazione inversa:

quando e fino a che punto l'immagine può essere trattata come scrittura? E quanto può essere utile in termini pratici trattarla come tale?


Il confine tra quello che viene considerato scrittura e quello che viene considerato grafica, in effetti, è molto sfumato.

Considerare l'esistenza di un insieme di strumenti convenzionali di organizzazione e interpretazione dello spazio concatenati, il quale in qualche modo interagisca con la lingua parlata, è utile perché conviene dal punto di vista progettuale: porre il testo in contrapposizione all'immagine è utile solamente a replicare un modello di editoria libraria affermatosi alla fine del XV secolo, vincolato dalle tecniche produttive esistenti all'epoca (stampa a caratteri mobili e xilografia) e applicabile in buona sostanza principalmente all'editoria libraria legata alla narrativa, che è solo una piccola parte della produzione scritta. Questa visione estesa della scrittura non è riconosciuta, di conseguenza non è formalizzata: si tende cioè a ritenere l'organizzazione spaziale qualcosa di distinto, un "accessorio" della scrittura "vera e propria", che invece è formalizzata e studiata istituzionalmente.

Al contrario è possibile (oltre che produttivo) considerare la cosiddetta scrittura "vera e propria" lineare come uno degli elementi che possono concorrere a costituire un testo scritto.

In questo caso non si esclude l'utilità di una applicazione lineare della scrittura per alcuni scopi specifici o all'interno di un testo organizzato spazialmente; secondo la visione opposta si parla sempre di una convivenza tra due sistemi distinti da trattare in maniera disgiunta.


Forse proprio questo loro non essere istituzionalizzati conferisce agli aspetti non lineari della scrittura una grande flessibilità, che ha come contropartita una necessità di apprendimento locale (si potrebbe pensare a degli "investimenti" in termini di formulazione e di interpretazione, che possono avere come "frutto" una diversa comprensione di un fenomeno e che quindi possono essere "convenienti", "rischiosi" o meno).

Gli elementi costitutivi di questa "scrittura non lineare" sono un repertorio di approcci alla organizzazione del testo convenzionali e analogici e una serie di parametri di combinazione tra elementi (quasi esistessero delle possibilità preferenziali verso cui siamo spinti nella costruzione di testi "spazialmente organizzati").

In sintesi, un "alfabetizzato non lineare" è in possesso di alcuni "strumenti" per costruire un testo non lineare coerente.

Proprio l'interpretazione e l'uso delle analogie potrebbe costituire il nodo centrale del problema, perché lascia aperta la strada alla possibilità di ambiguità e, di conseguenza, alla flessibilità e alla adattabilità del sistema.

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Pagina 24

iii Alcune scritture inventate: obiettivi, principi e risultati


Una serie di pensatori si è spesa (e si continua a spendere) nella ricerca di una lingua perfetta e universale, che rimediasse al problema della biblica confusione delle lingue o che fosse semplicemente più razionale delle lingue esistenti. Questo fenomeno non è sicuramente circoscritto a un'epoca particolare o a una particolare cultura, anche se durante il Seicento, in particolar modo in Europa, il tema in questione è stato preso molto seriamente, tanto che alcuni dei più insigni scienziati del periodo si sono cimentati nell'impresa. Nessuna lingua perfetta è mai entrata realmente nell'uso comune, da un lato probabilmente è mancato un reale tentativo di applicazione, dall'altro l'eccessiva formalizzazione e idealizzazione di questi sistemi (e tutto quello che ne consegue) li ha resi inadeguati ad adattarsi alla continua reinvenzione e mutazione cui sono sottoposte le lingue.


iii.a Lingue a priori / a posteriori

Per costruire una lingua si sono seguiti fondamentalmente due processi: a posteriori e a priori; distinti in base al fatto che la lingua si basi o no su elementi di lingue esistenti. In realtà anche tutte le lingue inventate a priori hanno una base nelle lingue naturali. Una distinzione netta tra i due procedimenti non è possibile forse farla, se non considerando le intenzioni dell'inventore. Esempi di lingue inventate a posteriori sono il volapόk o l'esperanto.

Le lingue inventate a posteriori hanno spesso una grammatica regolarizzata.

Due esempi di lingue inventate a priori più legate al nostro tema, sono i Caratteri Reali di Wilkins e il Common Writing di Lodwick.

Le lingue a priori si definiscono anche "filosofiche", perché sono fondate su una visione del mondo che informa di sé la struttura logica della scrittura. Per la nostra analisi è utile prendere in considerazione quelle in cui era prioritaria o esclusiva la forma scritta. Spesso infatti nelle lingue utopiche, soprattutto in quelle a priori, la scrittura ha un ruolo predominante, al contrario di quanto si possa pensare seguendo il "pregiudizio orale" della tradizione occidentale.

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Pagina 35

iii.g Lingue filosofiche vs. lingue naturali

Ogni lingua filosofica è una idealizzazione, ma è anche una formalizzazione di una regola matematica, di un algoritmo generativo; al contrario, le lingue naturali sono un miscuglio, hanno più sistemi di regole che si intersecano e si sommano, senza, per questo, perdere di coerenza; inoltre in casi ambigui conta anche l'interpretazione.

Se si inventasse una lingua, occorrerebbe introdurre dei vizi nella formalizzazione? Occorre simulare la "naturalezza" del linguaggio? Oppure occorre generare un sistema che si presti a inglobare altri sistemi?


Riporto a seguire lo schema degli avverbi elaborato da Wilkins.

Un abbozzo di organizzazione spaziale degli elementi, che avrebbero potuto essere introdotti nel suo sistema di scrittura.


Riporto poi l'esempio di una lingua inventata: The Elephant's Memory di Timothy Ingen Housz. L'interesse sta nel fatto che è una delle poche esplicitamente concepita per disporsi non linearmente nello spazio.

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Pagina 38

a Scrittura e oltre


Considerazioni su alcune caratteristiche proprie della lingua scritta: analogia e spazialità in relazione al singolo elemento.


Assumiamo che sono stati superati due pregiudizi molto forti che pesavano sulla scrittura.

——> Il primo è quello per cui la scrittura non è altro che una rappresentazione del parlato, che a sua volta è una rappresentazione dei "moti dell'anima".

——> Il secondo pregiudizio è quello innescato da Saussure , secondo il quale occorreva studiare la lingua parlata senza fare riferimenti alla lingua scritta. Questa "sentenza" è stata portata alle estreme conseguenze, sino a cancellare la scrittura dall'ambito degli studi linguistici, in quanto semplice riflesso del parlato. L'obiettivo di Saussure era però soltanto quello di studiare la lingua parlata e la sua affermazione era una ragionevole distinzione per affrontare il problema del linguaggio senza le interferenze della scrittura.

Ma questa posizione è stata fraintesa ed esasperata come conseguenza del pregiudizio alfabetico e ha rallentato lo studio della scrittura rispetto a quello della parola parlata.


Anche senza considerare che la versione scritta di una lingua e quella orale sono distinte sotto molti punti di vista (sintattico, lessicale, grammaticale), a livello superficiale la scrittura ha una serie di elementi che nel parlato non appaiono e, viceversa, il parlato ha diverse cose che nella scrittura non ci sono. Un esempio su tutti è quello dell'intonazione: è sufficiente cambiare l'intonazione di una frase per trasformarne completamente il significato, l'interpretazione di un certo tono è ragionevolmente univoca e convenzionale. Per trasformare in una domanda, in un'ironia, in un'asserzione una frase è sufficiente, perlomeno in italiano, cambiare tono alla frase stessa. Se la frase è scritta, non avviene lo stesso: occorrono dei segni di interpunzione.

Allo stesso modo, i testi scritti sono saturi di elementi che non hanno corrispondenza nel parlato, ma che sono quasi imprescindibili col sistema scrittura.

L'organizzazione stessa del testo nello spazio può essere considerata una vera e propria componente del testo scritto: è ragionevolmente univoca e difficile da equivocare, e contribuisce alla comunicazione quanto le parole, anche se in maniera non strettamente analoga. Possiamo sostenere che le componenti formali e spaziali del testo (disposizione, orientamento, dimensione) cambiano il valore delle parole stesse. Una parola è un titolo perché ha una posizione e una forma specifica all'interno del testo, questa posizione è ragionevolmente convenzionale e costante in un dato sistema di scrittura.

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Pagina 40

a.1 Scrittura nello spazio


La scrittura si differenzia dal linguaggio orale anche per la natura del supporto. O meglio, la scrittura necessita di un supporto materiale, per quanto labile, mentre per la parola tale supporto non è necessario.

——> Il supporto materiale è condizione necessaria ma non sufficiente per avere una scrittura.

——> La seconda condizione necessaria è la fisicità della scrittura: la scrittura è una modificazione del mondo articolata nello spazio fisico (una scrittura è tale, insomma, se ha almeno due dimensioni).

——> La terza condizione necessaria è quella di poter funzionare in assenza dello scrivente, ovvero di essere coerente e regolare.

——> La quarta è quella di poter generare testi lunghi a piacere.

Nessuna delle quattro condizioni è sufficiente per dire di essere di fronte a una scrittura, ma tutte e quattro sono alcune delle condizioni necessarie per poter dire che si ha a che fare con una scrittura.

La scrittura non è necessariamente visiva: un testo scritto in braille è comunque un testo scritto.

Dato che non soddisfa la prima e la terza condizione, la Lis (Lingua dei Segni Italiana) si può considerare orale, anche se è bidimensionale e visiva. Allo stesso modo una registrazione audio non può essere considerata scrittura perché non soddisfa la seconda condizione.

Se però si ha un sistema che permetta di recuperare, mediante una esplorazione, un punto della registrazione scelto (e quindi consultare la registrazione), un modo per "tenere un segno" e recuperare la "lettura" dal punto desiderato, anche una registrazione o una riproduzione vocale possono essere considerate a tutti gli effetti scrittura.

Questo "segno" che si può tenere è implicitamente plastico, non può essere orale, performativo; anche se è sonoro deve avere una collocazione spaziale non sequenziale, ma consultabile e manipolabile.

Uno degli elementi essenziali per definire la scrittura è dunque proprio la sua possibilità di essere letta partendo da qualsiasi punto.

Non si può prescindere da tale caratteristica.

Θ perciò importante essere consapevoli di questa natura "spaziale" della scrittura, per riuscire a usarla pienamente e non rifiutarla in nome di una maggior aderenza al parlato. A che serve un doppione del parlato? Una modalità di presentazione diversa, con le sue specificità, dovrebbe arricchire la comunicazione, in quanto offre una nuova visione sulle cose.

Lo spazio è una delle dimensioni centrali della scrittura e quella che potrebbe consentirne le evoluzioni più interessanti.

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Pagina 52

a.1.1.g Sintesi


L'alfabeto nella sua forma più pura è limitato rispetto ad altri sistemi; si mantiene vitale attraverso una serie ininterrotta di modifiche e adattamenti: acquisisce potenza comunicativa grazie a sistemi di ricombinazione ed estensione molto flessibili, i quali costituiscono la scrittura nel suo insieme, che a sua volta va oltre la mera somma dei segni e include un sistema di comunicazione per immagini convenzionali di cui l'alfabeto non è che una semplice componente.

Per scrittura intendo un sistema di comunicazione su un supporto fisico (molto spesso basato su immagini visive, anche se non necessariamente), il quale permette, attraverso una serie di convenzioni grafiche, molto flessibili e di varia provenienza, di comunicare in maniera ragionevolmente stabile per coloro che hanno imparato a riconoscere, anche parzialmente, la convenzione usata e che fanno riferimento a un repertorio di abitudini grafiche almeno in parte condiviso.

Occorre superare la sterile distinzione tra immagini e scrittura, che è così marcata nella nostra cultura. O perlomeno trascurarla: a che serve sapere se un segno – o un artefatto comunicativo – deve essere chiamato immagine o scrittura?

Il problema da affrontare, in fondo, è quello di riuscire a comunicare per via visiva, sfruttando gli strumenti a disposizione.

Per sintetizzare: sulla base di quanto detto in precedenza, assumiamo che un testo scritto, anche tipografico, consiste nel distribuire elementi grafici in relazione tra loro e in relazione a uno spazio sinottico di scrittura.

Il testo è composto da una serie di elementi collegati tra loro mediante una relazione spaziale, che il più delle volte è funzionale e strettamente correlata alla comprensione, ma può essere contemporaneamente anche evocativa.

Le componenti relative agli aspetti denotativi di organizzazione in uno spazio sinottico delle unità del testo scritto, possono essere definite provvisoriamente sinsemia.

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Pagina 122

b Sinsemia ovvero scrittura nello spazio


Quando si pensa alla scrittura, si dà per scontato il modello linguistico lineare per organizzare messaggi sintatticamente coerenti e efficaci. Come già osservato nella prima parte di questo volume, la scrittura viene vista come strettamente connessa al linguaggio parlato nella sua "unilinearità", mentre, data la stessa struttura del testo, disposto su uno spazio bidimensionale, la coincidenza dei due mondi è sostanzialmente occasionale e circoscritta a particolari casi.


Assumiamo, sulla base di quanto detto in precedenza, che

un testo scritto, anche tipografico,
    è costituito da elementi
                    (unitari o metaunitari)
                    distribuiti
                    su uno spazio sinottico
                                  di scrittura.

Il testo è composto da una serie di elementi connessi tra loro mediante una relazione spaziale (che il più delle volte è funzionale e strettamente correlata alla comprensione, ma spesso è anche evocativa).

Si constata (ancora una volta)

--> che una cesura netta
        tra scrittura
            e immagine
        non è realmente possibile
--> che l'universo scrittura
    fa parte dell'universo delle immagini
--> che i sistemi notazionali sono spesso usati
    in stretta relazione con la scrittura,
    tanto da diventarne parti integranti.



Cos'è la sinsemia?

Nel capitolo a.1.1 abbiamo visto come le componenti del testo tipografico (quali, ad esempio, l'uso del grassetto, variazioni nell'interlinea, isolamento grafico di alcuni elementi nello spazio sinottico e allineamento), contribuiscono in maniera sostanziale alla costruzione del senso in un testo scritto. Le componenti relative agli aspetti denotativi che presiedono all'organizzazione in uno spazio sinottico delle unità del testo scritto possono essere definite "sinsemia".


Per esprimere il concetto di sinsemia, che in qualche modo va a integrare e a espandere quello della sintassi tradizionalmente intesa, si è pensato di usare i termini entassi e peritassi optando infine per il termine sinsemia, introdotto da Giovanni Lussu e Antonio Perri.

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Pagina 140

b.1.2 Sinsemia e formalismi grafici


Una serie di regole sinsemiche per la formulazione di un testo non lineare possono portare a generarare strutture riconoscibili a un livello superiore.

Non necessariamente lo fanno, ma è possibile che riescano a evidenziare, attraverso la disposizione nello spazio di elementi chiave, elementi sconosciuti in partenza all'autore stesso del testo.

Non a caso i formalismi grafici, come i diagrammi di flusso e le reti di Petri, possono essere usati per individuare "errori" di concezione nel funzionamento di algoritmi.

Lo stesso vale per la visualizzazione di circuiti elettrici, ma vale anche, di conseguenza, per

——> i portolani arabi geometrici (che sono vere e proprie mappe topologiche),

——> le mappe topologiche della metropolitana,

——> le time to trave! maps,

——> la notazione chimica,

——> gli alberi genealogici

——> e in generale per tutti i sistemi in cui la formulazione del testo avviene attraverso un insieme (non necessariamente sequenziale, ma necessariamente procedurale) di operazioni effettuate su base locale e con riferimento a una struttura locale. In sintesi, sulla base di algoritmi.

Il procedimento è quello che consiste nella capacità di

——> identificare una serie di regole di composizione, che prevedono un insieme di elementi notazionali e di relazioni spaziali tra elementi

——> e poi applicarle sistematicamente.


Dall'applicazione sistematica di queste regole, se il sistema è congegnato in modo da privilegiare un particolare fattore legato a una particolare variabile, emergerà un elemento della struttura di livello superiore, implicito nella formalizzazione grafica e nei dati.

Questo è il concetto su cui si basa la grafica statistica e l' information visualization: l'applicazione automatica di un algoritmo di formulazione grafica in fase di strutturazione del testo. Ma questo non vale unicamente per dati quantitativi. Lo stesso grado di visualizzazione a posteriori di strutture di ordine superiore lo può dare anche un sistema come la notazione chimica o come i sistemi citati prima (formalizzazioni grafiche, schemi di circuiti elettrici ecc.).

Questo procedere per aggregazioni di elementi sulla base di una serie di algoritmi di formulazione consente di considerare il passaggio successivo alle macrounità vere e proprie.

Nel caso dei formalismi grafici le strutture di riferimento sono di tipo logico/algoritmico/procedurali e non grafico/analogico/visive.

Emergono testi a più livelli e lo fanno a partire da un processo stabilito a priori, in cui non è dato immaginare il risultato finale, se non nelle sue linee generali.

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Pagina 142

b.1.3 Sinsemia delle macrounità


Trovare microunità con una complessa struttura sinsemica è piuttosto raro e, più che altro, millenni di pregiudizio alfabetico hanno impedito lo sviluppo di strutture più sofisticate. Quindi, quasi per paradosso, è più facile trovare un riscontro immediato nella sinsemia di macrounità, che a livello delle microunità.

In un certo senso la macrosinsemia di un testo è, come detto nel capitolo a.1.1, quasi inevitabile, dato che i macrosintagmi spaziali di testo sono basati in genere su modelli di organizzazione grafico-spaziale impliciti nella natura bidimensionale del supporto.

Θ ipotizzabile che queste strutture siano superstrutture meramente connotative di un testo scritto che è in realtà codificato in base alla lettura e coerente sintatticamente con il flusso sequenziale e lineare del discorso? Ovviamente, secondo la posizione sostenuta finora, la risposta è no.

Al di là del fatto che è probabile che il pensiero non fa riferimento necessariamente a una struttura sequenziale, esistono esempi (provenienti da differenti tradizioni culturali tra cui era impossibile un contatto diretto) di strutture sinsemiche più o meno articolate applicate a un testo, senza che questo venga meno alla sua funzione denotativa, ma senza che abbia una traduzione sequenzialmente univoca.


Antonio Perri ha tracciato un abbozzo tipologico basato sulla scrittura azteca, in base al quale può essere interessante trovare paralleli con esempi contemporanei e provenienti da altre tradizioni; ovviamente le tre categorie identificative si intrecciano e sfumano l'una nell'altra:

b.1.3.1] Tabelle a entrata multipla

(si pensi alle matrici e alle tabelle orarie dei treni, ma anche a dizionari ed elenchi telefonici, che sono matrici tridimensionali a tutti gli effetti).

b.1.3.2] Diagrammi narrativi a più livelli e analogie grafiche

(su un livello base, che definisce il sistema di riferimento dell'azione e che spesso denota uno spazio geografico, si possono disporre altri livelli testuali: è una sorta di matrice a base geografica).

b.1.3.3] Strutture diagrammatiche

(in cui due o più temi sono trattati contemporaneamente, ma la struttura base è costruita mediante una analogia tra il tema o i temi principali e una struttura grafica; la struttura grafica a sua volta è articolata in modo da organizzare i vari livelli secondo una logica non lineare, così da essere "consultabile" e che si possa reperire facilmente l'informazione ricercata).


La chiave del problema sta:

——> nella questione della "consultazione" come meccanismo di lettura;

——> nel processo analogico per la costruzione del sistema di riferimento, ossia della struttura di base su cui si fonda l'analogia.

L'indizio grafico non fa che polarizzare analogicamente una struttura.

Θ verosimile che il processo di consultazione e quello di lettura alfabetica non siano realmente disgiunti, se non nelle primissime fasi della percezione e dell'analisi visiva.

La consultazione fa un uso intensivo di una serie di artifici-indizi strutturali: lo scopo è di accedere in via diretta a un predeterminato settore del testo, senza dover ripercorrere interamente la sequenza. Non è assolutamente detto che la sequenza del testo che interessa sia a sua volta non-lineare.

Si pensi all'indice di un libro o al funzionamento dei vocabolari, casi in cui si alternano e si intrecciano

——> consultazione

——> e lettura corrente.

Ammesso che i due processi siano realmente disgiunti, non vedo a che scopo considerarli indipendenti, se nella prassi una larga maggioranza di artefatti richiede, per essere letta, l'intervento di entrambi gli aspetti del processo di lettura (inteso in senso sufficientemente ampio da includere lettura sequenziale e consultazione).


Strutture di base

La differenza tra i vari sistemi citati riguarda la struttura di base dell'analogia grafica, il sistema di riferimento che determina il valore della posizione:

b.1.3.1] le tabelle a entrata multipla si fondano sul particolare tipo di schema in cui ogni elemento viene definito da due o più "coordinate" di riferimento;

b.1.3.2] i diagrammi narrativi a più livelli sono soltanto matrici in cui gli elementi sono posti in relazione, sulla base di un dominio di destinazione noto;

b.1.3.3] le strutture diagrammatiche hanno alla base l'analogia tra un concetto e una forma grafica creata ad hoc; al contrario delle due precedenti, non fa riferimento a una struttura di base nota.

In tutti questi esempi il tratto dominante è la trasposizione degli elementi da un dominio a un altro. Il dominio di destinazione è il sistema di riferimento che dà valore ai singoli elementi.

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