Copertina
Autore Fernando Pessoa
Titolo Novelle poliziesche
EdizionePassigli, Firenze, 1999, Narrativa 42 , Isbn 978-88-368-0566-2
OriginaleA Very Original Dinner, Novelas Policiarias [1953]
TraduttoreRoberto Mulinacci, Amina Di Munno
LettoreRenato di Stefano, 1999
Classe narrativa portoghese , gialli , critica letteraria
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Pagina 21 [ inizio libro ]

Fu durante la quindicesima sessione annuale della Società di Gastronomia di Berlino che il Presidente, Herr Prosit, fece il famoso invito ai suoi membri. La sessione era naturalmente un banchetto. Durante il dessert nacque un'accesa discussione sull'originalità dell'arte culinaria. Era un cattivo momento per tutte le arti. L'originalità era in declino. Anche nella gastronomia c'erano un declino e un indebolimento. Tutti i prodotti della cucina che si definivano 'nuovi' non erano altro che varianti di piatti già noti. Una salsa diversa, un modo lievemente diverso di condire o insaporire - in questo differiva il piatto nuovo da quello tradizionale. Non vi erano vere e proprie novità, ma solo innovazioni. Tutte queste cose furono deplorate unanimemente al banchetto, con una varietà di toni e diversi gradi di veemenza.

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Pagina 61

LA FINESTRA STRETTA


Sull'intelligenza umana


«L'intelligenza umana», disse lo zio Porco, appartiene a una di queste tre categorie. La prima categoria è l'intelligenza scientifica. E' la sua, questore Guedes. L'intelligenza scientifica esamina i fatti e ne trae le sue conclusioni immediate. Dirò meglio: l'intelligenza scientifica osserva, e determina, mediante la comparazione delle cose osservate, ciò che diventeranno i fatti.

L'intelligenza filosofica - questa è la tua, Abílio - accetta dall'intelligenza scientifica i fatti già determinati e tira da essi le conclusioni finali. Dirò meglio: l'intelligenza filosofica estrae dai fatti il fatto».

«Molto ben detto», intervenne Quaresma.

«Perlomeno è comprensibile», rispose lo zio Porco.

«Ora, oltre a questi due tipi di intelligenza, ce n'è un altro, a mio avviso superiore, che è l'intelligenza critica.

Io ho l'intelligenza critica», aggiunse con naturalezza.

Lo zio Porco si fermò, estrasse una cartina, vi rovesciò un po' di tabacco da una vecchia tabacchiera e poi arrotolò con lentezza una sigaretta. La cartina, notai, si sporcò alla sola pressione delle dita che la arrotolavano. Lo zio Porco prese dalla tasca una scatola di fiammiferi di legno, ne sfregò uno, accese la sigaretta, quindi continuò:

«L'intelligenza critica non possiede l'osservazione che è alla base dell'intelligenza scientifica, né il raziocinio che è il fondamento dell'intellígenza filosofica. Parassitaria, perfino indolente, per natura, come lo sono le classi colte e aristocratiche in relazione alle altre, essa vive soltanto nel vedere le pecche che i suoi predecessori, per cosí dire, hanno commesso. Sopratttutto vede le pecche dell'intelligenza filosofica, che, in quanto astratta, è più simile alla sua natura.

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Pagina 65

(...) Dunque, il difetto centrale dell'intelligenza scientifica è di credere nella realtà oggettiva di questo triplo preconcetto. E' chiaro che man mano che ci allontaniamo dal preconcetto personale in direzione del preconcetto per così dire organico, ci avviciniamo, non dirò al fatto, ma alla comunanza di impressioni con le altre persone, e così effettivamente al 'fatto', non però in un senso teorico, bensì in un senso pratico. La realtà è una convenzione organica, un contratto sensoriale tra tutti gli enti che hanno sensi». «Se il signore me lo permette», intervenni io, «questo vostro criterio che non discuto, né avrei argomenti per discutere, mi pare che, in ogni caso, ci conduca alla convinzione dell'inutilità assoluta dell'osservazione, della scienza, insomma, davvero di tutto».

«Non è proprio così», rispose lo zio Porco. «Se lei vuol dire che ci porta a credere alla irrangiungibilità della verità oggettiva, sono d'accordo. E tuttavia, la verità o la mezza verità soggettiva ha la sua utilità, un'utilità, per così dire, sociale: è quello che è comune a tutti noi, e dunque, per tutti noi in relazione gli uni agli altri, è come se fosse la realtà assoluta. In più, nella maggioranza delle circostanze della vita pratica, noi non abbiamo bisogno di conoscere i fatti, ma soltanto l'uno o l'altro aspetto di essi, relativo a noi o agli altri, per nostra utilità. Per esempio: quel tavolo è collocato lì all'entrata di casa. Che cosa le occorre di sapere, riguardo ad esso, nell'entrare qui dentro? Che è un tavolo e che sta lì. E' quanto le serve di sapere per non sbattervi contro, che è l'unico 'fatto' importante per chi entra in questa stanza. Per non sbattervi contro, non occorre che lei sappia se è fatto di una cosa chiamata pino, o di una cosa chiamata impiallacciato, o di una cosa chiamata palissandro».

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Pagina 101

Discorso del Dr. Quaresma
sullo stato mentale della potenziale criminale


«Ci sono tre stati mentali distinti, sebbene i confini siano confusi, come tutto. C'è lo stato mentale anormale ma non pazzo, e c'è lo stato mentale della pazzia.

Che cos'è lo stato mentale normale? E' quello in cui c'è un equilibrio degli elementi mentali, un'armonia tra di loro, in modo che gli atti dell'individuo non si distinguano dagli atti della generalità degli individui, nel tipo, perlomeno, se non nella qualità.

E' evidente che gli elementi mentali variano di grado da uomo a uomo, e non ci sono elementi mentali ugualmente sviluppati nello stesso uomo. Se così è, in cosa consiste la cosiddetta normalità, ossia l'equilibrio tra questi elementi, gli uni necessariamente più accentuati degli altri? Come nasce l'armonia dalla disuguaglianza? Dal fatto, evidentemente, che questa disuguaglianza è limitata, e che nessun elemento è a tal punto deficienze o eccedente in relazione agli altri da turbarne l'armonia. E cosa significa turbare l'armonia? Significa che questa deficienza o eccedenza si manifesta in un modo tale da disturbare l'attività degli altri elementi. Quando, per esempio, l'istinto del guadagno è a tal punto sviluppato da ostacolare il senso morale o sociale, oppure, in concomitanza, l'istinto morale o sociale è a tal punto atrofizzato da non inibire il senso del guadagno, c'è una rottura dell'equilibrio, e l'individuo, nel quale ciò si verifica, è un anormale.

Supponiamo, però, che l'elemento mentale emergente, o per eccedenza o per deficienza, sia eccessivamente emergente. Invece di disturbare questo o quell'altro elemento mentale nella sua azione, ne disturberà più di uno, e così, aumentando il livello di anormalità, l'emergere di questo elemento andrà ad invadere l'intero spirito. Questa invasione dell'intero spirito da parte di un elemento mentale eccessivamente depresso o esaltato, è ciò che si chiama pazzia. Così come non è molto facile distinguere tra certi stati di anormalità, parimenti anche tra gli stati gravi di anormalità e gli stati primari di pazzia la distinzione non è agevole.

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