Copertina
Autore Fernando Pessoa
Titolo Il ritorno degli dèi
SottotitoloOpere di António Mora
EdizioneQuodlibet, Macerata, 2005, Quaderni 20 , pag. 344, cop.fle., dim. 160x225x23 mm , Isbn 978-88-7462-062-3
CuratoreVincenzo Russo
LettoreCorrado Leonardo, 2006
Classe narrativa portoghese , religione
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Indice

  7 Nota introduttiva

    Tracce di António Mora

 15 Nella casa di salute di Cascais (Fernando Pessoa)
 25 Aspetti (Fernando Pessoa )
 31 Programma generale del neo-paganesimo portoghese (Ricardo Reis)
 33 Il neo-paganesimo portoghese (Fernando Pessoa)
 35 "Athena" e Programma del periodico (Fernando Pessoa)
 41 [Mora, discepolo di Caeiro] (Thomas Grosse)
 43 Note in ricordo del mio maestro Caeiro (ΐlvaro de Campos)


    Opere di António Mora


    A. Opere atlantiche da pubblicare

 73 ["Athena": Quaderni di ricostruzione pagana]

    PRIMO QUADERNO
 77 Il ritorno degli dèi:
    Introduzione all'opera di Alberto Caeiro
153 Prolegomeni a una riforma del paganesimo
199 I fondamenti del paganesimo

    SECONDO QUADERNO
229 Introduzione allo studio della metafisica

    TERZO QUADERNO
243 Milton superiore a Shakespeare

    QUARTO QUADERNO
247 Saggio sulla disciplina

    B. Dissertazioni

2S3 Dissertazione sull'artificialità
255 Dissertazione a favore della Germania e
    della sua condotta nella guerra attuale

279 C. "Orpheu"


    Appendice. Progetti
287 Progetti firmati da António Mora
289 Progetti attribuiti da Pessoa a António Mora

301 Note ai testi
311 Notizie sull'autore e sugli eteronimi citati
319 Postfazione di Vincenzo Russo

 

 

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Pagina 7

Nota introduttiva



1. Il filosofo neopagano António Mora

Fernando Pessoa non ha mai redatto una biografia per António Mora. Le vite così finemente immaginate dal poeta portoghese sono un privilegio dei tre personaggi principali attorno a cui ruota l'eteronimia: il poeta bucolico e pagano Alberto Caeiro, maestro di tutti gli altri, Ricardo Reis, medico e compositore di odi oraziane, e l'ingegnere navale ΐlvaro de Campos, cantore delle sensazioni e del mondo moderno. Rispetto ai tre poeti, il filosofo António Mora, l'autore di tante pagine sul paganesimo, pur partecipando attivamente al gioco delle parti inscenato dagli eteronimi e dal Fernando Pessoa ortonimo, appartiene a quella schiera di figure sfuggenti e solo parzialmente delineate di cui Pessoa ha riempito la sua letteratura.

Le uniche notizie su di lui ci vengono fornite dai testi in cui gli "altri" membri della famiglia eteronimica lo citano o ne accennano.

Il nome di António Mora appare per la prima volta in Nella casa di salute di Cascais (composto presumibilmente fra il 1907 e il 1910), un "racconto intellettuale" in cui il filosofo è descritto come uno dei pazienti più originali del manicomio, tanto per la sua figura (la chioma interamente bianca, la toga di tipo romano che indossa, il lamento del Prometeo di Eschilo che recita), quanto per il contenuto del suo delirio (la repulsa della civiltà moderna e del Cristianesimo, l'elogio dell'antichità greca e della sua religione). In visita al manicomio di Cascais, il narratore del racconto (probabilmente lo stesso Pessoa) è presentato ad António Mora dal suo medico, il dottor Gomes, che ne diagnostica le tendenze isteriche e paranoiche. I primi segni di squilibrio mentale avevano costretto i familiari di Mora a internarlo, dal momento che ritenevano "pericolosa la direzione che stava prendendo la sua mania di persecuzione..."

Con ogni probabilità tra il 1914 e il 1915, Pessoa decise di firmare con il nome di António Mora (del dottor António Mora, laureato in giurisprudenza) i primi testi teorici sul paganesimo e sul neopaganesimo, emancipando così il personaggio da finzione narrativa del racconto a vero e proprio eteronimo, autore in proprio di testi e di progetti editoriali. A partire da questo momento Pessoa affida al folle António Mora, non senza un certo compiacimento ironico, il compito e la responsabilità di speculare su grandi questioni culturali, come la storia e l'essenza del paganesimo, la sua ricostruzione nella società moderna, i suoi rapporti con le altre religioni e con il cristianesimo in particolare, la possibilità di fondare una scuola neopagana portoghese: sono pagine e pagine di testi – alcuni dei quali semplici appunti, altri veri e propri scritti, ancorché dal carattere frammentario – che confluiranno nelle tre opere "pagane" di António Mora: Il ritorno degli dèi, Prolegomeni a una riforma del paganesimo e I fondamenti del paganesimo. Ma alla penna del filosofo neopagano Pessoa ricorre anche per intervenire su argomenti di più stringente attualità, come quando – in una Dissertazione a favore della Germania e della sua condotta nella guerra attuale – si sforza di giustificare la partecipazione tedesca in funzione anti-alleata nella Prima Guerra mondiale, o come quando recensisce "Orpheu", la principale rivista dell'avanguardia estetica portoghese (1915), diretta anche dallo stesso Pessoa. Ad António Mora sono inoltre attribuibili alcuni brevi frammenti di opere di diverso carattere teorico: Introduzione allo studio della metafisica, Saggio sulla disciplina e Dissertazione sull'artificialità.

Per oltre un quindicennio (dalla prima metà degli anni Dieci fino agli inizi degli anni Trenta), seppur senza regolarità, António Mora accompagna Pessoa nella elaborazione di una vastissima opera dispersa – quantitativamente maggiore di quella dei due eteronimi Alberto Caeiro e Ricardo Reis –, che resterà in ogni modo inedita fino alla morte del poeta portoghese.

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Pagina 15

Nella casa di salute di Cascais
(Fernando Pessoa)



Giunti alla stazione di Cais de Sodré, il dott. Gomes mi parlava così:

— La ragione per cui la voglio portare là, fino alla casa di salute, è che vi si trova internato un pazzo del suo genere.

Poi, accorgendosi della gaffe, sorrise e si corresse.

— "Del suo genere" non significa che lei sia pazzo. Volevo solo dire che la pazzia di costui riguarda questioni alle quali lei è interessato...

— Delirio sociologico? chiesi.

Il dott. Gomes si allontanò dalla biglietteria e, fra lo strappo dei due biglietti, mi rispose, voltandosi:

— Sì, e no. Θ delirio sociologico e non lo è. Quello che di valido c'è nel suo delirio, non riguarda la sociologia. Non parla molto di sociologia. Le teorie sono interessanti... — Entrammo lentamente sulla banchina... — Vedrà, vedrà...

E salimmo allora sul treno. Appena seduti, ripresi la conversazione.

— Chi è l'uomo, chiesi.

— Θ il dott. Gama Nobre...

— Dottore? davvero?

— Diritto... laureato; del resto, il "dott." si usa ormai per tutti... ma — stavo dicendo — è un tal dott. Gama Nobre — il "dott." gli dona — che la famiglia fece internare poiché riteneva pericolosa la direzione che stava prendendo la sua mania di persecuzione...

— Ma questa sua mania ha a che vedere con la sociologia di cui lei parla?

— Più o meno... Si crede perseguitato da tutto quanto è moderno e opera di scienza. Da una lampada elettrica a un vapore all'orizzonte, tutto questo lo perseguitava e a volte ancora lo perseguita... Un piatto di alluminio è come fargli uno scherzo... Possiede un istinto bruscamente sicuro verso tutto ciò che è moderno. Alle cose minime, cui nessuno ormai pensa se siano moderne o antiche, egli fa caso. E nei momenti di crisi è il diavolo, a volte. Un misoneismo spaventoso.

— Ah... e le teorie sociologiche riguardano l'odio verso ciò che è moderno...

— Precisamente... Ma quello che è interessante è il modo in cui architetta queste teorie. Θ uno di questi soci [...] Θ il più [...] che conosco. Quel potere di argomentazione impiegato in cose utili, mio caro... Le dico che ce ne sarebbe da discutere... Ce ne sarebbe da discutere per quanto ha prodotto... vedrà...

L'insegna "Pedrouηos" lampeggiò attraverso il finestrino. [AM I, 1]


... Il più interessante, tuttavia, è António Mora. Θ, per lo meno, il più originale di tutti.

— Il più originale?

— Sì, personalmente originale, originale come persona, non clinicamente originale. Clinicamente non si discosta affatto dal tipo di paranoico, o dalla tendenza conosciuta della paranoia. La verità è che non è semplicemente un paranoico. Θ anche un isterico. Ma la paranoia è a volte accompagnata da una psiconevrosi intercorrente. Non c'è da meravigliarsene. Non c'è nulla di strano. Non è in questo che è originale. Θ nella specie del suo delirio, nel suo contenuto, che risiede tutto l'interesse. E non ti dico altro... Vedrai. E preparati a perdere del tempo con lui, perché, vedrai, ne resterai davvero interessato.

— Vedremo.

— Ti assicuro. Non ci sarà bisogno di indicartelo. Lo riconoscerai subito dalla toga.

— La toga? Cosa! Il tipo va in giro in toga? Ma ha a che vedere con il delirio...?

— Vedrai, vecchio mio, vedrai... Non ti voglio dire niente. Non ti voglio togliere interesse alla sorpresa. [AM I, 2]


Mi sorprese all'improvviso, imboccando verso un leggero chiarore, una figura imponente che, con una toga romana, la chioma interamente bianca, artistica nei suoi vuoti, recitava con una voce (Bella voce! dissi io al dott. Gomes) l'inizio del lamento di Prometeo del dramma di Eschilo. Avvicinandosi, ci vide, e, affrettando leggermente la declamazione per giungere alla fine del periodo, si volse verso di noi, e conclusa la frase, salutò il mio accompagnatore.

Vidi allora bene l'internato. Alto e di una bizzarria con la quale il suo antico abito meravigliosamente quadrava, capelli tutti bianchi, bianca interamente la barba e uno sguardo vivo e altero, in cui forse solo l'osservatore prevenuto avrebbe riscontrato una qualche luce che ne tradisse l'alienazione dello spirito. Il dott. Gomes me lo presentò; fui in maniera grave e rispettosa salutato, e confesso di aver sentito, parimenti a quella pur minima vaga inquietudine e a quel timore che i pazzi sono soliti ispirare, un non so che di rispetto, quasi di venerazione per quella nobile figura.

Ci incamminammo giù per la strada, in mezzo il dott. Gomes, io a destra, parlando all'inizio di cose insignificanti: io e l'alienista, dal momento che il visitato rispondeva poco o distrattamente. Io, che, dopo averlo visto, ero più ansioso di ascoltare da lui l'esaltazione dell'antichità, portai, infine, la conversazione nelle prossimità del mio desiderio, riferendomi al brano di Eschilo che il nostro arrivo aveva sorpreso sulla bocca del dott. Gama Nobre. Il mio riferimento ebbe l'effetto desiderato.

— Ma Eschilo, disse Gama Nobre, Eschilo – la Grecia, da cui viene l'antichità classica, l'unica e vera civiltà per giungere alla quale il mondo è rimasto nelle tenebre fin dalla sua creazione, e dopo la quale è tornato nelle tenebre. Tutto, prima di essa, fu preistorico; tutto, dopo di essa, fu protostorico!

E si fermò in una esaltazione rattristata, il viso offuscato e lo sguardo [] e brillante.

— A questo mio amico, disse il dott. Gomes, naturalmente piacerebbe sentirla parlare in modo circostanziato della civiltà antica. Potrebbe, forse, ricordandola oggi, farne addirittura propaganda (Gomes mi fece l'occhiolino) ai degenerati uomini d'oggi...

— Propaganda? esclamò il dott. Gama Nobre, Propaganda! Non c'è nessuna propaganda da fare! C'è solo da rimpiangere il bene perduto e [] il male presente. Siamo degenerati, perché è da venti secoli, che stiamo degenerando: una cosa del genere non si cura. Non c'è rimedio oggi. Arrangiamoci tanto quanto possibile nella nostra decadenza e nella nostra oscurità. Ciò che è stato, è stato. Ciò che è perduto, è perduto. Propaganda?! e fece un sorriso triste e un'alzata di spalle tra lo sdegnoso e il categorico.

— Ma almeno, intervenni – vorrei che lei mi spiegasse in cosa siamo decadenti e all'oscuro. Io non capisco bene così alla prima...

— Se vuole avere la pazienza di ascoltarmi, e di dedicare la sua attenzione al mio ragionamento dall'inizio alla fine...

— Eccome no...

— Bene... Non c'è pericolo, dottore, di essere interrotti? Non mi piacciono le interruzioni... Un ragionamento è un ragionamento... Per poter parlare... No, non ci sediamo (diretto a me, che avevo guardato una panchina), facciamo i peripatetici. Camminando si pensa meglio che seduti. Nessun pensatore concepisce seduto idea alcuna degna di esser concepita. Si siedono per scrivere e – poveri loro! – come viene fuori, quest'idea scritta!

Il dott. Gama Nobre ricompose la toga con un gesto dignitoso e, alzando un poco il tono, come a incutere più chiarezza al pensiero ponendo più chiarezza nella voce, cominciò la sua esposizione. Non so quanto tempo ore o minuti – durò quel [] memorabile. Per me, il tempo si era dissolto. Non so che giri facemmo nel corso di quel ragionamento. Lo spazio era cessato per me. Il mio sorriso iniziale sparì poco a poco. So che era ormai l'inizio del crepuscolo quando terminai di ascoltarlo. E ascoltai come in un sogno, sentendo, come in sogno, frantumarsi intorno a me tutta la struttura [], che io avevo ricevuto come solida, della civiltà moderna. Ma mi ricordo nitidamente di tutto ciò che disse l'argomentatore. Il rievocatore dell'antichità parlò così:


II

— Le chiedo che mi ascolti quanto più possibile senza stupirsi, e il meno possibile attento alla quotidianità e all'uso [] delle cose che demolirò. Immagini, se le è possibile, di essere un abitante di un altro pianeta, giunto oggi qui per una strana caduta. Supponga quanto più può che la vita di oggi non sia per lei l'essenza del suo psichismo, la base occlusiva della sua stessa assunta ideazione. Glielo chiedo perché misuri il più possibile i miei ragionamenti non in quanto stranezze o novità, ma solo come ragionamenti. Solo lealtà verso la logica le chiedo. Stabilito ciò, entro nella mia tesi. [AM I, 3]


Principio d'insieme.

La nostra civiltà consiste in un movimento di progresso (per così dire) costituito da tre strati o tappe, che distinguerò per i loro punti culminanti, chiamandoli Cristianesimo, Rinascimento e Europa Moderna, intendendo con quest'ultima l'Europa uscita dal periodo in cui avviene il fenomeno rappresentativo della Rivoluzione Francese. [AM I, 4]


L'attuale civiltà è del, per il o con il cristianesimo. Pertanto i suoi elementi sono i seguenti:

1) l'egoismo basilare in tutta la vita umana (sociale).

2) L'umanitarismo caratteristico dell'ideazione cristiana. Umanitarismo la cui influenza non si può negare né ritenere disprezzabile, o addirittura limitata.

3) La [] che produce l'adattamento di una cosa all'altra. [AM I, 5]


1° Il mondo moderno è nato da un movimento che il cristianesimo rappresenta; dunque il cristianesimo è decadentista nell'essenza perché tale dall'origine, nato tra ignoranti rozzi, cresciuto tra schiavi, ladri, prostitute e gente corrotta. Si sono originati da esso []

2° La democrazia... (critica)

3° La scienza che (1) non è vera, (2) né è morale (buona), (3) né è utile

4° La morale cristiana... (critica)

Scienza

Il cristianesimo ha portato, nella vita sociale, il principio di uguaglianza, nella vita del pensiero il principio della fede, nella vita morale il principio dell'umanità. Dall'uno è scaturito l'errore democratico, dall'altro la fiducia della fede nei forti, dall'altro ancora il declino del valore individuale.

Gli stoici giunsero, erano quasi giunti all'atteggiamento positivo contro la disgrazia, ma il cristianesimo li ha assorbiti [] – avete già notato che al miglior [...] gusto intellettualmente e moralmente [...] la transizione è pagana.

Ha già riflettuto su questo – su questo fatto unico –, che è proprio da una società che muore che provengono più segnali di vita e di salute? Cosa le dice tutto ciò se non che il sostituto era inferiore, ignobile, figlio di schiavi e ubriachi, nutrito da prostitute, vestito dalla mano di [] un sistema di civiltà già nell'infanzia marcio e stupido! Un aborto. E un aborto sempre. Ogni volta che desideravo vita, mi ricordavo della vita antica. Guardi il Rinascimento... Guardi perché da allora a oggi è grande e bello. Guardi da dove provengono le idee di bellezza, e le idee che rendono la società mezza marcia di cristianesimo. Il coraggio, la fermezza e [] la bellezza fisica e morale – questo è pagano – tutto. Povera civiltà cristiana che vive solo per dimenticarsi di esserlo!" [AM I, 6]

Basata su un'astrazione avanzata e lucida, la religione antica era astratta dalla morale e dalla politica: due vantaggi essenziali, perché lasciavano ai popoli la morale che l'intuizione delle cose sociali naturalmente ispirava loro, e nelle cose politiche la libera azione, senza altro fine che quello dell'azione politica, né altro pensiero che quello che era stato al momento il pensiero dell'azione politica. Con il cristianesimo tutto è collettivo. La sua morale ha perturbato e perturba tutta la nostra vita.

La sua []

Guardi nel nostro Paese l'uomo esemplare. Guardi quello che siamo diventati a partire dalle scoperte, per non avere avuto unità e naturalezza di pensiero politico. Noti come i popoli moderni non sono mai stati [] – né temono la naturalezza morale.

Socialismo, anarchismo – tutto ciò non è altro che cristianesimo puro –, male cristiano e vizio cristiano di intromettere nella pratica della vita altri principi che la sua analisi avrebbe fornito. [AM I, 7]


Libertà, uguaglianza e fratellanza – vuole qualcosa di più cristiano?

Poco fa, non riesco a indovinare come, mettendo nella custodia un campanellino elettrico che mi incomoda orribilmente, suonando, suonando sempre...

Ho avuto un sussulto brusco, e, alzando gli occhi, ho incrociato l'espressione tremante e lievemente rosata del sorriso raffrenato del mio amico alienista. [AM I, 8]


Se vorrà [...]

— Mi farebbe piacere, replicai, per delicatezza.

L'internato si lisciò la barba bianca...

— L'argomento è lungo...

— [...] nella sua attenzione, dissi io di seguito, ma credo [...] [AM I, 9]


... Del resto, il cristianesimo è un arretramento rispetto al sistema religioso pagano.

— Eh? dissi io involontariamente.

— Certo. Analizziamo bene. La religione non è altro che una filosofia popolare. Non importa come nasca: importa solo cosa essa è. Θ una filosofia popolare. E questo concetto è talmente esatto da aiutarci ad acquisirne un altro, il quale a sua volta delucida il primo. La filosofia (si divide in metafisica, morale []) è il prodotto di facoltà o funzioni chiamate astrazioni. Tanto è astratta una filosofia quanto più è elevata (elevata cos'è?). Applichiamo questa idea alle religioni. La prima forma di religione è quella del feticcio, della consustanzialità del dio e dell'idolo. Θ l'adorazione del culto selvaggio per una pietra di forma strana. L'astrazione è ancora così piccola che l'idea di stranezza (o un'altra simile) astrae l'oggetto dagli altri. Θ un'astrazione puramente materiale. Segue lo stadio religioso o astratto, in cui l'astrazione concepisce un'entità interna all'oggetto dell'adorazione, ma non separata da esso se non per essere interiore ad esso (la sua anima). Esiste poi il concetto di un dio dell'oggetto, Dio non-interno a esso, ma astratto da esso. – Corrispondono, in filosofia, al [] il materialismo che consustanzia anima e corpo, lo spiritualismo che unisce anima e corpo, l'idealismo che fa in modo che l'anima trascenda il corpo.

Il Dio-Padre del cristianesimo non è nient'altro che l'idea di uomo, non l'idea di uomo astrattamente concepito, ma l'idea di uomo consustanziata all'uomo. L'idea di uomo in quanto idea e astrazione non contiene niente dell'idea di forza, vendetta o giustizia. Anche, nell'idea, implicita all'idea di uomo, l'astrazione di uomo – l'uomo maschio, e, pertanto, creatore, forte, giustiziere come i forti, occasionalmente come i forti misericordioso, come i forti vendicativo, [] – tutto questo secondo il concetto che ogni popolo o ognuno ha del maschio-tipo, relativo all'idea di uomo che ognuno o ogni razza ha. – Il Dio-Figlio è una mescolanza dei due elementi – dell' idea di uomo secondo un altro concetto, il concetto nullo e soave dei popoli decadenti, e della nozione retrograda, che proviene dal primo periodo di astrazione, della consustanzialità (Uomo-Dio) dell'idea di uomo con l'idea di Dio, o in ultima analisi, dell' idea-di-uomo-tipo con l' idea di uomo. Θ un modo ingenuo di provare quanto abbiamo detto. L'idea di Cristo esiste, corpo e anima, consustanzialmente nella storia, e, si dice, sincronicamente palpitante in essa, tanto sul piano logico quanto su quello sociale, poiché appartengono entrambe allo stesso genere di astrazione inferiore. – Finalmente lo spirito Santo – questo []

Ecco così riuniti tre periodi di ideazione – Dio-Padre è quello della consustanzialità dell'idea di uomo con l'uomo, Dio-Figlio quello della coesistenza dell'idea di uomo con l'uomo, il Santo Spirito, la dissociazione dell'idea di uomo dall'uomo. In tal modo, la Trinità cristiana è evolutiva, lo stereotipo indica tre stati di ideazione diversi e successivi. [AM I, 10]

Il progresso umano, dalla Grecia a oggi, è stato un malgrado, è stato una serie di errori di origine sentimentale. Tutto questo è derivato dal fatto di esserci consegnati al sentimento per ogni cosa. Non sorprende [] constatare che viviamo in parte, per quanto riguarda alcuni nostri sentimenti, purtroppo fondamentali, nella decadenza dell'impero romano...

— Addirittura...

— Colga il fatto flagrante. Non siamo forse cristiani o con sentimenti ancora imbevuti di cristianesimo? E vuole una causa maggiore del cristianesimo per la decadenza dell'impero romano?

Dalla Grecia a oggi, abbiamo agitato idee e teorie, ma nil novum, nil novum... Negli aspetti secondari abbiamo costruito, costruito... in quelli essenziali non siamo avanzati affatto, affatto...

L'abolizione della schiavitù è quasi soltanto sorta in noi dal nostro crimine contro la natura: ci condanna a un vizio perpetuo di schiavo nella nostra anima, nella nostra anima che, del resto, discende dagli schiavi e dalle prostitute dell'impero romano in decadenza. Abbiamo nello spirito la macchia del proletario; non produciamo, riproduciamo. Non creiamo, copiamo, perfezioniamo a sufficienza la nullità essenziale del dettaglio.

Il nostro sentimentalismo ci impone di rivoluzionare, di abolire, laddove dovremmo riformare, alterare, perfezionare. Cerchiamo di creare, distruggendo. A perdere siamo comunque noi; lungi dal renderci [], ci rende realmente incapaci di creare. Si sarebbe dovuto riformare la schiavitù; ma era più semplice abolirla. Cosa c'era del resto da aspettarsi dalla gretta combinazione di schiavi, prostitute, di messia ubriachi e onanisti...? ... Il sig. Gama Nobre balbettò un poco. – Qui ho ecceduto, è chiaro. Ma ne elimini l'enfasi e la foga, e i fatti stanno là, sono sotto i nostri occhi.

— Il cristianesimo, credo, non si meravigli, per lo meno non sempre, ha attaccato la schiavitù... La Chiesa cattolica...

— Ah, sì, sì! Ma io credo più nell'intuizione sociale della Chiesa, che era già Stato, socialmente cosa, che nel balbettio ingenuo e [] dei poveri diavoli nelle cui anime si fonda il cristianesimo.

— Chi dice schiavitù, per noi, dice tortura, maltrattamenti... tutto ciò, infatti, avrebbe richiesto riforma, non abolizione... Guardi il puritanesimo che c'è, guardi. Oggi, neppure con una rosa si picchia una donna... Qui una rosa sembra [].

— I Greci, caro signore, accettavano la Natura come era; non le imponevano Verità a cui essa è superiore, né logica a cui non ubbidisce. [AM I, 1]

A quei tempi, la vita fu supremamente felice, e supremamente grande, perché fu supremamente vita... [AM I, 12]


Il repubblicanesimo greco ha unito al massimo grado felicità e progresso, cosa che noi non abbiamo potuto, né potremo mai fare. [AM I, 13]


Θ nonostante e non a causa della democrazia che la società moderna progredisce – anche se in gran parte illusoriamente –, in ciò in cui progredisce.

Caspita! Ma noi viviamo dei resti della civiltà greca, di quanto la Grecia ci consegna attraverso Roma. Idee religiose, idee morali, [] – tutto è estraneo a noi, alla nostra pseudo-civiltà.

Ma non era già indiana prima di essere greca, e con rispetto per il greco? No, fra tutte le civiltà anteriori alla greca e la greca stessa, esistono differenze radicali.

Il nostro stesso Cristo non è altro, nella sua visione e nella sua individualità apocrifa, che resti di leggende pagane, unificate dallo spirito nullo e [] della decadenza del paganesimo e della sua civiltà. – Tutto questo a causa della confusione mentale delle decadenze mescolata con elementi ebraici, indiani, egizi ecc. – mescolanza di cose eterogenee – [] come l' haggis scozzese. Il signore ha già provato l' haggis? [AM I, 14]


Greatness of nations at an aristocratic period, yet half democratic, when people are in a species of slavery (England in Elizabethan times). [AM I, 15]


— Ma la vita politica greca non era così perfetta...

— Ma io non ho detto che erano perfetti. Ho detto che erano quelli che più si avvicinavano alla perfezione, quelli che maggiormente hanno legato la felicità alla cultura e alla grandezza; dico che, mentre noi orientiamo la nostra vita imperfetta su principi mentali imperfetti e falsi, essi regolavano la loro vita imperfetta su principi perfetti, logici e giusti. Da qui scaturisce la loro superiorità...


Industrialista: uccide e ritarda i migliori

[...] – tra i peggiori

Scienza – semi-metafisica

Anche se (cosa dubbia) si fossero ottenuti dei risultati trascendenti, questi avrebbero teso a rendere più eterogeneo l'uomo o a renderlo più omogeneo. Nel primo caso liquida tutto per aggravamento dell'insieme attuale; nel secondo con l'omogeneità si [...] oppure non [...]

Se non fosse un altro elemento di perturbazione, se si [...] con la stagnazione e la morte, perché omogeneità è la morte. (Già la scienza non è un'arte: è il male.) [AM I, 16]


La nudità greca! Non la nudità greca come la intendono oggi alcuni. Al contrario, la nudità dell'anima, anche in una civiltà vestita, deriva dal fatto che non dimentica che le cose e gli uomini sono nudi per natura. [AM I, 17]


Mancanza di semplicità e nudità. Bugiardi sempre, viviamo mentendo (indignazione della donna verso le prostitute ecc. – ogni nostro discorso sociale, tanto dell'uomo, quanto della donna – è menzogna).

La donna non ha ideali. [AM I, 18]


— Le nostre perpetue menzogne, le nostre ipocrisie; tutta la struttura della nostra finzione – [] della nostra razza ignobile [] – propria di una razza che non conosce la nudità, che è una razza vestita []

— Ma la loro "mentalità artistica" era una mentalità di pederasti.

— E la nostra? – di onanisti. Alla nostra stessa copula normale apportiamo una mentalità di onanisti. [AM I, 19]


Siamo egoisti, ma con il sentimento degli altri. Viviamo confusi, perché [...]. Non viviamo la nostra vita; la nostra vita è ciò che ci vive.

Le nostre vite sessuali determinano in noi una mentalità di onanisti. Anche nel nostro amplesso, il sentimento che abbiamo è quello di onanisti. La copula è per questo un onanismo mascherato. [AM I, 20]

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Il ritorno degli dèi
Introduzione all'opera di Alberto Caeiro



1. Introduzione, dove si dicono le ragioni per le quali è fatto l'opuscolo, il modo come sarà fatto, e i suoi fini [cfr. Pr 8]

I parenti di Alberto Caeiro, il cui amichevole compito consiste nel pubblicare la sua Opera, mi hanno chiesto di anteporre a quest'Opera una prefazione. L'onore che mi hanno fatto era grande; la richiesta, comunque giusta. Chi avrebbe potuto parlare di lui se non il suo unico discepolo?

Ma, per parlare di Caeiro, non scriverò evidentemente una biografia, né dirò parole di elogio. La biografia non avrebbe interesse, perché nella vita di Caeiro non è avvenuto nient'altro se non i versi che ha scritto, che da soli parleranno. Per elogiarlo, dovrei dire la mia ammirazione solo attraverso frasi declamatorie, oppure dovrei spiegarla, tentando di convertire gli altri ad ammirarlo per il peso, quando non addirittura per l'abbondanza, dei miei argomenti. Dire la mia ammirazione, senza dirne la causa, sarebbe insensato; perché, o l'opera di per sé seduce immediatamente gli spiriti, oppure pochi – o molti – lascia insensibili. Se seduce tutti, non servirebbe a niente che io esprimessi ciò che ognuno saprebbe esprimere da sé. E se non è l'opera stessa che prende d'assalto l'ammirazione degli altri, quanto assurde, sterili e mal impiegate sarebbero le mie parole di ammirazione, aggiunte a una fredda accoglienza!

[...]


1. Il fenomeno religioso definisce ed esprime la civiltà. La esprime e la definisce perché è il fenomeno simultaneamente più vasto, più profondo, e più regolatore. Θ il più vasto perché la religione è un concetto dell'universo, e include pertanto una metafisica, un'estetica, e una morale. Θ il più profondo, perché nell'esser tutto questo, lo è in maniera emotiva e non intellettuale, tanto che appartiene all'intimo del nostro essere (in quanto l'emozione, come fenomeno definito, è anteriore al pensiero) e a quella parte dello spirito umano in cui vi è più uguaglianza fra gli uomini, giacché essi, diversi nel loro grado di volontà, e diversi nel loro grado di intelligenza, sono meno diversi in quello della loro emozione. Θ, finalmente, il più regolatore perché la religione è per sua natura un fenomeno interiore, ma anche, per sua natura, un fenomeno collettivo: per questo, la religione unendo gli uomini, li lega più intimamente di qualsiasi altro fenomeno sociale.

Le formule passano, le espressioni mutano, l'essenza permane. [AM II, 4]


Senza discutere ora quali siano i fondamenti metafisici o della religione, o di una religione specifica, una volta constatata dal sociologo la necessità umana del fenomeno religioso per la disciplina e l'orientamento delle società, basta stabilire, in guisa di corollario, che disciplinerà e orienterà meglio la società quella religione che sia più vicina alla Natura. Questa religione, grazie al fatto di trovarsi più prossima alla Natura, riesce in modo più diretto ad agire sugli uomini, riesce a influenzarli meglio, così da non sviarli dalle leggi naturali che reggono fondamentalmente la vita umana, in quanto ogni tipo di vita riesce a stimolare e guidare meglio le attività sociali dello spirito umano, dal momento che ostacola meno le altre, lasciandole in questo modo più libere.

Θ facilmente dimostrabile, dunque, che la religione chiamata pagana è la più naturale di tutte.

Questa facile dimostrazione si appoggia su tre semplici ragionamenti.

La religione pagana è politeista. Ora, la natura è plurale. La natura, naturalmente, non ci appare come un insieme, ma come "molte cose", come pluralità di cose. Non possiamo affermare positivamente, senza l'ausilio di un raziocinio operante, senza l'intervento dell'intelligenza nell'esperienza diretta, che esista, davvero, un insieme chiamato Universo, che abbia un'unità, oppure affermare che esista una cosa designabile come Natura. La realtà, a noi, si presenta direttamente plurale. Il fatto di riferire tutte le nostre sensazioni alla nostra coscienza individuale impone una falsa unificazione (sperimentalmente falsa) alla pluralità con cui le cose ci appaiono. Ora, la religione ci appare, si presenta a noi come realtà esteriore. Deve pertanto corrispondere alla caratteristica fondamentale della realtà esteriore. Questa caratteristica è la pluralità delle cose. La pluralità degli dèi è di conseguenza la prima caratteristica distintiva di una religione che sia naturale.

La religione pagana è umana. Gli atti degli dèi pagani sono atti di uomini magnificati; sono dello stesso genere, ma di grado maggiore, di grado divino. Gli dèi non procedono dall'umanità rigettandola, ma eccedendola, come i semidèi. La natura divina, per il pagano, non è antiumana e al contempo superumana: è semplicemente superumana. Così, per essere in accordo con la natura in quanto mondo puramente esteriore, la religione pagana è in accordo con la natura in quanto umanità.

Infine, la religione pagana è politica. Ovvero, è parte della vita della città o dello stato, non tende ad un universalismo... Non cerca di imporsi su altri popoli, ma di accettarli. In questo modo, è in accordo con il principio essenziale della civiltà, che è la sintesi, in una nazione, di tutte le possibili influenze delle altre nazioni – criterio dal quale solo divergono quei criteri strettamente nazionalisti, che sono il provincialismo della politica, e quei criteri imperialisti, propri della decadenza. Non si è mai vista una nazione forte essere conservatrice, né nazione sana essere imperialista. Vuole imporsi chi già non si può trasformare. Vuol dare chi già non può ricevere. Ma chi non può trasformarsi, in verità, è paralizzato; e anche chi non può ricevere è paralizzato.

Così, la religione pagana si trova in armonia con i tre punti naturali che riguardano l'umanità: con la stessa essenza sperimentale dell'intera natura; con la stessa essenza della natura umana; e con la stessa essenza della natura umana in marcia (in marcia sociale), cioè della natura umana civilizzata, cioè della civiltà.

Nelle altre religioni conosciute, e che abbiano davvero diritto di cittadinanza nella storia umana, c'è sempre un allontanamento da questa linea naturale – dall'allontanamento massimo del buddhismo al minore, sebbene grave, del cristismo.

Il buddhismo, e prima di questo, la religione dell'India, rappresentano il più puro allontanamento dagli ideali, per natura, umani, che il collezionista di malattie possa desiderare di trovare. Partendo, chiaramente o oscuramente, dal principio disumano che la vita è un'illusione, il buddhista o il brahmano aspirano, nel loro culto religioso, a trascendere questa misera umanità.

In modo simile il cristiano []

Il politeismo naturale, sebbene oscuramente rispetto a tutte le religioni, lungi dall'essere il loro rozzo elemento, è il loro elemento umano.

Il paganesimo greco rappresenta il più alto livello di evoluzione umana, evoluzione tesa all'equilibrio che deve costituire l'evoluzione umana: questa e non altra. Sarà l'evoluzione verso la scienza, e non verso l'emozione, quella che ci deve caratterizzare, differenziandoci davvero dagli animali inferiori. Dunque, come si manifesterà la scienza, nel campo sociale, se non nella giusta nozione della natura e delle relazioni umane, nella comprensione delle leggi che reggono gli esseri inanimati, gli esseri viventi, e gli esseri sociali? Sono stati i greci ad ascendere più in alto nella comprensione scientifica. Per questa ragione, sono giunti più lontano nelle arti della civilizzazione. [AM II, 5]

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Saggio sulla disciplina



Se avessimo constatato che, insieme alla complicazione dell'espressione, alla disorganizzazione della chiarezza, i romantici e simbolisti avessero proceduto parallelamente anche in complessità e complicazione nella struttura generale delle loro opere, avremmo concesso di buon grado che la loro opera costituisse un progresso. Ma constatiamo come romantici e simbolisti esasperino un aspetto – l'espressione, il sentimento – senza, però, perfezionarne quanto lo limita: il potere di collegamento, di concatenazione, di costruzione armonica dell'opera. In tal modo, non solo non avanzano, ma neppure retrocedono. Ci sia lecito dubitare, da subito, del carattere avanzato della loro innovazione. Che si voglia presentare l'opera romantica come un primo timido passo in avanti rispetto all'opera classica, lo potremmo rilevare subito, ma non sarebbe un elogio assoluto e neppure sarebbe un elogio tale da essere apprezzato da un romantico.

L'arte non è semplice né complessa. La natura dell'opera artistica è la perfezione, e la perfezione non è legata necessariamente all'idea di semplicità, né all'idea di complicazione. Una cosa perfetta è una cosa a cui non manca niente, o – intendendo i termini in senso relativo, se li applichiamo all'umana relatività – una cosa a cui sembra non mancare niente. Questa definizione, di certo incontrovertibile, del Perfetto, mostra come esso abbia poco a che vedere, sia con il semplice, che con il complesso. Per certe menti futili, il semplice, solo per essere tale, appare perfetto; mentre ve ne sono altri per cui il complesso, solo perché tale, indica la perfezione. Né gli uni né gli altri rientrano nel giusto senso delle cose. Il semplice, ovvero, quello che mira a contenere poco, difficilmente può scostarsi molto dalla perfezione che ricerca. Al complesso, poiché include molte cose, non è facile distinguere cosa manca. Θ però sicuro che, se alcuni hanno ricercato la semplicità, e altri la complessità, nessuno ha cercato la perfezione.

In verità, questa ricerca riguarda (e contraddistingue) due posizioni dello spirito, ed è per gli uni ricerca della semplicità, per gli altri ricerca della complessità. Gli spiriti oggettivi e attenti – significhi ciò un segno della posizione spirituale o solo di semplicità d'animo – ricercano naturalmente la semplicità. Gli spiriti soggettivi e disattenti, sia perché abbondano loro le idee, sia perché delle idee manca loro la disciplina, tendono naturalmente all'espressione complessa. Gli uni e gli altri peccano per una consultazione eccessiva delle loro stesse tendenze, e per una scarsa attenzione alle esigenze proprie dell'Arte.

Ma qual è, in fin dei conti, il segnale di questa perfezione di cui si parla? Poiché l'arte è un'espressione dei nostri sentimenti, la perfezione artistica sarà, nell'espressione di un sentimento, l'espressione di tutto quanto esso contiene, senza nient'altro. Il difetto capitale dei romantici è di esprimere più di quanto un sentimento contiene, dire non solo ciò che contiene ma, molto spesso, anche ciò che soltanto riecheggia, a cui fa pensare. Difetto, questo, che nei simbolisti si è aggravato fino al fastidio.

Certi processi artistici sono, di per sé, cattivi, perché inducono a questo genere di errore. Così come l'intenzione che induce lo spirito a trovare cose lontane dall'argomento sentimentale che sta all'origine della scrittura: cose che possono essere belle, ma che non lo sono se messe insieme ad altre altrettanto belle, come non sarebbe bella in un tempio greco la pompa barbara di una processione cristiana; o come, al contrario, non sarebbe bello nella solennità e nella mestizia di una cattedrale incontrare, nel suo genere di bellezza, un satiro o un'amadriade. [AM II, 153]


1. La morte è l'origine della vita. Le cose "senza vita" sono più se stesse. La disintegrazione è la causa della vita.

2. Ma se l'organismo non resiste alla disintegrazione, muore. Resistere è conservarsi da sé. La disciplina – la vita, pertanto – proviene dall' esterno (la lotta per resistere, per conservarsi, è l'altra parte della vita); l'integrazione proviene (1) dall'interno e (2) dalla scelta di ciò che, all'esterno, favorisce l'interno.

3. Le prime forze le chiamo di disintegrazione o di impulso; le seconde di integrazione o di disciplina.

4. Il principio di un'epoca sociale, di una nazione o di una civiltà, è la disintegrazione, dunque – è una cosa sconvolgente e rivoluzionaria, apparentemente distruttrice. E realmente distrugge; e ucciderà, se la società non resiste e non cerca di disciplinare questo impulso. Dunque, ogni disciplina proviene dall' esterno; perciò, tutto quello che fa precipitare una nazione è (1) straniero; (2) distruttore; (3) []. La nazione resiste e deve resistere con forze esattamente contrarie, cercando così ciò che è (1) nazionale, (2) costruttivo, [].

Quanto più una nazione si denazionalizza, tanto più in profondità dovrà ricercare dentro se stessa ciò con cui nazionalizzarsi. (E quanto più si denazionalizza, più si nazionalizza, sollevandosi più in alto; e può elevarsi proprio perché si nazionalizza).

Quanto più una nazione sembra vicina alla morte, tanto più vicina è alla vita. Fenice che si trasforma in angelo: La Fenice rinascerà.

La vita è il potere di reagire contro la vita. Quanta più morte c'è in noi, tanta più vita, se dopo tutto continuiamo a vivere, ci sarà in noi. [AM II, 154]

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