Copertina
Autore Peter Phillips
Titolo Censura 2008
SottotitoloLe 25 notizie più censurate
EdizioneNuovi Mondi, Modena, 2008 , pag. 384, cop.fle., dim. 17,5x21x2,2 cm , Isbn 978-88-8909-155-5
OriginaleCensored 2008. The Top 25 Censored Stories
TraduttoreDaniela Conti, Silvia Magi, Mauro Curioli, Cristina Cavalli
LettoreAngela Razzini, 2008
Classe media , paesi: USA
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Indice

Prefazione                                                   13
Introduzione                                                 16

CAPITOLO 1 - Le notizie più censurate nel 2006 e 2007        25

 1. Scompare il diritto dell'Habeas Corpus per "chiunque"    27
 2. Bush verso la promulgazione della Legge Marziale         32
 3. AFRICOM: il controllo militare americano sulle
    ricchezze dell'Africa                                    37
 4. Stati Uniti ed Europa impongono accordi commerciali
    distruttivi per i paesi in via di sviluppo               42
 5. Tratta clandestina di lavoratori per ricostruire
    l'ambasciata americana in Iraq                           47
 6. I raid dell'operazione FALCON                            51
 7. Cosa c'è dietro la Blackwater Inc.                       56
 8. KIA: l'invasione neoliberista dell'India                 59
 9. La privatizzazione delle infrastrutture                  65
10. I fondi avvoltoio. Ecco perchè i paesi poveri
    non estingueranno mai il debito                          68
11. Lo scandalo della "ricostruzione" in Afghanistan         71
12. Ad Haiti un massacro a firma ONU                         77
13. Retate di immigrati per fornire manodopera
    a basso costo alle multinazionali                        87
14. Impunità per i criminali di guerra                       93
15. I danni da esposizione a sostanze tossiche
    si possono trasmettere alle generazioni future           95
16. Bin Laden e 11 settembre. Dove sono le prove
    della connessione?                                       99
17. L'acqua potabile contaminata dai militari e
    dalle corporation                                       104
18. Le elezioni rubate del Messico                          111
19. I movimenti popolari mettono in crisi l'agenda
    neoliberista                                            114
20. Una legge terrorista contro gli animalisti              120
21. Gli USA cercano l'immunità dalle sanzioni del WTO
    per i sussidi illegali all'agricoltura                  127
22. La lenta invasione del Messico                          130
23. Dianne Feinstein e il suo conflitto d'interessi in Iraq 133
24. Come i media manipolano le minacce del Presidente
    dell'Iran                                               139
25. Chi godrà i profitti dell'energia dei nativi americani? 143

Le notizie che hanno ottenuto la menzione d'onore           148


CAPITOLO 2 - Censura Deja Vu

Come è andata a finire?                                     155

CAPITOLO 3 - Notizie frivole e abuso di notizie             202


CAPITOLO 4 - Segnali di Speranza

Storie di cambiamenti che non ci hanno raccontato           212

CAPITOLO 5 - Il caso dei Cinque Cubani                      227


CAPITOLO 6 - Il diritto al blog

Index on Censorship: rapporto annuale sulla censura         241

CAPITOLO 7 - Lo spettacolo mediatico della gioventù
             alienata                                       255


CAPITOLO 8 - Come proteggere i bambini dal crescente
             potere dei media                               274


CAPITOLO 9 - Un'invasione di finte notizie nascosta
             sotto il tappeto                               299


CAPITOLO 10 - Fear & Favour 2006

L'istituzionalizzazione del conflitto di interessi          313

CAPITOLO 11 - Anche i media progressisti sono inglobati
              nel modello della propaganda                  324


CAPITOLO 12 - Gestione della percezione

Coscienza di massa nell'era della disinformazione           343

Ringraziamenti                                              372

 

 

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Pagina 16

Introduzione

di Dennis Loo


La prima volta che mi sono imbattuto in una copia di Censura è stato all'inizio degli anni Novanta, mentre curiosavo in una libreria di Santa Cruz. Fu uno di quei momenti che non si dimenticano più. Ricordo persino in quale punto della libreria mi trovavo e in che modo la luce si rifletteva sulle pagine. C'era un gruppo che dedicava attenzione a storie esplosive di prevaricazione, crimine, menzogne del governo e delle imprese. Era come portare quegli occhiali ai raggi X reclamizzati nei fumetti: soltanto quegli occhiali riuscivano davvero a rivelare la verità nascosta dietro le bugie.

Project Censored si è impegnato in questo ogni anno, per oltre trent'anni, mettendo un pubblico assai più vasto a conoscenza di storie che sono state ignorate o sminuite dai media controllati dalle imprese.

La missione di Censura 2008, di questi tempi, si distingue più che mai per la sua importanza vitale.

L' habeas corpus - il diritto di contestare la propria detenzione, che risale alla Magna Carta, vecchia di quasi 900 anni, uno dei diritti rivendicati in modo esplicito dalla Rivoluzione Americana contro gli inglesi - è stato tolto alla gente, ai cittadini e ai non cittadini senza alcuna distinzione: tanto gli uni quanto gli altri, ora, possono essere dichiarati "nemici combattenti fuorilegge" per capriccio del Presidente.

Il Presidente e il Congresso hanno legalizzato la tortura, a cui si ricorre come vera e propria politica. Le elezioni presidenziali del 2000 e del 2004 sono state rubate sotto gli occhi di tutti. Il governo sta violando la legge, spiando apertamente centinaia di milioni di americani, scrutando da vicino le nostre email e i siti che visitiamo in internet, ascoltando le nostre conversazioni telefoniche, controllando ciò che leggiamo alla biblioteca comunale, registrando le nostre transazioni finanziarie, ciò che compriamo, dove lo compriamo, dove andiamo e chi frequentiamo.

La Casa Bianca è stata beccata a mentire sul perché ha invaso un'altra nazione che non ci minacciava. Secondo la Carta dell'Onu, gli Usa hanno commesso il peggior crimine di guerra in assoluto, eppure il massacro continua. Centinaia di migliaia di persone - quasi un milione - sono morte a causa di tali atti imperdonabili. La moglie di una spia (un agente segreto della CIA) è stata smascherata: un atto di tradimento da parte della Casa Bianca, come forma di vendetta.

New Orleans, città americana unica e ricca di storia, è stata lasciata affogare insieme ai suoi poveri, devastata dall'uragano Katrina e da una Casa Bianca straordinariamente indifferente, che non ha fatto nulla pur sapendo che stava arrivando un uragano di categoria 5. Il presidente ha emanato centinaia di "signing statements" (dichiarazioni con cui il presidente prende le distanze dalla legge, dandone una propria interpretazione, NdT) che annullavano leggi approvate dal Congresso e invalidavano la Costituzione. Scienza, prove concrete e analisi sono state considerate cose superflue dalla Casa Bianca.

Il Congresso, su richiesta della Casa Bianca, ha approvato disposizioni da legge marziale che permettono al presidente di dichiarare, per sua personale iniziativa, lo stato di "pubblica emergenza", e di ordinare retate di massa, arresti e detenzioni senza dover rispondere a nessuno del suo operato. E senza che, negli Stati Uniti, quasi nessuno sappia che ciò sta avvenendo. La Casa Bianca e i suoi sostenitori del Congresso sono stati scossi da scandali su scandali.

La lista dei soprusi — sorprendentemente lunga — continua all'infinito

Eppure... eppure... la passano sempre liscia!!!

Come il bruco che fuma il narghilé in Alice nel paese delle meraviglie, quest'amministrazione usa parole che possono significare qualsiasi cosa.

Pare che per essa non vi siano menzogne troppo grandi, crimini troppo depravati o sconfitte troppo brucianti. Essa ha ridefinito talmente tante volte i confini tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, che il terreno sul quale si muove sembra ormai carta millimetrata.

Ma come siamo arrivati a questo punto? La risposta, in breve, è che i media controllati dalle imprese e i vertici politici della nazione hanno collaborato e agito in collusione commettendo tali misfatti, disorientando e destabilizzando l'opinione pubblica. Ma perché è accaduto tutto ciò? In quale contesto è stato realizzato Censura 2008, il libro che tenete in mano?

Parte della risposta ci viene data per gentile concessione di un ex conservatore e addetto ai lavori, David Brock. Come spiega nel dettaglio il suo "The Republican Noise Machine: Right-Wing Media and How It Corrupts Democracy" (testo davvero indispensabile), all'inizio degli anni Settanta la destra radicale ha predisposto dei piani per trasformare in modo permanente lo scenario politico americano. Il punto fondamentale di tale strategia era la costruzione di un proprio impero dei "media di destra". Per riuscirvi, era necessario in primo luogo eliminare la Fairness Doctrine (una sorta di "par condicio", NdT), una regola del New Deal secondo la quale chi effettua trasmissioni di carattere pubblico deve mettere a disposizione uno spazio di uguale durata a chi esprime punti di vista opposti tra loro. Dopo pesanti pressioni da parte di facoltosi esponenti difensori degli interessi della destra radicale, la Fairness Doctrine fu abrogata nel 1987 durante l'amministrazione di Ronald Reagan. A quel punto il campo era libero: si poteva stabilire l'influenza di demagoghi come Rush Limbaugh, Bill O'Reilly, Ann Coulter e altri sapientoni che non dovevano preoccuparsi che qualcuno contraddicesse le loro menzogne.

Una cosa indicativa di quanto tale strategia si sia rivelata vincente è il fatto che una percentuale considerevole della popolazione americana pensi ancora che l'Iraq c'entri qualcosa con l'11 settembre. E un altro indicatore del suo successo è il fatto che Bush e Cheney abbiano subito assunto i rispettivi incarichi e non siano stati destituiti pur avendo evidentemente ottenuto l'elezione con la truffa, e nonostante la lista di reati e soprusi senza precedenti che hanno commesso e che è pubblicamente documentata.

La destra radicale comprese che la leadership politica dell'intera nazione poteva essere composta da Democratici (o Verdi che dir si voglia) e che, se gli organi che concorrono a formare l'opinione pubblica fossero stati controllati dalla destra radicale, allora i corpi legislativi avrebbero subito più l'influsso delle politiche di destra che quello dei partiti effettivamente al governo.

La sua strategia si basa su due considerazioni: 1. chiunque stabilisca i parametri del dibattito pubblico detta anche la politica pubblica: definire cosa è accettabile e cosa non lo è predetermina anche l'esito del "dibattito"; 2. gli operatori del mondo dell'informazione hanno la possibilità di decidere cosa fare e cosa non fare. I media in mano alla destra radicale non avrebbero potuto esercitare l'influenza che hanno oggi — non sarebbero riusciti a definire i termini generali del dibattito pubblico — se non fosse stato per il secondo fattore che plasma la nostra forma di governo oggi: un cambiamento epocale nella natura della proprietà dei media. Già nel 1997 Ben Bagdikian avvertiva che la proprietà dei media stava assumendo carattere monopolistico:

Negli ultimi cinque anni, alcune tra le principali industrie del Paese hanno aumentato il loro potere nel campo delle comunicazioni pubbliche — assicurandosi tra l'altro il controllo degli organi di informazione — più di qualsiasi altra impresa privata nella storia mondiale.

Nella storia, non vi è nulla di paragonabile a questo potere di penetrazione nello scenario sociale da parte di un gruppo imprenditoriale...

In gioco c'è il potere di bombardare praticamente qualsiasi uomo, donna e bambino della nazione di immagini e parole accuratamente controllate... al fine di modificare il programma politico della nazione. E insieme a questo potere c'è anche la possibilità di esercitare un influsso che per molti aspetti risulta maggiore di quello della scuola, della religione, dei genitori e persino di quello del governo stesso. Il potere di questi nuovi media è una questione che non è stato ancora pienamente compresa dalla maggior parte della gente. I più pensano ancora che le istituzioni politiche tengano sotto controllo e abbiano la meglio sul potere degli interessi economici. Questa saggezza conformista non è mai corrisposta a verità. Gli interessi economici personali sono sempre stati dominanti, ma oggi credere che essi siano privi di potere è quanto di più lontano dalla realtà si possa immaginare.

L'interesse pubblico e quello del pianeta sono decisamente secondari rispetto alla priorità di questi conglomerati colossali: generare profitti. E visto che queste imprese diventano più gigantesche grazie a mastodontiche e sbalorditive fusioni, e visto che gli squilibri di ricchezza — più in generale — nella società si fanno sempre più acuti, la relazione tra interesse pubblico e profitto è diventata e diventerà sempre più libera. La Viacom è uno di questi nuovi mastodonti dei media. Ecco cos'ha dichiarato nel settembre del 2004 il suo presidente, Sumner Redstone.

Parlando ad alcuni degli alti dirigenti americani e asiatici, riuniti al convegno internazionale annuale della rivista Forbes, il signor Redstone (che si autodefinisce democratico liberale) ha dichiarato: "Considero le elezioni (del novembre 2004, che stavano per svolgersi) in base a ciò che è buono per la Viacom. Voto per chi fa il bene della Viacom. Oggi, voto Viacom. Dal punto di vista della Viacom, l'elezione di un governo repubblicano è un affare migliore. Perché il governo repubblicano si batte per molte cose in cui crediamo, come la deregulation e via dicendo... L'elezione di un governo repubblicano è meglio per la nostra azienda".

Così, le preferenze politiche personali di Redstone passano in secondo piano di fronte agli interessi della sua azienda: difficile immaginare un'affermazione più lapalissiana in merito al modo in cui si prendono le decisioni nel nuovo e odine economico.

A parte Redstone in quanto individuo, anche i media e i leader politici in generale soppesano le proprie azioni (in particolare quali storie insabbiare e come insabbiarle) in base a ciò che è meglio per gli interessi della loro carriera e dell'azienda per cui lavorano o di cui sono proprietari. Naturalmente vi sono eccezioni, ma si contano sulla punta delle dita (Jon Stewart, Bill Maher, Stephen Colbert, Keith Olbermann) e in molti casi queste persone finiscono per pagare lo scotto di essere state troppo sincere perdendo il lavoro (per esempio Bill Donahue, Ashleigh Banfield, Eason Jordan).

Se si considerano oggi i 100 soggetti economici principali del mondo, ci si accorge che più di metà di essi sono imprese transnazionali e non nazioni.

Le 497 persone più ricche del mondo detengono tanta ricchezza quanto il 50% più povero della popolazione mondiale. "Miliardi (di dollari) contro miliardi (di persone)" potrebbe essere il motto che descrive questa situazione di vergognoso squilibrio. Con queste premesse, cosa possiamo aspettarci che venga fuori dalle pagine di giornale e dagli studi di registrazione in mano ai grandi conglomerati dei media?

Quale sorte toccherebbe alla verità nella sfida contro una ricchezza che va oltre i sogni più rosei degli imperatori delle epoche precedenti?

Sia il partito repubblicano sia il partito democratico operano all'interno di questo universo di mega-imprese, globalizzazione, con la presenza di un movimento di destra radicale e molto potente. Ci si deve forse stupire se non hanno alcuna voglia di opporsi a questa tendenza?

Come si può sperare di invertire tali tendenze virulente, se non con un movimento sociale che parte dal basso, scuotendo questa nazione fino alle radici?

Oggi viviamo in una situazione del tutto anomala, determinata dai due fattori che ho analizzato in precedenza, nella quale la Casa Bianca ha palesemente violato sia de facto - sia, cosa ancor più grave, de iure - principi da tempi affermati, principi cruciali, secondo il sentire radicato nella maggioranza delle persone, per distinguere gli Usa dai regimi fascisti, totalitaristi e dalle repubbliche delle banane. Processi giusti, diritti civili, diritto di non essere spiati dal governo, diritto di opporsi a perquisizioni e arresti immotivati, diritto di affrontare gli accusatori e di vedere le prove addotte contro di sé, habeas corpus, divieto di ricorrere alla tortura, divieto di attaccare altre nazioni senza essere stati provocati, diritto di avere legislatori il cui interesse primario non sia l'assenza di leggi, libertà d'espressione e di associazione, il Freedom of Information Act (Atto per la libertà dell'informazione, NdT), elezioni regolari in cui i votanti sono tutti conteggiati ed è il vincitore ad assumere l'incarico... e la lista va avanti all'infinito.

Nonostante tutto questo e molto altro, i media controllati dalle imprese e la cosiddetta "opposizione leale" continuano a insistere - andando contro ogni legge, moralità e contro il comune decoro - sostenendo che l'impeachement è fuori questione. I reati e le prevaricazioni di questa amministrazione sono talmente diffusi, talmente madornali e in alcuni casi talmente evidenti che, nonostante il muro di silenzio eretto dai mass media e dal partito democratico, Bush e Cheney sono al minimo storico in fatto di percentuale di consensi e la maggioranza degli americani, per un certo periodo, ha dichiarato agli intervistatori di volere l'impeachment. Tuttavia questo sentimento prevalente, questo flusso viene arginato dai media e dal partito democratico grazie ai loro potenti tentacoli.

Il problema è ben più profondo rispetto a una semplice disputa faziosa tra democratici e repubblicani, in quanto non si può dire che i repubblicani rappresentino il capitalismo e i democratici qualcosa di diverso da esso. Entrambe le parti rappresentano il capitalismo. L'aspetto principale per il quale si differenziano è il fatto che il partito repubblicano ne costituisce la frangia estrema, che raccoglie i rappresentanti della globalizzazione e del neoliberalismo (anche noto come fondamentalismo dell'economia di mercato) più aggressivi, spietati e impenitenti in assoluto.

La battaglia che ha come obiettivo il prevalere della giustizia e della verità, per tutte le ragioni summenzionate, è più ardua che mai. La posta in gioco fin troppo alta. Se questi passi senza precedenti, compiuti dalla Casa Bianca, non saranno ripudiati mentre Bush e Cheney sono ancora in carica, questa nazione subirà cambiamenti irreversibili e radicali.

Le forze schierate contro la gente sono posizionate in modo strategico, sono eccezionalmente ricche e fin troppo potenti. Ma il loro numero è estremamente ridotto. Inoltre, le loro politiche e i loro programmi sono rivolti direttamente contro gli interessi della stragrande maggioranza della gente e del pianeta.

Può Censura 2008 da solo, fare la differenza?

Naturalmente no, niente affatto.

Ma Censura 2008 costituisce parte della soluzione? Assolutamente sì.

L'unico raggio di speranza in questo fosco scenario - un grande raggio che riscalda l'ambiente e riempie il vuoto delle ombre - è il fatto che la verità è indubbiamente qualcosa di molto potente.

Coloro che ci governano non possono proseguire lungo il sentiero percorso sinora, facendo un gran fracasso, senza doversi voltare indietro, mentire e censurare.

Devono mentire alla gente per andare avanti. Sono come vampiri che devono compiere i loro sporchi misfatti nell'ombra e quando si trovano esposti alla luce del sole si riducono all'istante in fiamme e ceneri.

Godetevi questo libro. Condividetelo con altri. Diffondete la luce. C'è nolto da fare, e abbiamo poco tempo.

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Pagina 27

1
Scompare il diritto dell'Habeas Corpus
per "chiunque"



Con l'approvazione del Congresso e nel silenzio dei grandi media il Military Commissions Act (MCA), firmato da Bush il 17 ottobre 2006, ha introdotto l'istituzione di tribunali militari con potere di giudicare sia chi è cittadino degli Stati Uniti sia chi non lo è. Mentre i media, compreso un editoriale del Nev York Times del 19 ottobre, ci hanno falsamente rassicurati che, come cittadini americani, non saremo vittime delle misure draconiane rese legali da questa legge – come le irruzioni dei militari senza mandato nelle abitazioni private e la detenzione a vita in violazione dei diritti o delle garanzie costituzionali – Robert Parry sottolinea un passaggio dell'MCA che permette l'istituzione di un'alternativa militare al sistema giudiziario costituzionale per "chiunque", indipendentemente dal fatto che sia cittadino americano. La legge del Military Commission Act in pratica abolisce il diritto all' Habeas Corpus per "chiunque" sia arbitrariamente sospettato di essere "un nemico dello stato". Il giudizio su chi debba essere ritenuto "un combattente nemico" è a discrezione unicamente del presidente Bush.


Il più antico fra i diritti che hanno segnato la storia delle società anglofone è quello di opporsi al potere governativo di arrestare e detenere arbitrariamente le persone mediante lo strumento giuridico dell' Habeas Corpus, considerato uno dei principi più importanti stabiliti dalla Magna Charta Libertatum, firmata da re Giovanni Senza Terra nel 1215.

Alexander Hamilton scrisse in The Federalist n.84 dell'agosto 1788:

L'istituzione del principio dell'Habeas Corpus... rappresenta forse la garanzia più forte per la libertà e il sistema repubblicano di quella derivante da qualsiasi altro principio in essa (la costituzione) contenuto... La pratica dell'incarcerazione arbitraria è stata, in tutte le epoche, lo strumento più potente e più usato dalla tirannia. Vale la pena citare le acute osservazioni, a questo riguardo, formulate da Blackstone (grande giurista inglese del XVIII secolo): "Privare un uomo della vita" egli afferma "o confiscare le sue proprietà con la violenza, senza un'incriminazione o un processo formali, costituirebbe un atto di dispotismo così grave e palese da suscitare nell'intera nazione un immediato allarme contro il pericolo di tirannia; ma il privare una persona della libertà trascinandola segretamente in carcere, dove le sue sofferenze restano sconosciute o dimenticate, è un elemento meno evidente, meno sconvolgente, quindi più pericoloso, in favore dello sviluppo di un governo tirannico".

Mentre è vero che alcune parti dell'MCA hanno come bersaglio i non cittadini americani, altre sezioni si applicano chiaramente anche ai cittadini degli Stati Uniti, assoggettandoli allo stesso sistema giudiziario a cui sono sottoposti gli stranieri e i residenti privi di cittadinanza.

Il paragrafo 950q dell'MCA afferma che "È punibile come autore principale di un crimine in base alle disposizioni di questo capitolo di legge (dell'MCA) chiunque commette un reato punibile secondo le disposizioni di questo capitolo, oppure ne aiuta, incoraggia, consiglia, ordina o procura la perpetrazione".

Il paragrafo 950v dell'MCA, intitolato "Crimini di competenza delle commissioni giudiziarie militari", sembra specificamente riferirsi ai cittadini americani là dove afferma che "Qualsiasi persona che, in conformità con quanto preposto da questo capitolo, contravvenendo ai doveri di obbedienza e lealtà nei confronti degli Stati Uniti, consapevolmente e intenzionalmente aiuta un nemico degli Stati Uniti, o uno dei co-belligeranti del nemico, sarà punita secondo le decisioni di una commissione giudicatrice militare in base alle disposizioni di questo capitolo".

"Chi", avverte Parry "ha 'doveri di obbedienza e lealtà nei confronti degli Stati Uniti' se non un cittadino americano?" Oltre a permettere che "qualunque persona" possa essere inghiottita dal sistema giudiziario parallelo creato da Bush, questa legge proibisce ai detenuti, una volta dentro, di appellarsi al sistema giudiziario tradizionale se non dopo che il loro processo si è concluso ed è giunto a sentenza, il che potrebbe tradursi in un'incarcerazione a tempo indeterminato data l'assenza di regole che stabiliscano tempi certi per espletare l'iter processuale nei tribunali di Bush.

Il paragrafo 950j della legge ribadisce che, una volta che una persona è detenuta"... a prescindere da qualsiasi altra normativa di legge (compreso il paragrafo 2241 del titolo 28 o qualsiasi altra disposizione inclusa nell' Habeas Corpus), nessuna corte, tribunale o giudice ha competenza a conoscere o dibattere qualsiasi istanza o causa... riguardante i capi d'accusa, il procedimento giudiziario o la sentenza mandati a effetto da una commissione militare ai sensi del presente capitolo, ivi comprese le eccezioni sollevate sulla legittimità delle procedure delle commissioni militari."

Altre garanzie costituzionali sancite dalla Carta dei Diritti, quali la garanzia di un processo rapido, il diritto a una cauzione ragionevole e il divieto di "punizioni crudeli e insolite", sembrerebbero anch'esse fuori portata per il detenuto. Parry avverte che "in effetti, ciò che la nuova legge sembra fare è creare un sistema parallelo di 'tribunali speciali' per la persecuzione, l'imprigionamento e la possibile esecuzione dei nemici dello stato, indipendentemente dal fatto che si tratti di cittadini americani o di stranieri.

"Mascherandosi dietro il pretesto di istituire tribunali militari per giudicare i sospetti di appartenere ad Al-Qaeda e altri cosiddetti nemici combattenti illegittimi, Bush e il Congresso controllato dai repubblicani hanno in realtà creato un sistema giudiziario parallelo destinato a 'qualunque persona' — qualsiasi sia la sua cittadinanza, americana o un'altra — che attraversi una linea molto incerta, mai definita".

In una delle dichiarazioni pubbliche più agghiaccianti mai rilasciate da un Attorney Generai degli Stati Uniti (equivalente al nostro Ministro della Giustizia), Alberto Gonzales, intervenendo a un'udienza di una Commissione giudiziaria del Senato il 18 gennaio 2007, ha affermato: "La Costituzione non dice che a ogni individuo o cittadino degli Stati Uniti sia per ciò stesso garantito il diritto dell' habeas corpus. Non dice affatto questo. Dice semplicemente che il diritto non deve essere sospeso".

Ancora più rimarchevole del suo carattere arrogante e supponente — afferma Parry — è il fatto che la dichiarazione di Gonzales suggerisce che l'Attorney General stia ancora cercando argomentazioni per ridurre l' Habeas Corpus a una semplice opzione, subordinata ai poteri esecutivi del Presidente, poteri che secondo i consiglieri legali neoconservatori di Bush sono praticamene illimitati in "tempo di guerra".

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Retate di immigrati per fornire manodopera
a basso costo alle multinazionali



Il trattato NAFTA (North American Free Trade Agreement), l'accordo nordamericano di libero scambio, ha sommerso il Messico di prodotti agricoli americani a basso prezzo, per via dei sussidi che l'agricoltura riceve negli USA; questa invasione ha espulso dalle loro terre milioni di coltivatori messicani. Fra il 2000 e il 2005 il Messico ha perduto 900.000 posti di lavoro nel settore dell'agricoltura e 700.000 in quello dell'industria; una forte disoccupazione si è quindi diffusa in tutto il paese. Le condizioni disperate di povertà hanno spinto milioni di lavoratori messicani verso il nord, in cerca di un modo per campare la famiglia.

Secondo una stima del Fronte Nazionale Campesino, sono due milioni i coltivatori costretti dal NAFTA a lasciare le loro terre, in molti casi proprio per l'aumento delle importazioni dagli Stati Uniti. Nel 1994, anno in cui è entrato in vigore il trattato, gli Stati Uniti hanno esportato in Messico $4,59 miliardi di prodotti agricoli, secondo il Ministero dell'agricoltura. Nel 2006 questa cifra era salita a $9,85 miliardi, cioè un aumento del 114%. Le esportazioni americane di mais, il cereale base dell'alimentazione messicana e la più grande fonte di occupazione rurale, nel 2006 sono raddoppiate fino a superare da sole i $2,5 miliardi.

La situazione attuale deriva da una combinazione tra disoccupazione in Messico, enorme divario fra i salari negli Stati Uniti e nel Messico, e richiesta negli USA di forza lavoro a basso costo per poter essere competitivi sui mercati globali. La richiesta di lavoro in nero è strutturale nell'economia degli Stati Uniti. Non si tratta solo di poche aziende che cercano comode scorciatoie. Qui non si tratta di lavori che "i lavoratori americani non accetterebbero". I migranti svolgono quasi tutti i tipi di lavori malpagati, quindi sono diventati essenziali per l'economia americana nell'epoca della concorrenza globale.

Ne è un buon esempio l'industria di inscatolamento della carne. Con l'affermarsi della globalizzazione dei mercati, questa industria ha visto un rapido declino nelle condizioni di lavoro rispetto ai livelli degli ultimi decenni, declino dovuto alla desindacalizzazione, all'erosione dei salari e dei benefici sindacali, e all'aumento dei rischi rispetto a sicurezza e salute. Fattore importante di questo declino è stata la sostituzione di operai americani sindacalizzati con operai immigrati precarizzati e ricattabili. Oltre alla tradizionale occupazione in agricoltura, un altro dei principali sbocchi della forza lavoro immigrata è stato dato dall'avvento del subappalto. Questa pratica, molto diffusa già all'inizio degli anni Ottanta, ha contribuito alla desindacalizzazione della forza lavoro. Essa libera convenientemente l'azienda appaltatrice dalla responsabilità diretta sullo statuto giuridico e il trattamento riservato sul lavoro agli operai.

Dopo l'11 settembre l'Immigration and Customs Enforcement (ICE, servizio di polizia per il controllo dell'immigrazione e delle dogane) ha effettuato in tutto il paese irruzioni sui luoghi di lavoro e in abitazioni private, allo scopo di rastrellare immigrati "illegali". L'ICE giustifica questi raid col pretesto di mantenere la sicurezza e di prevenire il terrorismo. Ma il loro obiettivo reale è turbare la forza lavoro immigrata negli Stati Uniti, per arrivare a sostituirla con un piano che prevede flussi strettamente regolati di lavoratori non sindacalizzati e con permesso temporaneo. Questa politica è sostenuta dalle aziende, che cercano forza lavoro permanentemente a basso costo, attraverso l'azione di un gruppo di lobby chiamato Essential Worker Immigrations Coalition (EWIC; Coalizione per l'immigrazione dei lavoratori essenziali). I 52 membri dell'EWIC includono la US Chamber of Commerce, la Wal-Mart, la Marriott, la Tyson Foods, l'American Meat Institute, la California Landscape Contractors Association, e l'Association of Builders and Contractors (Associazione dei costruttori e degli appaltatori).

L'ICE adesso sta conducendo l'Operazione Return to Sender (Rinvio al mittente), che si presume debba servire a rimpatriare stranieri illegali e latitanti. Finora l'operazione ha portato al fermo indiscriminato di oltre 13.000 immigrati privi di regolare permesso, in tutte le città degli Stati Uniti. Le organizzazioni per i diritti dei migranti hanno denunciato che questo giro di vite si è concretizzato in gravi violazioni dei diritti umani. Sono state separate delle famiglie. Le udienze vanno a rilento e le famiglie spesso ignorano per lungo tempo dove sono rinchiusi i loro cari. Un rapporto del 16 gennaio dell'Ispettore Generale del Dipartimento di sicurezza interna sulle condizioni rilevate in cinque centri di detenzione ha individuato frequenti violazioni degli standard federali, sovraffollamento e violazioni delle norme igieniche e di sicurezza. I raid evidenziano la vulnerabilità degli immigrati di fronte alla legislazione americana vigente. Nel 1986 il Congresso ha approvato l'Immigration Reform and Control Act (legge per la riforma e il controllo dell'immigrazione), che rende un crimine federale assumere un lavoratore privo di documenti d'immigrazione validi. Dal momento che i datori di lavoro colpiti da sanzioni sono stati molto pochi, l'unica cosa che in realtà la legge ha fatto è stato rendere un reato avere un lavoro per un lavoratore privo di regolare permesso. Attualmente nessuna legge impone ai datori di lavoro di licenziare un dipendente con un numero di Social Security (previdenza sociale) che non va; ma il presidente Bush ha proposto un nuovo provvedimento amministrativo, in base al quale i datori di lavoro dovrebbero licenziare chiunque abbia un numero che non va bene. Il provvedimento non è mai stato approvato ufficialmente, ma molte aziende dichiarano di stare già attenendosi alle sue prescrizioni.

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I movimenti popolari mettono in crisi
l'agenda neoliberista



Il modello americano del Libero Mercato sta incontrando una sempre più forte resistenza, mentre in tutto il mondo i movimenti popolari costruiscono potenti alternative allo sfruttamento neoliberista.

Ciò è particolarmente evidente in America Latina, dove una massiccia opposizione alla dominazione economica degli Stati Uniti ha affidato a leader e a partiti populisti il controllo dei governi nazionali in Venezuela, Bolivia, Ecuador, Argentina, Brasile, Nicaragua e Uruguay.

I presidenti dell'America Latina stanno mantenendo le promesse di riparare agli errori compiuti in 25 anni di riforme neoliberiste, errori che hanno provocato il peggior collasso economico della regione in oltre 100 anni. Nei due decenni che hanno preceduto le politiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI), cioè tra il 1960 e il 1980, il reddito pro capite nella regione era aumentato dell'82%. Per fare un confronto, tra il 1980 e il 2000 tale aumento è stato solo del 9%, e soltanto del 4% nel periodo 2000-2005.

I forti legami fra Hugo Chavez (Venezuela), Fidel Castro (Cuba), Evo Morales (Bolivia), Rafael Correa (Ecuador) e Daniel Ortega (Nicaragua), e i rapporti di collaborazione con le maggiori economie del continente tra cui Argentina e Brasile, stanno concretizzando la possibilità di dar vita ad alternative autonome alla politica economica degli Stati Uniti nell'emisfero occidentale. Durante lo scorso anno, vari leader latinoamericani hanno annunciato di voler tagliare i legami con la Banca Mondaile e il FMI. Dopo essere stato rieletto con una schiacciante maggioranza nel dicembre del 2006, Chavez ha annunciato il 30 aprile 2007 che, avendo ripagato i propri debiti con la Banca Mondiale e il FMI, il Venezuela avrebbe tagliato i ponti con entrambe queste istituzioni. Chavez è riuscito a mettere la sua nazione su una strada di solido sviluppo mantenendo la promessa fatta durante la campagna elettorale del 1998, cioè di rinazionalizzare l'industria petrolifera del Venezuela (PDVSA). Sebbene la fiera opposizione degli Stati Uniti alla decisione di Chavez di porre fine alla privatizzazione in favore di compagnie straniere abbia portato nel 2002 a un tentativo fallito di colpo di stato militare appoggiato dagli USA, il petrolio nazionalizzato è ora la fonte di quasi la metà degli introiti del governo venezuelano e dell'80% delle entrate delle esportazioni. Negli ultimi tre anni l'economia del Venezuela ha avuto una crescita del 38%.

Chavez ha in progetto di creare un nuovo istituto di credito gestito dalle nazioni dell'America Latina e si è impegnato a sostenerlo con i fiorenti introiti del petrolio venezuelano. Grazie alle sue riserve di $50 miliardi in divise estere, il Venezuela sta offrendo sostegno finanziario ai paesi della regione, senza sottoporli alle condizioni politiche di bieco sfruttamento collegate ai prestiti del WTO e della Banca Mondiale. I leader dell'America Latina sono così in grado di mantenere le promesse fatte ai loro popoli, contribuendo non soltanto alla stabilità politica ed economica della regione, ma anche a rinforzare la lemocrazia nel continente.

Nel mese di aprile del 2006, Evo Morales ha annunciato la sua intenzione di svincolarsi dal FMI e di non voler stringere in futuro alcun accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. Morales ha invece lanciato "l'Accordo commerciale del popolo boliviano", un'alternativa socialista al modello neoliberista del libero commercio. Questo accordo valorizza il supporto alla cultura indigena, la reciprocità, la solidarietà e la sovranità nazionale. Soprattutto, esso pone al centro il fatto che i commerci e gli investimenti internazionali devono avere come conseguenza il miglioramento delle condizioni di vita per l'intera popolazione. Nel 2005 la Bolivia ha approvato una Legge degli idrocarburi che ha innalzato le royalties pagate al governo boliviano dalle compagnie straniere che commerciano in gas naturale. Oltre a far infuriare le compagnie degli Stati Uniti, le decine di milioni di dollari così incassati hanno permesso alla Bolivia di ripagare il suo debito con il FMI, incominciare a sviluppare programmi sociali e costituire riserve nazionali.

Nel dicembre 2006 Rafael Correa, che di recente ha vinto le elezioni presidenziali in Ecuador in base a un programma contrario alle privatizzazioni e alle basi militari degli Stati Uniti, ha annunciato un piano di ristrutturazione del debito estero dell'Ecuador, finalizzato ad accrescere la disponibilità di fondi per programmi sociali di cruciale importanza. Dopo di allora l'Ecuador ha ripagato il debito verso il FMI e ha reso nota la sua intenzione di svincolarsi da quell'istituzione. Anche il presidente nicaraguense Daniel Ortega ha annunciato di stare negoziando l'uscita del suo paese dal Fondo Monetario Internazionale.

L'Argentina, paese che soleva essere tra i più reclamizzati "successi" delle politiche del Fondo Monetario, sul finire del Novecento si è trasformato in uno dei suoi più clamorosi fallimenti. Tra il 1991 e il 1998 il paese adottò una quantità enorme di riforme suggerite dal FMI, tra cui privatizzazioni su larga scala. Durante quel periodo l'economia argentina ebbe dapprima una sostanziosa crescita, ma poi, a partire dalla metà del 1998, si avviò su una terribile china discendente. Alla fine del 2001 l'intero esperimento andò in malora, lasciando l'Argentina con un debito di oltre 100 miliardi di dollari per mancato pagamento delle rate dei prestiti. Di lì a poco seguì il crollo della valuta argentina e la maggioranza della popolazione cadde sotto la soglia di povertà, in un paese che era stato uno dei ricchi del Sud America.

Quando il presidente dell'Argentina, Nestor Kirchner, si risolse infine a non soddisfare più le gravose condizioni per il rimborso del debito imposte dal FMI, l'economia dell'Argentina incominciò a riprendersi — e da allora non ha più smesso di crescere. Con una notevole espansione economica, che secondo le previsioni del FMI non sarebbe mai potuta accadere, l'economia dell'Argentina ha avuto negli ultimi anni una crescita del 47%, il tasso più alto di tutto l'emisfero occidentale; ciò ha permesso a oltre 9 milioni di persone (su una popolazione totale di 36 milioni) di uscire dalla povertà. Nel gennaio 2006 l'Argentina ha deciso di rompere col FMI pagando il debito restante di 9,9 miliardi di dollari.

A partire dal dicembre 2005, anche il Brasile si è reso libero di prendere le proprie decisioni fuori dalle interferenze del FMI, dopo avere ripagato il suo debito con due anni di anticipo sul piano di rientro previsto. "Abbiamo rimborsato i soldi per mostrare al mondo che questo paese ha un governo e che è padrone di se stesso", ha dichiarato in quell'occasione Lula, aggiungendo: "Il Brasile è giunto alla decisione di non volere un altro accordo col FMI".

Se purtroppo sta diventando una realtà sempre più diffusa il fatto che molti movimenti popolari, pur essendo forti e in crescita, non hanno avuto la fortuna di trovare nei loro governi una vera rappresentanza — i movimenti dell'India (vedere la notizia 8), del Messico (vedere la notizia 18) e del Niger (vedere la notizia 3) sono soltanto alcuni esempi — in America Latina sta invece crescendo il numero dei leader democraticamente eletti che si dimostrano modelli di una vera guida democratica fatta dal popolo, per il popolo e con il popolo della loro nazione.

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