Copertina
Autore Luigi Pintor
Titolo Politicamente scorretto
SottotitoloCronache di un quinquennio 1996-2001
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2001, Temi 117 , pag. 300, dim. 115x195x17 mm , Isbn 978-88-339-1366-7
LettoreRenato di Stefano, 2002
Classe politica , media
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Indice


VII Prefazione

    Politicamente scorretto

  3 1996

    E con questo?, 3
    La volpe del Tavoliere, 4
    La questione è posta, 6
    Il messaggio, 8
    Pirro, 10
    Governiamo, 11
    Il processo, 13
    I ragazzi di Salò, 14
    Giubiliamo, 15
    Storie d'Italia, 17
    Prima della partita, 18
    Palloni, 19
    Brutti ricordi, 21
    Dove vai?, 22
    Ragione e sentimento, 23
    Monumento al Capitano, 25
    Tempi moderni, 26
    Quota 250, 28

 31 1997

    Sassi, 31
    Cosa?, 32
    Oltre il Rubicone, 33
    Primi in Europa, 35
    Perdere vincendo, 36
    In taxi all'ospedale, 38
    L'avventura, 39
    Il vecchio che avanza, 41
    Elogio di Berlusconi (1), 42
    Sotto il gazebo, 44
    Le porcherie, 45
    Stranonore, 47
    Regole di mercato, 48
    La cena, 50
    La fissazione, 51
    Lo spirito del tempo, 53
    Guai ai nani, 54
    Diana Spencer, 53
    Pietà, 57
    L'improbo, 58
    C'era una volta, 60
    Colpo di testa, 61
    Il latte versato, 62
    Tre cose che ho imparato, 64
    Salute pubblica, 65
    Il perdono dei macachi, 67
    Non fate così, 68
    19-12-1997, 70
    Carissima libertà, 71

 73 1998

    L'innocenza dei vincitori, 75
    Dovrebbe farlo, 77
    Le nuove frontiere, 78
    Il re nudo, 79
    Cattivi maestri, 81
    Terra terra, 82
    Il cassetto, 84
    Ladri di biciclette, 85
    Cime tempestose, 87
    Ottonani, 88
    Non va bene, 90
    Carica istituzionale, 91
    La fortuna di D'Alema, 93
    Svegliamoci bambine, 94
    L'ombrellone, 95
    Quattro ruote, 97
    Ora basta?, 99
    Fenomeni, 100
    Ministeri, 101
    Sussurri e grida, 102
    Ricorrenze d'agosto, 104
    Solo l'America, 105
    Il dilemma, 106
    Il sistema, 107
    Abbiamo vomitato, 108
    Tra l'altro, 110
    Velen0, 111
    Il sogno, 113
    Cara compagnia, 114

117 1999

    Vicini all'inferno, 117
    Campi da golf, 118
    Un'altra notte di successi, 120
    La buona guerra, 122
    Crimine mondiale, 124
    Cinema, 125
    W.J. Clinton, 127
    Il primo amore, 128
    Per me pari sono, 130
    La faccia, 131
    La festa della Repubblica, 133
    Senza gloria, 134
    Lieti calici, 135
    Punto e a capo, 136
    Elogio di Berlusconi (2), 138
    Gli iloti, 140
    Corte marziale, 142
    Lettera agli amici, 143
    Il complotto, 147
    Dove vai? Porto pesci, 148
    Vecchi arnesi, 151
    Non ci credo, 152
    Tribunale speciale, 154
    Giovani talpe, 155
    La crisi dei gesuiti, 157
    Addio Belzebù, 158
    Moriranno domani, 159
    Due calciatori, 160
    La bilancia, 162
    Nostalgia (1), 163
    Una strada in Europa, 164
    La chiave del secolo, 166
    Lo stracotto, 167
    Suq, 169
    Chicchirichì, 170
    Il bis, 171
    Piccole cose, 173

175 2000

    La coda, 175
    Elogio di Giuseppe, 177
    Cianuro e vecchi valzer, 178
    La quinta Internazionale, 180
    Arde la fiamma, 181
    La cicogna, 183
    La tazzina, 184
    Il quinto evangelista, 185
    Notizie del giorno, 186
    Papa, 188
    Che c'entra Cossutta?, 189
    Cambiate indirizzo, 191
    Caronte, 192
    Amato II, 193
    La messa è finita, 195
    La morale di Ippocrate, 197
    Arlecchino, 198
    Nudi alle urne, 199
    Nessuno escluso, 200
    L'eterno Mercuzio, 202
    Il compleanno, 203
    Primati, 205
    Che barba la partita, 206
    I corrieri dello sport, 208
    Smoking, 209
    Senso comune, 211
    Andate a scavare, 212
    Feste dell'«Unità», 213
    Soltanto un uomo, 215
    Poliglotti, 216
    King-kong, 217
    Israele, 218
    Cronaca, 220
    Forse Dio è malato, 221
    Piccolo fratello, 223
    L'uovo di Colombo, 224
    Compagni di scuola, 225
    Note stonate, 227
    Il pollice, 228
    Miseria della politica, 230
    Sorella morte, 232
    La casa in collina, 233
    Sogno o son desto?, 235
    Il capro, 236
    Lezioni americane, 237
    Bengodi, 238
    Il frutto dell'albero, 240
    Alto potenziale, 241
    Il reame, 242
    Il pupazzo di Capodanno, 243

245 2001

    La ricaduta, 245
    Fratelli d'Italia, 246
    80 anni, 247
    L'osso, 249
    Nostalgia (2), 250
    Happy day, 252
    Indifesi, 253
    Domenica in città, 254
    Do ut des, 256
    Il coro, 257
    Poche idee ma confuse 258
    Si salvi chi può, 259
    Cefalonía, 261
    La patria di Ciampi, 262
    Dalla culla alla tomba, 264
    Di patria in patria, 266
    Tempi duri, 267
    Le cavallette di Parma, 269
    L'angelo, 270
    Neve d'aprile, 272
    La vigilia, 273
    Punto e a capo, 274
    Extraterrestri, 276
    La tabella, 277
    Il perdente, 279
    Paesaggi, 280

283 Cronología politica della
    XIII legislatura (1996-2001)

295 Indice dei nomi

 

 

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Pagina VII

Prefazione


Ristampare e pubblicare in volume articoli di giornale dovrebbe essere vietato come calpestare i fiori o stendere panni nei vicoli genovesi durante i convegni internazionali. Può andar bene come omaggio all'autore recentemente scomparso ma non è ancora il mio caso.

I quotidiani si chiamano così perché durano un giorno e il giorno dopo servono a incartare le patate o a pulire i vetri. Buoni o cattivi, brevi o lunghi, corretti o sgrammaticati, i commentari delle loro prime pagine sono scritti sull'acqua che passa veloce sotto i ponti della cronaca e della storia. Rispondono per loro natura a sollecitazioni occasionali e datate, e la loro eventuale qualità sta tutta in questa immediatezza.

L'editore ha però un'altra idea, un'idea che non solleva l'autore dalle sue responsabilità primarie ma gli offre un'attenuante. Queste trecento pagine non sono una fotocopia di note sparse e arbitrariamente selezionate ma un inedito corpo a sé stante perché si iscrivono in un preciso e specifico arco di tempo, nel quinquennio 1996-2001, nella parabola di una legislatura, in una compiuta stagione politica: la prima prova della sinistra italiana al governo della Repubblica. Messe insieme, accompagnano e registrano questa parabola nella sua curvatura e la riportano alla memoria nella sua integrità, dal momento illusorio dell'ascesa al disastro finale.

Queste pagine politicamente scorrette possono dunque valere come documentazione, diagnosi e prognosi precoce, critica partigiana ma non infondata di un ciclo politico e culturale della sinistra che ha impoverito la vita democratica e invelenito il tessuto sociale in gangli essenziali: elevando a sistema il trasformismo istituzionale, mortificando il lavoro e premiando il privilegio, disorientando l'animo pubblico, fino a toccare il fondo con la partecipazione alla guerra.

Documentazione inadeguata e previsioni inascoltate. Che potrebbero tuttavia ritrovare attualità e qualche utilità se suggerissero una resipiscenza e incoraggiassero quei molti che vogliono oggi scrollarsi di dosso la triste eredità di quel quinquennio: ossia l'insediamento al potere della peggiore destra che la storia repubblicana (ma non quella nazionale) poteva inventare. Il 13 maggio del 2001, data che chiude queste pagine, è solo un giorno del calendario.

L. P.

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Pagina 3

1996



E con questo? (3 gennaio 1996)

Da un parcheggio affollato esce un'auto. Manovrate per prendere posto ma qualcuno vi sfreccia davanti e occupa. Obiettate educatamente ma vi sentite rispondere: c'era prima lei, e con questo? O fate a cazzotti o abbozzate, una soluzione civile è esclusa. È una metafora della politica nazionale.

Tutti lo vedono, lo dicono e lo scrivono, che il presidente Scalfaro tracima dalle sue funzioni costituzionali e governa impropriamente, anticipando un regime di tipo personale. E con questo? È lui il primo a compiacersene e a esibire questo comportamento. Recita tutte le parti meno quella di un capo dello Stato che delle parti dovrebbe essere al di sopra. E con questo? Non sarà Pannella, buffone di corte, a impicciarlo (con la i).

Tutti lo sanno, e lui per primo, che il presidente Dini aveva un incarico di governo limitato a quattro punti programmatici scaduti in giugno. Tuttavia non se n'è andato allora e non se ne andrà oggi, non importa con chi resta, né per cosa né per quanto, 50 per cento tecnico e 50 per cento politico, coda di rospo e testa di principe o viceversa. È uno sberleffo, e con questo? Non sarà Bertinotti, con venti deputati, a impedirlo.

Silvio Berlusconi è sotto giudizio, andrà presto (o no?) sotto processo, era detto incompatibile con le cariche pubbliche, invece esplora a cavallo di consorzi bancari le sorti della politica nazionale, con investitura e ringraziamenti del Quirinale. E con questo? Non sarà Prodi, che non esplora più neppure in bicicletta, a intralciarlo.

Massimo D'Alema è il segretario di un partito della sinistra, anche questo lo sanno tutti, sebbene sia difficile crederci. Disse una volta di Silvio Berlusconi che il conflitto di interessi lo metteva fuori gioco anche se fosse stato plebiscitato dal popolo. Oggi contratta con lui un governo speciale e una revisione costituzionale privata, un compromesso storico interpersonale. E con questo? È come cambiare appartamento.

Comunque vadano le cose, cioè malissimo, il presidente Scalfaro può contare sulla democristianità diffusa e Berlusconi, D'Alema e Fini sul 20 per cento circa dell'elettorato per ciascuno, qualsiasi cosa facciano. Essi sfrecciano e occupano qualunque posto. È la classe dirigente, il potere.

In definitiva questo paese ha avuto per un quarto di secolo un regime fascista e per mezzo secolo un regime democristiano, anche se con forti minoranze democratiche. I sedimenti del secondo prevalgono tuttora su quelli del primo, ma oggi andiamo verso un sistema inedito che li assomma e li mischia, e che meriterebbe di essere studiato antropologicamente. Servirebbe Gramsci, più di Marx.

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Pagina 274

Punto e a capo (15 maggio 2001)

La vittoria di Berlusconi è netta, piena e robusta. Nasconderselo sarebbe stupido. Sminuire il significato e le conseguenze politiche di questa scandalosa domenica sarebbe l'ultimo dei molti errori che la sinistra ha commesso dal 1994 a oggi (anzi dal 1989, per dirla di sfuggita).

Non è tanto una vittoria plebiscitaria (sebbene abbia un piglio presidenzialista e personalissimo) e neppure una vittoria numerica (il centro-destra non ha moltiplicato i voti che aveva). È una vittoria politica fondata su un blocco sociale esteso e consistente, molto più di un umore passeggero, su un'idea o progetto di società imprenditoriale, sull'egoismo individuale come modello di comportamento. Una vittoria politica e culturale maturata nel tempo, non contrastata ma favorita in questi anni da una sinistra di governo mediocre e smemorata, un processo che si è ora tradotto in maggioranza istituzionale.

Non illudiamoci che Berlusconi ne faccia un uso rozzo e maldestro e si dia la zappa sui piedi come ha fatto magistralmente D'Alema. È in grado di spadroneggiare e lo farà, ma con più intelligenza e fiuto di quanto noi amiamo attribuirgli e per mettere radici nei gangli del potere statale e del corpo sociale. E non illudiamoci su uno scollamento precoce del suo sistema di alleanze politiche, che ha saputo costruire e ricostruire mentre la sinistra frantumava il proprio e su cui esercita adesso indiscussa egemonia.

Forse va detto, per cercare di comprendere appieno la novità della situazione e la difficoltà per noi di farvi fronte, che non tanto è grande la vittoria di Berlusconi quanto è grande la sconfitta che la sinistra di governo (ma la sinistra tutta e tutto il centro-sinistra e le minoranze sciolte) ha cercato di non vedere fino all'ultimo minuto. Il dato diessino è impressionante, riduce il postcomunismo a una dimensione semiregionale e anche la sommatoria con la sinistra alternativa tocca un minimo storico. Le rondini di un sindaco o di un collegio pugliese non fanno primavera. Di tutto lo schieramento perdente solo Rutelli può vantare un parziale successo alla testa tuttavia di un raggruppamento senza fisionomia.

Si può sperare che in parlamento la nuova opposizione sappia darsi un comportamento e ristabilire un rapporto con i molti milioni di persone che l'hanno votata senza diserzioni e non si rassegnano a una Repubblica decostituzionalizzata e padronale. Ma non si può sperare di risalire la china nel paese se la sinistra rimarrà qual è, se non volterà pagina e aprirà un nuovo libro, se non rimetterà sul serio in discussione il suo stile politico e il suo sistema di idee, se gli artefici della sconfitta resteranno al loro posto senza umiltà.

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Pagina 276

Extraterrestri (16 maggio 2001)

Mi pare di avere espresso ieri un giudizio «politicamente corretto» sulla vittoria di Berlusconi e sulla nostra sconfitta, una valutazione non personale ma condivisa al nostro interno, il più possibile aderente alla verità e quindi severa ma non disperante. Ora però sento il bisogno di aggiungere qualcosa.

Sento questo bisogno di fronte alle prime reazioni dei leader e dei giornali dello schieramento perdente, della sinistra di governo ma anche alternativa e di tutto il centro-sinistra. Reazioni che definirei marziane, se non avessi rispetto degli extraterrestri, tanto sono fuori dalla realtà. Si dice che Dio acceca chi vuol perdere ma questi gruppi dirigenti, essendo già ciechi, ora sono anche sordi.

Se posso usare un'immagine «politicamente scorretta» questi amici hanno ricevuto in testa una bastonata che stenderebbe un toro, per non usare l'immagine dell'ombrello cara ad Altan. Ma ora scoprono che non era un bastone e neppure un ombrello, ma soltanto un nodoso salame: basta affettarlo per scoprire che è innocuo e perfino gustoso.

Se infatti immaginiamo di essere in un sistema proporzionale e sommiamo tutti gli elettori che non hanno votato furiosamente a destra scopriamo di essere in maggioranza e abbiamo vinto: i numeri stanno con noi, questa è la prima fetta del salame. Ma anche in questo sistema maggioritario bipolare, che abbiamo fortemente voluto, se Bertinotti e Rutelli si fossero accoppiati e presentati insieme di fronte agli industriali di Parma proponendo un governo comune saremmo in maggioranza al Senato: è stata una svista, questa è la seconda fetta di salame.

Eppoi poteva andar peggio, come no. La «prima volta» della sinistra al governo ci lascia in eredità un parlamento repubblicano simile a un bivacco di italioti rispettabili ma non è un plebiscito. Berlusconi non ha il 70 per cento dei voti ma solo il 30 per cento, appena il doppio del già più forte partito di sinistra dell'Occidente e pari e patta con due gambe zoppe del fu Ulivo (sempre che gli alberi e i fiori abbiano gambe).

Massimo D'Alema si ricandida come non fosse alla guida di un partito a cui dovrebbe chiedere perdono e fa credere al suo esercito scompaginato di essere Annibale che ha vinto a Canne essendo stato eletto in un angolo del cortile di casa. Il segretario regionale Zani invita giustamente i capi nazionali diessini a farsi da parte ma sarebbe più convincente se desse l'esempio avendo perso voti perfino in Emilia.

Che cosa volete fare? Stendere un velo pietoso moroteo su quello che è successo? Continuare ad atteggiarvi e a ragionare come sempre, con i vostri calcoletti di potere che oggi sono al massimo renali, con i vostri esibiti personalisml? Ma così non vi sottraete solo alle responsabilità passate (e pazienza, tutti sbagliamo e perdiamo) ma alle responsabilità future: e questo è inaccettabile, non è consentito, non è conforme al bene comune che è il solo scopo lecito dell'impegno politico.

Caro Bertinotti, cara Rifondazione, chi dice in buona fede che l'esito del 13 maggio è colpa vostra è per lo meno miope. Ma voi credete davvero che ora si tratta di ripartire dal vostro 5 per cento e dai vostri undici deputati?

Ho abbastanza anzianità professionale per sapere che le logiche di partito impongono prima di tutto l'autodifesa, ma se ci credete davvero e pensate che possiamo continuare come nulla fosse allora ha ragione Rutelli: abbiamo tutti vinto e siamo messi proprio male.

Scusate la «scorrettezza politica» ma perdio: con queste false premessa, se non riusciamo a vedere per quello che è lo scenario che ci sta di fronte, se non guardiamo in faccia la verità perché ci fa tremare le vene e i polsi invece di stimolarci (come pure accadde un 25 aprile non lontano), non ci sarà una ripresa e neppure un'opposizione come la ricordiamo vagamente.

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