Copertina
Autore Luigi Pintor
Titolo La signora Kirchgessner
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 1998, Variantine , Isbn 978-88-339-1124-3
LettoreRenato di Stefano, 1998
Classe politica , biografie , storia
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Indice


     9  Il presagio (1925)

    15  La riva

    19  Cari genitori

    25  Aladino

    31  La cugina

    35  La bugia

    41  Ukzukdum

    47  Il borgo

    51  Il sottoscala

    57  La cartolina

    63  Il tram 16

    69  Il soldatino

    75  Il cerchio

    81  Il demone

    85  L'equivoco (1946)

    91  La tastiera

    97  Il tempio

   103  La testa bionda

   109  Kakadù

   113  Il pascolo

   119  L'orolog1o

   123  Il periplo

   129  Il parco

   135  L'aeroplano

   141  L'esortaz1one (2001)

 

 

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Pagina 9

Il presagio
(1925)

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Pagina 12

Da quel giorno battesimale sono passati più di settanta anni nel corso dei quali non ho fatto nulla. Questa sensazione di vanità è l'essenza della vecchiaia, detta altrimenti senilità. E' una condizione che appassiona i romanzieri ma che sconsiglio vivamente.

Le cose lontane si mostrano limpide e quelle vicine appannate come in un cannocchiale rovesciato. Le cose importanti si rivelano futili e viceversa. I ricordi infantili si affollano ma gli anni recenti sono lisci come una lavagna. Un bidello zelante ha cancellato ogni segno.

Il mio mestiere di scrivano mi fa pensare a quei castelli di carte che piacciono ai bambini ma crollano a un tremito della mano. Meglio nascere due secoli prima e imitare la signora Kirchgessner, afflitta da cecità ma virtuosa di glasharmonika, che per tutta la vita dilettò le aristocrazie col suo strumento di cristallo. I suoni sono meno ingannevoli delle parole.

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Pagina 35

La bugia

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Pagina 38

Fuggivo perché i fantasmi non credono alle bugie che abitualmente usavo come arma di difesa. Ne dicevo più di Pinocchio senza neppure le sue buone ragioni. Mentivo per sì e per no, perché la verità nuda mi sembrava sgradevole e perché le persone, a differenza dei fantasmi, credono alle bugie degli altri come credono alle proprie. In tempi moderni sarei finito da un analista. Ma mio padre scorgeva in queste cattive abitudini il segno di una vocazione artistica.

E un'arte, la bugia, che bisognerebbe insegnare nelle scuole primarie insieme all'alfabeto e studiare nelle accademie come la retorica nell'antichità. E' universalmente apprezzata e non deve essere lasciata alla spontaneità. Se in poesia si dice che la vita è l'ombra di un sogno fuggente, in prosa si può dire che è una bugia architettata.

Quando un giorno i miei carcerieri mi troveranno in possesso di una mappa del loro quartier generale metterò a frutto quest'arte narrando con molti particolari la storia di una caccia al tesoro tra studenti del liceo vicino. Non li convincerò ma insinuerò in loro il germe del dubbio, come il bambino che negava d'essere andato di nascosto al cinema a vedere i film proibiti, Frankenstein e L'uomo invisibile, Il dottor Jekyll e Il dottor Mabuse.

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Pagina 47

Il borgo


Quando nell'anno 1939 cominciò a tuonare sul continente cercammo rifugio all'interno dell'isola come al tempo delle scorrerie moresche. Per me fu l'ultimo gioco nei giardini dell'eden in compagnia di due gemelli, una ragazza di campagna e alcuni animali sfortunati.

Credevo di amare gli animali, mi commuovevo sui libri famosi e meno famosi che ne parlano e li proteggevo dalle fionde dei miei coetanei con rischio personale. Così riscattavo i miei peccati e mi sentivo generoso. Quando una volta mi resi conto che in nessun modo potevo difendere le lucertole giapponesi provai la prima delusione internazionalista della mia vita.

La ragazza di campagna non apprezzava questi buoni sentimenti. Chiedeva prove di forza a me e ai gemelli facendosi sollevare a braccia tese in modo che il suo giovane corpo aderisse al nostro e prometteva favori a chi tra noi fosse il più provetto cacciatore di lucertole. Fu così che divenni un mercenario.

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Pagina 57

La cartolina

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Pagina 60

Prima dell'avventura gli capitò di viaggiare con un paracadutista tedesco, un vichingo coperto di croci e bracciali, con tre fratelli morti in Russia, reduce da tre fronti di guerra e in attesa di destinazione sul fronte occidentale. Alla stazione si salutarono bevendo un cognac. Erano queste le circostanze oggi dimenticate nelle quali capitava, senza troppa differenza, di conversare su un treno o spararsi addosso in una vallata.

Non credo che apprezzerebbe lo zelo di amici e parenti che hanno ordinato postume le sue carte. Chi voleva poteva andarsele a cercare per conto proprio in ordine sparso. Non si può ricomporre una persona come si fa con un pitecantropo incollandone le ossa per la curiosità dei visitatori.

Aveva previsto per sé una morte violenta, il suo fu dunque un suicidio. Aveva attraversato due volte il fronte, il suo fu dunque un eccesso. Chi ha qualità speciali non deve esporsi in prima linea, il suo fu dunque un errore. Così bisbigliano i chierici di passaggio.

E impossibile trovare un rapporto tra gli onesti propositi di quegli anni e la selva oscura in cui finisce il cammino del secolo. Perciò un'uscita tempestiva di scena non mi sembra più un pessimo scherzo ma una buona soluzione, un buon modo di evitare i disinganni della storia, lasciando al posteri tutto il divertimento.

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Pagina 75

Il cerchio


Ero certo che quella guerra sarebbe stata l'ultima nella storia della specie. Una lotta assoluta tra il bene e il male non ammette repliche. Il mondo sceglieva tra salvezza e dannazione e sarebbe uscito purificato dal diluvio universale. Non lo pensavo solo io ma tutti lo pensavano, anche se non incontro per strada più nessuno che se ne ricordi.

Se non era il diluvio gli somigliava molto. Imperversava in cielo e in terra e in ogni luogo come una divinità. Non spazzava un continente o un oceano ma la rotondità del globo. Infieriva su uomini e donne di ogni colore e idioma. Non appariva di lontano sugli schermi ma entrava nelle case giù per i tetti.

Ogni generazione ha le sue ingenuità e cade in qualche tranello. Ma nessuno poteva immaginare, neanche il più scaltrito degli uomini e neanche il diavolo in persona, che quaranta milioni di cadaveri sarebbero stati smaltiti come un carico di scorie e dimenticati il giorno dopo.

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Pagina 81

Il demone


Non so nulla di filosofia né di scienza né di nulla. Sono rimasto al primo stadio della conoscenza, mi accontento della percezione sensibile, per me il sole tramonta nel mare e la luna sorge la sera e va contemplando i deserti. Così mi ha insegnato un cattivo maestro, che da giovane scrisse un trattato di astronomia ma poi guardò con altri occhi il cielo notturno e le stelle dell'orsa.

Perciò non so dire se la guerra sia una proiezione militare della politica, se dipenda dai modi di produzione, se sia un fenomeno di selezione intraspecifica. Per me sta scritta nel cuore dell'uomo e pulsa all'unisono. La pace ha la funzione delle pause in musica e sta scritta sui sarcofaghi.

Quando la guerra non entusiasma le nazioni appassiona gli individui, riversandosi nella vita minuta, annidandosi sotto le coltri, battendo i marciapiedi delle metropoli. Si può scorgerla senza difficoltà negli occhi della gente che passa frettolosa. Prende allora il nome cavalleresco della competizione o quello volgare della sopraffazione e invade rumorosamente il mercato dei pani e dei pesci, senza esigere spargimento di sangue ma tenendone caldo il desiderio.

Forse sarebbe salutare guardarsi in questo specchio e rinunciare al pianto penitenziale. I filari di croci bianche che simulano l'eguaglianza sotto terra nei cimiteri militari e le lodi al Signore che simulano la pietà sulla terra tra fumi d'incenso non esecrano la guerra ma la coltivano come una fede.

Questo moto perpetuo mi convince della superiorità antropologica dei fascismi di ogni nome e di ogni tempo. E mi fa dissentire da quel gentile pensatore che abbandonò le certezze matematiche per avventurarsi nello studio dell'anima e concludere che l'uomo non è angelo né demone ma l'uno e l'altro in lotta, essere incomprensibile ma ansioso di ricongiungersi al suo creatore.

Questa umana doppiezza è solo una invenzione teatrale che fa la fortuna delle religioni come la favola dell'uomo buono per natura ma cattivo per storia dà lavoro alle filosofie. Ma l'uomo bipede non conosce queste astrazioni, è pago di sé, si vede simile al suo creatore, considera il creato una proprietà personale e aspira all'eternità per ricongiungersi a se stesso.

La morale cristiana lusinga questo amor proprio esortando ad amare gli altri come se stessi in un'apoteosi egocentrica. Anticamente era predicata da un uomo scalzo che perciò non fu creduto, ora veste la porpora e viaggia su un automezzo blindato.

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Pagina 85

L'equivoco
(1946)


Nel primo anno di pace ero l'unico maschio giovane sopravvissuto in famiglia e vendevo libri a rate per sussistenza. Come piazzista avevo già un avvenire nel mondo editoriale.

I miei studi universitari si erano arenati sulla riforma agraria di Tiberio Gracco e mi persuasi facilmente di non avere una vocazione accademica. Aveva ragione il professore di filosofia che mi giudicava senza cervello e mi consigliava l'avvocatura.

Il mio programma di studi musicali, un piano quinquennale ispirato alla produzione sovietica dell'acciaio, era in arretrato sugli obiettivi come ogni piano che si rispetti. Avrei dovuto diplomarmi in pianoforte e iniziarmi alla composizione procedendo a un ritmo vertiginoso. A differenza di Iosif Vissarionovic persi la mia guerra contro il tempo.

Accadde allora che un amico di vecchia data mi invitò a colazione offrendomi un'iscrizione istantanea alla categoria dei rivoluzionari di professione. Fu il terzo contrattempo della mia vita dopo il battesimo e l'esecuzione capitale.

Avevo già un'esperienza da dilettante e per passare al professionismo non occorrevano esami. La paga era spartana ma più sicura delle vendite rateali. Avrei potuto metter su famiglia senza tener conto che le professioni di padre e di rivoluzionario sono incompatibili. Non so dire se accettai l'offerta per queste futili considerazioni o per continuare la guerra con altri mezzi e giustificare in questo modo la mia sopravvivenza.

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Pagina 97

Il tempio


L'anno 1956 fu memorabile per quattro motivi: nevicò in marzo a Roma, ci fu sul continente un movimento inatteso di carri armati, cadde la metà del mondo e l'addome dei mio secondogenito divenne intrattabile. Quest'ultimo evento fu di tutti il più importante.

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Pagina 100

Un amico mi aggiornava sulla dissacrazione che nel frattempo scuoteva il mondo, una di quelle convulsioni che ogni tanto movimentano la storia rovesciando idoli dall'altare alla polvere. Era questa volta un idolo gigante, fatto di acciaio e marmo, che aveva lanciato messaggi di liberazione e di vittoria a grandi moltitudini e ora veniva abbattuto. Non capivo nulla ma fui certo che il tempio sarebbe crollato fino all'ultima pietra su chi lo profanava senza criterio e senza nemmeno la consapevolezza di Sansone.

Mi dispiaceva perché da quel tempio, in anni di ferro e fuoco, era venuta salvezza a fronte di un pericolo mortale ed ero anch'io un idolatra riconoscente. Ma soprattutto mi meravigliava che cadesse la metà del mondo e i suoi abitanti continuassero a camminare per strade che non c'erano più. Scambiavano un terremoto per un restauro, una confusione che nessuno può permettersi.

Si nominavano comunisti e avevano nei cinque continenti ottantadue rappresentanze. Una volta le vidi riunite tutte insieme meno una, uno spettacolo notevole. La loro agonia durerà tre decenni ma la meningite contratta in quell'anno le porterà tutte alla tomba o alla pazzia.

Ho dedotto da questa esperienza che l'azione politica e la speculazione intellettuale sono parassitarie allo stesso modo. Quest'ultima esige abiti severi e cervelli attrezzati, la prima si può fare anche a lume di naso e in maniche di camicia, ma entrambe vanno a rimorchio degli eventi. Stanno accovacciate su un ramo di dove adocchiano i lombrichi di passaggio per afferrarli e digerirli. Quindi tornano ad appollaiarsi sul ramo per ricominciare da capo.

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Pagina 119

L'orologio


Forse avrei fatto bene a restare da quelle parti imparando a fare qualcosa d'altro. Per esempio,pescare come uno che conosco e ora lavora tra coralli e aragoste invece che a un tornio. Ma non avevo questa educazione e tornai nella grande città dove non ero desiderato.

Continuavo a nutrire la più cervellotica delle pretese, che le cose fossero diverse da come sono. Continuavo a non capire che se i cani hanno le gambe storte, i granchi procedono obliqui, le talpe sono miopi, stanno bene così.

Era arrivato l'anno 1969 e la neve cadeva di nuovo in abbondanza. In una città turrita era in corso un altro di quei consessi tibetani dove sarei andato ad annunciare due scoperte rivoluzionarie: che non ci sono sulla terra comunismi viventi come non c'è acqua sulla luna e che la congiunzione storica di un capricorno e di una vergine avrebbe generato mostri. Erano scoperte che esponevano all'esilio come a suo tempo la fisica galileana.

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Pagina 141

L'esortazione
(2001)


Ora che lo scrivano ha finito di registrare queste confidenze e le rileggo disordinate in capitoli mi accorgo che così non può andare. Risulta che non solo non ho fatto nulla nella mia vita ma che la concludo con umor nero. Non va bene, la signora Sofia Kirchgessner suonava uno strumento flebile ma non stonava. Perciò per lei scrissero Mozart e Beethoven.

Vorrei congedarmi dissipando questa impressione. L'umor nero è diffuso dappertutto e nei paesi altamente sviluppati fa la fortuna degli analisti e della farmacologia. Non nego che mi abbia spesso accompagnato per strada ma l'ho lasciato su una panchina nel parco e ora corteggio la comicità.

Contano più che mai le intenzioni. Se fosse per i risultati non rifarei nulla di quello che ho fatto e non fatto. Preferirei di no. Ma se guardo alle intenzioni è un altro discorso. La diceria che di intenzioni è lastricato l'inferno è maligna. Deludenti ed effimeri sono gli esiti. I buoni proponimenti sono invece un polline che non fiorisce mai ma profuma l'aria.

Consiglierei una rivoluzione sentimentale. Di tutte le rivoluzioni o riforme, plebee o aristocratiche, proletarie o borghesi, culturali o morali, nessuna è mai stata progettata come sentimentale. Forse perché i sentimenti, intesi come rapporti tra le persone, sono difficili da clonare e sono reputati di genere femminile.

Consiglierei una rivoluzione retrattile, Per quanto l'aggettivo non si presti alle scritte murali, che ristabilisca i ritegni e i tempi interiori abolendo gli orologi. Qualcosa che permetta di capirsi con i segnali di fumo, i versi gutturali dei gorilla, le carezze e le percosse, i gesti che sfiorano le cose viventi e quelle inanimate e dicono più delle parole articolate di cui meniano vanto.

Sarà uno di quegli aneddoti a cui gli ignoranti riducono la storia ma mi par di sapere che una famosa rivoluzionaria considerava un crimine schiacciare inutilmente un insetto. Forse questa mentalità l'ha fatta finire a pezzi in un canale ma mi sembra un buon esempio con il quale mi congedo.

Non senza ricordare l'esortazione dell'Anonimo, citata all'inizio, alla quale resto dopotutto affezionato. L'autore aggiunge che se si è pessimisti riguardo all'uomo tanto vale legarsi una pietra al collo e buttarsi a mare. Così è. La sua esortazione somiglia all'augurio di pronta guarigione che si rivolge a un malato incurabile, ma ci sono auguri che è giusto fare anche se non raggiungono lo scopo desiderato.

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