Copertina
Autore José Luís Pio Abreu
Titolo Come diventare un malato di mente
EdizioneVoland, Roma, 2005, Finestre 4 , pag. 178, cop.fle., dim. 145x165x14 mm , Isbn 978-88-88700-38-0
OriginaleComo tornar-se doente mental
EdizioneAriane, Lisboa, 2004
TraduttoreDaniele Petruccioli
LettoreFlo Bertelli, 2005
Classe psichiatria , psicologia , salute
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Indice

Prefazione                                      7

Introduzione

    Fronte                                     11
    Retro                                      14

1.  Come diventare fobico                      21

    Variante 1. Fobie specifiche               28
    Variante 2. Disturbo di panico             30
    Variante 3. Fobia sociale                  33
    Variante 4. Personalità evitante           36

4.  Come diventare paranoico                   39

    Variante 1. Psicosi paranoide              44
    Variante 2. Delirio ipocondriaco           47
    Variante 3. Delirio di gelosia             49
    Variante 4. Erotomania                     50

3.  Come diventare ossessivo-compulsivo        53

    Variante 1. Ipocondria                     63
    Variante 2. Anoressia e Bulimia            67
    Variante 3. Parafilie                      72
    Variante 4. Cleptomania e altri disturbi
                del controllo degli impulsi    75

4.  Come diventare istrionico                  77

    Variante 1. Disturbi dissociativi          83
    Variante 2. Conversione                    90
    Variante 3. Disturbo di somatizzazione     92
    Variante 4. Psicopatia                     97

5.  Come diventare maniaco-depressivo         101

    Variante 1. Disturbo affettivo stagionale 114
    Variante 2. Depressione unipolare         117
    Variante 3. Mania unipolare               121
    Variante 4. Distimia e altre depressioni  123

6.  Come diventare schizofrenico              127

    Variante 1. Ebefrenia                     135
    Variante 2. Catatonia                     137
    Variante 3. Personalità schizotipica      139
    Variante 4. Altre forme e miscugli        141

7.  Come non essere un malato di mente        143

    Identità/mutamento                        144
    Regole/trasgressione                      148
    Maschile/femminile                        151
    Razionalità/sentimento                    153
    Attore/pubblico                           155
    Trasparenza/segreto                       156
    Epilogo                                   160

Bibliografia                                  163



 

 

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Pagina 11

INTRODUZIONE



Fronte

Quando, svariati decenni fa, decisi di intraprendere la carriera di psichiatra, non avevo idea di quello che mi aspettava. Allora ero convinto, come molti che iniziano adesso le loro carriere di 'psic', che individuando e diagnosticando le malattie mentali sarebbe stato possibile curarle tramite procedimenti specialistici che la scienza aveva o avrebbe scoperto. Ero arrivato addirittura a pensare che migliorando le persone sarebbe migliorata anche la società. Oggi so quanto quell'illusione fosse folle.

L'esperienza di curare un malato di mente è paradossale. Da una parte gli ammalati reali, quelli cioè che si possono individuare con facilità, non ammettono di esserlo e perciò rifiutano la terapia. Di solito hanno subìto pressioni per andare dallo psichiatra, col quale iniziano a giocare al gatto e al topo con esiti incerti. A volte accettano che gli sia fatto di tutto, meno che la terapia adeguata. Altre volte si muniscono di una tale quantità di informazioni irrilevanti da convincere il migliore degli esperti a darsi per vinto. È come se la lotta per la difesa della loro malattia si fosse trasformata in una lotta per la sopravvivenza. Ed è un peccato, perché le terapie attuali sono efficaci, ma non esiste ancora un metodo telecomandato e segreto per somministrarle.

D'altra parte, ci sono anche persone che vanno dallo psichiatra per libera scelta. Lo fanno per i motivi più disparati, tranne manifestare i sintomi di una malattia chiara, di quelle segnalate in tutti i libri. Con una certa dose di buona volontà, lo psichiatra può cogliere qualche sintomo abbastanza vago e molti problemi. Lo psichiatra, però, non ha le risorse di un mago, né quelle di un giudice, di un poliziotto, di un avvocato, di un politico o di un assistente sociale. Non può neppure cambiare il modo di essere delle persone, se mai questa fosse una soluzione. Le uniche risorse di cui dispone sono alcune terapie che curano malattie note. Quando però la malattia non c'è, resta poco da fare.

Esistono due risposte possibili per questo genere di pazienti. La prima consiste nell'ammettere la propria incompetenza e nel suggerirgli di andare da un avvocato, da un assistente sociale, o anche da uno psicologo. Sarebbe la risposta più onesta, ma dolorosa per lo psichiatra perché gli ridurrebbe la clientela. Anche il paziente di solito non accetta una simile risposta: ha le sue buone ragioni per trovarsi lì e non altrove, e gli altri professionisti non sono così disponibili. Un medico, compreso uno psichiatra, è pur sempre un medico, con il suo prestigio, la sua esperienza e la possibilità di essere pagato dallo Stato.

Resta la risposta numero due: tentare di fare una diagnosi, anche infondata, e prescrivere un'adeguata terapia. Lo psichiatra si sente utile e il paziente gli è riconoscente e rimane soddisfatto (benché il grado di soddisfazione vari a seconda delle diagnosi più alla moda). Con un po' di cooperazione e di adattamento alle reciproche aspettative, può anche succedere che il paziente cominci a mostrare tutti i sintomi della malattia diagnosticata. Come il lettore vedrà, gli attuali criteri di diagnosi sono abbastanza permissivi perché questo possa accadere. Però, dal momento che alla diagnosi deve far seguito una terapia, che altera qualcosa nel cervello, può anche derivarne una malattia diversa da quella diagnosticata.

Tutto ciò è fonte di malintesi e frustrazioni. Ed è anche logorante, perché costringe a incontri e scontri, a frequenti scambi di coppia, senza che nessuno degli attori abbia mai preso lezioni di ballo. È uno spreco eccessivo di tempo e di energia. Ma allora non esiste soluzione?

Questo libro saggia una possibile soluzione. Se insegnassimo alle persone a diventare veri e propri malati di mente, gli equivoci psichiatrici finirebbero. Chi desiderasse ricorrere a uno psichiatra, può presentarsi con i sintomi adeguati a una diagnosi, in accordo col consenso americano del DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4th Edition, American Psichiatric Association). I criteri diagnostici del DSM-IV non sono un segreto per nessuno, ma i testi che li divulgano raramente spiegano in che modo riuscire a conseguirli. Come si vedrà in seguito, la cosa non è tanto difficile, ma è necessario iniziare per tempo e, a volte, poter contare sulla collaborazione della propria famiglia. Anche i risultati non sono malvagi, dato che ci si munisce di ottime scuse per le fesserie che si combinano, ci si dimentica dei problemi reali, e svanisce il difficile compito di cercare di risolverli.

Quanto a quelli che sono già malati, forse per loro non cambierà niente. Intanto però, possono aggiungere al fatto di essere malati la consapevolezza di esserlo, il che è già di per sé un passo avanti. Inoltre, arriveranno a conoscere il modo di complicare irrimediabilmente la loro situazione, evitando così di dover giocare al gatto e al topo con lo psichiatra, cosa che porterebbe, sì, allo stesso risultato ma a prezzo di una tremenda fatica per tutti.


Ho scritto questo libro per un pubblico ampio e ho evitato perciò ogni linguaggio specialistico. Tuttavia, qualunque iniziato potrà constatare come vengano qui descritti molti meccanismi e circostanze che la scienza spiega in modo più complicato. Come potete immaginare, sono sempre stato immerso in queste questioni fino al collo e mi sento di garantire al lettore il massimo dell' up to date. Oltre a questo, descriverò una quantità di piccoli trucchi che non si trovano nei libri, ma che ho imparato dai malati che ho seguito. Sono convinto della loro efficacia, anche se riconosco che la letteratura scientifica non ne parla. L'ultima parola spetterà sempre al lettore, dato che neppure la scienza è il depositario ultimo della verità.

In realtà, la scienza fa soltanto quel che può, con la storia e le risorse di cui dispone. Quanto alla storia, le scienze 'psic' non sono particolarmente salvaguardate, dato che devono affrontare innumerevoli preconcetti e le retoriche del potere. Non dimentichiamoci che ci muoviamo sul terreno proprio del potere (inteso come la capacità di far sì che gli altri si adeguino alle nostre aspettative), per cui non conviene che le conoscenze siano di dominio pubblico. Per quanto riguarda le risorse, la ricerca costa soldi e a finanziarla sono sempre più spesso le imprese private. Ora, i privati che si interessano di questo campo ricavano utili spropositati dalla vendita di prodotti sofisticati e costosi. E non hanno ovviamente nessun interesse a scoprire rimedi più semplici in grado di danneggiare i loro affari.

Esistono dunque poche verità scientifiche sulle malattie mentali. Quello che sto dicendo vale quanto qualunque altra opinione, ma vi garantisco che è il risultato di una vita di ricerche e di riflessioni. Intanto invito i lettori a fare la prova su se stessi. Sono convinto che i consigli forniti daranno buoni risultati. Altrimenti, pazienza. In quest'ultimo caso, considerate il tutto un esercizio di fantasia e di umorismo (soprattutto di quel supremo umorismo che consiste nel ridere di se stessi). Aver comprato il libro è già un buon inizio.


Retro

In tutta franchezza, l'idea di scrivere queste pagine mi è venuta mentre cercavo di spiegare agli studenti di Psichiatria i meccanismi psicologici determinati da certe malattie. Nella letteratura psichiatrica esistente, raramente questi meccanismi vengono descritti in modo sistematico. E quando lo sono, sono così avviluppati in quadri teorici da diventare irritanti e incomprensibili. Siccome siamo tutti un po' dottori e un po' pazzi, non c'è niente di meglio che immaginare questi stessi meccanismi dentro di noi. È questo, credo, il principio della comprensione. E per capire (e curare) i nostri malati nulla vale quanto il comprenderli.

Entusiasmandomi al progetto, ho cominciato a far leggere ad alcuni pazienti il capitolo che riguardava più da vicino la loro patologia. Oltre a darmi una mano a correggere il testo, le loro reazioni sono risultate interessanti: dopo un certo shock iniziale finivano per partecipare, e sorprendentemente miglioravano. Alcuni specialisti potranno capire quanto questo miglioramento sia logico: si tratta della paradossale terapia sostenuta da Watzlawick e dalla Scuola di Palo Alto.

È ovvio che non potevo contare sulla collaborazione di qualunque malato. Ho potuto comunque contare sulla collaborazione di persone intelligenti che ho avuto l'onore di seguire. Devo però avvertire gli incauti che sono proprio le persone intelligenti a frustrare più rapidamente negli psichiatri il giusto ma ingenuo desiderio di curarle. Proprio come omaggio a loro mi arrischio a pubblicare questo libro. Tuttavia, visto che le persone intelligenti sono sempre in maggior numero (benché non possa dirsi altrettanto delle altre qualità umane), penso di poter contare su un pubblico ragionevolmente ampio.

Ho approfittato di questo libro anche per divulgare molte conoscenze raccolte nel corso di decenni di lavoro clinico, ma che sorprendentemente incontrano poco sostegno nella letteratura scientifica. Alcune sono attualmente oggetto di ricerca, ma ancora lontane da un consenso unanime. Mi sarebbe impossibile al momento divulgarle secondo il taglio accademico a cui mi sottopongo per altre pubblicazioni. Ma nessuno se la prenderà se le inserisco in un libro senza pretese come questo. Ne accetto dunque lo status di semplici ipotesi, come invito alla ricerca e alla sperimentazione clinica e personale. Spero si rivelino altrettanto buone come lo sono state nella mia esperienza. In caso contrario, sono disposto a riconoscere i miei errori.

Per tutte le malattie qui esposte, vengono indicati i criteri del DSM-IV, in accordo con l'attuale consenso americano (e in quanto tale generalizzabile a tutto il mondo) per la diagnosi delle malattie mentali. Il lettore vedrà da sé quanto questi criteri siano confusi, troppo empirici e superficiali. In effetti, la psicopatologia nasce negli Stati Uniti non prima del 1980, un secolo dopo la sua comparsa in Germania e in Francia. Gli americani hanno ancora molto da imparare dai classici (parecchi dei quali non sono stati tradotti in inglese), eppure gli opinion leader europei, ricusando le proprie origini, si sono schierati con loro. Da questo nasce un'enorme confusione e diversi problemi di traduzione (per esempio, l'onnipresente termine disorder può essere indistintamente tradotto come 'turbamento', 'disordine' o 'disturbo', ma corrisponde alla connotazione europea di 'malattia'). Perciò, i criteri indicati nei riquadri sono responsabilità esclusiva di gruppi di esperti americani, e io mi sono dannato l'anima per metterli in accordo con i disturbi che descrivo.

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1. COME DIVENTARE FOBICO



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OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE PER L'AGORAFOBIA (DSM-IV)

A. Ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile allontanarsi o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un Attacco di Panico (essere fuori casa da soli, essere in mezzo alla folla o in coda, essere su un ponte, viaggiare in autobus, treno o automobile).

B. Le situazioni vengono evitate.

C. L'ansia o l'evitamento fobico non sono meglio giustificabili da un disturbo mentale di altro tipo, Fobia Sociale e Disturbo Ossessivo-Compulsivo compresi.

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Se volete diventare fobici, c'è un termine che dovete cancellare dal vostro vocabolario: 'paura'. State lì con le gambe tremanti, il petto in fiamme, il cuore che batte all'impazzata, i capelli dritti, vi squagliate in sudori freddi, avete gli occhi fuori dalle orbite, ma non avete paura. Avete una fobia, un attacco di panico (non fate caso a questo stupido nome che gli hanno dato gli psichiatri), una crisi di nervi. Paura, mai.

D'altra parte, chi ha paura scappa, e invece voi non scappate mai: rimanete paralizzati, chiamate qualcuno, al limite andate all'ospedale. Non scappate nemmeno dai luoghi elevati, dai tunnel, dai supermercati, da una piazza deserta, da certi animali. Al massimo, evitate di andare in questi posti per non avere un attacco. Ma anche così, è meglio tenere segreta questa eventualità, perché gli altri non vi considerino meno coraggiosi di quanto siete. Riuscirete a mettere insieme un'infinità di argomenti per convincere gli altri (e magari voi stessi) che si tratta della soluzione migliore per tutti.

Ammettiamo che in effetti siete persone coraggiose, ma è proprio qui il vostro problema. La carriera di fobico inizia molto precocemente, e c'è anche chi sostiene che un passo essenziale sia quello di vivere le amarezze di una separazione dalla madre. Non so se sia davvero così, ma sicuramente un buon fobico comincia fin da piccolo a ficcarsi in avventure temerarie, ed è naturale che di tanto in tanto perda di vista i genitori, piuttosto che siano questi ad allontanarsi da lui. A questo sopravvive, con maggiore o minore angoscia. Ma appena capisce che non muore nessuno, comincia ad andare sempre più in là. Non sa mai quando è il caso di fermarsi, e ogni volta si mette in guai peggiori. Se avete avuto la fortuna di avere un'infanzia di questo tipo, continuate pure così, siete sulla buona strada.

I vantaggi sono immensi: la vostra vita si arricchisce di nuove esperienze e, se tutto va bene, non vi mancherà l'occasione per altre sfide. Diventerete persone interessanti e seduttive. Presto vi convincerete di poter fare qualsiasi cosa, di tenere il mondo in pugno, il che è estremamente stimolante. La vita è un palpito, e questi palpiti a volte li sentite nel cuore, cosa che vi porta a osare ancora di più. Spesso senza riflettere, d'istinto, trasportati da una piacevole sensazione in gola, da una forza che viene dal petto, da una specie di vertigine (chiamiamole emozioni?) che sembra magica e che comincia a influenzare la vostra vita. Andate dove vi porta il cuore! Anche il fisico risponde: curate il corpo, praticate sport, respirate con piacere l'aria pura. State sperimentando una vita senza limiti, e in generale va tutto bene.

[...]

Le cose si complicano, perché il solo pensiero degli attacchi vi spaventa e vi procura nuovi attacchi. Ormai riconoscete di aver paura, ma non una paura qualsiasi: unicamente la paura di aver paura. E al minimo segnale di allarme, via subito dal luogo del delitto (dell'attacco). A poco a poco comincerete a evitare tutto fino a non poter più uscire di casa. Avrete anche perso ogni autonomia, perché non riuscirete più a fare niente da soli. Siete totalmente dipendenti dagli altri (molto probabilmente da vostra moglie o vostro marito), motivo per cui non c'è nessun rischio di separazione. Voi che avevate una vita senza limiti, siete rimasti bloccati negli angusti confini del vostro focolare. Se le cose proseguiranno in questo modo, avrete avuto in dono la perla delle fobie: una 'agorafobia con attacchi di panico'.

Se volete portare avanti questa carriera, la scelta migliore è andare da un medico o da uno psicologo. Con un paio dei loro trucchi, compresi pillole e rilassamento, vi aiuteranno ad affrontare gradualmente i problemi che stavate evitando. Se qualcuno vi parlerà di respirazione, protestate e dite che questa non è una teoria accettata dalla psichiatria (infatti non lo è, visto che non fa vendere pasticche). La cosa più importante è che, se riuscirete a diventare provvisoriamente dipendenti dal terapeuta, potrete finalmente liberarvi dal legame che vi soggioga e prepararvi a nuovi voli... fino alla prossima volta. Vi consiglio di cercare un aiuto competente, perché altrimenti correte il rischio d'imbarcarvi troppo tardi in un'altra carriera patologica (depressione, somatizzazione, ecc.) e di trasformarvi in una cavia per le più svariate pillole.

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Pagina 30

Variante 2. Disturbo di panico



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OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE PER L'ATTACCO DI PANICO (DSM-IV)

Un periodo preciso di paura o disagio intensi, durante il quale 4 (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente e hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti:

1. palpitazioni;

2. sudorazione;

3. tremori;

4. dispnea;

5. sensazione di asfissia;

6. dolore al petto;

7. nausea o disturbi addominali;

8. sensazioni di sbandamento;

9. derealizzazione o depersonalizzazione;

10. paura di perdere il controllo o di impazzire;

11. paura di morire;

12. parestesie;

13. brividi o vampate di calore.

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Come ci sono fobie senza attacchi di panico, possono esserci attacchi di panico senza fobie. Almeno così affermano gli specialisti, benché a me personalmente sembri molto difficile che l'una cosa stia in piedi senza l'altra. Comunque, ai lettori la scelta. Se volete intraprendere questa strada, perché no? Intanto vi lascio un paio di dritte per raggiungere l'obiettivo.

Un'ipotesi è quella di farsi venire un attacco di panico (non dimenticatevi che oltre ad avere veramente paura dovete complicare le cose con l'iperventilazione) soltanto in situazioni limite, quando fate qualcosa che sapete benissimo di non dover fare. Molti ragazzi hanno la fortuna di averlo la prima volta che fumano una canna, e magari, quando ci riprovano, gli ricapita. Hanno la fobia delle droghe, e non vogliono più saperne. Ma ammettiamolo, una decisione del genere più che una fobia è un comportamento salutare. In questo libro non propongo la carriera di tossicodipendente puro perché, oltre a essere estremamente elementare (basta iniziare a fare uso di droghe), non è una vera e propria carriera da malato di mente, piuttosto di morte e autodistruzione. Gli attacchi di panico fungono in questo caso (e in situazioni similari) da freno automatico messo a disposizione dalla natura.

Tuttavia, attacchi di panico isolati non danno diritto a considerarsi malati: per il 'disturbo di panico' bisogna averne più d'uno. Come fare? Be', la cosa migliore è cominciare a preoccuparsi di più della propria salute e molto di meno dei pericoli dell'ambiente circostante. In un certo senso non smetterete di avere una preoccupazione topografica, ma passerete dalla geografia del vostro habitat a quella ancora più ristretta del vostro corpo. Fate molta attenzione ai vostri processi mentali e considerate quanto questo vi confonda, senza scordarvi le vertigini che vi vengono a causa dell'iperventilazione (dimenticandovi però di questa relazione di causa-effetto): vi sentirete prossimi a impazzire o a perdere i sensi. Concentratevi sulle difficoltà di respirazione, preoccupatevi della vostra gola, della mancanza della sensazione di sollievo che vi dava il sospirare, e presto comincerete a pensare che sta per mancarvi l'aria (sarebbe di grande aiuto se di tanto in tanto vi si tappasse il naso, così da acquisire l'abitudine a sforzare il respiro). Preoccupatevi inoltre del borbottio del vostro stomaco (cosa che otterrete dopo aver scompigliato a sufficienza i gas corporali, sospirando o ingerendo aria dopo mangiato), e in quattro e quattr'otto vi sentirete liquefare in un attacco di diarrea, o vittime di una congestione.

Non c'è bisogno di dire che in tutti questi casi finirete per spaventarvi sul serio e per perdere il controllo, il che vi spingerà a respirare sempre più forte e a complicare la situazione fino all'esaurimento. C'è però chi asserisce che per avere un attacco di panico non è necessaria l'iperventilazione. Non so se sia così, non vi resta che provarci. Vi consiglio intanto di preoccuparvi del vostro cuore e di concentrarvi sul battito cardiaco. Quella canaglia del cuore, oltre a potervi far venire un infarto, tende a battere per proprio conto, e spesso in maniera imprevedibile. Ponete estrema attenzione al suo ritmo, e non tarderete a impaurirvi. Ironicamente, gli specialisti hanno chiamato 'reazione simpatica' gli antipatici effetti di un brutto spavento. Si tratta di reazioni automatiche che comprendono, tra le altre, tachicardia e dilatazione bronchiale... Guarda un po': il cuore batte ancora più forte e i polmoni si inondano di ossigeno col proposito di propinarvi nuove sensazioni e di imboccare la via più breve per l'ossigenazione del sangue e l'attacco di panico.

Dopo alcune prove, il vostro corpo imparerà (anche il corpo impara, lo sapevate?), avere un attacco sarà più facile (potrete averne perfino durante il sonno), la paura aumenterà. Per sicurezza fate meno esercizio (non mettetevi a fare ginnastica aerobica, potrebbe farvi bene!) e cominciate a collezionare attacchi. Poi rivolgetevi a uno psichiatra, che individuerà un 'disturbo di panico'. A questo punto non ci sono fobie né evitamenti, perché non si può fuggire dal proprio corpo. Con un po' di maestria e qualche calmante, lo psichiatra si prenderà cura di voi.

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2. COME DIVENTARE PARANOICO



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OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE PER IL DISTURBO
PARANOIDE DI PERSONALITÀ (DSM-IV)

Diffidenza e sospettosità pervasive nei confronti degli altri (tanto che le loro intenzioni vengono interpretate come malevole), che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in una varietà di contesti, come indicato da 4 (o più) dei seguenti elementi:

1. sospetta, senza una base sufficiente, di essere sfruttato, danneggiato o ingannato;

2. dubita senza giustificazione della lealtà o affidabilità di amici o colleghi;

3. è riluttante a confidarsi con gli altri a causa di un timore ingiustificato che le informazioni possano essere usate contro di lui;

4. scorge significati nascosti umilianti o minacciosi in rimproveri o altri eventi benevoli;

5. porta costantemente rancore, cioè, non perdona gli insulti, le ingiurie o le offese;

6. percepisce attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri, ed è pronto a reagire con rabbia o contrattaccare;

7. sospetta in modo ricorrente, senza giustificazione, della fedeltà del coniuge o del partner sessuale.

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Dubito che esistano al mondo due persone che abbiano un rapporto duraturo e che non si siano insultate a vicenda almeno una volta (fatta eccezione per vostra madre o vostro padre rispetto a voi, a seconda dei casi). Verificatelo su di voi e sulle persone che vi circondano. La conclusione è semplice: fidarsi degli altri è la cosa più stupida del mondo. Tuttavia i comuni mortali si ostinano ad aver fiducia gli uni negli altri, con la scusa che non riescono a vivere in modo diverso. Dimenticano i tradimenti o li accettano, le ingiustizie non li angustiano. Se avete deciso di essere paranoici, non aprite questa porta. Voi siete al di sopra di tutti questi miserabili. Mettete la giustizia al primo posto e avrete, dal vostro punto di vista, ragioni da vendere per esercitarla.

Voi, l'onestà in persona, non tradite mai. State semplicemente sul chi vive e sempre pronti a fare giustizia al primo segnale di tradimento altrui, al primo cattivo proposito degli altri o anche soltanto alla minima possibilità che si verifichi. Questo significa che eserciterete la giustizia all'inizio di qualunque relazione. Se qualcuno prova a negare le vostre ragioni, non statelo neppure a sentire, perché in realtà sta confessando di avervi tradito. Contrattaccate al minimo bisbiglio, considerate ed esponete le ragioni che vi sorreggono (trasformatevi in un rompiscatole), e preparatevi a fare giustizia.

Ragione e giustizia sono le grandi armi del paranoico. La sua ragione e la sua giustizia, perché il paranoico non è tagliato per uno stato di diritto, dove la ragione si discute e la giustizia sta nei codici. Per il paranoico la sua verità deve uscire vittoriosa e la sua giustizia deve essere fatta a tutti i costi, anche se dovesse aspettare anni per vederla trionfare. Se non ci riuscite subito, cominciate a esercitare la vostra tenacia. Sarebbe una buona cosa far parte fin da piccoli di una famiglia o di un gruppo ristretto con un modo di pensare non in linea con il resto della comunità, che coltivi attivamente le proprie idee, e che interpreti le difficoltà per mezzo di questa diversità. Una setta religiosa o un gruppo politico minoritario sono l'ideale.

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7. COME NON ESSERE
UN MALATO DI MENTE



Dopo aver letto i capitoli precedenti sarà naturale che mi chiediate che cosa bisogna fare per non essere un malato di mente. È la vecchia questione di che cosa significa essere normali o, per lo meno, mentalmente sani. Ma qui, i lettori mi scuseranno, non sono la persona adatta per dare ricette sicure. Del resto, dubito che qualcuno lo sia, benché le offerte non manchino. L'unica cosa sicura è che mentre ci sono pochi modi di diventare malati (principalmente i 6 meccanismi proposti in ciascuno dei capitoli precedenti) ce ne sono migliaia per restare in salute. Il problema è che essendo così tanti, nessuno sa bene quali siano. Tutto quello che sappiamo ci viene dal presente e dal passato, secondo gli usi e la cultura di allora. Tuttavia la nostra vita (e spero bene soprattutto quella dei miei lettori) è rivolta al futuro. Ma con la sorprendente rapidità dei mutamenti tecnologici, culturali e di costume, nessuno sa come sarà il futuro. L'ideale è esercitare la propria capacità di immaginazione.

Può essere accaduto che in parte vi siate identificati con alcune delle patologie che ho proposto. Non preoccupatevi. Abbiamo tutti il diritto di essere un tantino fobici quando una disgrazia si abbatte su di noi, un po' paranoici quando ci troviamo coinvolti una dura lotta, leggermente ossessivi mentre studiamo la complessità delle cose, un po' istrionici quando vogliamo imporci agli altri. Dalle tendenze schizoidi nascono teorie innovatrici e dai mutamenti dell'umore viene la creatività. Se riuscite a gestire queste cose con successo, i miei complimenti: vuol dire che sapete rispettare i contesti dell'esistenza e adeguarvi a questi. Benché si possano concepire alcune combinazioni effettivamente patologiche, avere tutte le malattie equivale a non averne alcuna.

L'importante è che la vostra vita vada bene, che non abbiate di che lamentarvi e che neppure gli altri si lamentino di voi (a meno che non siate un politico, caso in cui tutti ce l'avranno con voi).

Il grave problema dei malati di mente è che si comportano sempre allo stesso modo in ogni circostanza. È per questo che sono così simili gli uni agli altri e che possiamo, perciò, classificarli. Le persone sane al contrario, per il fatto di essere così differenti le une dalle altre, sono inclassificabili. Oltre differenziarci per la varietà genetica di cui siamo dotati grazie all'esogamia, siamo diversi anche per le varietà culturali e linguistiche, e ancora per la coscienza, mezzo con cui possiamo conoscere e modificare noi stessi. Siamo pertanto fondamentalmente imprevedibili, anche se per vivere in una comunità organizzata dobbiamo essere prevedibili gli uni per gli altri. Questo è il primo paradosso che ci obbliga a sviluppare una personalità complessa e cosciente. Ma dico questo anche per tranquillizzare i lettori: se vi siete identificati in tutto e per tutto con una delle malattie che ho descritto, comincerete almeno a prendere coscienza di voi stessi e ad acquisire la libertà di cambiare. Quello che mi fa più paura dei malati di mente è la loro mancanza di consapevolezza su quello che succede dentro di loro (dovuta in parte ai malintesi delle superstizioni popolari, della psicologia, della psichiatria e della stessa medicina), ciò li porta a perdere la libertà di cambiare: continuano in ogni circostanza a fare sempre le stesse cose.


Identità / Mutamento

Attenzione, però, la capacità di cambiare non è né assoluta né gratuita. Il nostro primo limite è il corpo. Oggi esistono le risorse della chirurgia plastica e chiunque può ricorrervi purché abbia denaro a sufficienza. Ma francamente vi sconsiglierei di farlo alla prima occasione. Il colore della pelle, la statura e i lineamenti del volto sono cose che marcano contemporaneamente la diversità e l'identità di ciascuno di noi. Se vi mettete a giocare con queste o con altre cose (per esempio con il vostro nome, che magari non vi piace) rischierete di intraprendere la carriera dell'istrionico. Queste caratteristiche, tuttavia, ci vengono, nel bene e nel male, dai nostri progenitori, dalla cultura, dalle circostanze di tempo e di luogo in cui ci capita di nascere. E allora che fare? Be', l'ideale è imparare ad abituarsi ai dati di fatto.

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