Autore Emanuelle Pouydebat
CoautoreJulie Terrazzoni [illustrazioni]
Titolo Sexus animalus
EdizioneL'ippocampo, Milano, 2020 , pag. 184, ill., cop.rig., dim. 18,5x24,5x2 cm , Isbn 978-88-6722-542-2
OriginaleSexus Animalus
EdizioneFlammarion, Parigi, 2020
CuratoreMaurizio Odicino
TraduttoreVera Verdiani
LettoreGiovanna Bacci, 2020
Classe natura , evoluzione , erotica , scienze naturali












 

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Indice


Introduzione                                         9

UN'INSOSPETTABILE VARIETÀ DI FORME E DI TAGLIE      15

Il coccodrillo marino                               17
Lo struzzo                                          21
Il marasco                                          25
Il camaleonte                                       29
L'echidna a becco corto                             35
Il paguro                                           41

TROVARE LA STRADA, ARRIVARE IL PIÙ VICINO POSSIBILE 47

Il tapiro della Malesia                             49
L'elefante africano di savana                       53
L'argonauta                                         57
Il germano reale                                    61
La grande limaccia grigia                           67

IMPEDIRE LA CONCORRENZA, SBARRARE GLI ACCESSI       71

Il ragno nefila                                     73
Il fuco                                             79
La lumaca di mare                                   83
La damigella                                        87
Il fasmide, insetto stecco                          91

AGGRAPPARSI E TRAFIGGERE,
OTTIMIZZARE LA FECONDAZIONE                         95

Il tricheco                                         97
Il pesce Phallostethus cuulong                     103
Il tonchio maculato                                107
Il galagone di Rondo                               113
La cimice dei letti                                117
Lo psoco                                           123

COMUNICARE, INTIMIDIRE, CHIAMARE O INGANNARE!      127

La testuggine africana                             129
Il barcaiolo                                       133
La piralide                                        137
Il fossa                                           141

DARSI PIACERE!
UNA SESSUALITÀ SENZA FRENI E SENZA RIPRODUZIONE    147

Lo scoiattolo di terra del Capo                    149
I pipistrelli                                      153
Il tursiope                                        157
Il bonobo                                          161
Il pesce pagliaccio                                165
Il ratto grigio                                    169


Conclusione                                        173

Ringraziamenti                                     183


 

 

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Pagina 9

INTRODUZIONE


Sono circa quattro miliardi di anni che gli organismi viventi colonizzano il nostro pianeta. Si diversificano per mezzo di complessi meccanismi evolutivi per sopravvivere in ambienti molto diversi, ognuno dei quali impone obblighi specifici e in continua modificazione. Conseguenza: una grande diversità di strategie adattative e morfologiche. Tale diversità di forme non riguarda solo l'organismo (arti anteriori, posteriori, organi, ossa e tessuti), ma anche i comportamenti e le funzioni ad essi associati (locomozione, raccolta di cibo, predazione, fuga, riproduzione). Ora, uno dei fatti che più colpiscono nell'evoluzione degli animali a fecondazione interna è la diversificazione morfologica degli organi genitali. Constatazione affascinante: nelle specie la cui morfologia generale varia di poco, gli organi genitali maschili, molto più conosciuti e studiati di quelli femminili, differiscono invece considerevolmente. Come se, nel loro caso, la selezione si fosse concentrata sul sesso. Figuratevi che oggi troviamo peni a grondaia, peni doppi, peni spinosi, peni a cavatappi, peni a quattro teste, peni sonori e addirittura peni staccabili! Malgrado la mancanza di dati, cercheremo di non trascurare esempi, quanto mai appassionanti e ricchi di future scoperte, di vagine immagazzinatrici e di clitoridi spinosi.

Le cause di questa straordinaria varietà nell'evoluzione morfologica sembrano potenzialmente multiple e pongono ancora molte e interessanti domande. A che cosa serve un pene? Perché certe specie non ne hanno, mentre altre ne hanno due? Perché sono così diversi? Sarà perché hanno origini molteplici, o al contrario perché derivano tutti da un modello comune? Servono soltanto a trasferire lo sperma? Ottimizzare la riproduzione? Assicurarsi l'esclusività? Sopravvivere? E, in tutto ciò, che posto ha la vagina? E il clitoride? E il piacere? Esiste nel mondo animale? In quali forme?

I meccanismi sono complessi e per cercare di comprenderli occorre risalire nel tempo e seguire l'evoluzione di quest'organo. Eccoci dunque a oltre 400 milioni di anni fa, ossia ben prima della comparsa dei dinosauri. Fino a questo momento la fecondazione è sostanzialmente esterna: le femmine espellono gli ovuli nell'acqua e i maschi vi proiettano il seme. Ma a un certo punto alcuni animali marini escono dall'acqua e tutto il loro corpo, organi genitali compresi, deve adattarsi al nuovo ambiente: sulla terraferma non possono più ricorrere alla fecondazione esterna. Impossibile, sia per il maschio che per la femmina, liberare cellule sessuali per terra e nell'aria: non sopravvivrebbero a lungo. Per arrivare alla conquista dell'ambiente terrestre occorrerà una vera e propria innovazione anatomica e, tra le altre, quella dell'apparato riproduttore. Ci si arriverà con l'invenzione della fecondazione interna. Il principio? La femmina conserva gli ovuli nel proprio corpo e il maschio vi depone il suo seme. Per farlo, gli animali acquatici inventeranno delle soluzioni fondamentali: dei peni a grondaia, come quelli che tuttora presentano i coccodrilli, le razze e i pesci ossei. Negli oceani, nei fiumi e nei laghi numerosi pesci corazzati e con mascelle, quali i placodermi, si dotano di un'appendice sessuale, antenata del pene. Fossili del piccolo pesce corazzato Microbrachius, ora estinto, forniscono la prova che la fecondazione interna risale almeno all'inizio dell'evoluzione dei vertebrati.

Dunque, i primi peni sono acquatici! Questo sistema di riproduzione interna si è probabilmente dimostrato decisivo per la sopravvivenza delle specie dell'epoca, evitando la dispersione dello sperma nell'acqua e ottimizzando le fecondazioni. Un adattamento rivelatosi essenziale per i vertebrati terrestri, che si libereranno dalla permanenza obbligata nell'acqua e conquisteranno i continenti: gli amnioti. Le uova di questi tetrapodi sono dotate di un sacco amniotico e l'embrione può essere protetto da un guscio rigido o direttamente dall'utero materno. Sulla terra acquisiscono o ottimizzano numerosi adattamenti, compreso quello riguardante il sistema riproduttivo. In effetti la femmina deve per forza conservare all'interno del corpo le cellule riproduttive, e il maschio apportarvi le sue. La soluzione adottata dalla maggior parte dei vertebrati terrestri consiste nello sviluppare dei peni simili a tubi per trasportare il liquido seminale direttamente all'interno della femmina. Affinché possa avvenire la penetrazione delle vie sessuali femminili, i tubi in questione devono irrigidirsi. Ciò avviene grazie all'aumentare della pressione dei liquidi che contengono, diversi a seconda delle specie (sangue, linfa...). Senza dubbio anche gli organi genitali delle femmine hanno subito adattamenti, finora ampiamente misconosciuti.

Cominciate ad afferrare? È logico, ma meno semplice di quanto sembri. Qui le cose si complicano e per capire il presente bisogna comprendere il passato. Purtroppo i meccanismi evolutivi del pene non sono ancora del tutto chiari. Restano molte domande circa l'origine della sua diversità morfologica (a che cosa somiglia) e funzionale (ciò che fa). Potrebbe, tale diversità, spiegarsi con il fatto che il pene ha avuto molteplici origini, o, al contrario, per il fatto che si è evoluto in modi diversi a partire da un unico prototipo ancestrale? Cerchiamo di vederci più chiaro.

Recenti studi si interessano alle origini del pene e alla sua evoluzione negli amnioti. Il possesso di un organo copulatore "penetrante" quale il pene era la previa e indispensabile condizione per la conquista dell'habitat terrestre. Contrariamente all'acqua, l'aria non era un mezzo adatto a trasportare lo sperma, mentre il pene permetteva di trasferire i gameti maschili verso la femmina. Il che indurrebbe a credere che il pene sia l'unica, se non la migliore, soluzione per riprodursi e sopravvivere fuori dall'acqua. Un vero e proprio pene, insieme al suo omologo femminile miniaturizzato, il clitoride, è presente in quasi tutti gli amnioti, mammiferi, cheloni (tartarughe), coccodrilli e squamati (lucertole, serpenti e anfisbene). Quasi tutti? Sì... Perché nel corso dell'evoluzione degli amnioti il pene è stato "perso" almeno a due riprese: gli sfenodonti e la maggior parte degli uccelli ne sono privi. Negli sfenodonti, animali prossimi alle lucertole e ai serpenti, l'accoppiamento avviene per apposizione cloacale, ossia con la messa in contatto degli orifizi genitali, come nella maggior parte degli uccelli. Grazie a un processo tuttora affascinante e misterioso (genetica, co-sviluppo delle membra...), i virgulti degli organi genitali presenti nell'embrione degli sfenodonti arrestano la loro crescita durante la gravidanza, quasi avessero memorizzato un pene ancestrale!

Sia come sia, negli sfenodonti nonché in numerosi gruppi di uccelli, il pene si è quindi perduto, o ridotto. Il fatto che i coccodrilli e gli struzzi, uccelli "primitivi" rispetto alla scala evolutiva, siano provvisti di un pene è per alcuni studiosi la prova dell'origine unica di quest'organo: esso si sarebbe differenziato in alcune linee evolutive, mentre in certe altre sarebbe sparito. Il problema è che non è facile capire intuitivamente il perché della perdita di un organo così importante nella riproduzione. Ne convengo... Non per niente, altri ricercatori continuano a propendere per le origini evolutive multiple del pene.

Complesso, vero? E non abbiamo ancora menzionato gli artropodi, ossia gli insetti, i ragni e i crostacei i cui organi copulatori si sono anch'essi sviluppati in modo assai vario. In questi animali i "peni" si chiamano in modo diverso: "chelicero" negli acari, "pedipalpo" nei ragni, "edeago" in molti insetti, e via dicendo. Tutte queste estremità raccolgono lo sperma per guidarlo verso l'orifizio genitale della femmina. Ce ne sono di tutti i tipi: ma per quale motivo? Il motivo è che, in un ambiente che cambia, la sessualità è una questione di sopravvivenza. Tra esemplari dello stesso sesso, e anche tra maschi e femmine, è in atto un'aspra competizione per perpetuare i propri geni. E così, per riprodursi, le specie sviluppano multiple strategie che vanno dagli organi innovatori fino al sacrificio dei maschi, passando per la guerra dei sessi. Altrettante sorprese di cui il regno animale detiene il segreto.

Tutte queste strategie producono spettacolari differenze tra forme e funzioni degli organi genitali. Le cause di una tale differenziazione evolutiva sono tuttora oscure e, oltre alla questione dell'origine multipla o unica del pene, restano ancora molte affascinanti domande alle quali rispondere. Quali varianti di forme e di taglie? A quale scopo? Trovare la strada? Impedire la concorrenza? Aggrapparsi? Selezionare? Comunicare? Provare piacere? Come mai certi peni e certi clitoridi hanno un osso o delle spine?

Come si vede, gli organi genitali, e in genere gli accoppiamenti, nascondono tanti misteri, e in questo libro cercheremo di svelarne qualcuno. Sono certa che leggendolo, gli organi genitali e la sessualità degli umani vi sembreranno estremamente banali. Quelli del mondo animale ci superano a tutti i livelli... Da capogiro.

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Pagina 52

L'ELEFANTE AFRICANO DI SAVANA
(Loxodonta africana)
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Un gigantesco pene tattile



Un maschio adulto di elefante africano di savana misura quasi 4 metri al garrese e pesa fino a 6 tonnellate, mentre la femmina raggiunge i 3 metri al garrese, con una massa di quasi 4 tonnellate. Benché gli elefanti arrivino alla maturità sessuale intorno ai quindici anni, i maschi cominciano a riprodursi dopo i trenta, quando hanno la forza necessaria per battersi con gli altri maschi per la conquista della femmina. Devono inoltre aspettare che le femmine non siano gravide, né abbiano partorito da poco: il periodo di 22 mesi di gestazione è il più lungo dei mammiferi e la durata d'allattamento dell'elefantino dura fino a quattro anni... La media dei rapporti sessuali di un elefante è quindi di uno ogni cinque anni! C'è di che rendere i maschi un tantino aggressivi... Il tasso di testosterone al momento dell'estro è infatti fino a cinquanta volte più alto che in tempo normale. I maschi agitano le orecchie, scuotono la testa e sfoderano un impressionante pene, lungo fino a due metri. Come se l'animale non fosse già abbastanza affascinante, eccolo munito di una seconda proboscide!

Al suo confronto, il tapiro può andarsi a nascondere: il pene dell'elefante non solo è massiccio, ma anche tattile. Un grosso maschio è stato osservato mentre se ne serviva per alzarsi, schiacciare le mosche e grattarsi la pancia. La mia collega Céline Houssin ha fatto la stessa constatazione sugli elefanti africani di savana del parco nazionale Kruger, in Sudafrica. Certe testimonianze suggeriscono addirittura che il pene dell'elefante possa essere prensile e afferrare le foglie... Da verificare! Per quanto riguarda la femmina, il suo apparato genitale è lungo 3 metri e l'ingresso della vagina dista 1,30 m dall'orifizio in cui si inserisce il maschio. Benché possa misurare fino a 2 metri in fase di erezione, il pene non riesce dunque sempre a penetrare la vagina. Questa particolarità morfologica è una probabile eredità di antenati marini che in tal modo impedivano all'acqua di entrare negli organi riproduttivi della femmina. Per la cronaca: il clitoride delle elefantesse è lungo circa 40 cm!

Ma è proprio vero che gli elefanti hanno bisogno di una seconda proboscide per accoppiarsi? Ebbene, sì. Un pene tattile è una gran bella comodità quando si pesa sei tonnellate. Per una bestia così imponente è praticamente impossibile mettersi nella posizione adatta all'accoppiamento e compiere le spinte ritmiche necessarie alla sua riuscita. Data la pesantezza del maschio, la copula ha una durata brevissima, dai venti ai trenta secondi. In così poco tempo il maschio ha interesse a essere preciso e andare dritto allo scopo, ed ecco entrare in ballo il pene, capace di eseguire il lavoro al posto suo. Come se non bastasse, nel momento dell'estro, gli elefanti maschi producono un'orina verde scuro dall'intenso odore che spesso mescolano al fango prima di rotolarcisi dentro o di spruzzarla sulle femmine per sedurle... Abbiamo quindi un pene tendente al verde, tattile e smisurato. Durante una missione africana destinata a studiare l'utilizzo della proboscide tra gli elefanti della Namibia e del Sudafrica, la nostra équipe ha osservato un elefante in flagrante delitto di... masturbazione.

A proposito di proporzioni, scordatevi l'elefante e anche la balena, perché al loro confronto l'animale dal sesso più imponente è addirittura minuscolo. Si tratta di un crostaceo ermafrodito lungo qualche centimetro: il cirripede, il cui pene misura otto volte la sua lunghezza! E lo spermatozoo più grande? È detenuto da... un moscerino: la piccola Drosophila bifurca fabbrica degli spermatozoi strettamente ripiegati ma che, una volta srotolati, raggiungono venti volte la sua taglia, vale a dire 6 cm. Che strano... il pene più lungo appartiene al gigantesco elefante, ma lo spermatozoo più grande è quello di una mosca? L'evoluzione, sempre lei! Gli animali mastodontici eiaculano a massima velocità, diversamente dai piccoli. La grande taglia degli spermatozoi compensa la scarsa potenza dell'eiaculazione, mentre una taglia piccola garantisce un "atterraggio" delicato in caso di eiaculazioni rapide e violente. Così, i grossi spermatozoi, anche se proiettati lentamente, possono trovare la cellula femmina, e quelli piccoli non vengono stritolati malgrado la velocità.

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Pagina 56

L'ARGONAUTA
(Argonauta argo)
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Un pene staccabile



L'argonauta è un mollusco cefalopode, cugino primo dei polpi e di altre piovre. Dal suo primo paio di tentacoli, la femmina secerne una bianca conchiglia spiralata di carbonato di calcio, l'"ooteca", destinata a immagazzinare e proteggere le future uova. Piccola digressione storica: le sue sottili membrane furono paragonate a delle vele, inducendo Linneo a dare al mollusco il nome di "argonauta", in riferimento ai navigatori della mitologia greca. La presenza nella femmina dell'ooteca amplifica il forte dimorfismo sessuale di questi animali, giacché il maschio misura due centimetri, mentre la femmina adulta ne raggiunge dai quaranta ai cinquanta. Le femmine sono quindi da dieci a cinquanta volte più grandi dei maschi. Provo molta simpatia per questi poveri maschietti, costretti ad affrontare una sfida gigantesca. Come riprodursi, con una simile differenza di taglia? Per accoppiarsi con la femmina il maschio è ricorso allora a una soluzione... radicale!

Questi molluschi hanno otto tentacoli. Il terzo a sinistra è enorme, poiché non ha la stessa funzione degli altri: si è modificato in un braccio copulatore, detto "ettocotilo". Un braccio che interpreta la parte del pene, composto di un serbatoio per gli spermatofori e di un'estremità sottile come un pene. E non è ancora finita! Proviamo a entrare nei particolari. Gli argonauti maschi trasferiscono gli spermatofori inserendo l'ettocotilo nell'orifizio copulatore della femmina. Questo agile braccio può frugare per ore nel suo mantello alla ricerca della cavità palleale, e questo è l'unico contatto tra maschio e femmina durante l'accoppiamento. Un contatto davvero originale: figuratevi che dopo essere entrato nella cavità della femmina, il pene dell'argonauta, posto all'estremità dell'ettocottilo, si stacca dal maschio. Un pene staccabile? Incredibile, ma vero. Talmente incredibile che perfino il grande anatonomopatologo Georges Cuvier , scoprendone uno in una femmina, pensò che si trattasse di un verme parassita.

E invece avrebbe dovuto fidarsi di Aristotele , che aveva descritto il braccio copulatore nella sua Storia degli animali. L'ettocotilo si sviluppa sotto l'occhio sinistro del maschio; raggiunta la maturità sessuale, emerge per fissarsi sulla femmina e liberare gli spermatofori. Il fatto appassionante è che le femmine li terranno da parte fino al momento in cui saranno pronte a deporre le uova in mazzi trasportati da apposite ramificazioni sul fondo dell'ooteca. Di solito i maschi muoiono nei mesi successivi all'accoppiamento, talvolta divorati dalle femmine. Le quali secernono una conchiglia per poter galleggiare senza urtare il fondale marino, che rischierebbe di danneggiare le uova fecondate. Le femmine muoiono a loro volta poco dopo la schiusa.

Altro fatto degno di nota, nelle femmine è possibile trovare numerosi ettocotili maschi, ognuno proveniente da un maschio diverso! Significa forse che le femmine selezionano gli spermatofori?

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Pagina 96

IL TRICHECO
(Odobenus rosmarus)
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Il più grande "dardo d'amore"



Come presto vedremo, esistono tante altre strategie per ottimizzare la fecondazione. Una di esse, molto diffusa tra i mammiferi, è quella di possedere un... osso penico. Proprio così: ci sono peni provvisti di un osso. In ambito scientifico è pomposamente chiamato baculum, ma noialtri preferiamo chiamarlo "dardo d'amore".

Quest'osso penico, o "dardo d'amore", è presente nella maggior parte dei primati, ma anche in altri animali quali orsi, talpe, toporagni, pipistrelli, ricci, gatti, cani, foche, lontre, orsetti lavatori e chi più ne ha più ne metta. La sua funzione? Prolungare l'intromissione del pene negli organi genitali della femmina per eliminare i rivali (sempre la solita storia!) e assicurarsi il successo. Le specie dal baculum più lungo sono anche quelle in cui la penetrazione dura di più. Tanto per fare qualche esempio, il proprietario dell'osso penico più piccolo è il minuscolo uistitì, il cui "dardo d'amore" misura 2 mm, mentre il tricheco detiene il magnifico record di 63 cm. Per la precisione, il tricheco vanta il più grande osso penico conosciuto tra gli odierni mammiferi (in rapporto alla taglia). Fatto straordinario, in Siberia è stato scoperto un baculum fossilizzato di tricheco risalente a 12.000 anni fa. Reggetevi forte: misurava 1,4 m di lunghezza.

Altro punto interessante, i primati poligami che si accoppiano nella stagione degli amori hanno un "dardo" più lungo di quello dei primati monogami. Perché? Perché la poligamia implica un altissimo livello di competizione tra i maschi, soprattutto quando l'accoppiamento deve svolgersi nell'arco limitato di una stagione. Avere un baculum lungo è un indubbio vantaggio. Una spiegazione che però non trova chiaro riscontro nella specie umana, sprovvista di "dardo d'amore". Se, come pare, circa il 20% delle società umane è monogamo, l'80% è poliginico e la rivalità tra maschi è più che mai presente... dobbiamo proprio credere che quest'osso abbia tanta importanza nel successo riproduttivo? Ci sarebbe da discuterne.

Tanto per cominciare, si dimentica troppo spesso che l'accoppiamento può anche essere una fonte di piacere, non è solo volto alla riproduzione. In secondo luogo, si elude quasi sistematicamente il fatto che le femmine di numerose specie possiedano un equivalente del baculum: l'osso clitorideo o baubellum (del resto, si elude anche la presenza del clitoride negli animali...). Ma anche in questo caso numerose specie sono sprovviste di baubellum, proprio come i maschi sono sprovvisti di osso penico. Il discorso vale per i monotremi (echidne e ornitorinchi) e i marsupiali (canguri, opossum...), come pure per gli atele (scimmie ragno) e gli umani. Come mai certi peni e certi clitoridi, tra cui quelli degli umani, ne sono sprovvisti? Qualcuno pensa che questa sparizione possa essere un effetto secondario della neotenia, caratterizzata da un incompleto sviluppo dello scheletro. L'assenza negli umani dell'osso del pene e del clitoride, presenti invece negli scimpanzé, si spiegherebbe quindi con il fatto che noi nasciamo con uno scheletro che conserverebbe un carattere giovanile, meno formato di quello dello scimpanzé. Tra parentesi: e meno male! Se il piccolo dell'uomo nascesse totalmente formato, la sua testa non riuscirebbe a passare attraverso lo stretto bacino da bipede della madre...

L'esistenza, o l'assenza, di queste ossa resta un mistero, come misteriosa è la loro origine... Nei mammiferi pare che il "dardo d'amore" sia apparso dopo la separazione tra il gruppo dei placentati e quello dei non-placentati (marsupiali e monotremi). Più esattamente, sarebbe apparso prima del più recente antenato condiviso dai carnivori e dai primati, ossia circa 95 milioni d'anni fa. Per cui quest'osso era probabilmente presente sia negli antenati dei primati, sia in quelli dei carnivori, ma non nei mammiferi "arcaici". Le cause della sua comparsa, nonché della sua scomparsa, in certe specie tra cui quella umana restano un enigma.

Purtroppo l'inquinamento chimico, dall'effetto devastatore su numerosi parametri ecologici (suolo, cibo...), si ripercuote anche sui "dardi d'amore". Uno studio condotto su circa trecento orsi polari ha dimostrato che certi inquinanti chimici (i policlorobifenili), proibiti dal 2001 ma tuttora presenti nei sedimenti, hanno diminuito le dimensioni del loro osso penico e ridotto la densità del tessuto osseo, causandone l'indebolimento: la conseguenza diretta per gli orsi polari è il rischio di frattura del baculum durante l'accoppiamento.

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Pagina 156

IL TURSIOPE
(Tursiops truncatus)
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L'omosessualità maschile sdoganata



Benché, come scopo, l'evoluzione abbia principalmente favorito la riproduzione, la sessualità assume molteplici forme a seconda delle specie. Se in linea generale i maschi hanno relazioni sessuali con partner femmine, non si tratta di una regola fissa ed esistono numerose varianti. In varie specie sono stati osservati comportamenti sessuali non riproduttori tra individui dello stesso sesso. Come per molti altri comportamenti, l'omosessualità non è un'esclusiva umana: oltre mille specie, tra cui mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci e perfino insetti, presentano comportamenti omosessuali o, più precisamente, bisessuali.

Per quanto riguarda uccelli e mammiferi, i comportamenti omosessuali implicanti l'atto sessuale, il corteggiamento o la cogenitorialità esistono in oche, fenicotteri rosa, gabbiani, beccacce di mare, Silvidi (famiglia di uccelli passeriformi), cervi, zebre, giraffe, gazzelle, pecore, elefanti, lamantini, puzzole, topi, scimpanzé, cani, tori, pinguini di Humboldt, anatre ecc. Tanto per dare un'idea, almeno 93 specie d'uccelli presentano comportamenti omosessuali. Sembra addirittura che il 15% delle oche grigie maschi e il 20% dei gabbiani siano rigorosamente omosessuali, e che i cigni neri possano vivere in coppie omogenitoriali. Nei primati, e quindi anche negli umani, le relazioni omosessuali sono particolarmente sviluppate. Nelle specie più distanti da noi, quali le scimmie scoiattolo, l'omosessualità sembra limitarsi a interazioni di gioco e di dominazione. In compenso nelle scimmie più vicine (macachi, babbuini, scimpanzé, gorilla, bonobo) le relazioni omosessuali, diffuse e complesse, implicano legami d'amicizia, riconciliazione, controllo delle tensioni e giochi d'alleanze.

Comunque sia, in natura l'omosessualità, e soprattutto la bisessualità, sono comuni e dimostrano che i rapporti sessuali non sono sempre destinati alla riproduzione. La strada tuttavia è stata lunga. Nel 1884 l'abate Maze trasmetteva alla Sorbona le sue osservazioni circa la "pederastia" nei maggiolini! Proprio così: nei maggiolini... E alcuni anni dopo venivano distinte due tipologie di pederastia: quella obbligata per via della mancanza di femmine, e quella scelta per preferenza o per gusto, ossia malgrado la presenza femminile. Un'interessante visione che ha subito un'evoluzione, anche se purtroppo certi pregiudizi sono duri a morire.

Tra tutte le specie implicate, una è emblematica: il tursiope (Tursiops truncatus). Per la morale, spesso bigotta, di noi umani, questi cetacei, colpevoli di pratiche al cui confronto l'omosessualità è uno scherzo, godono fama di grandi libertini: masturbazioni su pesci morti o su boe, molestie sessuali... Quel che è certo, è che d'ora in poi guarderete Flipper con occhi un po' diversi...

Il tursiope, o "delfino dal naso a bottiglia", è un cetaceo provvisto di denti (odontoceto). Molto studiato sia in cattività sia nel suo ambiente naturale, in particolare lungo le coste della Florida, è la specie meglio conosciuta di tutta la famiglia. Tanto meglio per noi, visto che quella di cui sto per parlare è una scoperta notevole. In questa specie le relazioni stabili non sono quelle formate da coppie eterosessuali, ma da giovani coppie omosessuali! Ma, attenzione: una volta cresciuti, i due maschi coopereranno per catturare una femmina fertile e accoppiarcisi, magari un po' a forza. Circa l'attività dei due maschi tra loro ci si potrebbe anche chiedere se il sesso non rappresenti una sorta di addestramento per ottimizzare, al momento opportuno, l'accoppiamento con la femmina. Un'ipotesi vale l'altra: ma allora, come spiegare comportamenti espliciti come quelli di due maschi che strusciano i loro peni l'uno contro l'altro? Come spiegare il sesso anale e (reggetevi forte) quello nasale, ossia l'introduzione del pene nello sfiatatoio?

Vado dritto al punto: l'attuale censimento dei comportamenti omosessuali degli animali dimostra una grande variabilità di pratiche sessuali e rappresenta una sfaccettatura della complessa sessualità animale, umani inclusi. Un campo in cui restano ancora tanti punti da chiarire, specie per quanto riguarda l'evoluzione.

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IL BONOBO
(Pan paniscus)
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Una sessualità senza freni e senza tabù



L'omosessualità o, più precisamente, la bisessualità, è quindi diffusa nel mondo animale. Le femmine non fanno eccezione e meno ancora ne fanno nell'ordine dei primati.

Tra i gorilla di montagna, i quali vivono in gruppi dominati da un numero di maschi meno numeroso che tra gli scimpanzé, i comportamenti omosessuali tra femmine sono all'ordine del giorno. Le femmine del macaco dalla faccia rossa (Macaca arctoides), o macaco orsino, hanno abitudini sessuali di vario tipo. Quando sono in calore, reso evidente dal loro muso scarlatto, strusciano le vulve l'una con l'altra, emettendo i tipici vocalizzi dell'accoppiamento. Ma non basta: possono masturbarsi anche sui cervi, strofinano la vulva contro il loro dorso. Si tratta di un fatto accertato, osservato in cinque femmine che hanno effettuato quasi 260 monte. Le femmine entrano addirittura in competizione per uno stesso cervo e le dominanti respingono le dominate come durante gli accoppiamenti tradizionali. Altro punto molto interessante: se i cervi accettano le avances dei macachi femmina con la massima indifferenza, in compenso non si lasciano montare dai macachi maschi!

Oltre a questa pratica sessuale interspecifica, caso unico nei primati (se non si conta l'uomo...), la bisessualità è all'ordine del giorno presso i bonobo (Pan paniscus). Da notare che quando, tra queste grandi scimmie, il sesso viene praticato come fine a se stesso, funge da calmante nei momenti di tensione. La cosa sembra funzionare, visto che i conflitti degenerano di rado. Bastava pensarci... Frans de Waal ha infatti scritto: "Gli scimpanzé risolvono le questioni sessuali con il potere, i bonobo risolvono le questioni di potere con il sesso".

Altra appassionante circostanza: il solo esempio dei bonobo basta a dimostrare senza possibilità d'equivoco che nel mondo animale il sesso può non avere niente a che fare con la riproduzione. Anzi, pare addirittura che i tre quarti delle attività sessuali dei bonobo non siano direttamente collegati alla riproduzione ma rappresentino piuttosto dei giochi erotici. Il sesso viene praticato in qualunque stagione e indipendentemente dal periodo di ovulazione. Queste grandi scimmie si procurano piacere ogni santo giorno e con una grande varietà di partner e di posizioni. Perché privarsene, visto che oltretutto serve a placare le tensioni? Peace and Love!

Fra i bonobo gli accoppiamenti eterosessuali avvengono guardandosi negli occhi: romantico, no? Sì, ma che banalità, i rapporti eterosessuali... Queste scimmie non mancano però di originalità quando si tratta di procurarsi piacere, loro scopo principale. Fanno proprio di tutto e di più: baci con la lingua, masturbazioni manuali quale che sia il sesso, fellatio, carezze genito-genitali... Il piacere e nient'altro che il piacere: su questo non c'è dubbio, a giudicare dalle espressioni facciali e dai versi di soddisfazione emessi dai protagonisti. Un piacere esplicito dimostrante che le femmine hanno orgasmi.

Occorre però tenere presente che a volte questi comportamenti erotici sono alquanto interessati. Per esempio: accoppiandosi con un gran numero di maschi, una femmina protegge i suoi piccoli. Perché? Perché ognuno dei suoi partner potrebbe esserne il padre! Non per niente, tra i bonobo non esistono casi d'infanticidio, al contrario di quanto accade tra altri primati.

I bonobo quindi si procurano piacere il più spesso possibile e nel modo più naturale del mondo. Il piacere sessuale è una delle tante loro attività (tolettatura, baci, cibo, gioco ecc.), finalizzata a calmare o a vivacizzare la vita sociale. "Qual è il problema?" direte voi. Io non ne vedo proprio.

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CONCLUSIONE


Cari curiose e curiosi amanti della natura e del mondo animale: siamo giunti alla fine di questa tutt'altro che esauriente scoperta degli organi genitali e della loro incredibile varietà.

A che pro l'esistenza dei peni? Ricordate? Torniamo indietro di 450 milioni di anni: nell'acqua salata i pesci spargono il seme e le uova si fecondano senza ostacoli, mentre sulla terra il sole inaridirebbe quei fragilissimi tessuti biologici. Per poter sperare di sopravvivere all'aria aperta, bisogna inventare una nuova soluzione, ossia la fecondazione interna. Oltre che da altri fattori, la conquista dell'ambiente terrestre è stata resa possibile proprio dalla fecondazione interna, strettamente legata a certi organi chiave quali il pene e la vagina, senza dimenticare il clitoride. E, come sempre, la natura si è rivelata estremamente creativa, inventando forme d'ogni genere. Certi insetti, apparentemente molto simili tra loro, hanno peni molto diversi, e lo stesso dicasi per i mammiferi, tra i quali la nostra famiglia di primati non sfugge alla regola della diversità, comprendendo, tanto per dirne una, dei maschi provvisti di un osso penico, che invece la specie umana ha perso.

Come mai una tale variabilità morfologica e comportamentale? Domanda affascinante... Tutto è diversità. Dagli insetti ai mammiferi, passando per i rettili e gli uccelli, i peni presentano invenzioni d'ogni genere. Che siano dotati di pinze, di tubi, di spine, di peli o di ganci... ogni mezzo è buono per diffondere i propri geni e sopravvivere. Trafiggere, consumare, tappare o svuotare la femmina, agganciarsi, amputarsi il pene, cambiare sesso, usare la forza, intimidire... va tutto bene pur di riprodursi. Gli umani non hanno inventato niente. Neanche il piacere, probabilmente condiviso da un numero di specie molto maggiore di quanto si pensi. Comunque sia, la diversità è impressionante. Secondo la teoria più diffusa, ogni specie possiede i propri organi riproduttori ed evita gli accoppiamenti tra specie diverse. Una precauzione che non si sa bene a che serva, visto che gli accoppiamenti tra specie diverse, talvolta esistenti, danno origine a individui sterili.

Una cosa è comunque chiara, ossia che la diversità esiste su tutti i piani: nei comportamenti sociali implicanti la concorrenza tra maschi e/o tra femmine (harem, monogamia, sistema multimaschio o multifemmina), nelle tecniche di seduzione (costruzione, offerta, prodezze di volo, inganno...), nella parata (danza, canto...), nelle strategie d'accoppiamento (a terra, in volo, in varie posizioni, su diverse zone...), nelle costrizioni ambientali (ambiente aperto, boschivo, presenza di predatori, ambiente alterato...). Non si vede quindi perché non possa conseguirne anche una diversità morfologica. Resta solo da continuare le ricerche per capire in che modo questi complessi meccanismi, queste interazioni tra morfologia, comportamento e ambiente si siano evoluti.

Come si sono adattati e come si sono evoluti gli organi genitali per arrivare a una tale varietà di forme? L'abbiamo visto negli esempi descritti. La morfologia del pene è legata a una funzione e alla modalità di riproduzione, ossia d'accoppiamento, degli animali. Tanto per fare un esempio, una morfologia più elaborata del pene si registra nelle specie in cui la femmina è suscettibile d'accoppiarsi con più di un maschio, scegliendo il padre della propria progenie.

La cosa è comunque complessa: resta ancora molto da capire e non si arriverà a chiarirla senza lo studio degli organi genitali femminili. Vagine e clitoridi sono i grandi dimenticati in questa evoluzione della riproduzione e degli organi genitali. Come capire quel che è accaduto sul piano evolutivo senza conoscere le coevoluzioni, e quindi l'evoluzione, degli organi genitali maschili in rapporto a quelli della femmina? Impossibile...

Il XX secolo si è interessato allo studio scientifico degli organi genitali maschili. Purtroppo, nel complesso, questo pregiudizio a favore del maschio si è aggravato con il passare del tempo, compresi gli inizi degli anni 2000 in cui sono riapparse ipotesi sul loro ruolo sessuale dominante. Alcune nuove ricerche stanno tuttavia mettendo in evidenza la rapidità con cui possono evolversi le caratteristiche genitali femminili e in che modo la complessa dinamica di coevoluzione tra maschi e femmine modelli le strutture genitali. La comprensione di questa tematica è senza dubbio ostacolata dal superato ma persistente pregiudizio circa il sesso unico. Il seguito del XXI secolo presterà maggiore attenzione agli organi genitali femminili? Occorre farlo, tanto più che le rare ricerche sull'argomento sono decisamente appassionanti. La sola cosa che se ne deduce, e che in questo libro abbiamo rapidamente passato in rassegna, è che certe femmine possono penetrare il maschio (Neotrogla), contribuire alla scelta della paternità bloccando gli accessi allo sperma (gerride, anatra, alcuni ragni, delfino...), immagazzinare lo sperma (certe tartarughe, serpente, formica...), digerirlo per non essere fecondate (alcune farfalle...) e anche limitare i danni rinforzando le zone "traumaticamente" penetrate (tonchio, cimice dei letti).

Ricordiamo per finire quello che è forse l'elemento essenziale: il piacere! Nel mondo animale è presente in varie sfaccettature: omosessualità maschile (lamantino, puzzola, ratto, pinguino) e femminile (bonobo, tartaruga, lucertola); fellatio e cunnilingus (pipistrello); masturbazione (scoiattolo, canguro, primati, delfino); uso di sex toys (scimpanzé, orango). Un gran numero di specie può dunque ricorrere al sesso e conoscere l'orgasmo non finalizzato alla riproduzione.

Comportamenti eterosessuali, omosessuali (maschi o femmine), bi, trans (pesce pagliaccio): c'è di tutto, poligamia, monogamia e poliandria comprese. Questi sistemi d'alleanza e di organizzazione familiare sono peraltro strettamente collegati alle modalità d'accoppiamento e probabilmente alle morfologie degli organi riproduttivi.

Per quanto riguarda i mammiferi, nei poligami - il sistema più diffuso - il maschio non si occupa dei piccoli e feconda la maggior quantità possibile di femmine. Tra i maschi c'è poca concorrenza, il che influenza senza dubbio l'aspetto dei genitali. Non è certo un caso che i gorilla maschi, che vivono in harem e quasi senza concorrenza, abbiano un pene molto piccolo malgrado l'imponenza della loro taglia.

Invece nei poligami che non vivono in harem, quali gli scimpanzé, gli organi genitali sono voluminosi. Queste specie vivono in gruppi multimaschio/multifemmina caratterizzati da una forte concorrenza...

Nei monogami - circa il 10% dei mammiferi - le cure parentali sono condivise dai maschi, come pure tra i cigni, le tortore e le scimmie titi... I territori da difendere sono vasti, il cibo disseminato qua e là, per cui i maschi preferiscono focalizzarsi su una sola femmina piuttosto che sprecare energie nel controllarne un gran numero. È il caso dei piccoli carnivori (fennec, sciacallo), di certi primati (gibbone, uistitì, titi) e dei roditori. Anche tra le femmine può esistere una feroce concorrenza, nonché una diversità di organi genitali.

Infine, non manca neanche la poliandria! Nei lemuri quali i Maki catta, organizzati in matriarcato, o negli eterocefali glabri che vivono in harem, le femmine hanno modo di scegliere. Pensate al povero Antechinus, un marsupiale sex-addict le cui storie d'amore finiscono sempre male! Nella stagione degli amori la femmina si accoppia per dodici ore di fila con numerosi partner che a volte finiscono per perdere la pelliccia e morire di fatica o di emorragie interne... Il diavolo della Tasmania femmina si avvicina ai maschi, li morde e li graffia per scegliere il più forte, mentre il più debole... lo pesta di santa ragione. Dopo l'accoppiamento il maschio si addormenta e lei va ad accoppiarsi con un altro!

È presumibile che le tecniche d'accoppiamento e gli organi genitali ad esse associati differiscano a seconda che la specie sia poligama, monogama o poliandrica. Esplorare gli organi genitali femminili permetterebbe di capire più chiaramente le coevoluzioni legate, ad esempio, ai comportamenti sociali e d'accoppiamento di questi animali. Il clitoride è stato a torto lungamente considerato ininteressante, in quanto inutile alla fecondazione. Come si è evoluto, in termini di forma e di taglia? Come si è modificato il suo osso? Perché in certe specie è sparito? Quali sono i suoi reali collegamenti con la fecondazione? Come si è coevoluto con le vagine e il pene? Rispondere a queste domande è di massima importanza per la comprensione globale della sopravvivenza delle specie e della loro evoluzione. Il clitoride è il grande dimenticato dell'evoluzione e della selezione sessuale. Una delle mie studentesse, Camille Pacou, si sta già dedicando al problema. Alla prossima puntata...

Concludendo: la specie umana non ha inventato un bel niente. Torniamo a ripetere: un po' d'umiltà! Non siamo che una goccia d'acqua. La "sessodiversità" esiste da ben prima dell'arrivo degli umani. Come sempre nel mondo animale, e qualunque sia il tema: è ancora tutto da scoprire. Tutti questi straordinari adattamenti in quattro miliardi di anni di vita, tutte queste soluzioni e ottimizzazioni... Salviamo ciò che vive. Vi prego, salviamolo. L'idea che in un futuro più o meno prossimo questi animali possano sparire mi fa paura. Che dire a Savonnette? E a mio figlio? Senza alberi, senza api, senza farfalle, senza libellule, senza uccelli, senza scoiattoli, come si farà a provare meraviglia? Vorrei che mio figlio e i suoi amici potessero ancora restare stupefatti e inteneriti davanti a una coccinella o un ragno-granchio, come lo sono stata io nel giardino dei miei nonni, e in quello dei miei genitori... Ancora qualche affettuosa lacrima nell'ammirare quell'orango, quell'elefante che mi guardano e che capiscono. Ancora quei brividi, ancora quelle lacrime di felicità... Ancora.

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