Copertina
Autore Massimo Principi
Titolo Runa Simi
SottotitoloRacconti e leggende del popolo inca
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2003 [1985], Fiabesca 12 , pag. 134, dim. 120x167x11 mm , Isbn 978-88-7226-764-6
CuratoreMassimo Principi, Noemi Ripanti
PrefazioneMassimo Frera
LettoreRiccardo Terzi, 2003
Classe leggende
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Indice

  5 Runa Simi: la bocca dell'uomo
  9 I figli del Sole

 23 Runa Simi

 25 L'amante del Condor (Josè Maria Arguedas)
 39 L'origine della pioggia
 43 Il ponte del Diavolo
 49 La storia di Michele Wayapa (Josè Maria Arguedas)
 57 L'amore di Quilaco e Curicoillur (Miguel Cabello Valboa)
 85 L'aquila funesta
 89 L'amore di Acoytrapa (Martin De Murùa)
101 La scoperta di Porosi
105 Gli uccelli donna (Fray Bernabé Cobo)
109 I Quechuas e il loro Impero
 

 

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Pagina 5

Runa Simi: la bocca dell'uomo



I racconti e le leggende che presentiamo fanno parte della tradizione tuttora vivente e vitale dei Quechuas, popolazione che abita gli altopiani andini del Perù, discendente delle antiche civiltà che prosperarono in quei luoghi fin dal 2000-1500 avanti Cristo.

Quechua è anche il termine che designa la lingua parlata da questo popolo: in tutta la regione andina che circonda il lago Titicaca viene definita dagli indios 'Runa Simi', cioè la "bocca (parola) dell'uomo". Il protagonista di questi racconti del mondo incaico (o più esattamente Quechua) è un 'runa', vale a dire l'uomo cosciente che sa esprimere, in modo equilibrato, sia la dimensione razionale (terrestre) che quella fantastica e animista (celeste). L'indio, dunque, che con la sua lingua, le sue conoscenze, la sua fantasia e la sua immaginazione dialoga indiffirentemente col mondo reale e con quello elementare e magico.

[...]

Alcuni dei racconti sono trascritti o rielaborati da scrittori antichi e moderni quali Fray Bernabé Cobo, José Maria Arguedas, Martin de Murùa, Miguel Cabello Valboa. Una breve storia dei re inca, dalle origini leggendarie fino all'ultimo, Atahualpa, e alla conquista spagnola, completa il volume.

Le illustrazioni riproducono incisioni e xilografie dell'epoca della dominazione spagnola (cfr. il codice di Felipe Huaman Poma de Ayala: Nueva Coronica y buen gobierno).

Massimo Principi

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Pagina 25

Josè Maria Arguedas
L'amante del Condor



Era una giovane di bellissimo aspetto, i cui genitori vivevano ancora. Un giorno la mandarono a custodire il bestiame e da allora in poi questo fu il suo compito.

Una mattina, mentre stava custodendo il bestiame, le si avvicinò un signore. Era un cavaliere vestito molto elegantemente: i suoi pantaloni gli davano un aspetto magico e virile, erano grandi e gli proteggevano le gambe, come usano i mandriani della pampa. Portava al collo una collana d'oro e aveva in testa un bellissimo 'chullo'.

Il galante viaggiatore disse alla giovane: "Sii la mia amante".

"Va bene", rispose la ragazza.

Con queste parole accordarono il loro amore.

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Pagina 39

L'origine della pioggia



Alla corte di Cuzco si dava grande spazio ai filosofi, i quali erano chiamati Amautas. Questi erano i depositari della saggezza e delle conoscenze tratte dagli antichi miti e dalle antiche concezioni religiose. Erano anche coloro che avevano il compito di trasmettere la storia alle popolazioni delle terre confinanti con l'Impero inca.

C'erano anche, come a Roma e in Grecia, dei cantastorie che componevano storie in versi per essere rappresentate dinanzi ai re o semplicemente per essere raccontate e applaudite dal popolo. Questi poeti erano chiamati Harabecus, parola che significa propriamente inventare e, come gli Amautas, non possedendo l'arte di scrivere per rendere incancellabili le storie, le trasmettevano ai posteri come tradizione orale e si aiutavano con l'ingegnoso mezzo dei nodi colorati in diverso modo. I cordoni e la difficile interpretazione dei nodi erano affidati a persone chiamate Quipucamayus (contatori di nodi) i quali svolgevano anche l'incarico di segretari e di esattori delle imposte o tributi. Da questi archivi è tratta la seguente leggenda a proposito dell'origine della pioggia.

Pachacamac e Viracocha, divinità superiori, posero nell'alto dei cieli Nusta, fanciulla regale, e le diedero un'anfora piena di acqua per versarla sulla terra ogni volta che ce ne fosse bisogno. Quando la pioggia che cade dal cielo arriva dolcemente, senza tuoni né lampi, Nusta sta versando dall'anfora senza che nessuno la disturbi. Ma quando la tormenta si manifesta con frastuono e il temporale si scatena in mezzo a lampi e fulmini allora la povera fanciulla è maltrattata da suo fratello, un ragazzo irrequieto e robusto che si diverte a far piangere la gentile sorella.

Grandine, neve e pioggia sono create dalla fanciulla, perché la soavità e la morbidezza sono proprie di creature come la donna.

Frastuono, fulmini e tempeste violente sono opera del fratello, perché le asprezze e le indelicatezze sono caratteristiche dell'uomo.

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