Copertina
Autore Hermann von Pückler
Titolo Lettere dall'Irlanda
EdizioneUTET Libreria, Torino, 2009, Letterature , pag. 404, cop.fle., dim. 12x19x2,5 cm , Isbn 978-88-02-08143-4
OriginaleReisebriefe aus Irland [1828]
CuratoreUgo Fazio
LettoreFlo Bertelli, 2010
Classe viaggi , paesi: Irlanda
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


 XI Introduzione

  3 Dublino, 11 agosto 1828
  4 La sera
  7 12 agosto
 11 13 agosto
 14 14 agosto
 17 15 agosto
 21 18 agosto
 24 20 agosto
 27 Da una locanda di Avoka, 22 agosto 1828
 32 Roundwood, 23 agosto
 42 Bray, 14 agosto
 49 Dublino, 29 agosto 1828
 52 Bray, 30 agosto
 55 31 agosto
 61 Dublino, 1 settembre
 65 B...m in Irlanda dell'ovest 5 settembre 1828
 69 6 settembre
 71 7 settembre
 74 Galway, 8 settembre
 76 Athenry, 10 settembre, prime ore del mattino

    [...]


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina XI

Introduzione


Hermann von Pückler nasce il 30 ottobre 1785 nel castello di Muskau in Lusazia, regione storica al confine tra la Germania e la Polonia.

L'infelice matrimonio dei genitori pesa come un'ombra sull'infanzia e sulla giovinezza del sensibile ragazzo: per il padre, verso il quale prova un profondo affetto, è solo un peso; per la madre quindicenne, una specie di bambolotto da vezzeggiare o maltrattare a seconda dell'umore del momento. Ne deriva un carattere inquieto e incontenibile. Gli studi vengono presto interrotti e il giovane Pückler si decide per la carriera militare.

Superbo cavaliere e tiratore insuperabile, a Dresda, dove fa parte della Garde du Corps, è presto noto per le sue bravate, come quando, per esempio, salta a cavallo il parapetto di uno dei tanti ponti sull'Elba durante l'ora della passeggiata e, tra lo sbalordimento generale, attraversa a nuoto il fiume impetuoso e ne risale tranquillamente la riva sventolando il cappello.

I debitori incalzanti lo costringono a lasciare Dresda e a rifugiarsi a Vienna, dove continua un'esistenza sfrenata che lo spinge ad abbandonare anche la capitale delle capitali. Parte per il Grand Tour (come molti intellettuali, artisti e rampolli della buona società dell'epoca): Francia, Svizzera e Italia. Qui, nel 1811, lo raggiunge la notizia della morte del padre: Pückler si ritrova a 25 anni da squattrinato rompicollo a milionario, titolare di un feudo di 550 chilometri quadrati nel quale si trovano una città di 3.000 abitanti e 45 villaggi.

Durante uno dei suoi frequenti soggiorni a Berlino, fa la conoscenza della contessa Lucie von Pappenheim nata von Hardenberg, figlia del cancelliere prussiano, che vive sola con la figlia. Se Pückler avesse adocchiato la madre o la figlia, è ancora oggi oggetto di speculazioni. Certo è che alla fine sposa la madre perché, così riferisce la stampa locale dell'epoca, fa più notizia il matrimonio con la madre quarantenne, che non quello con la figlia quindicenne. Per quanto si tratti di un vero e proprio matrimonio d'interesse con pieno accordo delle parti (pratica allora per nulla rara), nel corso degli anni si sviluppa tra i due un profondo affetto basato sul rispetto e la comprensione reciproca e a Lucie sono indirizzate tutte le lettere di Pückler, che verranno in seguito pubblicate con l'inusuale titolo Lettere di un defunto. Frammentario diario di viaggio dall'Inghilterra, Galles e Irlanda, opera dalla quale sono tratte le lettere della presente edizione.


Nelle seguenti Lettere dall'Irlanda l'attenzione di Pückler è tutta rivolta al popolo irlandese, alla sua miseria, alla sua storia di secolare repressione e sfruttamento «trascurato dal governo o da questi represso, vituperato dalla stupida ignoranza del clero inglese, abbandonato dalla sua casta di feudatari assenteisti e bollato dalla povertà e dall'alcolismo». Qui si incontra spesso con Daniel O'Connor, il fautore dell'indipendenza irlandese, con il quale discute apertamente del futuro dell'Irlanda. Pückler è permeato degli ideali della Rivoluzione Francese e sopravvaluta evidentemente O'Connor, delle idee del quale solo la borghesia trarrà beneficio immediato, ma che poco o nulla cambiano per il contadiname affamato.

L'Irlanda sarà in futuro spesso oggetto di molti diari di viaggio, sia qui esempio per tutti il noto Diario Irlandese di Heinrich Bòll; le Lettere dall'Irlanda di Pückler tuttavia, nulla hanno perso, dopo un secolo e mezzo, della loro originaria freschezza letteraria e attualità di contenuti.

Ugo M. Fazio

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 3

Dublino, 11 agosto 1828


Difficile descrivere una traversata più disgustosa! Per dieci ore venni sbattuto da una parte all'altra, più morto che vivo. Il calore, l'odore ributtante della caldaia, il malessere degli altri passeggeri, fu una nottata invereconda, rappresentazione vivente della miseria dell'umana specie. Per una crociera vera e propria ci si agguerrisce per tempo e le molteplici soddisfazioni che ne derivano ci ripagano delle privazioni subite; ma le traversate brevi, ricche solo degli aspetti più negativi, godono di tutto il mio disprezzo.

Grazie a Dio è passata ed io ho la gioia d'aver nuovamente solido terreno sotto i piedi, per quanto ogni tanto mi colga l'impressione che l'Irlanda dondoli un po'.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 4

La sera


Questo paese è più simile alla Germania che all'Inghilterra. Quell'industriosità e quella cultura iperraffinate sono qui completamente scomparse e con esse, purtroppo, anche il lindore inglese. Case e vie hanno un aspetto sudicio, per quanto Dublino sia ricca di sontuosi palazzi e larghe strade. La gente gira in stracci; alle persone di ceto sociale più elevato manca l'eleganza inglese, per contro la grande quantità di uniformi sberluccicanti, che mai si vedrebbe per le strade di Londra, ci riporta ancora di più sul Continente.

Anche i dintorni della città hanno perso la freschezza che conoscevo dall'Inghilterra, il terreno è più trascurato, erba ed alberi sono più magri. Belli son tuttavia i caratteri forti del paesaggio, la baia, le lontane montagne di Wicklow, le colline di Howth, la massa delle abitazioni ad anfiteatro, le banchine, il porto. Per lo meno questa è la prima impressione. C'è da dire inoltre che alloggio molto meno comodamente nella migliore pensione della capitale di quanto non feci nella cittadina di Bangor. Nonostante la sua grandezza la casa dove alloggio sembra silenziosa ed abbandonata, mentre laggiù mi ricordo d'aver visto arrivare mentre pranzavo tredici carrozze che vennero respinte tutte. Il flusso di stranieri sulle strade inglesi è tale che i camerieri non vengono ingaggiati, ma devono pagare essi stessi all'oste fino a trecento sterline all'anno per avere il posto. Le mance tuttavia li ripagano riccamente di questa significativa spesa. In Irlanda per contro rientra in vigore l'usanza continentale. Dopo essermi rinfrescato un po', feci una promenade per la città nel corso della quale passai davanti a due monumenti di cattivo gusto. Uno rappresenta Guglielmo d'Orange a cavallo in costume romano. Il cavallo ha il morso in bocca e i finimenti in testa, ma nessuna traccia delle briglie, nonostante la posizione delle mani del re sia corretta. Sta forse a significare che Guglielmo non ebbe bisogno delle briglie per cavalcare John Bull? L'altro monumento è una colossale statua di Nelson in piedi su un'alta colonna e in uniforme moderna. Di dietro gli penzola un cavo che fa pensare ad una coda di cavallo; la postura è priva di nobiltà e la figura troppo alta per essere godibile. Più tardi capitai in prossimità di un grande palazzo a pianta circolare, davanti al quale la gente si affollava quasi a montar di guardia all'entrata. Ne chiesi il motivo, e venni così a sapere che qui aveva luogo l'esposizione annuale di fiori e frutta. Quando entrai si stavano già sgomberando in parte i fiori, feci tuttavia in tempo a vederne molti esemplari di squisita bellezza. In mezzo a questi fiori che formavano una specie di tempio, c'era un ambiente delimitato da barriere nel quale stavano seduti dodici giudici che, con evidente piacere e cipiglio notabilare, mangiavano rumorosamente la frutta per decidere quale meritasse il premio. L'indecisione deve averli perseguitati a lungo, visto che sulle tavole vicine si ammonticchiavano bucce di meloni, di pere e di mele, resti di ananas, pesche, prugne e noccioli di albicocche e per quanto i fiori venissero poco a poco rimossi dai rispettivi proprietari, si sarebbe detto che da quel Tempio di Pomona nessuno dei frutti avrebbe trovato la via d'uscita.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 42

Bray, 14 agosto


Gall che, come ricorderai, ebbe a visitare il mio cranio a Parigi, sosteneva aver io un organo della teosofia molto pronunciato. Ciononostante sono per molti un eretico incallito – ma Gall ha ragione se la religiosità significa amore e onesta aspirazione alla verità.

In tale stato di felice devozione, salutai oggi il fresco mattino pregando e pensando e la serenità interiore attraversò benefica la nebbia fredda e ripugnante che mi circondava, essendo il tempo cordialmente brutto. Anche il cammino fu desolato e triste, pazienza tuttavia! La sera portò con sé il sole e la bellezza.

Per ora però ero circondato solo da aride brughiere e torbiere fino all'orizzonte ed una tempesta imperversava a colpi di vento portando con sé umide nuvole di nebbia le quali mi inzuppavano come pioggia non appena mi ci trovavo in mezzo. Solo brevi, deboli raggi di sole davano una fuggitiva speranza finché, verso mezzogiorno le nuvole si aprirono e, nel momento stesso in cui raggiungevo la cima della montagna al di là del magnifico lago e della valle di Luggenlaw, il sole indorò meravigliosamente il circondario, per quanto le cime delle montagne rimasero velate.

Anche questa valle appartiene ad un ricco proprietario che l'ha trasformata in un delizioso parco. Ha una forma originale e voglio provare a fartene una descrizione dettagliata. La prima metà del fondo davanti a te è un bacino d'acqua fino ai piedi delle montagne; la seconda consiste in una superficie a prato coperta di alberi a gruppi, sulla quale si snodano i meandri di un ruscello di montagna, mentre al centro fa mostra di sé un elegante Shooting-lodge (casino di caccia), appoggiato a una roccia solitaria. Le montagne che circondano la valle sono molto alte e ripide e si levano improvvise dalla superficie, come disegnate sul tecnigrafo. A sinistra nudi roccioni di imponente presenza, ricoperti a zone d'erica rossa e gialla, le rimanenti tre parti tuttavia sono ricoperte di piantagioni variopinte e fitte, il cui fogliame ricade fin sul lago.

Lì dove il citato ruscello di montagna dal suo letto d'erba verde brillante si getta nel fiume, forma una larga cascata. Si tratta veramente di un angolo molto bello del nostro pianeta, solitario e a sé stante, col bosco pieno di selvaggina, il lago pieno di pesci e la natura piena di poesia.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 55

31 agosto


La villeggiatura qui è così piacevole, che ci passai ancora la domenica di oggi.

Questa vita da pensionante offre buone opportunità per osservare la classe media, poiché qui tutti sono come sono, si comportano per così dire come se fossero soli.

Ho già fatto menzione del fatto che gli inglesi di queste classi hanno l'abitudine in viaggio di passare il giorno, quando non sono fuori di casa, in sale comuni dette coffeeroom (sto parlando di tutti gli inglesi istruiti dei tre regni). Di sera questa coffeeroom viene illuminata con lampade e solo a richiesta viene portata luce sulle piccole tavole dove siedono i signori.

Mi sono spesso meravigliato del fatto che in una terra dove il lusso e la raffinatezza sono così diffusi, tuttavia persino nelle migliori locande della provincia (in gran parte anche a Londra) brucino dappertutto lampade al sego. Candele di cera sono un lusso straordinario e chi ne fa richiesta viene trattato sì con doppia cortesia, ma la cosa gli viene anche doppiamente accreditata.

C'è qualcosa di divertente nell'osservare la grande uniformità nella quale tutti si muovono, come usciti da una fabbrica, cosa che poi diventa particolarmente evidente nel loro modo di mangiare.

Piazzati in tavole singole, senza prestar la minima attenzione agli altri, sembrano possedere tutti le stesse maniere ed avere anche gli stessi gusti gastronomici. Nessuno consuma la zuppa, che senza una preordinazione speciale non è possibile ottenere (fu questo il motivo per il quale il mio vecchio servitore sassone mi abbandonò, asserendo di non poter vivere a lungo in questo barbaro mondo privo di zuppa).

Un grande arrosto passa generalmente dall'uno all'altro, così che ognuno può tagliersene a piacimento e contemporaneamente vengono portate ad ogni tavola patate lesse od altre verdure preparate allo stesso modo con un plat de menage pieno di spezie; assieme viene servita la birra e con ciò normalmente finisce il pranzo principale; solo i più lussuriosi mangiano prima il pesce. Ma ora segue la seconda, fondamentale portata.

Vengono tolte le tovaglie e portate posate pulite, vino ed un nuovo bicchiere assieme ad un paio di misere mele o pere con biscotti duri come la pietra e solo adesso sembra che il commensale si senta veramente bene al proprio posto. La sua espressione assume i caratteri beati della comodità ed evidentemente immerso in profonde elucubrazioni, fissando immoto di fronte a sé, stravaccato all'indietro, sorseggia di tanto in tanto e con ponderatezza il vino mentre cerca a fatica di triturare uno dei biscotti di pietra, rompendo per un attimo il silenzio di tomba. Finito il vino, segue una terza portata: quella dedicata alla digestione. Qui ogni movimento si ferma, il commensale sazio cade in una sorta di sonno magnetico che solo gli occhi aperti differenziano da quello vero.

Dopo che in tal modo è passata una mezz'ora o anche un'ora, salta su e urla come un ossesso: «Waiter! My slippers!» (cameriere! Le mie pantofole!) e mettendo mano ad un lume esce dalla sala andando incontro come un sonnambulo alle pantofole ed al sonno.

Veder svolgersi questa farsa con cinque o sei persone alla volta, mi intrattenne spesso assai meglio di un'opera di marionette e devo inoltre aggiungere che, ad eccezione delle pantofole, la scena si svolge senza cambiamenti rilevanti anche nel primo Club della capitale.

Pressoché mai vidi un inglese leggere a tavola, e non saprei dire se per loro si tratti di sconvenienza o addirittura di empietà, come per esempio cantare o ballare di domenica. Ma forse si tratta solo di una regola igienica che col tempo è diventata legge e che non li obbliga ad esagerare con la vivacità del genio.

Inglesi che non appartengono all'aristocrazia oppure non sono molto ricchi, viaggiano quasi sempre senza servitù col mail- o stage-coach (diligenze pubbliche o private) per le quali sono attrezzati i cortili delle locande.

Colui che qui si prende cura degli ospiti e pulisce loro gli stivali, prende il nome generico di «stivali» (boots). Stivali dunque porta le pantofole, aiuta a toglierli e quindi si raccomanda chiedendo, non a che ora il caffè, come d'uso in Germania, ma a che ora l'acqua calda per la rasatura. Compare quindi puntualissimo con l'acqua bollente e nello stesso tempo porta la roba pulita.

Il viaggiatore si occupa quindi in fretta della sua toeletta, adempie ad altri e necessari bisogni e si precipita nuovamente nella sua coffeeroom nella quale tutti gli ingredienti della ricca colazione gli vengono piazzati davanti sul suo tavolino.

A colazione dà l'impressione di partecipare con maggior vivacità che non a cena, ha anche più appetito, direi, visto che il tè a mastelle, la massa di pane imburrato, uova e carne fredda che ingurgita, risvegliano una fredda invidia nel petto o meglio ancora nello stomaco di stranieri meno capaci.

Qui gli è non solo permesso ma addirittura imposto dalla consuetudine (il suo Vangelo), di leggere.

Con ogni nuova tazza di tè srotola un giornale stampato della grandezza di una tovaglia. Non viene tralasciato nessuno speech, crime, nessuna ordinaria storia d'omicido — magari realizzata da un accidents maker.

Come colui che preferisce morire d'indigestione piuttosto che lasciare indietro qualcosa di già pagato, così ragiona anche il sistematico inglese, il quale non può fare a meno di leggere, una volta cominciato, ogni singola lettera del suo giornale e perciò la colazione dura delle ore e la sesta o settima tazza di tè, se la beve fredda.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 74

Galway, 8 settembre


Arrivammo con grande ritardo al race-course e non vedemmo molto.

Estremamente singolare mi apparve tuttavia la vita nelle strade di quaggiù. Sotto molti punti di vista questa nazione è davvero paragonabile a quella dei selvaggi. La generale mancanza di abiti appropriati dell'uomo comune, persino in giorni di festa come questo; la loro assoluta incapacità di resistere all'«acqua dei morti», l'acquavite, finché resta loro ancora un soldo in tasca per procurarsela; le loro risse selvagge che possono esplodere in qualsiasi momento e le continue battaglie con la Shileila (un randello mortale) che ognuno cela sotto gli stracci ed alle quali partecipano improvvisamente a centinaia, finché molti restano a terra feriti o morti; l'orribile grido di battaglia che lanciano in simili occasioni; la brama di vendetta con la quale intere comunità serbano rancore per anni e che viene trasmessa da una generazione alla successiva.

Dall'altra parte la gioiosa, spontanea spensieratezza che mai si preoccupa del giorno a venire; l'innocente allegria che fa dimenticare gli stenti; la benevola ospitalità nella quale senza pensarci dividono tutto fino all'ultimo; la confidenza immediata con lo straniero e la naturale leggerezza della parlata: sono tutti questi i caratteri di un popolo semicivilizzato.

A centinaia gli ubriachi accompagnarono la nostra carrozza mentre andavamo in città dopo la race-course, e più di dieci volte sorsero tra di loro pestaggi furibondi. A causa della massa degli ospiti, riuscimmo a fatica a trovare una misera pensione, in cambio però un pranzo ottimo ed abbondante.

Galway all'origine venne fondata in gran parte dagli spagnoli ed alcuni discendenti di quelle vecchie famiglie ed anche notevoli costruzioni di quell'epoca sopravvivono tutt'oggi. Sintomatico fu per me il constatare che in questa città con quattromila abitanti non c'era né una libreria né una biblioteca. Le periferie ed i villaggi attraverso i quali ci conduceva la nostra strada erano di tal natura da non poter essere confrontata con null'altro che io abbia mai visto. Porcili al confronto sono palazzi, ed io ebbi modo di vedere spesso grandi gruppi di bambini nudi come Dio li fece (poiché la prolificità del popolo irlandese sembra andare di pari passo con la sua miseria), sguazzare beati nel fango con le oche.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 131

Limerik, 22 settembre 1828


Amata lontana!

Limerik è la terza città dell'Irlanda e proprio del tipo che io prediligo, vecchia e dignitosa, leziosamente impreziosita da chiese gotiche e rovine di castelli ricoperte di muschio; con calli strette e scure e strane costruzioni d'epoche diverse; un fiume largo che l'attraversa in tutta la sua larghezza e sul quale sono stati gettati antichi ponti; ed infine vivacissime piazze del mercato e dintorni piacevoli. Una città simile possiede per me qualcosa che l'accomuna ad un bosco naturale, nelle scure ombre del quale si possono trovare vie tra gli alberi che sono ora alti, ora bassi e che spesso ricordano col loro tetto di foglie le volte di una chiesa gotica.

Al contrario, le città moderne e a pianta regolare sono più simili ad un ben potato giardino alla francese. In ogni caso hanno ben poco da offrire al mio gusto romantico.

Non mi sentivo troppo in forma e tornai quindi alla mia pensione dopo una breve passeggiata per le strade.

Qui trovai ad attendermi un prete cattolico che mi annunciò che or ora avevano suonato le campane in onore del mio arrivo in città. Per questo s'intascò un'elemosina di cinque scellini. Lo spedii a spasso e poco dopo mi venne annunciato un protestante. Chiesi cosa voleva. «Solo mettere in guardia Sua Altezza Reale (poiché qui si è di manica molto larga per quanto riguarda i titoli di chiunque arrivi con un postale straordinario ed un tiro di quattro cavalli) dalle pressioni dei cattolici che importunano spudoratamente gli stranieri ed io prego Vostra Altezza di non dar loro nulla. Tuttavia mi prendo la libertà di pregarla di un'elemosina per l'orfanotrofio protestante».

«Go to the d..., Protestants & chatolics» l'apostrofai indignato e gli sbattei la porta in faccia.

Si trattò tuttavia di ben altra deputazione di cattolici quella che, formata dal console francese (un irlandese), da un parente e cugino di primo grado di O'Connells ed altri ancora, mi voleva persino insignire dell'ordine del Liberatore. A gran fatica riuscii a rifiutare un invito per pranzo al loro club, dovetti tuttavia concedere ad almeno due di loro d'accompagnarmi per la città e mostrarmene tutte le meraviglie.

Di buon grado quindi mi lasciai portare per prima cosa alla Cattedrale, un edificio assai vecchio più simile ad un castello che ad una chiesa, solido e grezzo ma dalle imponenti masse. Al suo interno ebbi modo d'ammirare dei sedili di bogwood (legno di palude) intagliati a meraviglia e che cinquecento anni d'età avevano reso neri come l'ebano. Le ricche decorazioni consistevano di deliziosi arabeschi e maschere dall'espressione estremamente caratteristica, diverse per ogni sedile. La tomba dei Thomonds, re dell'Ulster e Limerick, per quanto storpiata e profanata da aggiunte moderne, resta tuttavia un monumento interessante. Esistono ancora discendenti di questa stirpe ed il loro chef porta il titolo di un cosiddetto marchese di Thomond, nome che tu devi aver inteso di tanto in tanto dalle mie lettere da Londra, poiché il suo possessore dava colà ottimi rinfreschi. Comunque si trovano in Irlanda casati molto vecchi che vanno estremamente fieri del fatto che la loro famiglia non sia mai stata disonorata da un legame di comodo, cosa che invece fece spesso, per denaro, tanto la nobiltà francese quanto quella inglese, ragion per la quale sangue puro in grado di fondare una schiatta - come diciamo in Germania – in questi paesi non se ne trova. I Grandi di Francia chiamavano scherzando questi matrimoni mettre de fumier sur ses terres – non proprio un complimento per la sposa e più di un lord inglese deve proprio a questi fumier l'attuale prosperità del suo stesso casato.

Allorché lasciammo la chiesa per andare a vedere quello sperone roccioso sullo Shennon sul quale venne sigillato con gli inglesi il trattato di Limerick dopo la battaglia di Boyne, da questi tuttavia non proprio rispettato, una folla enorme si era radunata intorno a noi e cresceva in continuazione come una slavina e ci seguiva tuttavia con tanto entusiasmo quanta discrezione.

Improvvisamente uno gridò: «Lunga vita a Napoleone e al maresciallo...!».

«Buon Dio – mi uscì detto, – ma per chi mi si prende? Quale straniero privo di pretese non riesco proprio a capire perché mi si conceda tanto onore».

«Il vostro signor padre, – rispose O'Connell, – non era per caso il Principe di...?».

«Nulla di più falso, — assicurai, — mio padre era un nobiluomo di vecchia stirpe, è vero, ma di gran lunga non così famoso».

«Allora deve scusare, – continuò il signor O'Connell, – per dirla tutta, qui la si crede un figlio illegittimo di Napoleone, la cui predilezione per la sua signora madre è ben nota».

«Vuole scherzare, – dissi ridendo, – io sono almeno dieci anni troppo vecchio per essere figlio del grande imperatore e della graziosa principessa».

Al che costui scosse semplicemente la testa e tra continui urrà raggiunsi finalmente il mio quartiere che sbarrai dall'interno e per tutta la giornata di oggi non abbandonai più. Il popolo tuttavia prese pazientemente posizione sotto la mia finestra e si disperse solo con le prime tenebre.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 232

7 ottobre


Da quanto leggo nei giornali, il cielo della politica si incupisce sempre più.

Oh, potessi io trovarmi ora in quelle regioni, così diverse dalle nostre, a combattere nelle file di coloro che sinora hanno formato le retrovie della civiltà (e che adesso ne sono diventati finalmente l'avanguardia che la porta ai barbari in punta di spada); coloro che sono altrettanto pronti ad insegnare e, forse ancora di più, ad imparare qualcosa; coloro che magari si porranno ora a capo di tutta la parte più decrepita del mondo!

Questa guerra non può né deve avere prevedibili conseguenze. Non si tratta più di una delle solite guerre contro i turchi. Tutto lascia intravedere l'inizio di una nuova epoca per il mondo e nel caso che anche adesso gli interessi europei non abbiano ad aprire una crisi internazionale, la guerra sarà il primo dei flussi magnetici (liquido conduttore sono i cannoni russi) destinati a risvegliare di botto l'oriente dal suo secolare sonnecchiare, immobile come una tomba.

Qui all'azione seguirà inarrestabilmente la reazione, e chissà quali segreti svelerà il magnetizzato al magnetizzatore!

Ma la cultura e la politica in Europa seguono spesso strane vie, e così l'ultimo atto del dramma della nostra epoca probabilmente terminerà solo con un generale blocco commerciale contro l'Inghilterra, l'orgogliosa Inghilterra, il cui impero commerciale mondiale ci costa un tributo più pesante di quello che ci costò un tempo la pressione militare di Napoleone. Certo è che nella sua visione dell'ordine continentale, si era costui formato l'opinione giusta, circa la situazione di emergenza dell'Europa intera. Solo che agì come quel medico troppo propenso all'uso di estremi rimedi, che lega provvisoriamente al suo paziente mani e piedi per somministrargli quella che secondo lui è la medicina risolutiva, bon gré, mal gré.

Perciò fu più che naturale che il paziente, non appena poté farlo, si liberò e gettò il medico fuori dalla finestra (che poi lo stesso paziente sia costretto in un futuro a riprendere in un modo o nell'altro la cura da solo, è questa tutt'altra questione).

L'Inghilterra ci ha illuminato per prima la via della civiltà ed è per ciò divenuta la più grande e la più potente di tutti e proprio per questo porta in sé, secondo le immodificabili leggi della natura che impediscono al singolo di raggiungere la perfezione, il germe del suo futuro appassire.

Fattori inconciliabili tra loro, che siano nuovi o vecchi ma che abbiano comunque la stessa forza, devono presto o tardi provocare una caduta del vertice – per quanto da questo irradi ancora una certa luce.

Nel corso della civiltà dunque, proprio coloro che a lungo ne hanno occupato l'ultimo, offriranno ad altri lo sgabello per superare il primo scalino (cosa che forse oggidì è già successa).

Una volta in cima infatti comincia ineluttabilmente la discesa e si sarebbe quasi tentati di dire che Waterloo e la caduta di Napoleone abbiano rappresentato per l'Inghilterra quest'apice.

Singolare resta tuttavia il fatto che di queste isole, dalle quali ci arrivò l'alito più potente della libertà e dell'illuminismo, alla fine dovremo combatterne la straniera tirannia. Non ci si meravigli tuttavia, poiché quest'apparente ingratitudine domina ovunque nella storia dell'umanità.

Ragionarci sopra un pochetto aiuta a spiegarla e giustificarla.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 251

11 ottobre


Uno dei gentleman che ieri ebbi a conoscere, il capitano S., uomo di stimata famiglia e modi cortesi, mi offrì uno dei suoi cavalli onde visitare le rovine dell'Abbazia di Athassil ed il parco ed il castello dell'agiatissimo conte di Landaff.

I magnifici hunters ci portarono sul posto in un battibaleno, ma gli edifici rimasero al di sotto delle mie aspettative.

Pur essendo l'abbazia una bella e vasta rovina, si trova in una palude al centro di un terreno pieno di costruzioni, del tutto privo di alberi e cespugli e quindi assolutamente inadatto ad un pittoresco effetto.

Lo stesso si dica del parco del lord, il quale è sì di superficie non comune (si estende per 2800 acri); è tuttavia assolutamente privo di alcunché di veramente notevole.

La crescita degli alberi lascia molto a desiderare, l'acqua manca quasi del tutto ed il castello in gotico moderno dipinto d'azzurro chiaro mi sembrò orribile. Per quanto concerne il proprietario, è questi un interessante e bell'uomo di settant'anni, col brillante contegno di uno che conosce il mondo, e lo trovammo sotto la pioggia, in stivali ed impermeabile da vero signorotto di campagna, intento a dare ordini ai suoi lavoranti. Cosa che mi piacque assai, e tu ne indovini facilmente il perché.

Sulla via del ritorno, il capitano mi raccontò degli interessanti dettagli sulla repressione, veramente inaudita, sotto la quale soffrono qui i cattolici, situazione che, fatte le debite proporzioni, è più dura della schiavitù dei greci sotto i turchi.

Per esempio, i cattolici non possono chiamare chiese i loro luoghi di culto, bensì semplicemente cappelle e non possono tenerci campane – piccolezze, di per sé, tuttavia disonorevoli nell'opinione comune.

È risaputo che nessun cattolico può accedere al Parlamento, diventare generale, ministro, giudice eccetera. I sacerdoti non possono celebrare matrimoni, lì dove una parte della popolazione è protestante, ed il loro titolo non è riconosciuto per legge.

Ma il peggio deve ancora venire: i cattolici infatti devono pagare al clero protestante somme spaventose, e mantenere inoltre i propri sacerdoti che lo Stato non riconosce. In ciò risiede una delle cause della terribile povertà del popolo.

Quanto dev'essere insopportabile una simile situazione in una terra nella quale due terzi della popolazione è dedita, col più fervido zelo, al cattolicesimo! E tuttavia ancora più ineguale è la situazione al sud.

Nella contea di Tipperary ci sono circa 400.000 cattolici e solo 10.000 protestanti. Ciononostante, il clero protestante costa alla popolazione le seguenti cifre annue:

1) l'arcivescovo 25.000 sterline;

2) il decano 4000;

3) mediamente 1500 sterline a testa per circa cinquanta pastori: tutte queste spese sono praticamente a carico dei soli cattolici.

E la maggior parte di questi beneficiati non risiede nemmeno in Irlanda, ma assume qui dei poveri diavoli (i famosi «vicari») che per la misera cifra di 40-50 sterline l'anno, ne curano gli interessi; cosa che è presto fatta, essendoci qui delle parrocchie che non contano più di dieci membri.

In un Parish per esempio, non esiste nessun protestante e nemmeno una chiesa, solo una vecchia rovina, nella quale una volta all'anno la farsa di una predica risuona tra le mura abbandonate, e durante il servizio un cattolico preso in affitto svolge le funzioni di sagrestano!

Nello stesso tempo i religiosi conducono tutto l'anno a Parigi e a Londra una vita più irreligiosa di quanto si possa credere.

Io stesso ebbi a leggere or sono pochi giorni in un giornale inglese, di un religioso inglese che aveva perso a Boulogne una grossa somma al gioco; aveva attaccato briga col suo avversario e l'aveva poi ucciso in duello, fatto per cui si vide costretto a scappare di furia e ritirarsi nelle sue prebende.

Le stesse cariche più alte, che almeno in parte sarebbero tenute a risiedere nei loro vescovati, non lasciano arrivare alla povera gente nulla di questo «denaro del peccato» (in una simile situazione, bisogna chiamarlo così), preferendo metterlo da parte per arricchirne le rispettive famiglie.

Allo stesso fine una specie di truffa legalizzata ha addirittura assunto nella Chiesa anglicana forza di legge (così come avviene anche per la vendita delle cariche da parte della nobiltà che ne detiene il diritto di attribuzione, vendita che molto spesso si svolge apertamente in pubblico, quando altrimenti le prebende vengono attribuite gratis solo per interessi politici o familiari). È infatti permesso a coloro che godono dell'usufrutto di un bene ecclesiastico, di pretendere in anticipo e prima dell'entrata in vigore del nuovo contratto, una buonuscita dal proprietario, cosa che, in caso di morte dell'ecclesiastico, porta al suo successore notevoli interessi.

C'è da meravigliarsi se istituzioni simili hanno spesso portato l'infelice popolazione sull'orlo della disperazione e dell'indignazione?

Ciò nonpertanto ogni volta le catene dell'oppressione si sono strette sempre più crudelmente.

Ovunque si trovi un bell'appezzamento fertile e ci si informi sul proprietario, la risposta è normalmente sempre la stessa: this is forfeited land (proprietà espropriata), appartenente un tempo a cattolici, ora a protestanti.

O'Connell ebbe a dirmi che ancora fino a poco tempo fa era in vigore una legge secondo la quale in Inghilterra ad un cattolico era interdetta la proprietà della terra, e nel caso ad un protestante riuscisse di dimostrare il contrario, il giudice gliene avrebbe attribuita automaticamente la proprietà.

L'unico sistema rimase dunque l'aquisto fittizio, e ciononostante, secondo O'Connell, questo sistema fruttò ai protestanti somme di milioni.

Non è forse singolare che i protestanti, i quali si separarono in epoca barbarica dai cattolici proprio a causa della loro avidità ed intolleranza, insistano oggi, nell'epoca dei Lumi, negli stessi errori e perciò abbiamo una responsabilità che proporzionalmente è più pesante della loro colpa di un tempo?

Quando arriverà dunque quell'illuminata generazione a far piazza pulita di questa forma abominevole di religiosità (nata dal dispotismo e dall'ipocrisia), che troppo a lungo si nutrì delle lacrime e del sangue del mondo intero? Probabilmente in futuro si guarderà al giorno d'oggi, con la stessa compassione con la quale noi si guarda ai secoli bui del Medioevo.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 264

Kilkummin è appunto quel luogo di cui già parlavo, nel quale la comunità protestante non esiste ed il servizio divino, che per legge deve aver luogo almeno una volta all'anno, è tenuto, in mezzo alle rovine di un'abbazia, grazie all'aiuto di un sagrestano cattolico. In un altro distretto, chiamato Tollamane, nel quale non c'è nessun protestante, si svolge la stessa farsa; nondimeno le decime e le altre gabelle vanno pagate ai beneficiari al centesimo, poiché nulla viene riscosso con maggior inesorabilità delle decime dovute alla Chiesa.

In questo campo la pietà, almeno per quanto riguarda i cattolici, è sconosciuta. Colui che non può pagare le decime ai pastori protestanti o l'affitto del terreno di proprietà della chiesa, si vedrà ineluttabilmente vendere la mucca ed il maiale (mobilia, letti eccetera, a quel punto, non li possiede più già da tempo), e gettare sulla strada assieme alla moglie e, all'occasione, una dozzina di figli (car rien s'engendre comme le pommes de terre et la misère), dove è abbandonato alla carità divina, quella carità che nutre gli uccelli e riveste i fiori di campo.

Quelle excellente chose qu'une religion d'état!

Fintantoché simili cose accadranno, non si potrà dire chiusa l'epoca della barbarie (non come avviene negli Stati Uniti d'America, dove ognuno è libero di praticare la sua fede verso Dio come più gli aggrada senza per questo trarne pubblico svantaggio).

Verrà il giorno in cui nello Stato regnerà la sola legge, come avviene in natura. La religione tornerà ad essere una consolazione nella sfortuna e sarà la fonte di gioie superiori com'è sempre stato, ma senza aver la pretesa né di regnare né di governare. Solo la Legge è fonte di coercizione, senza eccezione alcuna; al di là di questo, regni la libertà assoluta. L'umanità colta, dal livello delle conoscenze che ha raggiunto, ha il diritto di aspirare ad un simile sviluppo, avendo già pagato un salato tributo di sangue e di sofferenza.

Quale pazzia, la pretesa di voler prescrivere alla gente cosa avviene di loro dopo la morte o di sindacare sulla loro fede!

È già abbastanza grave il fatto che su questa terra le istituzioni migliori ed anche le leggi più sagge siano imperfette; si lasci almeno ad ognuno la libertà di immaginarsi l'invisibile futuro a propria discrezione.

Eppure personaggi grandi ed intelligenti si sono creduti autorizzati alla pratica di un simile dispotismo! Ecco la fragilità umana. La stessa persona può raggiungere per undici volte le vette più elevate e alla dodicesima comportarsi come un idiota!

Così, per esempio, mentre un grande condottiero le cui battaglie lasciarono l'Europa col fiato sospeso, sottomise il conquistatore, in segreto temeva che sarebbe stato un giovane elefante la causa della sua caduta, cosa per cui i suoi ufficiali passarono alcuni spiacevoli momenti.

Mentre il cardinal Richelieu rappresentò per l'eternità l'ideale del grande ed intelligente ministro, l'unica cosa per lui valevole era di credersi un grande poeta, e lo torturava il fatto di saper scrivere solo delle misere commedie che divennero alla sua morte carta da macero.

Il grande Luigi, che si potrebbe chiamare il sovrano assoluto per eccellenza, fece l'incomprensibile sciocchezza, dopo la battaglia di Malplaquet, d'esclamare con convinzione: «Et Dieu a-t-il donc oublié ce que j 'ai fait pour lui?».

Cromwell, fanatico e freddo ed allo stesso tempo astuto intrigante, dopo aver accumulato omicidio su omicidio, rovina su rovina, si mise in pace la coscienza avendo sentito dire da un pastore che, colui il quale si fosse trovato una volta in estasi di misericordia, avrebbe ottenuto la benedizione eterna, indipendentemente dalle sue passate azioni. «Allora sono salvo, – esclamò felice il lord protettore, – poiché sono certo di essermi trovato almeno una volta in stato di misericordia!».

Così dunque è il genere umano; e perciò io non mi lascio impressionare dall'umana autorità, se, dopo ponderata analisi e nei limiti delle mie capacità, non darà questa adeguata corrispondenza alle mie convinzioni – ed anche se domani l'umanità intera fosse dell'opinione contraria, io non per questo cambierei la mia.

Voglia Iddio, siamo tutti spiriti individuali, e non un branco di pecore che deve seguire il montone.

E per quanto riguarda la morale comune? Si potrebbe pensare essere questa un malinteso continuo, visto che cambia quasi una volta al secolo. Sembra dipendere solo dal luogo e dal tempo.

Fossi tu nato a Costantinopoli, giureresti su Maometto; nel resto d'Europa, su Cristo o Mosè; in India su Brahma. Se tu fossi venuto al mondo sotto Augusto, saresti stato un pagano; nel Medioevo avresti creduto essere la legge del più forte all'origine di ogni diritto; ed oggi pretendi la libertà di stampa, senza la quale sei convinto di non poter esistere. Tu stesso nel corso della tua breve vita, cosa pensi e cosa sei – da bambino – da ragazzo – da vecchio!

Herder ha ragione quando dice: non esistono due gocce d'acqua identiche, e voi avete la pretesa di dare all'umanità intera lo stesso credo!

E si potrebbe aggiungere: neanche un atomo resta invariato, e voi avete la pretesa di immobilizzare l'umanità intera!

Prima di ritirarsi, l'arcivescovo aggiunse compiacente alla mia volta: «Da quanto ci avete detto, siete voi un vescovo, e quindi siete legato all'arcivescovo dal vincolo dell'obbedienza. Allora io faccio uso di questa mia autorità per ordinarvi di pranzare anche domani con me e con il Suo collega, il vescovo di Limerick, che attendiamo per oggi. E non accetto scuse».

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 285

19 ottobre


Nel corso dell'odierna giornata, ci capitò di incontrare nel bosco due personaggi dall'aspetto assai sospetto che vennero descritti dal mio accompagnatore come due famosi briganti, ai quali era riuscito, in parte grazie ad astuzie, in parte grazie alla paura che incutevano, di mantenersi liberi fino ad allora; un segno in più dell'incapacità del Governatorato e della corruzione della società di qui, i due elementi che purtroppo caratterizzano l'Irlanda.

I due personaggi, che si definiscono da se stessi locatari (farmers), avendo preso in affitto un pezzettino di campo di patate, avevano un aspetto assai sorprendente e decisamente «nazionale».

L'uno, un bel giovanotto snello di circa quarant'anni dalla fisionomia un po' selvaggia ma imponente, dava di se stesso e degli stracci che portava addosso, una pittoresca immagine. La sua nobile fronte esprimeva disprezzo del pericolo e l'indifferenza verso ogni tipo di onta aleggiava ironica sulla bocca audace.

La sua storia confermò questi suoi tratti fisiognomici.

Portava sul petto tre o quattro medaglie al merito che si era guadagnato come soldato in Spagna e Francia.

Per comprovato valore plurimo, era già stato una volta promosso sottufficiale; a causa di colpi di testa, tuttavia, subito degradato. In seguito aveva ripreso servizio per la seconda volta, una seconda volta distinto e una seconda volta congedato per gli stessi motivi, senza che tuttavia fosse possibile attribuirgli una colpa capitale.

Lo si ritiene ora il capo di una banda di briganti che mette a subbuglio le montagne di Galty e si è già resa responsabile di diversi omicidi.

Il suo compagno aveva un aspetto completamente diverso. Raramente ben vestito per un farmer irlandese, vale a dire senza i soliti vestiti stracciati, sui sessant'anni, basso e tracagnotto e dal comportamento simile a quello di un quacchero.

Nei suoi tratti ipocriti tuttavia, si celava pure una tal furberia e implacabile fermezza, da farlo apparire ancora più spaventevole dell'altro.

Due anni fa, venne accusato di falsificazione di banconote ed era già praticamente sotto arresto, allorché un'abile leguleio, in cambio di una ricca ricompensa, gli tolse letteralmente il cappio dal collo.

Piangendo di riconoscenza, mise cinquanta sterline in mano al suo salvatore, pregandolo tra i singhiozzi di fargli una ricevuta, come d'uopo. Che gli venne anche testè fatta e, soddisfatto per il buon affare, l'avvocato si riempì la borsa.

Quale fu però la sua rabbia, allorché ad un più attento esame si accorse che Paddi l'aveva pagato con le stesse false banconote per la stampa delle quali già era stato affidato alla forca.

Se gli irlandesi si mettono sulla cattiva strada (ed è una meraviglia che non lo facciano tutti), diventano più pericolosi d'altri, perché le loro caratteristiche dominanti – coraggio, faciloneria e furbizia – li forniscono del repertorio necessario per aver successo e non temer conseguenze.

Mentre a colazione facevamo onore alle nostre ostriche – che sulla costa occidentale e meridionale d'Irlanda sono fantastiche – un signorotto dei dintorni praticante esso stesso sulla sua proprietà l'ostricultura, ci forni alcuni dettagli sul loro trattamento e sulla loro biologia, dettagli che per me personalmente furono assolutamente nuovi.

Je vous les communique, même au risque de vous annuyer.

Prima di tutto devi sapere che le ostriche di tre anni sono le migliori da mangiare, visto che solo dopo tal periodo sono completamente mature ed hanno raggiunto la grandezza e la corpulenza dovuta; più tardi tuttavia, diventano coriacee. L'abile allevatore tiene banchi di ogni età, ostriche di sapore ed aroma diversi.

Nei luoghi intoccati dall'arte, nei quali le ostriche si riproducono in istato di natura, non raggiungono mai la perfezione assoluta. Le si viene in aiuto come segue.

Si pescano i giovani quando non sono ancora più grandi di un soldo e si seminano, come avviene per il grano, in un posto non troppo lontano dalla riva del mare il cui fondale sia costituito da fango molle e non superi i quaranta piedi di profondità. Dopo tre anni le si tira fuori e sul banco-madre se ne seminano di nuove. Naturalmente si trattano così contemporaneamente diversi banchi di fango, per poterne liberare uno maturo ogni anno. Sembra che le ostriche debbano essere molto vecchie per potersi riprodurre, visto che in una colonia artificiale come quelle descritte, non avvengono mai nascite. Il modo di queste nascite è inoltre di per sé singolare, un ulteriore esempio dell'infinita molteplicità in natura. Probabilmente, l'ostrica è un ermafrodito, visto che non è riscontrabile una qualsivoglia diversità sessuale e si riproduce semplicemente con la formazione sulla conchiglia di cinquanta/sessanta ostrichette piccole come verruche che, dopo aver raggiunto la consistenza adeguata, si staccano. La generazione dei sessanta piccoli è talmente stancante per mamma ostrica che, se la si apre subito dopo, altro non si trova all'interno, che un po' d'acqua fangosa, ed immediatamente dopo che i piccoli si sono staccati, si seppellisce nel fango ad una profondità di sei o sette pollici. Qui ci passa un anno intero, prima che si senta nuovamente pronta a generare.

Ecco perché si possono adesso pescare facilmente i piccoli, senza disturbar troppo i grandi, i quali sonnecchiano o sognano tranquilli nel profondo!

La pesca delle ostriche avviene grazie ad un attrezzo non dissimile da quello che si usa per scavare il fango dei fiumi; e per la semina vengono gettate in un pezzo di tela olona e, come detto, seminate quasi fossero un cereale.

Ostriche madri molto vecchie diventano infine improduttive quando la loro conchiglia diventa talmente spessa che amor non può più trapassarla – proprio come avviene col cuore umano.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 344

3 novembre


Allorché mi alzai sul presto ed andai alla finestra, mi si offri, in mezzo alle strade della capitale, uno spettacolo genuinamente irlandese, quale altrimenti si può vedere solo in campagna.

Di fronte a me sedeva una vecchia venditrice di mele che succhiava a proprio agio un sigaro. Vicino a casa, un uomo vestito di stracci si produceva in ogni tipo di esercizi, con l'ausilio di una scimmia. Un cerchio regolare di quattro o cinque persone gli stava intorno e, ad ogni nuova burla, risuonavano alte le grida di gioia, accompagnate da tale partecipazione e tanto gesticolare, da far credere ad un litigio e all'imminente arrivo di una bella bastonata. Ad ogni intervallo nella trama dello spettacolo, tuttavia, seguiva un silenzio di tomba.

Improvvisamente una donna, la più agitata della compagnia, dà segno di non volersi più a lungo accontentare del solo guardare. Deve agire lei stessa e con intrattenibile allegria, salta costei nel cerchio magico, afferra la scimmia terrorizzata e la supera in farse, saltelli e boccacce di tutti i tipi, che vengono ricompensati col raddoppiato ridere ed esultare della massa. Il furor rappresentandi è contagioso e sono in molti ad unirsi alla prima attrice: l'ordine che regnava fino ad ora comincia pian piano a trasformarsi in caos, l'artista, preoccupato per la sicurezza della sua scimmia o forse per non volerla corrompere con cattivi esempi, si diparte al più presto; la sua ritirata è simile ad una fuga precipitosa, l'orda si mette urlando alle sue calcagna, ognuno vuol essere il primo dietro di lui, alcuni bestemmiano e diverse shileilas, che prima erano rimaste nel fodero, vedono la luce; altri difendono l'artista fuggiasco al quale, nel frattempo, riesce la fuga e, prima che qualcuno se ne accorga, l'inseguimento finisce in una rissa generale tra gli inseguitori.

Un garcon diné presso lord S., al quale più tardi presi parte, concluse, quasi altrettanto rumorosamente, per quanto in forma non altrettanto estrema, la mia giornata odierna, e rimasi sveglio fino a notte fonda.

Voilà tout ce que j'ai à vous conter d'aujourd'hui.

| << |  <  |